Revocata la sospensione condizionale della pena: tutta colpa del condannato inadempiente

In tema di sospensione condizionale della pena, qualora il beneficio sia stata subordinato all’adempimento di obblighi, il termine per adempiere decorre dal passaggio in giudicato della sentenza. L’inadempimento entro il termine fissato determina la revoca del beneficio salva l’ipotesi di sopravvenuta impossibilità al perseguimento dell’obbligo non dipendente da atto volontario.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 55800/17 depositata il 14 dicembre. Il caso. Il Tribunale di Civitavecchia, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso al condannato. La revoca è stata disposta per inottemperanza agli obblighi, nella specie lavoro di pubblica utilità presso il Comune per la durata di 6 mesi, imposti dalla sentenza di condanna per la concessione del beneficio. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato lamentando violazione degli artt. 165 c.p. Obblighi del condannato e 168 c.p. Revoca della sospensione . Adempimento degli obblighi. Il ricorrente sostiene che non possa essergli attribuito nessun tipo di addebito per il mancato espletamento del lavoro di pubblica utilità, in quanto il Comune, dopo aver informato il condannato della destinazione per il lavoro di pubblica utlità, era rimasto inerte. La Suprema Corte ha osservato che in tema di sospensione condizionale della pena, il termine per adempiere agli obblighi per l’ottenimento del beneficio decorre dal passaggio in giudicato della sentenza e non dal momento in cui il condannato ha avuto notizia della sentenza. Inoltre il mancato adempimento entro il termine fissato determina la revoca della sospensione condizionale salvo l’ipotesi di sopravvenuta assoluta impossibilità ad adempiere non dipendente da atto volontario, da valutare da parte del giudice dell’esecuzione sulla base delle allegazioni del condannato sul quale incombe il relativo onere . Nella fattispecie, secondo la S.C., il Giudice dell’esecuzione ha correttamente rispettato detti principi. Infatti è pacifico che il condannato non abbia adempiuto all’obbligo impostogli per sua volontaria e consapevole inerzia in quanto dopo aver ottenuto la disponibilità del Comune alla prestazione del lavoro di pubblica utilità non si è più attivato come era suo onere. In ragione di ciò la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 giugno – 14 dicembre 2017, n. 55800 Presidente Di Tomassi – Relatore Esposito Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16/08/2016, il Tribunale di Civitavecchia, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale subordinato all’espletamento di attività non retribuita in favore della collettività per la durata di mesi sei e concesso in favore di L.M. con sentenza del medesimo ufficio dell’11/02/2013, irrevocabile il 15/03/2013, di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. della pena complessiva di anni uno e mesi quattro di reclusione per i reati di cui agli artt. 81, 61 n. 2, 494 e 640 cod. pen La revoca è stata disposta per inottemperanza agli obblighi imposti da detta sentenza ai sensi dell’art. 165 cod. pen., come evidenziato nell’informativa della Stazione dei Carabinieri di Civitavecchia del 18/03/2015. La pena era stata sospesa alla condizione di cui all’art. 165 c.p. della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività da parte del L.M. per una durata di mesi sei a decorrere dalla data di passaggio in giudicato della presente decisione, attività da svolgere a favore di uno dei servizi di Civitavecchia a cui verrà assegnato dal Sindaco dello stesso Comune e da svolgere secondo le modalità che verranno determinate ad opera del competente dirigente del servizio al quale il L. sarà assegnato e che lo vedranno impegnato a svolgere tale attività con un orario di cinque/sei ore giornaliere da svolgersi nei soli giorni lavorativi . . 2. Il L. , a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione avverso la suindicata ordinanza, per violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento agli artt. 165 e 168 cod. pen Il ricorrente evidenzia che con nota del 07/02/2013 il Comune di Civitavecchia aveva informato che avrebbe comunicato al L. il servizio di destinazione e l’incaricato al controllo dell’attività da tale data, però, il Comune restava colpevolmente inerte, senza adempiere l’onere di individuare l’attività di pubblica utilità da svolgere. Il ricorrente, pertanto, deduce che non può essergli formulato nessun tipo di addebito per il mancato espletamento del lavoro di pubblica utilità. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in tema di sospensione condizionale della pena, qualora il beneficio sia stato subordinato all’adempimento di obblighi o all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato nella fattispecie la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività il termine decorre dal passaggio in giudicato della sentenza e non dal momento in cui il condannato ha avuto notizia della sentenza Sez. 1, n. 27674 del 17/05/2013, Spiridon, Rv. 256446 . Il mancato adempimento entro il termine fissato determina la revoca della sospensione condizionale della pena, la quale opera di diritto, salva l’ipotesi di sopravvenuta assoluta impossibilità ad adempiere non dipendente da atto volontario Sez. 1, n. 43905 del 14/10/2013, Bullo, Rv. 257587 , da valutare da parte del giudice dell’esecuzione sulla base delle allegazioni del condannato sul quale incombe il relativo onere Sez. 4, n. 25685 del 05/04/2016, Scaretti, Rv. 267372 Sez. 3, n. 3197 del 13/11/2008, dep. 2009, Calandra, Rv. 242177 . Il provvedimento impugnato appare coerente col dato normativo e coi principi fissati da questa Corte, in quanto il giudice dell’esecuzione ha correttamente sottolineato quanto segue - è pacifico che il condannato non abbia adempiuto all’obbligo impostogli come risulta dall’informativa dei Carabinieri della Stazione di Civitavecchia del 18/03/2015 - le allegazioni difensive sono inidonee a fini giustificativi dell’inadempimento, essendo meramente assertive in assenza di documentazione che attesti attendibilmente la sussistenza dell’impedimento assoluto dedotto. Il percorso argomentativo del giudice dell’esecuzione è coerente coi dati emergenti dal procedimento di esecuzione ed illustrati anche nel ricorso, avendo egli logicamente ritenuto come l’inadempimento sia ricollegabile a volontaria e colpevole inerzia del L. , che, dopo avere ottenuto la disponibilità del Comune alla prestazione del lavoro di pubblica utilità vedi nota del 07/12/2013 riportata nella sentenza di condanna , non si è più attivato presso il Comune - ente incaricato della vigilanza sull’espletamento della prestazione e della relazione conclusiva - come era suo onere, per poter svolgere il lavoro di pubblica utilità nel termine di sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, così come espressamente nella stessa statuito. 2. Per tali ragioni il ricorso va rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali art. 616 cod. proc. pen. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.