La corsa clandestina sfocia in un incidente: le tracce di sangue fanno scattare l’arresto in flagranza

L’arresto in flagranza di reato, affinché sia legittimo, deve avvenire entro un circoscritto arco temporale e prendere in considerazione il ritrovamento di eventuali tracce o cose che possano ricollegare l’imputato alla commissione del reato contestatogli.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 53553/17, depositata il 27 novembre. Il caso. Il GIP del Tribunale di Venezia negava con ordinanza la convalida all’arresto di due imputati, in relazione ai reati di omicidio stradale e fuga, che in seguito ad una gara clandestina cagionavano il decesso di un conducente estraneo alla competizione illecita. L’arresto avveniva solo alcune ore dopo il fatto e successivamente alle testimonianze di coloro che avevano assistito al sinistro, dunque il GIP escludeva la configurabilità della quasi flagranza che avrebbe potuto legittimarlo. Il Procuratore presso il Tribunale di Venezia ricorreva avverso l’ordinanza del GIP invocando la ricorrenza della quasi flagranza, dovuta al breve lasso di tempo trascorso tra il verificarsi del sinistro ed il momento dell’arresto, nonché al rinvenimento nel veicolo di uno degli imputati di un asciugamano utilizzato per tamponare le ferite da quest’ultimo subite nell’incidente. La flagranza. Il Supremo Collegio, riconosce che, nel caso di specie, si configuri non la quasi flagranza, ma la flagranza di cui all’art. 382, comma 1 Stato di flagranza , c.p.p., giacché essendo trascorse poche ore dall’arresto degli imputati erroneamente il giudicante [GIP] ha omesso di considerare che, essendo stati gli indagati sorpresi con tracce delle quali appariva che avevano commesso il reato asciugamano sporco di sangue ben poteva ritenersi ricorrente nella specie l’evenienza prevista nella disposizione secondo cui è in stato di flagranza chi viene sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” . In aggiunta, la Corte afferma che è irrilevante, ai fini della configurabilità della fattispecie in commento, che la P.G. abbia diretta percezione del fatto o che il rinvenimento delle tracce sia casuale. L’arresto effettuato nei confronti degli imputati è pertanto legittimo. La Corte dunque annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 ottobre – 27 novembre 2017, n. 53553 Presidente Romis – Relatore Costantini Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza, emessa il 29 maggio 2017, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia non ha convalidato l’arresto di K.K. e B.E. operato da personale del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di omissis , in data omissis , in relazione ai reati di omicidio stradale e fuga previsti dagli artt. 589 bis, 589 ter cod. pen. e 189 co. 6 d.lgs. n. 285 del 1992. Sostanzialmente, i due, gareggiando in velocità a bordo delle proprie autovetture, ad una velocità superiore al limite consentito e sorpassando uno dietro l’altro, in corrispondenza della linea continua, avevano invaso la opposta corsia di marcia andando a collidere frontalmente con il veicolo Ford Focus, condotto da Ba.Gi.Ma. che decedeva a seguito dell’impatto. Rilevava in particolare il giudicante che, poiché l’arresto era stato eseguito non già all’esito di inseguimento da parte della polizia giudiziaria ma solamente alcune ore dopo il fatto, sulla base delle indicazioni fornite dalle persone che avevano assistito al sinistro stradale e dopo avere posto in essere una serie di attività investigative anche relative alla identificazione del proprietario di una delle autovetture coinvolte, non potevano ritenersi sussistenti gli estremi della quasi flagranza. 2. Avverso tale provvedimento ricorre il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Venezia, deducendo erronea applicazione della legge penale con riferimento agli articoli 380, 381 e 382 cod. proc. pen., 589 bis, 589 ter cod. pen. e 189 co. 6 Cod. Strada. Si osserva nel ricorso che il giudice avrebbe dovuto quanto meno riconoscere la sussistenza della quasi flagranza in quanto al momento dell’arresto erano trascorse poco meno di quattro ore dal fatto, con ininterrotta opera di ricerca dei suoi autori da parte della polizia giudiziaria, che aveva sorpreso B.E. ancora alla guida della Alfa Romeo 147, a bordo della quale era stato rinvenuto l’asciugamano intriso di sangue usato dal K. per tamponarsi le ferite. Lo stesso B. aveva ammesso di averlo accompagnato all’ospedale dove in effetti veniva trovato mentre ricorreva alle cure mediche per le ferite al capo riportate nell’incidente stradale, che costituivano evidenti tracce del reato commesso immediatamente prima, nel corso del quale aveva sfondato con la testa il parabrezza dell’autovettura. Deduce, inoltre, il Procuratore ricorrente che il giudicante, escludendo altresì la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 189 comma 6 del Codice della Strada inottemperanza all’obbligo di fermarsi in quanto ritenuta assorbita nella contestazione dell’aggravante di cui all’art. 589 ter cod. pen. avrebbe omesso di argomentare circa la possibilità di eseguire l’arresto nei casi previsti da tale norma, in deroga alla regola dell’arresto consentito nella situazione di flagranza o quasi flagranza del reato. Sotto tale profilo, il giudice avrebbe errato, trattandosi di valutazione che attiene al giudizio di merito che non poteva essere anticipata nel giudizio di convalida, essendo richiesta, ai fini della legittimità dell’arresto, esclusivamente la verifica delle risultanze di fatto idonee a far ritenere commesso il reato, mentre il gip in sede di convalida deve limitarsi a valutare la sussistenza, con giudizio ex ante, degli elementi che legittimavano l’adozione del provvedimento. Conclude il ricorrente che non poteva pretendersi che gli agenti operanti effettuassero un giudizio di applicabilità dell’art. 84 cod. pen., con specifico riferimento al rapporto tra i reati di cui agli artt. 589 bis e 589 ter e all’art. 189 co. 6, Cod. Strada e che, successivamente, effettuassero una valutazione circa la non applicabilità della disciplina dell’arresto consentito nei casi previsti dall’art. 189 co.6 del Codice della Strada. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte Suprema ha rassegnato ex art. 611 cod. proc. pen. le proprie conclusioni scritte chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è fondato, con assorbimento dell’ulteriore profilo di doglianza dedotto. 2. Giova premettere che sul tema dell’arresto in quasi flagranza di reato si sono di recente soffermate le Sezioni unite di questa Corte che, pronunciandosi in relazione ad una fattispecie in cui l’arresto era stato eseguito sulla sola base delle indicazioni fornite dalla persona offesa in ordine alle generalità dell’autore del reato, hanno affermato che è illegittimo l’arresto in flagranza operato dalla polizia giudiziaria sulla base delle informazioni fornite dalla vittima o da terzi nell’immediatezza del fatto poiché, in tale ipotesi, non sussiste la condizione di quasi flagranza , la quale presuppone la immediata ed autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato Sez. U, n. 39131 del 24/11/2015, dep. 2016, Ventrice, Rv. 267591 . Tale linea interpretativa è stata successivamente seguita anche da questa Sezione che, con specifico riferimento alla materia della circolazione stradale, pronunciandosi in un caso di fuga dopo un incidente automobilistico, ha ribadito l’esposto principio, ritenendo esente da censure l’ordinanza di non convalida dell’arresto in quanto eseguito all’esito di investigazioni durate circa ventuno ore, con assunzione di sommarie informazioni e verifiche sui veicoli coinvolti Sez. 4, n. 23162 del 13/04/2017, Visonà, Rv. 270104 . 3. Tali fattispecie risultano però ben diverse da quella oggi in esame in cui, come esposto nella stessa ordinanza impugnata, la PG operante, accertato che uno dei veicoli coinvolti era in uso a B.E. , lo aveva in breve tempo rintracciato, ed aveva rinvenuto nell’abitacolo della vettura un asciugamano intriso di sangue che lo stesso B. riferiva essere stato utilizzato dal K. per tamponarsi le ferite riportate a seguito del sinistro. Gli operanti, recatisi immediatamente presso l’ospedale di Trieste, sorprendevano poi il K. mentre ricorreva alle cure mediche per le lesioni riportate. Se pertanto può ritenersi che il Giudice ha legittimante escluso, nel caso di specie, la ricorrenza dello stato flagranza delineato nella prima parte del comma 1 dell’art. 382 cod. proc. pen. e riguardante colui che subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone , si deve, al contempo, rilevare che del tutto erroneamente il giudicante ha omesso di considerare che, essendo stati gli indagati sorpresi con tracce dalle quali appariva che avevano commesso il reato asciugamano sporco di sangue e ferite al capo in cura all’ospedale , ben poteva ritenersi ricorrente nella specie l’evenienza prevista nella seconda parte della citata disposizione secondo cui è in stato di flagranza chi viene sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima . L’art. 382 cod. proc. pen. prevede, infatti, due ipotesi distinte di quasi flagranza e solo la prima è stata interessata dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite Ventrice , che non si è invece occupata della diversa fattispecie in cui il reo venga sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima. 4. Sotto tale ultimo profilo, del resto, è principio consolidato in giurisprudenza che, ai fini della quasi flagranza del reato, il requisito della sorpresa del reo con cose o tracce del reato non richiede che la P.G. abbia diretta percezione dei fatti, né che la sorpresa avvenga in modo non casuale, correlandosi invece alla diretta percezione da parte della stessa soltanto degli elementi idonei a farle ritenere sussistente, con altissima probabilità, la responsabilità del medesimo, nei limiti temporali determinati dalla commissione del reato immediatamente prima , locuzione dal significato analogo a quella poco prima utilizzata dal previgente codice di rito, di cui rappresenta una mera puntualizzazione quanto alla connessione temporale tra reato e sorpresa cfr. da ultimo Sez. 2, n. 19948 del 04/04/2017, Rosca, Rv. 270317, in fattispecie in cui la Corte, in riforma dell’impugnata ordinanza, ha ritenuto che legittimamente i carabinieri avessero proceduto all’arresto, nella quasi flagranza del reato di furto aggravato, di un soggetto - peraltro reo confesso - sorpreso, durante un normale controllo al confine di Stato, alla guida di un’autovettura risultata rubata poche ore prima in una città vicina . Ciò che, dunque, rileva sotto il profilo temporale è che sia riscontrabile una stretta contiguità fra la commissione del fatto e la successiva sorpresa del presunto autore di esso, come è reso manifesto dal senso proprio dell’avverbio utilizzato, che contiene in sé l’idea del susseguirsi degli eventi senza alcun intervallo. Ne consegue che, nel caso di specie, avendo i carabinieri, nell’arco di poche ore, ed in stretta continuità con l’evento, rintracciato prima il B. e poi il K. , riscontrando la sussistenza di cose e tracce inequivocabilmente riconducibili alla commissione del reato, deve ritenersi che l’arresto sia stato legittimamente eseguito. 5. L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata e l’annullamento può essere disposto senza rinvio essendo il ricorso finalizzato esclusivamente alla definizione della correttezza dell’operato degli agenti di P.G. in relazione ad una fase processuale ormai conclusa. P.Q.M. Annulla l’impugnato provvedimento senza rinvio perché l’arresto è stato legittimamente eseguito.