Rifiutata, “senza giri di parole”, la richiesta di scontare la pena in Italia

La Corte d’Appello che intenda rifiutare la consegna del cittadino italiano, disponendo l’esecuzione nello Stato straniero della pena inflittagli, è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il mandato di arresto europeo secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 161/2010.

Lo ha ribadito la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n. 53039/17 depositata il 21 novembre. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino aveva disposto non farsi luogo alla consegna del condannato, cittadino italiano, il quale aveva richiesto che la pena inflittagli dal Tribunale di Bucarest, per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla falsificazione di documenti e strumenti bancari, venisse scontata in Italia. Avverso la decisione di merito ha proposto ricorso per cassazione il condannato denunciando la violazione dell’art. 2, comma 1, lett. b , l. n. 69/2005 disposizione in tema di garanzie costituzionali in relazione al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri UE per la mancata verifica di compatibilità delle pena inflitta dall’autorità straniera rispetto a quella interna in relazione alla natura dei reati e ai tempi di commissione che rendevano la pena straniera incompatibile con la dignità umana. Formale riconoscimento delle sentenza straniera. La Cassazione ha osservato che la Corte di merito si sia limitata a dare atto che gli addebiti riscontrati nella sentenza straniera sono previsti dalla legge italiana, ma non ha compiuto alcuna verifica sulle deduzione difensive in relazione alla qualificazione giuridica delle condotte e neppure alcun controllo sulla compatibilità della pena dell’Autorità straniera rispetto all’ordinamento italiano, ai fini della eseguibilità delle pena in Italia. La Corte ha disposto che debba darsi seguito al principio della giurisprudenza di legittimità Cass. n. 20527/14 secondo cui anche in presenza del consenso espresso dalla persona richiesta in consegna ai fini dell’esecuzione in Italia della pena e di conseguente rifiuto in consegna, ai sensi della l. n. 69/2005, è necessario il formale riconoscimento delle sentenza su cui si fonda il mandato di arresto europeo come previsto dal d.lgs. n. 161/2010 Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea . Detto riconoscimento impone la verifica della compatibilità con la legislazione italiana della durata e natura della pena o della misura di sicurezza applicate nello Stato di emissione, qualora anche il Paese richiedente abbia dato attuazione alla predetta decisione quadro . La Romania è uno dei Paesi che ha recepito la decisione quadro ed è per tanto applicabile, al caso di specie, la disposizione sopra richiamata. Di conseguenza, secondo la S.C., la Corte d’appello dovrà verificare se i reati di falso materiale in atti ufficiali e di uso di atti falsi corrispondano a fattispecie incriminatrice nel sistema penale italiano e la compatibilità della pena straniera con i principi dell’ordinamento italiano, procedendo, se necessario, agli adattamenti necessari per il reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini dello loro esecuzione nell’Unione Europea. In ragione di ciò la Corte ha accolto il ricorso e rinvia per un nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale , sentenza 16 novembre – 21 novembre 2017, n. 53039 Presidente Ippolito – Relatore Giordano Ritenuto in fatto 1. A.P. propone ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Torino, ha disposto, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. r della legge 69 del 2005, non farsi luogo alla consegna dell’A. , cittadino italiano, che aveva chiesto che la pena inflittagli venisse scontata in Italia. 2.L’A. era stato chiesto in consegna in forza di mandato di arresto esecutivo emesso dal Tribunale di Bucarest, in relazione alla sentenza irrevocabile di condanna alla pena di anni otto di reclusione inflittagli dal Tribunale di Bucarest - e confermata dalla sentenza di appello del 8 gennaio 2015 - per i reati di associazione a delinquere, formata da più individui italiani e romeni, finalizzata alla commissione di frodi ai danni di istituti bancari con la falsificazione di strumenti finanziari e documenti bancari, nonché tentata truffa aggravata, tentato riciclaggio, falsi materiale in atti ufficiali e uso di atti falsi, commessi dall’ omissis . 3. Con motivi di ricorso affidati al difensore di fiducia e di seguito sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen. il ricorrente denuncia oltre ai vizi di motivazione 3.1 violazione di legge, in relazione all’art. 2, comma 1, lett. b della legge n. 69/2005 per la mancata verifica di compatibilità della pena inflitta dall’autorità straniera rispetto a quella interna avuto riguardo alla natura degli addebiti - reati tentati - ed all’arco temporale estremamente esiguo in cui gli stessi sono stati commessi, sicché la pena inflitta presenta un contenuto afflittivo incompatibile con la dignità della persona e, pertanto, abnorme 3.2 inosservanza degli artt. 1, comma 3, 6, comma 1, lett. c e comma 4 lett. b della legge 69/2005, in ordine alla effettiva eseguibilità della pena inflitta per mancata indicazione, nel mandato di arresto Europeo, del pre-sofferto cautelare 3.3 inosservanza dell’art. 6, comma 1, lett. g della legge 69/2005 per la mancata indicazione degli ulteriori effetti penali della sentenza diversi dalla pena, rilevanti agli effetti della comparazione con il sistema dei principi e garanzie del diritto interno 3.4 inosservanza dell’art. 7, comma 1, della legge 69/2005 sulla sussistenza del requisito della doppia punibilità in relazione ai contestati reati di falso e uso di atto falso atteso che le fattispecie di cui agli artt. 485 e 489 cod. pen. sono state abrogate per effetto dell’art. 1, comma 1, lett. a del decreto legislativo n. 7/2016. Considerato in diritto 1. Il ricorso è in parte fondato e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, nei limiti e con gli effetti di seguito illustrati. 2. È manifestamente infondato il secondo motivo di ricorso poiché, ai fini della consegna e, comunque della eseguibilità della pena, non appare decisiva la conoscenza della durata della custodia cautelare subita all’estero dall’odierno ricorrente che andrà comunque accertata, anche in corso di esecuzione della sentenza, ai fini del computo della pena da eseguire. 3.Sono, viceversa, fondati, sia pure per ragioni diverse da quelle illustrate, il primo, terzo e quarto motivo di ricorso. 4.La Corte di merito si è limitata, in termini meramente assertivi, a dare atto che gli addebiti per cui è stata emessa la sentenza di condanna dell’Autorità giudiziaria della Romania sono previsti come reato dalla legge italiana ma non si è confrontata con le deduzioni difensive che investivano la qualificazione come reato di talune delle condotte poste a fondamento della sentenza irrevocabile posta a fondamento del mandato di arresto Europeo né la Corte ha compiuto alcuna verifica sulla compatibilità con l’ordinamento italiano della pena e del complessivo trattamento punitivo inflitto al ricorrente con detta sentenza, ai fini della eseguibilità della pena in Italia. 5.In realtà le riscontrate carenze motivazionali evidenziano che il giudice a quo non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni recate dal d. lgs. n. 161 del 2010 e della regola secondo la quale, anche in presenza del consenso espresso dalla persona richiesta in consegna ai fini dell’esecuzione in Italia della pena e di conseguente rifiuto di consegna, ai sensi dell’art. 18, comma 1, lett. r legge n. 69/2005, è necessario il formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il mandato di arresto Europeo, secondo quanto previsto dal d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161 contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2008/909/GAI del 27 aprile 2008, sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea , riconoscimento che impone non solo la verifica del requisito della doppia incriminabilità, assolto, come accennato, in termini apodittici, ma, soprattutto, la verifica della compatibilità con la legislazione italiana della durata e natura della pena o della misura di sicurezza applicate nello Stato di emissione, qualora anche il Paese richiedente abbia dato attuazione alla predetta decisione quadro, situazione che giustappunto ricorre con la Romania, Paese che ha chiesto in consegna l’A. e che ha recepito la decisione quadro citata con la legge n. 300 del 2013, entrata in vigore il 26 dicembre 2013 e, pertanto applicabile nei rapporti giurisdizionali tra i due Paesi. 6.Questa Corte, modificando un risalente e parzialmente diverso orientamento che dava per implicito il meccanismo del riconoscimento in fattispecie analoga a quella in esame, ha già ripetutamente affermato il principio secondo il quale la Corte d’appello che intende rifiutare la consegna ai sensi dell’art. 18, comma primo, lett. r , l. n. 69 del 2005, disponendo l’esecuzione nello Stato della pena inflitta al cittadino italiano o al cittadino di altro Paese dell’Unione legittimamente residente o dimorante in Italia è tenuta al formale riconoscimento della sentenza su cui si fonda il mandato di arresto Europeo secondo quanto previsto dal d. lgs. 7 settembre 2010, n. 161 Sez. 6, n. 53 del 30/12/2014, Petrescu, Rv. 261803 e Sez. 6, n. 20527 del 14/05/2014, Vatrà, Rv. 259785 , principio al quale deve darsi seguito. 7.L’art. 24 del d.lgs. n. 161 del 2010, al fine di integrare la disciplina prevista dal sistema di consegna in conseguenza del mandato di arresto Europeo, ha, infatti, espressamente esteso l’applicazione del meccanismo procedurale del riconoscimento della sentenza penale straniera alle ipotesi affini di esecuzione della pena o della misura di sicurezza previste dalla legge 22 aprile 2005 n. 69 tra le quali quella prevista dall’art. 18, comma 1, lett. r , che qui rileva, meccanismo che ricomprende la verifica della sussistenza delle condizioni generali per il riconoscimento della sentenza, dei criteri di compatibilità della pena, della sussistenza di motivi di rifiuto, specificamente indicati nelle disposizioni, in quanto ritenute compatibili, di cui agli artt. 10, 11 e 13, il vaglio delle modalità di esecuzione successive al riconoscimento artt. 16 e 17 e le implicazioni riconnesse all’eventuale applicazione del principio di specialità art. 18 . 8. Nella sentenza n. 20527 del 2014, innanzi richiamata, si è osservato che, pure a fronte di forme alternative di riconoscimento ed esecuzione della sentenza di condanna di uno Stato membro - quella, cioè derivante dalla richiesta di consegna nell’ambito di una procedura legata alla emissione del mandato di arresto Europeo, disciplinata dalla legge n. 69 del 2005 e quella di trasmissione all’estero ovvero dall’estero, oggetto di previsione del d. lgs. 161 del 2010 - le due procedure sono, in parte, regolate dalla medesima disciplina normativa con la conseguenza ulteriore che, per quanto non disciplinato dal decreto legislativo 161 del 2010, dovrà comunque farsi riferimento al regime normativo proprio della procedura di consegna regolata dalla legge n. 69/2005 arg. ex art. 24, comma 2, d. lgs. cit. . 8.Consegue da quanto fin qui illustrato che la Corte di appello, con riguardo alla sussistenza del requisito della doppia punibilità e avuto riguardo alle deduzioni difensive, dovrà verificare se i reati di falso materiale in atti ufficiali e di uso di atti falsi corrispondano a fattispecie oggetto di incriminazione secondo il sistema giuridico italiano e, con riferimento alle doglianze di eccessività ed abnormità che investono l’applicazione del trattamento punitivo contenuto nella sentenza irrevocabile dello Stato della Romania, se si sia in presenza di qualità delle sanzioni penali che violano i principi di cui all’art. 2 della legge n. 69 del 22 aprile 2005, procedendo, se del caso, agli adattamenti necessari in applicazione dei principi fissati - in tema di reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea - dal d. lgs. 7 settembre 2010, n. 161, art. 10, comma 5. 9.Sulla base delle su esposte considerazioni, conclusivamente, la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, affinché proceda, alla stregua delle regole di giudizio affermate, alle necessarie verifiche riconnesse all’applicazione del quadro normativo innanzi descritto, uniformandosi ai principii in questa Sede statuiti. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.