Esigenze cautelari nei reati contro la pubblica amministrazione

Come deve essere valutata la sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo per l’acquisizione e la genuinità delle prove e della recidiva se l’indagato, al quale vengono contestati reati commessi contro la P.A., si sia dimesso dall’incarico precedentemente ricoperto?

All’interrogativo ha risposto la VI sezione Penale della Cassazione con la sentenza n. 53000/17, depositata il 21 novembre. La vicenda. Il Tribunale di Roma ha sostituito la misura della custodia cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari e del divieto di comunicazioni applicata ad un imputato per reati contro la P.A Quest’ultimo chiede l’annullamento dell’ordinanza contestando la sussistenza delle esigenze cautelari del pericolo di reiterazione del reato essendosi dimesso dall’incarico di dirigente comunale e del rischio di inquinamento probatorio stante la richiesta di giudizio immediato e l’assenza di attività investigativa dopo l’applicazione della misura . Esigenze cautelari. Dopo la proposizione del ricorso, il Tribunale modificava il regime cautelare applicando il divieto di espatrio, l’interdizione provvisoria dai pubblici uffici e dall’esercizio di attività imprenditoriali per 12 mesi. La Corte, sottolineando la permanenza di interesse anche dopo la sopravvenuta modifica del provvedimento impugnato, ritiene fondato il ricorso. Ai fini dell’applicazione di una misura cautelare, il pericolo per l’acquisizione e la genuinità della prova deve essere concreto ed attuale e si concretizza in quelle situazioni in cui, secondo l’ id quod plurime accidit , sia possibile desumere che l’imputato la possibilità di influire sulla formazione della prova medesima. Il relazione al pericolo di recidiva, precisa inoltre la Corte, la prognosi di pericolosità dell’indagato, nei reati contro la P.A., non è di per sé impedita dal fatto che egli si sia dimesso dall’incarico ma è indispensabile valutare le concrete circostanze fattuali in modo tale da accertarsi che non permangano occasioni per continuare a mantenere, pur nell’ambito di incarichi o funzione diversi, condotte antigiuridiche del medesimo rilievo. Il provvedimento impugnato si rivela lacunoso nella motivazione relativa ad entrambi i profili, carenza che porta la S.C. all’annullamento dell’ordinanza con rinvio per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 settembre – 21 novembre 2017, n. 53000 Presidente Conti – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 20/04/2017, il Tribunale di Roma ha sostituito con gli arresti domiciliari e il divieto di comunicazione ex art. 284, comma 2, cod. proc. pen l’originaria custodia cautelare in carcere applicata a M.R. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma per reati contro la Pubblica amministrazione. 2. Nel ricorso di M. si chiede annullarsi l’ordinanza per a violazione di legge non sussistendo un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato considerate le sopravvenute dimissioni volontarie - irrevocabili e con decorrenza immediata - dall’incarico pubblico di dirigente comunale comunicate da M. al Comune di con pec del omissis , dimissioni per le quali non è più richiesta l’accettazione da parte della pubblica amministrazione e delle quali comunque il dipartimento organizzazione e risorse umane del Comune ha formalmente preso atto rendendo impossibile il trasferimento a altra pubblica amministrazione e possibile il reinserimento di M. in un ente pubblico solo vincendo un nuovo concorso b violazione di legge e vizio di motivazione circa l’attualità e la concretezza del rischio di inquinamento probatorio, stante la richiesta di giudizio immediato, l’assenza di attività investigativa dopo l’applicazione della misura cautelare e la sostanziale cristallizzazione del materiale probatorio le rogatorie sui movimenti bancari esteri sono solo mezzi di ricerca della prova per reati mai ipotizzati e poiché il provvedimento impugnato non chiarisce come M. potrebbe inquinare le prove costituite da intercettazioni di conversazioni, da documentazione e da una sola prova dichiarativa . 3. Con ordinanza successiva al ricorso in esame, il 4/07/2017 il Tribunale di Roma ha sostituito gli arresti domiciliari con il divieto di espatrio, l’interdizione provvisoria dai pubblici uffici e dall’esercizio di attività imprenditoriali per 12 mesi, con obbligo di presentazione giornaliero alla stazione dei Carabinieri territorialmente competente. Considerato in diritto 1. Il Tribunale ha accolto la richiesta subordinata della difesa dell’appellante volta a ottenere la sostituzione della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari, ma ha ritenuto ancora sussistenti, seppure affievolite, le esigenze cautelari in relazione sia al rischio di reiterazione del reato, sia al rischio di inquinamento probatorio. Invece il ricorso in esame assume insussistenti le esigenze cautelari, per cui ne permane l’interesse anche dopo la posteriore modifica del provvedimento impugnato. 2. Il pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova, che l’art. 274 lett. a cod. proc. pen. richiede per l’applicazione di una misura cautelare, deve essere concreto e attuale e va identificato in tutte quelle situazioni dalle quali sia possibile desumere, secondo la regola dell’id quod plerumque accidit, che l’indagato può realmente influire sulla formazione della prova nel procedimento a suo carico e non in procedimenti diversi seppure connessi , ostacolandone la ricerca o inquinandone le fonti. Per evitare che il requisito del concreto e attuale pericolo perda il suo significato e si trasformi in semplice clausola di stile, il giudice deve indicare, con riferimento all’indagato, le specifiche circostanze di fatto dalle quali esso è desunto e fornisca sul punto adeguata e logica motivazione Sez. 6, n. 19048 del 04/03/2002, dep. 2003, Rv. 225215 Sez. 6, n. 1460 del 19/04/1995, Rv. 202984 . Nella caso in esame, l’ordinanza impugnata, mentre si limita a osservare pag. 2 genericamente che il pericolo di inquinamento probatorio non viene meno con la chiusura delle indagini preliminari dovendo nel dibattimento essere esaminati testimoni e indagati o imputati di reato connesso , considera pag. 3 che risulta cristallizzato il quadro probatorio ritenuto idoneo a sostenere l’accusa in giudizio. 3. L’ordinanza impugnata che sviluppa le sue argomentazioni sullo sfondo di quelle della ordinanza con cui il Tribunale di Roma il 4/01/2017 ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere applicata a M.R. dal Giudice per le indagini preliminari di e in relazione alla quale questa Sezione ha rigettato precedente ricorso di M. con sentenza n. 13864 del 16/03/2017 ha ritenuto, quanto al pericolo di recidiva , che il conferimento ad altro dirigente dell’incarico già ricoperto da M. non vale ad escludere il ricollocamento dell’imputato in altra posizione apicale all’interno del Comune di o presso altri enti pubblici pag. 2 . Nei reati contro la pubblica amministrazione, la prognosi sulla pericolosità dell’incolpato non è di per sé impedita dal fatto che l’indagato abbia dismesso la carica o esaurito l’ufficio nell’esercizio del quale aveva realizzato la condotta contestatagli. Tuttavia, la validità di tale principio deve essere rapportata al caso concreto il rischio di ulteriori condotte illecite del tipo di quella contestata deve essere reso possibile dal permanere di una posizione soggettiva dell’agente nella pubblica amministrazione e da specifiche circostanze fattuali che gli consentano di continuare a mantenere, pur nell’ambito di funzioni o incarichi pubblici diversi, condotte antigiuridiche che abbiano lo stesso rilievo e offendano la stessa categoria di beni e valori del reato commesso Sez. 6, n. 18770 del 16/04/2014, Rv. 259685 Sez. 6, n. 19052 del 10/01/2013, Rv. 256223 Sez. 6, n. 6566 del 13/12/2011, dep. 2012, Rv. 252037 . In altri termini, la questione della efficacia delle dimissioni del ricorrente e dell’accertamento della loro portata non si esaurisce con la interpretazione dei dati normativi, ma richiede la ricostruzione dell’inquadramento del rapporto di lavoro del M. nel Comune di , che implica accertamenti di fatto incompatibili con la natura e le funzioni proprie del giudizio di legittimità. Solo questa ricostruzione consente di stabilire se, nonostante le dimissioni, persista o meno un inserimento di M. nell’organigramma del Comune di e, pertanto, se residuino concrete possibilità di strumentalizzazione da parte del ricorrente di tale posizione . Invece, sia l’ordinanza impugnata, sia quella successivamente adottata dal Tribunale di Roma - mentre danno atto delle dimissioni volontarie dal Comune di con effetto immediato e irrevocabili presentate da M. con atto del omissis - non chiariscono a quale è, sulla base della documentazione acquisita, lo status giuridico di M. all’interno del Comune di b o, per altro verso, se emergono concreti elementi per supporre che egli possa essere assunto presso altre pubblica amministrazione. 4. Pertanto, le deduzioni sviluppare nel ricorso risultano fondate e l’ordinanza impugnata va annullata con rinvio per nuovo esame sui punti suindicati sub a e sub b al fine di chiarire se permangono concrete condizioni di pericolo per la acquisizione e la genuinità della prova o di recidiva nel termini espressi nell’art. 274 cod. proc. pen P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Roma-sezione per il riesame delle misure cautelari.