Volo perduto, strattona l’addetta all’imbarco: condannata per violenza privata

Tre mesi di reclusione per una passeggera irrequieta. La donna non ha digerito il no al check-in e ha cercato di convincere la dipendente della compagnia a farla salire comunque sull’aereo.

Arrivo tardivo al check-in in aeroporto e volo perduto. La reazione della passeggera è però spropositata prima inveisce contro l’addetta all’imbarco e poi la strattona, spiegandole che lei deve assolutamente partire. Comportamenti, questi, non solo poco urbani e poco eleganti, ma anche rilevanti penalmente, tanto da valere una condanna per violenza privata Cassazione, sentenza n. 56317/17, sez. V Penale, depositata oggi . Reazione esagerata. Ricostruito facilmente l’increscioso episodio verificatosi all’aeroporto di Reggio Calabria. Sotto accusa una passeggera che si è comportata malissimo nei confronti di una addetta al check-in della compagnia ‘Alitalia’ , rea di averle impedito di imbarcarsi sul volo Reggio Calabria-Roma Fiumicino . Per i Giudici d’Appello è evidente come la donna abbia messo in atto una vera e propria violenza privata nei confronti della dipendente della compagnia aerea. Ecco spiegata la relativa condanna a tre mesi di reclusione . La passeggera però contesta quella decisione, spiegando il proprio comportamento come frutto di rabbia e frustrazione , a seguito del ‘no’ alla possibilità di salire sull’aereo, nonostante la presentazione della regolare carta d’imbarco. Questa visione viene però respinta dalla Cassazione. I giudici annotano innanzitutto che la reazione istintiva della passeggera è stata quella di sbattere i pugni sul tavolo ed inveire all’indirizzo dell’addetta al check-in . Successivamente, però, la situazione è degenerata la donna, non rassegnandosi all’idea di restare a terra , ha aggredito fisicamente la dipendente di ‘Alitalia’, strattonandola e dicendole che lei doveva comunque partire per Roma. Quest’ultimo comportamento, osservano i Giudici, era finalizzato a costringere l’addetta all’imbarco ad accettarla sul volo . Evidente, quindi, la violenza privata che la passeggera ha messo in atto per provare a raggiungere il proprio scopo.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 19 settembre – 18 dicembre 2017, n. 56317 Presidente Lapalorcia – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12 luglio 20164 la Corte d'appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarato il non doversi procedere per il delitto di cui al capo A di percosse per difetto di querela, e ritenuto il fatto di cui capo B integrare il delitto di cui agli artt. 56 610 c.p. , riduceva la pena già inflitta a Sp. Lo. a mesi tre di reclusione. All'imputata è contestato di aver percosso Me. Al., impiegata addetta al check-in della compagnia Alitalia, afferrandola e strattonandola per le braccia, allo scopo di farla imbarcare sul volo Reggio Calabria Roma Fiumicino. 2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputata, con atto sottoscritto dal suo difensore, affidandolo ai seguenti motivi. 2.1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 606 comma 1. lett. d ed e per mancata assunzione di una prova decisiva. Lamenta la ricorrente che con specifico motivo di gravame aveva chiesto la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, essendo emersa dall'esame dell'imputata la presente ai fatti oggetto di imputazione del sovrintendente della Polizia di Stato Varano Cristoforo, il quale era intervenuto personalmente ed aveva redatto l'apposita relazione di servizio. La Corte territoriale aveva ritenuto in modo sbrigativo la non indispensabilità della richiesta istruttoria sull'apodittica affermazione della corretta ricostruzione dei fatti effettuata dal giudice di primo grado, cui la richiesta di audizione del sovrintendente Varano era stata formulata ex art. 507 c.p.p 2.2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione degli artt. 62 bis, 132 e 133 c.p. e vizio di motivazione. Lamenta la ricorrente che il giudice d'appello è incorso in carenza, contraddizione ed illogicità della motivazione laddove l'ha ritenuta non meritevole delle attenuanti generiche per la sua biografia penale ostativa, seppur il giudice di primo grado avesse fondato la concessione della sospensione condizionale sul suo stato di incensuratezza, nonché sulla base della gravità della condotta. 2.3. Con il terzo motivo è stata dedotta violazione degli artt. 56 e 610 c.p.p. e vizio di motivazione. Lamenta la ricorrente che la condotta posta in essere dalla stessa, oltre a non integrare l'elemento soggettivo della fattispecie ritenuta dalla Corte territoriale, è priva dei requisiti di idoneità ed univocità di cui all'art. 56 c.p In particolare, assume la Sp. che la sua condotta violenta era stata fine a se stessa e non finalizzata a coartare la libertà di autodeterminazione della Me., costringendola ad accettarla sul volo, essendo stata determinata esclusivamente dalla rabbia e dalla frustrazione del momento, così elidendo la coscienza e volontà dell'imputata a costringere la Me. a farla imbarcare sul volo. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è inammissibile. Va osservato che lo specifico vizio di mancata assunzione di una prova decisiva può essere dedotto solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l'ammissione a norma dell'art. 495, secondo comma, cod. proc. pen., sicché il motivo non potrà essere validamente invocato nel caso in cui il mezzo di prova sia stato sollecitato dalla parte attraverso l'invito al giudice di merito ad avvalersi dei poteri discrezionali di integrazione probatoria di cui all'art. 507 cod. proc. pen. e da questi sia stato ritenuto non necessario ai fini della decisione tra le ultime, Sez. 2, n. 9763 del 06/02/2013, Mu., Rv. 254974 conf. Sez 5 n. 4672 del 24/11/2016, Rv. 269270 . 2. Il secondo motivo è inammissibile. La dedotta violazione degli artt. 62 bis, 132 e 133 c.p. è inammissibile in quanto non consentita a norma dell'art. 606 comma 3. c.p.p., non essendo stata dedotta nei motivi di appello ma formulata per la prima volta solo con il presente ricorso. 3. Il terzo motivo è infondato. Assume la ricorrente che non era affatto suo intendimento coartare la libertà di autodeterminazione della persona offesa e costringerla ad accettarla sul volo, essendo la sua condotta stata determinata esclusivamente dalla rabbia e dalla frustrazione derivante dalla notizia di non potersi più imbarcare sull'aereo per Roma. Questo Collegio non condivide l'impostazione della ricorrente. Dalla ricostruzione dei giudici di merito, evincibile dalle concordanti dichiarazioni della persona offesa e dei testi Spataro e Tallarida, è emerso che l'imputata, alla notizia di non poter partire, riferitale dall'addetta dell'Alitalia, si è alterata inveendo all'indirizzo della persona offesa, buttando a terra tutto ciò che aveva in mano e sbattendo i pugni contro il tavolo. L'imputata, successivamente, approfittando del momentaneo allontanamento dell'addetta che era andata a parlare con il suo responsabile , oltrepassava il banco del check-in per recuperare la carta di imbarco che era stata cestinata, e, al ritorno della persona offesa al suo posto, la strattonava, l'afferrava per le braccia contestualmente proferendo la seguente espressione Io devo partire, io devo partire punto e basta a me non me ne frega niente di quello che state facendo, io parto . Non vi è dubbio che la condotta aggressiva posta in essere dall'imputata non abbia la connotazione di un mero gesto di frustrazione per la notizia che le era stata data. La reazione istintiva è stata quella di sbattere i pugni sul tavolo ed inveire all'indirizzo dell'addetta al check-in. La prevenuta, non rassegnandosi all'idea di restare a terra, in un successivo momento, ha recuperato la carta d'imbarco, ha aggredito fisicamente la persona offesa, strattonandola al suo ritorno dal colloquio con il responsabile contestualmente al momento in cui le ha detto perentoriamente che la stessa doveva comunque partire indipendentemente dalle ragioni che le erano state fornite. E' evidente che tale condotta era finalizzata a coartare la libertà di autodeterminazione della persona offesa, allo scopo di costringerla ad accettarla sul volo, integrando quindi il tentativo di violenza privata, non essendosi l'evento prodotto per cause indipendenti dalla volontà dell'imputata. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.