Like e condivisione di video dell’ISIS configurano apologia del terrorismo

La condivisione di video di propaganda dell’ISIS sui social network, rafforzata dall’approvazione dei relativi contenuti attraverso l’opzione mi piace”, è idonea alla configurazione del reato di apologia al terrorismo di cui all’art. 414, comma 4, c.p

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 55418/17, depositata il 12 dicembre. Il caso. Il GIP presso il Tribunale di Brescia, con ordinanza, applicava all’imputato la misura cautelare della custodia in carcere, poiché accusato di apologia dell’ISIS attraverso la diffusione sulla rete di contenuti che inneggiavano al terrorismo. In seguito all’annullamento dell’ordinanza del GIP da parte del Tribunale del Riesame di Brescia, il Procuratore della Repubblica di Brescia proponeva ricorso per cassazione, la quale annullava l’ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame e rinviava al medesimo per l’esame di nuovi elementi probatori a carico dell’imputato. Il Tribunale del Riesame, in sede di rinvio, annullava nuovamente l’ordinanza disposta dal GIP. Avverso l’ordinanza di annullamento emessa dal Tribunale del Riesame il Procuratore della Repubblica di Brescia ricorre per cassazione. La condivisione in rete della propaganda terroristica. La Suprema Corte evidenzia come il Tribunale del Riesame non abbia preso in considerazione il principio di diritto secondo cui le consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale hanno natura di organizzazione terroristiche rilevanti ex art. 270- bis c.p. Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico . Difatti, con l’ordinanza di annullamento il Tribunale del Riesame negava connotazione terroristica della c.d. guerra santa citata nei video diffusi in rete dall’imputato e riteneva vago e non idoneo a configurare apologia dell’ISIS il richiamo alla jihad ivi contenuto. Tuttavia, il Tribunale ometteva di indicare a quali altre organizzazioni diverse dall’ISIS poteva riferirsi il richiamo alla jihad e, parallelamente, riteneva inesistente il rischio di consumazione di ulteriori reati derivanti dalla propaganda terroristica, che secondo i Giudici di legittimità risultava presente incontestabilmente nei predetti video . L’impugnata ordinanza, inoltre, nell’escludere la configurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p. Istigazione a delinquere ha ridimensionato la portata apologetica dei video sul rilievo dell’asserita breve durata – ben undici giorni – della condivisione degli stessi sul profilo Facebook dell’imputato o in relazione alla circostanza che uno dei due sarebbe stato diffuso con la sola opzione mi piace”, elementi che invece non sono certo idonei a ridurre la portata offensiva della sua condotta, attesa la comunque immodificata funzione propalatrice svolta in tale contesto dal social network Facebook . La Corte dunque annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, al Tribunale di Brescia.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 25 settembre – 12 dicembre 2017, n. 55418 Presidente Vessichelli – Relatore Fidanzia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 6 giugno 2017 il Tribunale del Riesame di Brescia ha annullato l’ordinanza del G.I.P. presso lo stesso Tribunale del 28.10.2016 con la quale era stata applicata a D.G. la misura cautelare in carcere in quanto accusato, a norma dell’art. 414 comma 4 c.p., di aver pubblicamente, mediante la diffusione sulla rete internet, fatto apologia dello Stato Isalmico, associazione con finalità di terrorismo internazionale. Il Tribunale del Riesame di Brescia era stato chiamato ad esaminare nuovamente la posizione del predetto indagato dopo che questa Corte, con sentenza n. 24103/2017, aveva annullato la prima ordinanza del Tribunale di Brescia del 15.11.2016 con cui era stata per la prima volta annullata la predetta ordinanza del G.I.P. di Brescia del 28.10.2016. Lamenta il Procuratore ricorrente che l’ordinanza impugnata ha violato il principio di diritto enunciato da questa Corte nella sentenza n. 24103/2017 nonché ha travisato il fatto, con conseguente contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Ha premesso il Procuratore della Repubblica di Brescia che la rsezione di questa Corte, nella predetta sentenza di annullamento, aveva enunciato il principio che il richiamo costante ed esplicito al conflitto bellico in corso di svolgimento sul territorio sirio-iracheno, contenuto nelle registrazioni pubblicate e condivise sul profilo Facebook del D. , rappresentava un idoneo e qualificato riferimento all’ISIS, protagonista non certo secondario di tale conflitto, con la conseguenza che il Tribunale del Riesame di Brescia non aveva tenuto conto delle conseguenze apologetiche che i riferimenti espliciti ed impliciti al conflitto sirio-iracheno erano in grado di provocare rispetto ai frequentatori dei social network. Il riferimento ad una delle parti in guerra, in particolare all’ISIS, presupponeva, il richiamo alla Jihad islamica, la quale costituisce la fonte di ispirazione delle azioni militari dello Stato islamico sul territorio sirio-iracheno e, su scala internazionale, il collante del terrorismo islamico. La I sezione di questa Corte aveva precisato, a titolo esemplificativo, che l’inneggiare al martirio contenuto nella videoregistrazione del omissis non costituiva una condotta caratterizzata da una matrice esclusivamente ideologica e religiosa dei messaggi ad essi sottesi, come ritenuto dalla prima ordinanza annullata del Tribunale di Brescia. Ciò premesso, l’ordinanza impugnata aveva disatteso il principio di diritto espresso dal Giudice di legittimità svolgendo un percorso argomentativo sulle medesime premesse valutative incongrue e contrastanti con il quadro indiziario in atti, già censurate. L’ordinanza impugnata, in contrasto con quanto affermato da questa Corte, pur riconoscendo che il termine Jihad evoca la guerra santa, ha ritenuto che nelle videoregistrazioni di cui al presente procedimento non vi siano sufficienti elementi per ricondurre univocamente i richiami alla guerra santa, in esse contenuti, all’ISIS, sul rilievo che lo Stato islamico era solo una delle parti belligeranti del conflitto sirio-iracheno e non era stata dimostrata la volontà del D. di riferirsi proprio all’ISIS e non ad altri combattenti. Tale argomentazione si appalesa quantomeno contraddittoria ed incongrua rispetto al materiale probatorio acquisito ed in contrasto con le conclusioni cui era giunto lo stesso giudice di merito allorquando, da un lato, aveva circoscritto alla sola breve durata del video la portata offensiva della condotta apologetica, e, dall’altro, ne avevano minimizzato la rilevanza penale ridimensionando l’importanza della opzione like apposta dal D. ai video postati in rete. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. Va preliminarmente osservato che nella sentenza n. 24103/2017 con cui è stata annullata la prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, la I sezione di questa Corte ha, in primo luogo, affermato a pag. 8 primo cpv il principio di diritto secondo cui le consorterie di ispirazione jihadista operanti su scala internazionale hanno natura di organizzazione terroristiche rilevanti ex art. 270 bis c.p Tale enunciato è coerente con quanto già affermato da questa Corte nella sentenza n. 31389 del 11/6/2008, Rv. 241174, nella quale era stato evidenziato come l’ideologia della Jihad secondo la logica della contrapposizione fedele/infedele, verità/menzogna, giustizia/ingiustizia, legittimi l’impiego dei cc.dd. kamikaze, persone disposte a sacrificare la propria vita e quella degli altri per la causa , ponendo in atto condotte che, ad un tempo, sono atti di violenza in incertam personam e forme di comunicazione e di ammonimento verso i superstiti. La sentenza n. 24103/17 ha quindi condiviso il percorso logico-argomentativo auspicato dal Procuratore ricorrente e già sviluppato dal G.U.P. presso il Tribunale di Brescia nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, il quale, nell’esaminare le singole videoregistrazioni diffuse dal D. su facebook, aveva ritenuto la natura apologetica e propagandistica dello Stato islamico 1 del video del omissis , nel quale un combattente predica l’unione dei fratelli per aiutare la , pregando perché Allah lo accetti come martire 2 del video del omissis , nel quale è ritratto un combattente armato con la divisa del mujahideen e sono evocati i massacri in Siria, inneggiandosi ai mujahideen caduti per proteggere i musulmani nella guerra contro i nemici di Allah 3 del video del omissis in cui si inneggia ai mujahideen che uccidono e sono uccisi per Allah. La I sezione di questa Corte aveva ritenuto l’incongruità logica insita nel ragionamento di escludere l’associazione, ritenuta invece dal G.I.P. di Brescia, tra ISIS e la Jihad combattuta in Siria, osservando come il richiamo alla Jihad islamica ispiri le azioni belliche condotte dall’ISIS in Siria e costituisca su scala internazionale il collante del terrorismo islamico. A fronte delle ritenute incongruità motivazionali, la I sezione di questa Corte, nell’annullare la prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, ha rinviato allo stesso Tribunale affinché fosse condotto un nuovo esame degli elementi probatori acquisiti nei confronti del D. , e in particolare, delle videoregistrazioni postate nei giorni omissis , omissis , del omissis , omissis e del omissis . Ciò premesso, la seconda ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia, oggetto della odierna impugnazione, ha annullato nuovamente l’ordinanza del G.I.P. di Brescia, applicativa della misura cautelare nei confronti del D. . È stato, in particolare, osservato che il mero richiamo alla jihad non è rilevante ai fini apologetici per lo spettro di gruppi religiosi che all’interno della religione islamica evocano il martirio religioso, senza, peraltro, necessariamente concretizzare le predette aspirazioni. Inoltre, ad avviso dell’ordinanza impugnata, dall’esame dei video non emergono elementi inequivoci che il D. volesse riferirsi proprio all’associazione terroristica denominata Isis, atteso che una tale organizzazione rappresenta solo uno dei soggetti partecipanti al conflitto siriano. Non vi è dubbio che con tali affermazioni l’ordinanza impugnata si sia posta in contrasto il principio, come sopra riportato, espresso dalla citata sentenza n. 24103/17 e sia comunque caduta nel medesimo vizio logico - o quantomeno in un’evidente carenza motivazionale - che aveva determinato l’annullamento della prima ordinanza del Tribunale del Riesame di Brescia. L’ordinanza in oggetto ha, infatti, negato la connotazione terroristica della c.d. guerra santa nonché apoditticamente affermato che il richiamo al martirio religioso non consentirebbe, data la pluralità dei gruppi religiosi che evocano l’jihad, di ricondurre univocamente i video in questione all’ISIS, obliterando quindi quanto osservato dalla I sezione di questa Corte, non avendo avuto nemmeno cura di indicare quali sarebbero allora le altre organizzazioni jiahdiste che, come l’ISIS, opererebbero parimenti nel conflitto siriano, evocando il martirio religioso nei confronti degli infedeli. L’ordinanza impugnata, peraltro, ha frainteso il contenuto della sentenza di annullamento di questa Corte con riguardo ai video del omissis e del omissis . Sul punto, ritiene il Tribunale del Riesame che la I sezione di questa Corte non avrebbe censurato le argomentazioni svolte nell’ordinanza annullata in ordine alla mancanza del rischio effettivo di consumazione di ulteriori reati derivante dall’attività di propaganda dell’Isis, presente incontestabilmente nei predetti video. Tale affermazione è priva di pregio. Non vi è dubbio che la sentenza di annullamento, prendendo in esame esclusivamente i video del omissis , omissis , del omissis , non ha certo voluto affermare la inconfigurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p. per i restanti video - neppure esaminati - e ciò perché quanto osservato da questa Corte per i primi video ha avuto una valenza assorbente per gli altri. Diversamente argomentando, la sentenza di annullamento di questa Corte, nel disporre che il giudice del rinvio effettuasse un nuovo esame degli elementi probatori acquisiti nei confronti del D. , non avrebbe espressamente indicato, come invece ha fatto, anche le videoregistrazioni del omissis e del omissis . Orbene, in ordine a questi due video, è pacifico che il D. abbia inneggiato apertamente allo Stato islamico ed alle sue gesta ed i suoi simboli e, al fine di valutare il rischio effettivo della consumazione di altri reati derivanti dall’attività di propaganda, i giudici del Riesame, nonostante avessero espressamente citato quell’orientamento giurisprudenziale Sez 1.12.2015, Halili che impone di considerare il comportamento dell’agente per la condizione personale dell’autore e le circostanze di fatto in cui si esplica, non hanno tenuto conto dei contatti dagli stessi evidenziati pag. 10 prima ordinanza annullata e pag. 3 ordinanza impugnata del D. con altri soggetti già indagati per terrorismo islamico, affermando contraddittoriamente che lo stesso fosse estraneo a frequentazioni di gruppi religiosi più estremisti, o valorizzando la circostanza che fosse estraneo a frequentazioni religiose. Inoltre, per escludere la configurabilità del delitto di cui all’art. 414 c.p., l’ordinanza impugnata ha ridimensionato la portata apologetica dei due video sul rilievo dell’asserita breve durata - ben undici giorni - della condivisione degli stessi sul profilo facebook del D. o in relazione alla circostanza che uno dei due sarebbe stato diffuso con la sola opzione mi piace , elementi che invece non sono certo idonei a ridurre la portata offensiva della sua condotta, attesa la comunque immodificata funzione propalatrice svolta in tale contesto dal social network facebook. Deve quindi annullarsi l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Brescia in diversa composizione nonché ordinarsi la restituzione integrale degli atti. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, al Tribunale di Brescia in diversa composizione. Ordina la restituzione integrale degli atti.