Confisca di prevenzione di immobili e diritti del creditore del confiscato

Alle Sezioni Unite il compito di stabilire le condizioni per effettuare domanda di ammissione del credito al passivo del procedimento di liquidazione del bene confiscato.

Sul tema l’ordinanza n. 54794/17, depositata il 6 dicembre. Il caso. Una banca, titolare di diritto di credito nei confronti di un privato, garantito da ipoteca iscritta su appartamento di proprietà del medesimo, poi assoggettato a confisca, formulò richiesta di ammissione alla procedura di liquidazione di tale bene. Chiamata in giudizio l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata avanti al giudice competente, ottenne declaratoria di inammissibilità della domanda svolta posto che la confisca di prevenzione dell’immobile sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia della restituzione della somma mutuata era divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge 228/2012 e che l’art. 1, comma 199 di tale legge prevede espressamente che le domanda di ammissione del credito al passivo del procedimento di liquidazione del bene confiscato debbano a pena di decadenza essere proposte entro 1780 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge. Avverso detto provvedimento la banca formava ricorso per cassazione. La sentenza in commento. La prima sezione penale della Corte di Cassazione ricostruisce, con puntigliosa e preziosa precisione, la norma che disciplina le vicende dei beni sottoposti a confisca di prevenzione sui quali gravino pegni, pregiudizi o gravami. Si tratta di una ricostruzione, come detto apprezzabilissima, che non può essere ricondotta o riassunta nei termini di un breve commento ma che poggia su di un importante precedente Cass. SS.UU. 7 maggio 2013 n. 10532 al fine di verificare se e dove sia possibile pervenire ad un revirement giurisprudenziale. La pronuncia delle Sezioni Unite aveva evidenziato come lo Stato, per effetto della confisca e dell’estinzione di diritto di pesi ed oneri iscritti o trascritti prima della confisca, acquistasse un bene il bene non più a titolo derivativo ma libero da pesi e da oneri, pur se iscritti o trascritti anteriormente alla misura di prevenzione. In sostanza la Corte poneva questa particolare forma di acquisizione del bene nel solco delle cause di estinzione dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 c.c Per tale ragione, il termine di 180 giorni riservato ai creditori di crediti garantiti da ipoteca trascritta sui beni immobili prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, nei confronti del soggetto passivo della misura patrimoniale, è da intendersi non solo tassativo, fissato a pena di decadenza, ma non soggetto ad alcuna proroga e indipendente da qualsiasi atto provenienti o di competenza l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. In senso conforme all’orientamento delle SS.UU. si era pronunciata la prima sezione della Corte sent. n. 20479 12 febbraio 2016 che aveva ritenuto inammissibile la domanda per il verificarsi delle decadenze previste dai commi 199 e 205 della norma. La seconda sentenza, resa dalla Cassazione sezione prima n. 36626/06 , dice la Corte, pur dichiarando in motivazione di condividere il principio affermato dalla decisione del febbraio del 2016, di esso non ha fatto concreta applicazione quanto al caso al suo esame devoluto, avendo ritenuto tempestiva ai sensi del comma 205, la domanda di accertamento di credito presentata da titolare di credito garantito da ipoteca dopo la trascrizione di sequestro preventivo ma prima del giorno in cui la confisca era divenuta definitiva in questo caso, dunque, nessuna decadenza era predicabile in ragione della conservazione degli effetti derivata dal giorno anteriore a quello in cui la confisca era divenuta definitiva, in cui il ricorso contenente tale domanda era stato presentato . E oggi? La Corte partendo da quella che giudica un’apparente conformità di orientamento rileva come in realtà non sia costituito alcun orientamento in punto. Osserva altresì, e il punto appare non solo centrale ma anche risolutivo, che un’interpretazione stretta della norma, che non consideri il disposto del comma 206 della norma che impone all’Agenzia di dare avviso ai creditori aventi diritto sul confiscato del proprio diritto ad esperire le azioni ex lege previste, costituirebbe una violazione di obbligazione, di fonte legale, i cui effetti si risolverebbero in una ingiustificata riduzione delle garanzie poste a favore del creditore del confiscato. Osserva correttamente la Corte come le disposizioni di carattere processuale speciale contenute nella l. n. 228/2012 non rechino alcuna disciplina specifica in relazione agli obblighi di fornire avviso ai creditori aventi garanzie reali sui beni confiscati ad eccezione della comunicazione prevista dal più volte citato art. 1, comma 2016, determinando in guisa per le domande presentate dopo il 30 giungo 2013, la decadenza di chi sia rimasto inerte per causa lui non imputabile. Il rimedio che la Corte intravvede al fine di non creare inaccettabili disparità è proprio quello costituito dalla lettura del combinato disposto dei commi 199, 205 e 206 dell’art. 1, l. n. 228/2012, ovvero quella di valorizzare quella obbligazione di carattere legale che impone all’Agenzia di fornire avviso ai creditori del confiscato che vantino garanzie reali sui beni oggetto di confisca. In presenza di ipotetico ma concreto rischio di conflitto tra pronunce alle Sezioni Unite è demandata la funzione nomofilattica.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, ordinanza 16 novembre – 6 dicembre 2017, n. 54794 Presidente Mazzei – Relatore Vannucci Ritenuto in fatto 1. Con ricorso depositato il 28 gennaio 2014 la Banca Nazionale del Lavoro s.p.a. di seguito indicata come BNL , titolare, nei confronti di D.A. , di credito da restituzione di danaro dato a mutuo, garantito da ipoteca iscritta su appartamento in Monreale appartenente al debitore, chiese che il proprio credito fosse ammesso alla procedura di liquidazione di tale bene, oggetto di confisca di prevenzione disposta con Decreto n. 109/2010 emesso dal Tribunale di Palermo, divenuto irrevocabile il 10 gennaio 2012. 2. Instaurato il contraddittorio con l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei ben sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata di seguito indicata come Agenzia , con ordinanza emessa il 10 dicembre 2014 il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarò inammissibile tale domanda evidenziando che la confisca di prevenzione dell’immobile sul quale era stata iscritta ipoteca a garanzia della restituzione del mutuo era divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012 l’art. 1, comma 199, di tale legge prevede espressamente che le domande di ammissione del credito al passivo del procedimento di liquidazione del bene confiscato debbano, a pena di decadenza, essere proposte entro 180 giorni dall’entrata in vigore della stessa legge, avvenuta il 1 gennaio 2013 la domanda di ammissione del credito avrebbe dunque dovuto essere presentata entro il 30 giugno 2013 il ricorso contenente tale domanda era stato depositato il 28 gennaio 2014 la banca ricorrente è per tale motivo decaduta dal diritto fatto valere. 3. Per la cassazione di tale ordinanza la Business Partner Italia s.c.p.a., quale mandataria della BNL, ha proposto ricorso atto sottoscritto dai difensori con procura, avvocati Vittorio Balestrazzi e Valeria Rizzo contenente due motivi di impugnazione. 3.1 La ricorrente deduce in primo luogo che l’ordinanza sarebbe stata emessa in violazione di legge segnatamente del comma 1, comma 206 della legge n. 228 del 2012 in quanto con la citata legge n. 228 del 2013 art. 1, commi da 194 a 206 è stata espressamente disciplinata la tutela dei terzi in riferimento ai beni confiscati a definizione di procedimenti di prevenzione patrimoniali per i quali come quello nei confronti di D. non trova applicazione la disciplina dettata dal d.lgs. n. 159 del 2011 codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione in base a tale disciplina i creditori del prevenuto, in cui favore sia stata sul bene confiscato iscritta ipoteca prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, possono presentare domanda di accertamento del proprio credito nell’ambito della procedura di liquidazione entro 180 giorni dall’entrata in vigore di tale legge art. 1, comma 199 se la confisca è divenuta definitiva prima di tale giorno peraltro, il successivo comma 206 dello stesso art. 1 ha espressamente fatto obbligo all’Agenzia di dare ai creditori del prevenuto comunicazione a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile e in ogni caso mediante apposito avviso inserito nel proprio sito internet che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del proprio credito ai sensi dei commi 199 e 205, della data di scadenza del termine entro il quale tali domande debbono essere presentate, nonché di ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda BNL, mandante di essa ricorrente, aveva il 15 marzo 2001 concesso alla Igea Costruzioni s.r.l. mutuo di Euro 516.456,90 il 19 marzo 2001 su terreno sito in , appartenente alla mutuataria, era sta iscritta ipoteca a garanzia della restituzione del mutuo su tale terreno era stato poi costruito fabbricato il 18 dicembre 2003 la Igea Costruzioni s.r.l. vendette a D. la proprietà di appartamento parte di tale fabbricato il compratore si accollò quota di mutuo pari ad Euro 75.000 a fronte dell’inadempimento di D. all’obbligazione di pagamento di parte di tale quota, BNL dapprima intimò il pagamento con precetto e, dappoi, pignorò l’appartamento con atto trascritto il 5 ottobre 2011 al momento della trascrizione risultava su tale bene trascritto, il 15 ottobre 2008, decreto di sequestro di prevenzione la proprietà di tale immobile venne poi confiscata con Decreto n. 109/20 emesso da Tribunale di Palermo BNL aveva quindi chiesto di essere ammessa al passivo del1 procedura per il credito in questione l’interpretazione data dal Tribunale quanto al precetto contenuto nell’art. 1, comma 199, non teneva in alcun conto le disposizioni recate dal successivo comma 206 nel caso concreto, nessuna comunicazione era stata dall’Agenzia a BNL in adempimento all’obbligo prescritto da tali ultime disposizione e nulla era stato pubblicato sul sito internet di Agenzia quanto al termine di decadenza per far valere il proprio diritto all’accertamento giudiziale del proprio credito. 3.2 Con il secondo motivo, complementare al primo, la ricorrente deduce che la garanzia del proprio diritto alla partecipazione al procedimento di prevenzione, anche alla luce del contenuto della disciplina comunitaria e della Convenzione EDU, è assicurata solo dal rispetto della procedura prevista dal citato art. 1, comma 206, della legge n. 228 del 2012 nel caso di specie non avvenuto. 4. Il Procuratore generale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in ragione della relativa manifesta infondatezza e ciò alla luce del principio di diritto affermato in argomento da Cass. Sez. 1, n. 20479 del 12 febbraio 2016, Banco Popolare soc. coop., Rv. 266891, ribadito da Cass. Sez. 1, n. 36626 del 12 aprile 2016, Banca Monte dei Paschi di Siena, Rv. 267609. 5. La ricorrente ha depositato memoria con la quale evidenzia che, alla luce del precetto recato dall’art. 1, comma 194, della legge n. 228, la tutela del terzo in buona fede titolare di diritti sul bene confiscato è assicurata dalla conoscenza del termine per potere esercitare il proprio diritto all’ammissione al passivo della procedura di liquidazione del bene confiscato e che, nella specie, tale conoscenza è mancata per non avere l’Agenzia effettuato le comunicazioni previste dal successivo comma 206 con la conseguenza che il deposito tardivo della domanda di ammissione del credito di BNL doveva ritenersi giustificato. Considerato in diritto 1. I fatti di causa, rilevanti in funzione della decisione in questa sede sollecitata, possono essere così riassunti il 15 marzo 2001 la BNL concesse alla Igea Costruzioni s.r.l. mutuo di Euro 516.456,90, la cui restituzione venne dalla mutuataria garantita mediante iscrizione, eseguita il 19 marzo 2001, di ipoteca sull’immobile di cui era proprietaria il 18 dicembre 2003 la Igea Costruzioni vendette ad D.A. la proprietà di parte di tale immobile e il compratore si accollò quota di parte residua del danaro da restituire in base al citato contratto di mutuo, con conseguente frazionamento dell’ipoteca in ragione del mancato pagamento di complessivi Euro 67.319 da parte di D. , BNL, dopo avere intimato il 26 maggio 2011 al debitore precetto per il pagamento di tale soma di danaro, iniziò contro lo stesso espropriazione forzata mediante trascrizione di pignoramento sull’immobile ipotecato eseguita il 4 ottobre 2011 il 15 ottobre 2008 su tale immobile venne però contro D. trascritto, in favore dell’Erario, sequestro di prevenzione disposto il 4 maggio 2001 dal Tribunale di Palermo la proprietà dell’immobile venne a D. confiscata con decreto emesso dal Tribunale di Palermo divenuto definitivo il 10 gennaio 2012 non risulta che la proprietà dell’immobile sia stata trasferita ovvero aggiudicata a terzi dall’Agenzia con ricorso depositato il 28 gennaio 2014 BNL chiese al Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, di ammettere il proprio credito nei confronti di D. al passivo della procedura liquidatoria di tale immobile gestita dall’Agenzia ai sensi dell’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011, c.d. codice antimafia e ciò sul rilievo che i rapporti fra creditori ipotecari ed Erario derivanti da procedimenti di prevenzione per i quali non trovava applicazione, ratione temporis, la disciplina recata dal codice antimafia, sono regolati dai commi da 194 a 206 della legge n. 228 del 2012, legge di stabilità 2013 , in vigore dal 1 gennaio 2013 il procedimento originato da tale ricorso si svolse nel contraddittorio fra la ricorrente BNL e l’Agenzia che, però, non si costituì e, comunque, non interloquì in concreto sul contenuto della domanda di accertamento di credito con ordinanza emessa il 28 ottobre 2015 il Tribunale di Palermo, in funzione di giudice dell’esecuzione, dichiarò inammissibile la domanda sul presupposto che il 30 giugno 2013 si era verificata per la banca ALFA la decadenza dall’esercizio del proprio diritto e ciò alla luce dell’inequivoco contenuto del comma 199 dell’art. 1 della legge n. 228. 2. La disciplina legale relativa alla tutela del terzo i cui diritti siano stati pregiudicati da confisca di prevenzione è quella recata dalla legge n. 575 del 1965, alla luce del precetto contenuto nell’art. 117, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011. Il comma 194 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012, dispone, per quanto di interesse, che a partire dal 1 gennaio 2013 giorno di entrata in vigore della legge non possono essere proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive sui beni confiscati a definizione di procedimenti di prevenzione per i quali trova applicazione la disciplina recata dalla legge n. 575 del 1965. Gli oneri e pesi iscritti o trascritti su tali beni anteriormente alla confisca sono estinti di diritto, secondo la prescrizione del successivo comma 197. In considerazione del contenuto precettivo di tale ultima disposizione Cass. S.U. Civ., 7 maggio 2013, n. 10532, ha evidenziato che lo Stato, per effetto della confisca e dell’estinzione di diritto di pesi ed oneri iscritti o trascritti prima della confisca, acquista un bene non più a titolo derivativo, ma libero dai pesi e dagli oneri, pur iscritti o trascritti anteriormente alla misura di prevenzione. In sostanza, superando la condivisa opinione della giurisprudenza civile e penale sulla natura derivativa del titolo di acquisto del bene immobile da parte dello Stato a seguito della confisca, il legislatore ha inteso ricomprendere questa misura nel solco delle cause di estinzione dell’ipoteca disciplinate dall’art. 2878 c.c. . I titolari di crediti, garantiti da ipoteca iscritta su beni immobili prima della trascrizione del sequestro di prevenzione, nei confronti del soggetto passivo della misura di prevenzione patrimoniale cui, a seguito della sentenza additiva della Corte costituzionale n. 94 del 2015, sono da aggiungere i titolari di crediti derivanti da prestazioni di lavoro in regime di subordinazione nei confronti del destinatario della misura di prevenzione debbono, entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della L. n. 282 dunque, dal 1 gennaio 2013 , a pena di decadenza proporre domanda di ammissione del credito, ai sensi dell’articolo 58, comma 2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca comma 199 . I presupposti per il riconoscimento giudiziale del credito verso la procedura di liquidazione sono quelli previsti dall’art. 52 del d.lgs. n. 159 del 2011, comma 200 . Il successivo comma 201 prevede che la liquidazione del bene confiscato da parte dell’Agenzia debba aver luogo decorsi dodici mesi dalla scadenza del termine di cui al comma 199 . Il comma 205 prevede, poi, che tale ultimo termine decorre dal momento in cui la confisca diviene definitiva per quei beni sempre relativi a procedimenti di prevenzione per i quali non trova applicazione il codice antimafia confiscati in data successiva al 1 gennaio 2013. Infine, il comma 206 prevede espressamente quanto segue L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, entro dieci giorni dall’entrata in vigore della presente legge, ovvero dal momento in cui la confisca diviene definitiva, comunica ai creditori di cui al comma 198 a mezzo posta elettronica certificata, ove possibile e, in ogni caso, mediante apposito avviso inserito nel proprio sito internet a che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del credito ai sensi dei commi 199 e 205 b la data di scadenza del termine entro cui devono essere presentate le domande di cui alla lettera a c ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda . La ricorrente afferma che nessun avviso la propria mandante BNL ebbe a ricevere dall’Agenzia quanto alla fissazione di termine per la proposizione della propria domanda giudiziale di accertamento del proprio credito nei confronti della persona cui venne confiscata la proprietà di immobile sul quale era stata iscritta ipoteca in favore della banca tale avviso non venne pubblicato sul sito internet dell’Agenzia. Tali affermazioni non sono state specificamente contestate dall’Agenzia, che pure è stata parte del procedimento svoltosi avanti il Tribunale di Palermo i fatti che ne costituiscono l’oggetto debbono quindi ritenersi implicitamente ammessi dalla stessa Agenzia, onerata della prova di avere adempiuto alle obbligazioni di informazione cui essa è tenuta ai sensi del citato comma 206. 3. Ad oggi la giurisprudenza di legittimità si è pronunciata con due sentenze sull’interpretazione della disciplina legale relativa al termine di presentazione delle domande di ammissione al passivo previsto dalla citata disciplina speciale, come detto applicabile solo alle confische disposte a definizione di procedimenti di prevenzione disciplinati dalla legge n. 575 del 1965 per i quali non trovano applicazione le disposizioni recate dal codice antimafia art. 117, comma 1, del d.lgs. n. 159 del 2011 . Cass. Sez. 1, n. 20479 del 12 febbraio 2016, Banco Popolare soc. coop., Rv. 266891, ha ritenuto tardiva, e dunque inammissibile per il verificarsi della decadenza prevista dai commi 199 e 205, la domanda di accertamento di credito, garantito da ipoteca, proposta dal relativo titolare dopo che erano decorsi centottanta giorni da quello successivo a quello di entrata in vigore della legge n. 228 del 2012 in cui il decreto dispositivo della confisca era divenuto definitivo e, comunque, anche dal giorno in cui l’avviso previsto dal comma 206 era stato pubblicato sul sito internet dell’Agenzia. Nella motivazione si legge quanto segue La previsione testuale della natura decadenziale del termine, in uno con la fissazione ex lege della sua decorrenza dai momenti - sopra indicati - precisamente individuati dalla norma, che sono ancorati a dati oggettivi certi e validi per tutti i creditori ipotecari l’entrata in vigore della legge e la data di definitività della confisca, rispettivamente , non consente alcun dubbio o incertezza interpretativa al riguardo, nei termini prospettati dal ricorrente, che postulano invece una differente decorrenza dei 180 giorni dall’adempimento degli oneri informativi posti a carico dell’Agenzia dal comma 206 dell’art. 1 legge n. 228 del 2012 , ovvero addirittura dal momento, diverso da caso a caso, della conoscenza effettiva del provvedimento di confisca da parte del creditore. L’esigenza di certezza, stabilità e tempestiva definizione dei rapporti giuridici che fanno capo ai terzi titolari di diritti reali di garanzia sui beni confiscati e agli altri creditori indicati al comma 198, lett. a e b le cui aspettative satisfattive sono state ritenute meritevoli di tutela dal legislatore, ai quali la sentenza n. 94 del 2015 della Corte costituzionale ha aggiunto i titolari di crediti da lavoro subordinato , anche in funzione del coordinamento col termine successivo stabilito dal comma 201 per gli adempimenti liquidatori posti a carico dell’Agenzia, convalida, sul piano logico e sistemico, la correttezza e la ragionevolezza della lettura interpretativa del momento di decorrenza del termine decadenziale di 180 giorni seguita dal giudice dell’esecuzione nel provvedimento impugnato - che discende dal chiaro dettato normativo e che realizza un equo bilanciamento con le esigenze di ordine e sicurezza pubblica, di sicuro rilievo costituzionale, sottese alla disciplina delle misure di prevenzione patrimoniale, contemperando l’esigenza di celerità della procedura col riconoscimento di un congruo lasso temporale per la predisposizione e la presentazione delle domande di ammissione del credito, così da escludere in radice il rischio - paventato dal ricorrente - di un ingiustificato sacrificio dei diritti patrimoniali del terzo di buona fede . La sentenza ha poi evidenziato, per scrupolo di motivazione , che la domanda sarebbe tardiva anche ove si volesse valorizzare, così come dedotto dal ricorrente, il ritardo con cui l’Agenzia ha provveduto all’adempimento informativo - posto a suo carico dal comma 206 dell’art. 1 legge n. 228 del 2012 - rispetto al termine di 10 giorni dalla definitività del provvedimento di confisca che è previsto dalla norma per la pubblicazione del relativo avviso sul sito internet dell’Agenzia anche volendo computare la decorrenza del termine per la presentazione dell’istanza in rapporto alla data di inserimento effettivo dell’avviso sul sito internet, che il ricorrente ha indicato nel 19.03.2013 data, quindi, posteriore a quella del 23.02.2013 entro la quale l’Agenzia avrebbe dovuto provvedere all’incombente , infatti, il termine di decadenza di 180 giorni, la cui decorrenza dovrebbe in ogni caso farsi retroagire al 9.03.2013 onde non privare l’Agenzia della vacatio temporis di 10 giorni riconosciutale dalla legge, sarebbe comunque scaduto il 21.10.2013 tenendo conto, anche in questo caso, del periodo di sospensione feriale . La seconda sentenza Cass. Sez. 1, n. 36626 del 12 aprile 2016, Banca Monte dei Paschi di Siena, Rv. 267609 , pur dichiarando, in motivazione, di condividere il principio affermato dalla decisione del febbraio 2016, di esso non ha fatto concreta applicazione quanto al caso al suo esame devoluto, avendo ritenuto tempestiva, ai sensi del comma 205, la domanda di accertamento di credito presentata da titolare di credito garantito da ipoteca dopo la trascrizione di sequestro di prevenzione ma prima del giorno successivo all’entrata in vigore della legge n. 228 del 2012 ed anteriore all’emissione dell’ordinanza impugnata in cui la confisca era divenuta definitiva in questo caso, dunque, nessuna decadenza era predicabile in ragione della conservazione degli effetti impedimento della decadenza derivata dal giorno, anteriore a quello in cui la confisca era divenuta definitiva, in cui il ricorso contenente tale domanda era stato presentato. Nella parte iniziale della motivazione si legge infatti che la particolarità della questione sottoposta a giudizio non verte affatto su di una tardività della richiesta di ammissione al credito garantito su beni sottoposti a confisca la richiesta, nella fattispecie, era anticipatoria e non tardiva, nel senso che era stata avanzata - pacificamente, per come desunto dal provvedimento impugnato e dal contenuto del ricorso - allorquando i beni in questione erano stati sequestrati ma il provvedimento di confisca non era ancora divenuto definitivo. Altrettanto pacifica è la circostanza per cui, al momento della decisione del Tribunale di Bari, la confisca de qua era divenuta definitiva la definitività del provvedimento di confisca si è cristallizzata in data 06.03.2014 mentre la richiesta di ammissione al credito successiva al sequestro dei beni era stata avanzata in data 27.06.2013 . 4. Nel caso di specie, come detto nessun avviso la banca mandante della ricorrente ebbe dall’Agenzia quanto al termine di proposizione di domanda di ammissione del proprio credito al passivo della procedura di liquidazione dell’immobile confiscato, originariamente garantito da ipoteca estinta ex lege per effetto della confisca, verso la persona cui il bene venne confiscato tale avviso non venne pubblicato sul sito internet dell’Agenzia. Essendo incontroverso che la domanda giudiziale in questione venne presentata dopo che era decorso il termine, previsto a pena di decadenza, di cui all’art. 1, comma 199, della legge n. 228 del 2012, in replica alla requisitoria depositata dal Procuratore generale che il principio affermato nelle citate sentenze ha richiamato a sostegno delle proprie conclusioni di manifesta infondatezza del ricorso , la ricorrente ritiene giustificato il ritardo nella proposizione della propria domanda, con la conseguente non verificazione della decadenza da tale diritto e ciò in considerazione dell’inadempimento dell’Agenzia alla propria obbligazione di informazione sancita dal citato comma 206. Il Collegio ritiene non pienamente convincenti le argomentazioni sviluppate dalla citata Cass. Sez. 1, n. 20479 del 12 febbraio 2016, Banco Popolare soc. coop., in quanto, nell’interpretare la disciplina della decadenza dal diritto all’accertamento del credito recata dal comma 199 espressamente richiamata dal successivo comma 205 , evitabile solo mediante presentazione di domanda avanti il tribunale che ha emesso l’ordinanza di confisca, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha omesso di prendere in considerazione le disposizioni contenute nel successivo comma 206 e la relativa incidenza su quelle contenute nei commi 199 e 205. In buona sostanza, quella decisione si è limitata solo a prendere atto del contenuto testuale in sé inequivoco della disposizione recata dal comma 199 e di quella contenuta nel comma 205 , opportunamente collegata con quella contenuta nel successivo comma 201 omettendo però di dare un qualche senso al contenuto della disciplina legale degli avvisi di cui al successivo comma 206. Tali regole sono state invero prese in considerazione solo come mero dato fattuale per affermare che, in ogni caso, la domanda della banca sarebbe stata comunque tardiva perché presentata dopo che erano decorsi centottanta giorni da quello di pubblicazione dell’avviso sul sito internet dell’Agenzia. Tenuto presente il contenuto dell’avviso che l’Agenzia è, per legge, obbligata a dare ai creditori ipotecari di beni confiscati l’avviso deve indicare a costoro che possono, a pena di decadenza, proporre domanda di ammissione del credito ai sensi dei commi 199 e 205 comma 206, lett. a , dall’adempimento da parte dell’Agenzia all’obbligazione, di fonte legale, di dare avviso ai creditori aventi diritti sul bene confiscato non può prescindersi pena l’elisione del diritto del creditore all’accertamento giudiziale del proprio credito secondo le prescrizioni contenute nell’art. 52 del d.Lgs. n. 159 del 2011 , da soddisfarsi, dopo il ricavato dalla vendita del bene confiscato, nella misura specificamente indicata dal comma 2013 dello stesso art. 1. La disciplina legale relativa al procedimento per l’accertamento dei crediti nei confronti di soggetti destinatari della misura di prevenzione della confisca recata dalla legge n. 228, dettata per i procedimenti di prevenzione per i quali non trova applicazione, ratione temporis, la disciplina di cui al d.lgs. n. 159 del 2011, si discosta nettamente da quest’ultima, in quanto non prevede gli adempimenti prescritti dagli artt. 57 e 58 del citato D.Lgs., essenzialmente modellati sulla disciplina legale dell’accertamento dei crediti nel fallimento, id est deposito elenco dei creditori da parte dell’amministratore giudiziario dei beni confiscati fissazione di udienza per la verifica dei crediti da parte del giudice delegato alla procedura comunicazione di tale udienza ai creditori compresi nell’elenco con assegnazione a costoro di termine perentorio per il deposito delle domande di ammissione dei crediti deposito, prima dell’udienza di verifica, di progetto di stato passivo predisposto dall’amministratore giudiziario facoltà per i ricorrenti di presentare osservazioni decisione relativa ad ogni singola domanda e conseguente dichiarazione di esecutività dello stato passivo comunicazione ai creditori dello stato passivo dichiarato esecutivo possibilità di promuovere opposizione allo stato passivo decisioni sulle opposizioni alle esclusioni ed impugnazioni di crediti ammessi da parte del tribunale in composizione collegiale con decreto ricorribile per cassazione possibilità per i creditori che non hanno presentato domanda di ammissione di proporre la stessa non oltre il termine di un anno dal deposito del decreto di esecutività dello stato passivo solo se il richiedente, provi, a pena di inammissibilità della richiesta, di non aver potuto presentare la domanda tempestivamente per causa a lui non imputabile prevede invece un procedimento estremamente semplificato costituito da comunicazione ai creditori da parte dell’Agenzia della facoltà di presentare, sotto pena della decadenza sancita dal comma 199 o dal comma 205 , domanda di ammissione al passivo della procedura dei propri crediti con l’indicazione della data di scadenza del termine per la presentazione delle domande, indicato a pena di decadenza presentazione delle domande di ammissione al passivo al tribunale che abbia adottato la misura di prevenzione in funzione di giudice dell’esecuzione decisione sulle domande e impugnazione della decisione secondo la procedura delineata dall’art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9 cod. proc. pen Ciò che i due procedimenti hanno però in comune è la sostanziale identità dell’atto di impulso a ciascuno di essi, costituito dalla comunicazione ai creditori titolari di diritti reali di garanzia sui beni confiscati la cui garanzia, lo si ripete, è per legge estinta per effetto della definitività del provvedimento di confisca art. 1, comma 197, cit. di far valere i propri diritti mediante necessaria proposizione di domanda per l’accertamento giudiziale dei propri crediti verso la persona destinataria della confisca di prevenzione secondo le prescrizioni imposte dall’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 entro un determinato termine art. 1, commi 199 e 205, cit. art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 159 del 2011 che, in entrambi i casi, è dalla legge qualificato come di decadenza e che decorre dal giorno della comunicazione dell’avviso art. 1, comma 206, lett. b , cit. art. 58, comma 5, del d.lgs. n. 159 , onde partecipare alla distribuzione del ricavato dalla liquidazione del bene in tal guisa ricevendo compensazione, quanto mai parziale, per la perdita della garanzia reale. La necessità di tali comunicazioni nell’ambito di discipline legali differenziate prevedenti termini di decadenza dall’esercizio del diritto alla presentazione di domanda per l’accertamento giudiziale del credito verso la procedura di liquidazione dei beni confiscati, deriva dall’esigenza, avvertita dal legislatore del 2011 e del 2012, di assicurare all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli e ciò alla luce delle quanto mai numerose sentenze della Corte costituzionale secondo cui nel caso in cui un termine sia prescritto per l’esercizio di un’azione a tutela di diritti soggettivi, la cui omissione si risolva in pregiudizio della situazione tutelata, deve essere assicurata all’interessato la conoscibilità del momento di iniziale decorrenza del termine stesso, onde poter utilizzare, nella sua interezza, il tempo assegnatogli, pena la violazione dell’art. 24 Cost. cfr., fra le molte, le sentenze della Corte costituzionale n. 159 del 1971, n. 255 del 1974, n. 15 del 1977, n. 156 del 1986 ed è appena il caso di rammentare che con numerose sentenze, la Corte costituzionale fece letteralmente a pezzi la disciplina legale relativa ai termini processuali per l’esercizio di diritti soggettivi nel processo prevista dalla legge fallimentare vigente prima della riforma recata dal d.lgs. n. 5 del 2006 si tratta delle sentenze n. 255 del 1974, n. 151 del 1980, n. 152 del 1980, n. 155 del 1980, n. 55 del 1986, n. 102 del 1986, n. 120 del 1986, n. 156 del 1986, n. 881 del 1988, n. 538 del 1990 . La reazione dell’ordinamento alla mancata comunicazione ai creditori prevista dall’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 159, è, nella disciplina recata da tale legge, espressamente prevista dal successivo art. 58, comma 5, che consente l’ammissione delle domande relative ad ulteriori crediti solo ove il creditore provi, a pena di inammissibilità della richiesta, di non aver potuto presentare la domanda tempestivamente per causa a lui non imputabile . Il contenuto di tale disposizione è modellato sul precetto recato dall’art. 101, ultimo comma, l. fall., in tema di domande di ammissione di crediti alla procedura fallimentare c.d. supertardive , che sancisce l’ammissibilità della presentazione delle domande tardive di crediti oltre il termine, di decadenza, indicato dal primo comma dello stesso art. 101, se l’istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile . Orbene, la giurisprudenza civile formatasi sull’interpretazione di tale norma della legge fallimentare è ferma nell’affermare il principio secondo cui il mancato avviso al creditore da parte del curatore del fallimento, previsto dall’art. 92, l.fall., integra la causa non imputabile del ritardo da parte del creditore con la precisazione che il curatore ha facoltà di provare, ai fini dell’inammissibilità della domanda, che il creditore abbia avuto notizia del fallimento, indipendentemente dalla ricezione dell’avviso in questione in questo senso, cfr. Cass. Civ., 19 marzo 2012, n. 4310 Cass. Civ., 20 ottobre 2015, n. 4310 . Le disposizioni di legge processuale speciale in materia contenute nella legge n. 228 del 2012, non recano invece alcuna disciplina specifica per il caso in cui l’Agenzia, in violazione dell’obbligo legale ad essa incombente, abbia omesso di effettuare ai creditori che avevano garanzie reali sui beni confiscati la comunicazione prevista dal più volte citato art. 1, comma 206 in tal guisa determinando, per le domande presentate dopo il 30 giugno 2013, la decadenza di costoro, rimasti inerti per causa a loro non imputabile, dal diritto di presentare domanda per l’accertamento giudiziale dei propri crediti sancita dai commi 199 e 205, art. 1. Per colmare la lacuna normativa potrebbe analogicamente applicarsi, in bonam partem, la disciplina generale contenuta nel codice di procedura penale, dal momento che le decisioni sulle domande di ammissione di crediti seguono la procedura indicata dall’art. 666, commi 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9, cod. proc. pen. art. 1, comma 200, della legge n. 228 , e, in particolare, il rimedio della restituzione nel termine processuale previsto dall’art. 175 cod. proc. pen., peraltro neppure richiesto nel caso in esame. 5. È evidente che il principio affermato nelle sentenze indicate nel precedente paragrafo 3. è incompatibile con l’interpretazione sostenuta da questo collegio nel paragrafo 4., poiché il primo collega l’effetto decadenziale per i terzi creditori immediatamente e soltanto all’inutile decorso del termine di centottanta giorni dal 1 gennaio 2013 ovvero dalla successiva data di acquisita definitività del provvedimento di confisca non soggetto alla disciplina introdotta dal d.lgs. n. 159 del 2011 prescindendo dall’eventuale inadempimento dell’Agenzia all’obbligo di comunicazione sancito dall’art. 1, comma 2016, della legge n. 228. Si configura, pertanto, un potenziale contrasto interpretativo sull’art. 1 della legge n. 228 del 2012, e, segnatamente, sul rapporto tra i commi 199 e 206 di esso, che rende opportuno, ad avviso del collegio, in applicazione dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., rimettere la trattazione del ricorso alle sezioni unite in ordine alla questione di diritto rilevante ai fini della decisione sulla richiesta proposta, in questo procedimento, dalla mandataria della banca creditrice. La questione rimessa può essere sinteticamente enunciata nei seguenti termini Se il termine di centottanta giorni dall’entrata in vigore, il 1 gennaio 2013, della legge n. 228 del 2012, previsto dall’art. 1, comma 199, della stessa legge a pena di decadenza dal diritto di proporre domanda di ammissione del credito, da parte dei titolari di cui al precedente comma 198 creditori titolari di ipoteca iscritta sui beni confiscati in esito a procedimento di prevenzione, ai quali non è applicabile la disciplina contenuta nel libro 1 del d.lgs. n. 159 del 2011 , operi, o meno, anche nel caso di omessa comunicazione agli stessi creditori, a cura dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei ben sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, delle informazioni indicate nel comma 206, lett. a , b e c , dello stesso art. 1, entro dieci giorni dal 1 gennaio 2013, ovvero dal momento successivo in cui la confisca non soggetta alla disciplina contenuta nel libro 1 del d.lgs. n. 159 del 2011 è divenuta definitiva . P.Q.M. Dimette il ricorso alle Sezioni Unite.