Invalida la confisca dei beni “andata oltre” i termini di legge

Nei procedimenti in camera di consiglio la pronuncia del Giudice acquista giuridica esistenza soltanto con il deposito. Da questo discende l’invalidità del provvedimento di confisca depositato oltre il termine previsto dall’art. 27, comma 6, d.lgs. n. 159/2011.

Lo ha ribadito la Cassazione con sentenza n. 54502/17, depositata il 4 dicembre. Il fatto. A seguito del decreto emesso dal Tribunale di Reggio Emilia veniva confiscati alcuni beni dell’imputato in quanto, dalla valutazione del perito, emergeva una oggettiva sproporzione tra i redditi conosciuti ed il valore dei beni menzionati. La Corte d’Appello, adita in riforma della decisione di prime cure, rigettava l’impugnazione e confermava la confisca dei beni come misura di sicurezza necessaria a causa della pericolosità sociale dell’imputato. Avverso quest’ultima decisone propone ricorso in Cassazione l’interessato deducendo erronea applicazione di legge in quanto il provvedimento impugnato aveva perso efficacia per il lungo tempo di deposito che andava oltre i limiti di legge. Tempi di deposito del provvedimento. La Corte rileva che, ai sensi dell’art. 27, comma 6, d.lgs. n. 159/2011 Codice delle leggi antimafia il provvedimento di confisca disposto in primo grado, perde efficacia se, in caso di impugnazione, la Corte territoriale non si pronuncia entro 18 mesi dal deposito del ricorso. Detta disposizione individua il tempo entro cui deve svolgersi il procedimento di prevenzione patrimoniale, secondo una scansione temporale, assistita da un sanzione di inefficacia, che trova giustificazione, in primo luogo, nel principio della ragionevole durata del procedimento, e, inoltre, nell’esigenza di tutela effettiva dei diritti di proprietà e di iniziativa economica . Individuazione della pronuncia. Dopo aver stabilito i tempi di legge previsti per il deposito del provvedimento di confisca, secondo la S.C., è necessario stabilire da quale data decorre il termine di 18 mesi previsto dal Codice Antimafia. Secondo gli Ermellini nei procedimenti in camera di consiglio la pronuncia del giudice acquista giuridica esistenza soltanto con il deposito. In ragione del fatto che la decisione presa durante il procedimento camerale non prevede nessuna formalizzazione attraverso la lettura del dispositivo, sicché si deve ritenere che essa coincida con il momento in cui diventa pubblica, ossia con il deposito della motivazione in cui acquista giuridica rilevanza esterna . Nella fattispecie la S.C. ha osservato che il provvedimento della Corte di Appello, ossia il decreto motivato, veniva depositato ben oltre il termine previsto dalla legge. Per questo motivo la Corte ha annullato il provvedimento impugnato senza rinvio per la perdita di efficacia delle confisca e, ha ordinato, inoltre, la restituzione dei beni all’avente diritto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 settembre – 4 dicembre 2017, n. 54502 Presidente Cortese – Relatore Minchella Rilevato in fatto Con decreto in data 21.10.2014 il Tribunale di Reggio Emilia applicava a M.E. la confisca di un’unità immobiliare sita in omissis e di una vettura Porsche 996 si trattava di beni intestati al M. , ma, secondo il Tribunale, i redditi conosciuti non consentivano detti acquisti a tal proposito, anche confutando le conclusioni di un perito nominato, il giudice riteneva sussistere una oggettiva sproporzione tra i redditi conosciuti attestati sulla soglia di povertà per gli anni 2000/2013 ed il valore dei beni menzionati il bene immobile valeva almeno la cifra di Euro 100.000,00 mentre il rogito indicava un valore di molto inferiore la vettura aveva un valore di almeno Euro 37.000,00 mentre risultava acquistata per poco più di Euro 14.000,00 a ciò si aggiungeva che i redditi familiari complessivi risultavano di povertà assoluta mentre il M. acquistava beni ed accendeva un mutuo molto oneroso venticinquennale, risultando anche riuscire a far risparmi si riportavano gli esiti di una indagine patrimoniale della Guardia di Finanza, le finiture di lusso dell’immobile, la regolarità del pagamento delle rate di mutuo, la capacità di spesa ben superiore alla povertà risultante. Interposto appello da parte del M. , con provvedimento in data 16.06.2015 la Corte di Appello di Bologna rigettava l’impugnazione. Rilevava la Corte territoriale che era applicabile la normativa del D.L.vo n. 159/2011, atteso che la confisca era comunque assimilabile ad una misura di sicurezza per la quale si applicava il disposto di cui all’art. 200 cod.pen. si confermava il giudizio di pericolosità sociale, richiamando la giurisprudenza relativa e le considerazioni espresse dal Tribunale di Reggio Emilia imputazioni, provvedimento cautelare, precedenti giudiziari, frequentazioni controindicate anche in ordine alla correlazione tra pericolosità sociale ed acquisto dei beni oggetto di confisca di seguito si esponevano le ragioni del dissenso dalle conclusioni peritali esclusione della vita in povertà, pregio di quanto acquistato, finiture di lusso, redditi annuali insufficienti, mancanza di riscontri sulle somme di danaro utilizzate, evidente sproporzione con i valori . Avverso detto decreto propone ricorso l’interessato a mezzo del suo difensore, deducendo, ex art. 606, comma 1 lett. b ed e , cod.proc.pen., erronea applicazione di legge e manifesta illogicità della motivazione si sostiene che il provvedimento aveva perso efficacia per il lungo tempo di deposito del provvedimento, che la motivazione sulla pericolosità sociale era stata apparente non era stato scritto nulla sul rapporto tra pericolosità sociale ed epoca dell’acquisto dei beni e non aveva considerato alcune doglianze difensive fondate sugli esiti della perizia . In particolare, però, si sottolinea che l’appello avverso l’ordinanza del Tribunale era stato depositato il 14.11.2014, l’udienza della Corte di Appello si era tenuta il 16.06.2015, ma il provvedimento finale impugnato era stato depositato il 20.07.2016 e cioè oltre i 18 mesi stabiliti dall’art. 27 del D.L.vo n. 159/2011. Il P.G. chiede l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, poiché il ritardo nel deposito del provvedimento aveva fatto perdere efficacia allo stesso. Considerato in diritto Il ricorso deve essere accolto nei termini che seguono. L’art. 27, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011, applicabile nel caso di specie, prevede che il provvedimento di confisca disposto in primo grado, perde efficacia se, in caso di impugnazione, la Corte d’appello non si pronuncia entro un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. Questa Corte ha già avuto modo di precisare Sez. 6, n. 27968 del 15/06/2016, Cossa Autodemolizioni che con la disposizione citata il Legislatore ha introdotto un termine perentorio di durata del giudizio di secondo grado, che peraltro replica la medesima regola valevole per il primo grado, in cui l’art. 24, comma 2, d.lgs. cit. prevede la perdita di efficacia del sequestro se il tribunale non deposita il decreto che pronuncia la confisca entro un anno e sei mesi dalla data di immissione in possesso dei beni da parte dell’amministratore giudiziario . Si tratta di disposizioni che individuano il tempo entro cui deve svolgersi il procedimento di prevenzione patrimoniale, secondo una scansione funzionale a garantire la speditezza dello stesso in uno con le necessarie garanzie del proposto così, la Relazione illustrativa al codice delle leggi antimafia . Scansione temporale, assistita da una sanzione di inefficacia, che trova la sua giustificazione, in primo luogo, nel principio della ragionevole durata del procedimento e, inoltre, nell’esigenza di tutela effettiva dei diritti di proprietà e di iniziativa economica in questo senso, Sez. 6, n. 27968 del 15/06/2016, Cossa Autodemolizioni . Nella presente fattispecie il provvedimento della Corte di Appello reca la data del 16.06.2015, ma risulta depositato il 20.07.2016. Si tratta, pertanto, di stabilire in quale data vi sia stata la pronuncia cui fa riferimento l’art. 27, comma 6, d.lgs. 159 del 2011 per individuare il termine massimo di durata del giudizio di secondo grado nel procedimento di prevenzione patrimoniale. Si è sostenuto - ed il Collegio aderisce a detta soluzione - che nei procedimenti in camera di consiglio la decisione e, quindi, la pronuncia del giudice, acquista giuridica esistenza soltanto con il deposito , in quanto la deliberazione, in assenza di una autonoma rilevanza del dispositivo, costituisce un momento interno del procedimento Sez. 6, n. 27968 del 15/06/2016 più precisamente, la decisione presa nel procedimento camerale non prevede alcuna formalizzazione attraverso la lettura del dispositivo, sicché si deve ritenere che essa coincida con il momento in cui diventa pubblica, ossia con il deposito della motivazione in cui acquista giuridica rilevanza esterna. D’altra parte, una diversa interpretazione, che ad esempio desse rilievo alla data in cui il ricorso viene preso in decisione, priverebbe di ogni significato l’art. 27, comma 6, d.lgs. cit., in quanto i limiti temporali di deposito del decreto motivato verrebbero rimessi alla scelta dell’autorità giudiziaria, così mettendo nel nulla l’obiettivo esplicito del Legislatore di individuare i tempi di definizione massima delle procedure in questa materia. Peraltro, il riferimento al deposito, oltre ad essere coerente con la struttura e la funzione di una decisione assunta con decreto in una procedura camerale, trova corrispondenza anche nell’analoga disciplina del procedimento di primo grado, in cui l’art. 24, comma 2, d.lgs. 159 del 2011 si riferisce espressamente al deposito del decreto che pronuncia la confisca. In conclusione, appare corretto identificare la pronuncia richiamata dall’art. 27, comma 6, cit. con il deposito del decreto motivato, sicché deve riconoscersi che nella specie il provvedimento della Corte di Appello di Bologna è intervenuto ben oltre il termine previsto dalla legge infatti, il ricorso era stato presentato il 14.11.2014, mentre il provvedimento motivato è stato depositato soltanto il 20.07.2016. La data del 16.06.2015 è quella in cui la Corte di Appello si è riservata la decisione, ma non può certo considerarsi coincidente con il momento della pronuncia Sez. 6, n. 52774 del 10/11/2016, Rv. 268437 . Consegue l’annullamento senza rinvio del decreto impugnato e la perdita di efficacia della confisca disposta, con la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato per la perdita di efficacia della confisca e ordina la restituzione dei beni all’avente diritto.