Sorvegliato speciale con obbligo di soggiorno viola il codice della strada: non c’è rilevanza penale

La mera inosservanza delle prescrizioni di vivere onestamente e rispettare le leggi da parte del soggetto sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno non integra una condotta a rilevanza penale.

Lo ha stabilito la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 54080, depositata in cancelleria il 30 novembre 2017. Sorvegliato speciale alla giuda di motociclo senza patente. Nel caso di specie, un uomo, già sottoposto alla misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, è stato colto alla guida di un motociclo nonostante fosse privo della patente di guida mai conseguita . Da qui l’avvio di un procedimento penale, culminato in una sentenza di condanna confermata anche in sede di appello, per il reato di cui all’art. 9, comma 2, l. n. 1423/1956 disposizioni ora riprodotta nel Codice Antimafia, d.lgs. n. 159/2011 a termini del quale è punito con la pena della reclusione da 1 a 5 anni chi contravviene agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con l'obbligo o il divieto di soggiorno e, in particolare, viene meno all’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi cfr. art. 5, comma 3, della l. n. 1423/1956, ora art. 8, comma 4, d.lgs. n. 159/2011 . La rilevanza penale della condotta contestata. Il verdetto dei Giudici della Corte territoriale è stato impugnato dinanzi la Suprema Corte di Cassazione. In questa sede, la difesa ha insistito per l’annullamento della pronuncia gravata sul presupposto che la fattispecie criminosa contestata non potesse assumersi integrata a fronte della violazione di una norma contenente una sanzione amministrativa i.e. guida senza patente , e non già penale. In merito, ripercorrendo i dettami della recente pronuncia del 23 febbraio 2017 della Grande Camera della Corte EDU nel caso De Tommaso contro Italia” e il dispositivo della ancor più recente sentenza delle Sezioni Unite del 27 aprile 2017, caso Paternò , la Corte di Cassazione, con la sentenza in epigrafe, ha stabilito che l’inosservanza delle prescrizioni di vivere onestamente e rispettare le leggi da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno non integra il reato in contestazione. Tale inosservanza” - si spiega - può semmai rilevare ai fini del l’aggravamento della misura di prevenzione personale. Principi cardine del diritto penale. Il ragionamento della Corte romana si appunta sui principi di prevedibilità, determinatezza e tassatività che governano il diritto penale - come pure richiamati dalla stessa Convenzione EDU - e notoriamente ostativi all’inflizione di pene a fronte della trasgressione di generici obblighi di rispettare le leggi, quali l’ honeste vivere . In altri termini la sanzione penale non può discendere da prescrizioni generaliste e/o eccessivamente ampie, dal momento che previsioni di tal fatta impediscono al cittadino di regolare la propria condotta in maniera consapevole e, dunque, di prevedere le conseguenze correlate a determinare azioni, mimando il confine tra ciò che è consentito e ciò che, al contrario, non lo è. Talché - si legge in sentenza - le prescrizioni generaliste non possono e non devono far parte del precetto penale, da ritenersi limitato alla violazione delle sole prescrizioni specifiche e immediatamente riconoscibili come fattore di orientamento della condotta . Sul crinale di tali considerazioni sopra sintetizzate, gli ermellini hanno dunque disposto l’annullamento - senza rinvio - della sentenza di condanna, manlevando l’imputato da ogni responsabilità in relazione al reato contestato.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 14 giugno – 30 novembre 2017, numero 54080 Presidente Cortese – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. La Corte di Appello di Bari con sentenza emessa in data 21 ottobre 2015 ha confermato, nei confronti di P.M. , la decisione emessa in primo grado dal GUP del Tribunale di Bari il 15.10.2009. Con tali conformi decisioni di merito è stata affermata la penale responsabilità dell’imputato per il reato di cui all’articolo 9 co. 2 legge numero 1423 del 1956 - violazione di prescrizioni correlate alla sottoposizione alla sorveglianza speciale di p.s. - con condanna alla pena di mesi otto di reclusione, previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva. In fatto, P.M. , sottoposto alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno, contravveniva alle prescrizioni con condotta del 9 agosto 2007 in quanto circolava alla guida di motociclo in assenza di patente di guida mai conseguita , così violando una delle leggi dello Stato. Nei motivi di appello si era evidenziato che la previsione incriminatrice, qui derivante dalla violazione della generica prescrizione di vivere onestamente e rispettare le leggi, non poteva dirsi sussistente in quanto la specifica disposizione violata era di natura amministrativa e non penale. Sul tema, tuttavia, la Corte di Appello ha opposto i contenuti della costante interpretazione giurisprudenziale che ritiene integrata la previsione incriminatrice anche nell’ipotesi di avvenuta violazione, da parte del sottoposto, di una norma contenente sanzione amministrativa. Viene, inoltre ritenuto congruo il giudizio di equivalenza tra le circostanze con diniego della richiesta prevalenza delle concesse attenuanti generiche. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore P.M. , deducendo erronea applicazione di legge e vizio di motivazione. In particolare si evidenzia nel ricorso, richiamando i motivi di appello, che la decisione non può dirsi correttamente motivata essendovi contrasto tra i contenuti delle prove acquisite e il tenore motivazionale. 3. L’esame del ricorso impone alcune preliminari considerazioni. 3.1 Il ricorrente, pur con forme espressive alquanto sintetiche, ha tenuto viva una doglianza di fondo - meglio argomentata nei motivi di appello -, rappresentata dalla possibilità o meno di ritenere integrata la fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 9 co. 2 legge numero 1423 del ‘56 disposizione testualmente riprodotta, con continuità normativa, nel testo dell’articolo 75 d.lgs. numero 159 del 2011 ove si incrimina l’inosservanza di obblighi e prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nella ipotesi di avvenuta violazione della generale prescrizione, imposta al sorvegliato speciale, di vivere onestamente e rispettare le leggi attuale contenuto dell’articolo 8 co. 4 d.lgs. numero 159 del 2011, già articolo 5 co.3 della legge numero 1423 del ‘56 . Non è infatti contestata l’esistenza del fatto storico guida di un motociclo in assenza di patente e l’avvenuta sottoposizione alla sorveglianza speciale, dunque le doglianze esposte nel ricorso, pur argomentate in termini di assenza di motivazione” riguardano, in realtà, l’ipotesi di erronea applicazione della disposizione incriminatrice e risultano, pertanto, valutabili, anche alla luce degli sviluppi interpretativi intervenuti sul tema in epoca successiva alla decisione di secondo grado. 3.2 Come è noto, l’assetto interpretativo interno cui ha fatto riferimento - nella parte in diritto delle sue argomentazioni - la Corte di Appello di Bari è stato sottoposto a rivalutazione, in virtù dei contenuti del recente arresto della Corte Europea dei diritti dell’uomo da ora in avanti Corte Edu espresso in data 23 febbraio 2017 con la pronunzia della Grande Camera, che ha deciso il caso De Tommaso contro Italia. In particolare con tale decisione la Corte Edu ha evidenziato, in un caso in cui era stata riconosciuta in prevenzione personale esclusivamente in primo grado, ma con immediata sottoposizione del destinatario alla misura, come prevede la legge l’appartenenza del soggetto ad una classe di pericolosità cd. generica, un deficit di chiarezza e precisione dunque di tassatività nella previsione regolatrice interna in punto di presupposti applicativi al par. 117 di tale decisione si ritiene che la legge esaminata - numero 1423 del ‘56 - non contenga disposizioni sufficientemente dettagliate sui tipi di comportamento che dovevano essere considerati costituire un pericolo per la società , con la conseguenza di disancorare - in simile visione - la scelta applicativa della sorveglianza speciale dall’apprezzamento di condotte predeterminate, specifiche ed idonee a porsi a base di una argomentata prognosi di pericolosità, dunque rilevando eccesso di discrezionalità del giudice e pregiudizio dei diritti protetti dalla Convenzione Europea del 1950 e dai successivi protocolli è stata ritenuta sussistente la violazione dell’articolo 2 Protocollo numero 4 della Convenzione, del 16 novembre 1963, disposizione posta a tutela della libertà di circolazione . Nel medesimo arresto è stata - inoltre - evidenziata la estrema genericità, in caso di avvenuta sottoposizione alla misura, delle cd. prescrizioni generaliste il vivere onestamente e rispettare le leggi sia in riferimento alla loro intrinseca eccessiva ampiezza che in considerazione del possibile rilievo penale della condotta di violazione vi è infatti riferimento critico ai contenuti di Corte Cost. numero 282 del 2010, intervenuta specificamente sul tema del rilievo penale della violazione . In particolare, la Corte Edu, dopo aver sinteticamente ripercorso le principali linee interpretive maturate sui contenuti dell’articolo 7 della Convenzione affermando, ai paragrafi 107-109 che uno dei requisiti derivanti dall’espressione prevista dalla legge è la prevedibilità. Pertanto, una norma non può essere considerata una legge se non è formulata con sufficiente precisione in modo da consentire ai cittadini di regolare la loro condotta essi devono essere in grado - se necessario, mediante appropriata consulenza - di prevedere, a un livello ragionevole nelle specifiche circostanze, le conseguenze che un determinato atto può comportare. Tali conseguenze non devono essere prevedibili con assoluta certezza l’esperienza dimostra che ciò è irrealizzabile. Ancora una volta, mentre la certezza è altamente auspicabile, può portare come strascico un’eccessiva rigidità, e la legge deve essere in grado di tenere il passo con il mutare delle circostanze. Di conseguenza, molte leggi sono inevitabilmente formulate in termini che, in misura maggiore o minore, sono vaghi e la cui interpretazione e applicazione sono questioni di pratica si vedano Sunday Times c. Regno Unito numero 1 , 26 aprile 1979, § 49, Serie A numero 30 Kokkinakis c. Grecia 25 maggio 1993, § 40, Serie A numero 260-A Rekvenyi c. Ungheria GC , numero 25390/94, § 34, CEDU 1999-111 e Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano, sopra citata, § 141 .108. Il livello di precisione della legislazione nazionale richiesto - che non può in ogni caso prevedere ogni eventualità - dipende in larga misura dal contenuto della legge in questione, dal campo che essa è finalizzata a contemplare e dal numero e dalla qualità di coloro cui è destinata si vedano RTBF c. Belgio, numero 50084/06, § 104, CEDU 2011 Rekvenyi, sopra citata, § 34 Vogt c. Germania, 26 settembre 1995, § 48, Serie A numero 323 e Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano, sopra citata, § 142 . Spetta inoltre in primo luogo alle autorità nazionali interpretare e applicare il diritto interno si veda Khlyustov, sopra citata, § § 68-69 . 109. La Corte ribadisce che una norma è prevedibile quando offre una misura di protezione contro le ingerenze arbitrarie da parte delle autorità pubbliche si vedano Centro Europa 7 S.r.l. e Di Stefano, sopra citata, § 143, e Khlyustov, sopra citata, § 70 . Una legge che conferisce una discrezionalità deve indicare la portata di tale discrezionalità, benché le particolareggiate procedure e condizioni da osservare non debbano essere necessariamente comprese nelle norme del diritto sostanziale si vedano Khlyustov, sopra citata, § 70, e Silver e altri c. Regno Unito, 25 marzo 1983, § 88, Serie A numero 61 , si è così espressa sulle due prescrizioni generaliste 119. In ordine alle misure previste agli articoli 3 e 5 della Legge numero 1423/1956 che sono state applicate al ricorrente, la Corte osserva che alcune di esse erano formulate in termini molto generici e il loro contenuto è estremamente vago e indeterminato ciò vale in particolare per le disposizioni relative agli obblighi di vivere onestamente e rispettare la legge e di non dare ragione alcuna ai sospetti . A questo proposito, la Corte rileva che la Corte costituzionale è pervenuta alla conclusione che gli obblighi di vivere onestamente e di non dare ragione alcuna ai sospetti non violassero il principio di legalità si veda il paragrafo 59 supra . 120. La Corte osserva che l’interpretazione effettuata dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 282 del 2010 era successiva ai fatti del caso di specie e che era quindi impossibile per il ricorrente accertare, sulla base della posizione della Corte costituzionale in tale sentenza, il preciso contenuto di alcuni degli obblighi cui era stato sottoposto nel corso della sorveglianza speciale. Tali obblighi, infatti, possono dar luogo a più diverse interpretazioni, come ha ammesso la stessa Corte costituzionale. La Corte rileva, inoltre, che essi sono formulati in termini generali. 121. Inoltre, l’interpretazione da parte della Corte costituzionale nel 2010 non ha risolto il problema dell’imprevedibilità delle misure di prevenzione applicabili in quanto ai sensi dell’articolo 5 comma 1 della Legge in questione, il tribunale poteva applicare anche imporre qualsiasi misura ritenesse necessaria - senza specificarne il contenuto - in considerazione delle esigenze di tutelare la società. 122. Infine, la Corte non ritiene che gli obblighi di vivere onestamente e rispettare le leggi e di non dare ragione alcuna ai sospetti siano stati delimitati in modo sufficiente dall’interpretazione della Corte costituzionale, per i seguenti motivi. In primo luogo, il dovere dell’interessato di adattare la propria condotta a uno stile di vita che osservi tutti i summenzionati obblighi è altrettanto indeterminato dell’obbligo di vivere onestamente e rispettare le leggi , in quanto la Corte costituzionale rinvia semplicemente all’articolo 5 stesso. Secondo la Corte tale interpretazione non fornisce indicazioni sufficienti per le persone interessate. In secondo luogo il dovere della persona interessata di rispettare tutte le regole prescrittive che le chiedono di comportarsi, o di non comportarsi, in un particolare modo non solo le leggi penali, quindi, ma le disposizioni la cui inosservanza sarebbe un ulteriore indizio del pericolo per la società che è già stato accertato è un riferimento a tempo indeterminato per l’intero ordinamento giuridico italiano, e non fornisce ulteriori chiarimenti sulle specifiche norme la cui inosservanza rappresenterebbe un ulteriore indizio del pericolo rappresentato dalla persona per la società. La Corte ritiene pertanto che questa parte della Legge non sia stata formulata in modo sufficientemente dettagliato e non definisca con sufficiente chiarezza il contenuto delle misure di prevenzione che potrebbero essere applicate a una persona, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale. 3.3 L’evidenziato deficit di chiarezza e previsione - dunque di tassatività - della disposizione che introduce tra le prescrizioni imposte al sorvegliato speciale quelle di vivere onestamente e rispettare le leggi, ha immediatamente determinato, nel sistema interno, la rimessione del quesito interpretativo circa le ricadute della decisione sovranazionale alle Sezioni Unite Penali di questa Corte, sul versante del rilievo penale di simili condotte, sinora affermato anche nelle ipotesi di cui si discute. Se è vero, infatti, che la Corte Edu ha segnalato l’eccessiva genericità di tale precetto” già come possibile fattore di orientamento” delle condotte del sorvegliato speciale affermando, in sostanza, l’assenza di un chiaro valore indicativo del discrimine tra ciò che è consentito e ciò che è vietato è da ritenersi di particolare gravità il fatto che un soggetto possa classificarsi come destinatario di un precetto penale tacciato di genericità e scarsa chiarezza, atteso che nella scala gerarchica dei valori costituzionali l’inflizione di una pena in eventuale violazione del fondamentale canone di tassatività descrittiva, da ritenersi ricompreso nei contenuti degli artt. 25 e 27 Cost. è obiettivamente evento di maggior gravità rispetto alla sottoposizione temporanea alla misura di prevenzione ritenuta, dalla stessa Corte Edu misura incidente sulla libertà di movimento , nel cui ambito, peraltro, le prescrizioni sono molteplici e non si riducono a quelle qui in esame. Sta di fatto che, come risulta allo stato della presente udienza dalla notizia di decisione diramata al termine dell’udienza tenutasi in data 27 aprile 2017, le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che l’inosservanza delle prescrizioni generiche di vivere onestamente” e rispettare le leggi da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno non integra la norma incriminatrice di cui all’articolo 75 comma 2 del d.lgs. numero 159 del 2011. Essa può tuttavia rilevare ai fini dell’aggravamento della misura di prevenzione personale”. Nel caso oggetto del ricorso in quella sede trattato - ricorrente Paternò - è stato, pertanto disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto di cui all’articolo 75 co. 2 d.lgs. numero 159 del 2011 non sussiste. 4. Si tratta, pertanto, di un overruling di estrema importanza e rilevanza, essendo stata adottata - anche in riferimento ai profili di evidenziato contrasto con le norme contenute nella Convenzione Edu - una decisione di segno diametralmente opposto rispetto a quelle intervenute almeno negli ultimi trenta anni, sul tema qui in trattazione si veda, tra le altre, proprio sul tema del rilievo dell’illecito amministrativo Sez. I numero 40819 del 14.10.2010, rv 248466 . Pur in assenza - al momento della presente decisione avvenuta in data 14.6.2017 - dei contenuti argomentativi che risultano depositati in data 5 settembre 2017, dunque solo in fase di stesura della presente motivazione, nde , può di certo affermarsi che le Sezioni Unite hanno operato una scissione tra il profilo interno” alla disciplina delle misure di prevenzione ove è stato risconosciuto valore indicativo alla prescrizione generalista, posto che la violazione può dar luogo ad aggravamento della misura e profilo strettamente penalistico, nel cui ambito la particolare estensione dei principi di tassatività e determinatezza ha portato alla considerazione per cui le prescrizioni generaliste di cui sopra non possono far parte” del precetto penale, da ritenersi limitato alla violazione delle sole prescrizioni specifiche e immediatamente riconoscibili come fattore di orientamento della condotta. È interessante notare che, pur trattandosi di manifesto overruling giurisprudenziale anche rispetto alla lettura interpretativa sostenuta da Corte Cost. numero 282 del 2010 tale linea interpretiva è stata presente, in passato, nella giurisprudenza di legittimità - e nella stessa giurisprudenza costituzionale - e non può pertanto definirsi una novità di tipo assoluto. Scorrendo repertori più risalenti nel tempo, ci si imbatte - infatti - in decisioni di questa Corte di Cassazione assistite da analoga ratio, tra cui meritano menzione a la violazione del generico obbligo di rispettare le leggi, compreso tra le altre prescrizioni che vengono imposte al sorvegliato speciale, non può da sola dar vita alla contravvenzione di cui all’articolo 9 della legge 27 dicembre 1956, numero 1423, perche trattasi di obbligo non imposto specificamente al sorvegliato speciale, ma di carattere generale pertanto, la commissione di un reato da parte di colui che è sottoposto a sorveglianza speciale potrà dar luogo, oltre che all’affermazione di responsabilità e alla conseguente condanna per il reato commesso, anche ad altri provvedimenti di natura amministrativa, ma non potrà implicare, sotto forma di concorso di reati, anche la contravvenzione di cui all’articolo 9 della legge predetta così Sez. II numero 279 del 5.2.1969, ric. Suigo, rv 111672 b il solo fatto di aver commesso un reato, non costituisce inosservanza, da parte del sorvegliato speciale, delle prescrizioni previste dall’articolo 9 della legge 27 dicembre 1956 numero 1423 anche se la commissione di un reato dopo che sia stata imposta la sorveglianza speciale, può determinare la sottoposizione dello stesso sorvegliato alla misura di sicurezza della liberta vigilata Sez. II numero 2674 del 17.12.1968, ric. Minchella, rv 110916 . La stessa giurisprudenza costituzionale, prima di esprimersi con la decisione numero 282 del 2010 pronunzia di infondatezza, nei sensi di cui in motivazione della specifica questione di legittimità sollevata in tema di rilievo penale della violazione dell’honeste vivere aveva affermato, nella decisione numero 354 del 2003, in modo altamente significativo, che è agevole osservare come la rassegna delle prescrizioni che il tribunale determina nei confronti del prevenuto a norma dell’articolo 5 della legge numero 1423 del 1956, preveda accanto a specifiche e qualificate condotte che configurano altrettanti e ben precisi obblighi , tutti puntualmente circoscritti nominatim dalla previsione di legge, la quale evidentemente assume, in parte qua, valore precettivo - alcune prescrizioni di genere queste ultime, riconducibili al paradigma dell’honeste vivere, sono anch’esse funzionali alla ratio essendi della sorveglianza speciale, ma non sono certo qualificabili alla stregua di specifici obblighi penalmente sanzionati paradigma, quello accennato, al quale è certamente possibile ricondurre anche la prescrizione di non dare ragione di sospetti , rappresentando essa null’altro che la proiezione esteriore del comportamento di chi osservi, appunto, il più generale precetto, costituzionalmente imposto a chiunque, di vivere onestamente . Con tali osservazioni si intende affermare che da un lato la decisione SS.UU. Paternò realizza - ad avviso del Collegio - un assetto interpretativo Convenzionalmente conforme” che va di certo condiviso, dall’altro che tale assetto è rintracciabile in arresti precedenti sia pure quelli di legittimità molto risalenti, il che ulteriormente conferma come il rinvio” contenuto nella norma incriminatrice attuale articolo 75 co.2 del d.lgs. numero 159 del 2011 alla inosservanza di obblighi e prescrizioni inerenti la sorveglianza speciale” può non essere generalizzante ma selettivo in ragione della natura e della tecnica di redazione della - diversa - previsione di legge che tali obblighi e prescrizioni” prevede, sì da escludere la inclusione nel rinvio di un frammento tanto generalista” come quello di vivere onestamente e rispettare le leggi da risultare in contrasto con i principi fondanti il sistema penale. 5. Ciò posto, trattandosi di condiviso mutamento interpretativo delle disposizioni coinvolte nella operazione interpretativa, va disposto l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata, dovendosi rilevare la erronea interpretazione delle previsioni di legge rappresentata dalla ritenuta inclusione nel precetto della prescrizione generalista , nell’ambito del tema generale la responsabilità posto, sia pure con profili diversi, dal ricorrente. Circa tale aspetto, va precisato infatti che trattasi di applicazione non soltanto del generale principio di cui all’articolo 129 cod.proc.penumero , per cui questa Corte anche ai sensi dell’articolo 609 co. 2 cod.proc.penumero , lì dove il ricorso sia ammissibile in rapporto al capo, può riconoscere che il fatto non sussiste o che il fatto non è previsto dalla legge come reato ma anche di applicazione del generale dovere - da parte dell’organo giurisdizionale - di evitare il passaggio in cosa giudicata di una decisione contrastante con i principi riconosciuti dalla Convenzione Europea, come gli stessi risultano interpretati dalla Corte di Strasburgo nel caso in esame con decisione emessa dalla Grande Camera e nei confronti dell’Italia, con pergorso argomentativo che - in riferimento al punto qui trattato - il Collegio condivide . In proposito, rileva anche quanto affermato, in caso di vizio motivazionale correlato alla mancata rinnovazione in secondo grado della prova dichiarativa, dalle Sezioni Unite nel noto caso Dasgupta sent. numero 27220 del 2016 . Pur escludendo la rilevabilità ex officio ossia senza alcun aggancio, sia pure in via mediata, ai motivi di ricorso di vizi metodologici o sostanziali derivanti dal contrasto della decisione impugnata con affermazioni di principio contenute in decisioni emesse sul tema dalla Corte Edu, le SS. UU. Dasgupta hanno in ogni caso affermato la possibilità di realizzare una lettura conformativa” dei motivi di ricorso - sempre in ipotesi di ammissibiltà del medesimo - lì dove lo stesso investa, sia pure senza farvi espresso riferimento nella articolazione delle doglianze, il punto trattato nella decisione o nella serie di decisioni sovranazionale. Dunque, è da affermarsi che lì dove il ricorso, sia pure con argomentazioni non del tutto sovrapponibili, investa il tema della responsabilità, è preciso dovere di questa Corte di legittimità, al di là della consentita applicazione della clausola generale di cui all’articolo 129 cod.proc.penumero , realizzare la ricognizione della esatta interpretazione delle disposizioni regolatrici nel senso auspicato dalla Corte Edu caso De Tommaso e ripreso dalle Sezioni Unite caso Paternò , con annullamento senza rinvio della decisione impugnata perché il fatto non sussiste. D’altra parte, lo spazio applicativo della generale disposizione di legge di cui all’articolo 129 cod.proc.penumero , avrebbe reso possibile tale approdo anche in presenza di un ricorso ammissibile su un diverso ‘puntò della decisione ad es. il trattamento sanzionatorio riguardante il medesimo capo, in virtù del principio espresso da SS. UU. ric. Tuzzolino del numero 1 del 19.1.2000, per cui la valida impugnazione su un punto del medesimo capo non determina alcun giudicato parziale in punto di responsabilità e consente - sull’intero capo - l’applicazione della previsione di legge processuale di cui all’articolo 129 cod.proc.penumero . Va pertanto disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato.