In difficoltà economica, occupa abusivamente una casa: divieto di dimora nel Comune

Respinta la tesi difensiva secondo cui ci si troverebbe di fronte a una condotta giustificata da uno stato di necessità. Confermata la misura cautelare, finalizzata a tenere la donna lontana dal territorio in cui ci sono alloggi popolari di proprietà dello Iacp.

Ha approfittato della temporanea assenza del proprietario per entrare nell’abitazione e prenderne possesso. Ha provato a giustificare quella condotta, richiamando le proprie difficoltà economiche. Per i Giudici, però, questo alibi non può reggere. Logico parlare di occupazione illegittima”, e confermata l’applicazione del divieto di dimora” nel Comune Cassazione, sentenza n. 52764/2017, Sezione Quinta Penale, depositata il 20 novembre 2017 . Difficolt à . A finire sotto accusa è una giovane donna, che ha occupato un appartamento, approfittando dell’assenza del legittimo proprietario. Per i giudici vi sono tutti i presupposti per contestare i reati di violazione di domicilio e violenza privata . Consequenziale è, a loro parere, l’applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nel perimetro territoriale del Comune dove insistono alloggi popolari di proprietà dello Iacp . La valutazione compiuta in secondo grado è ora confermata dalla Cassazione. Per i magistrati del ‘Palazzaccio’ è priva di fondamento la giustificazione addotta dalla donna. Riflettori puntati, in particolare, su un presunto stato di bisogno , testimoniato da una precaria situazione economica. Per i giudici, però, questo richiamo non è sufficiente per considerare giustificabile l’occupazione abusiva di una casa. Detto in parole povere, una condizione di difficoltà economica non può legittimare un’occupazione permanente di un immobile per risolvere, in realtà, un’esigenza abitativa .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 27 ottobre – 20 novembre 2017, n. 52764 Presidente Sabeone – Relatore Amatore Ritenuto in fatto 1. Con la ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Palermo, accogliendo l'appello proposto dal P.m. presso il Tribunale di Sciacca, ha applicato alla ricorrente - in relazione ai reati di violazione di domicilio e violenza privata aggravati - la misura cautelare del divieto di dimora in Via omissis e nel perimetro territoriale del Comune di Sciacca ove insistono alloggi popolari di proprietà dello IACPI. Avverso la predetta ordinanza ricorre l'indagata, personalmente, affidando la sua impugnativa ad un unico motivo di doglianza. 1.1 Denunzia la ricorrente, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e, cod. proc. pen., vizio argomentativo. Si evidenzia una carente e contraddittoria motivazione nel provvedimento impugnato in punto di gravità degli indizi. Osserva la ricorrente che in realtà la motivazione in punto di gravità indiziaria era stata ricavata dal tribunale ricorso solo sulla base delle circostanze fattuali secondo cui, da un lato, la persona offesa aveva chiuso a chiave la porta della abitazione e, dall'altro, la stessa persona offesa aveva intrapreso diverse azioni giudiziarie per riottenere la disponibilità dell'immobile. Considerato in diritto 2. Il ricorso è inammissibile. 2.1 La motivazione impugnata è giuridicamente corretta e comunque scevra dalle denunziate aporie ed illogicità. 2.1.1 Sul punto, è utile ricordare che, secondo la voce unanime di questa Corte di legittimità, l'illecita occupazione di un immobile è scriminata dallo stato di necessità solo in presenza di un pericolo imminente di danno grave alla persona, non potendosi legittimare - nelle ipotesi di difficoltà economica permanente, ma non connotata dal predetto pericolo - una surrettizia soluzione delle esigenze abitative dell'occupante e della sua famiglia così, ex plurimis, Sez. 2, Sentenza n. 28067 del 26/03/2015 Ud. dep. 02/07/2015 Rv. 264560 Sez. 2, Sentenza n. 9655 del 16/01/2015 Ud. dep. 05/03/2015 Rv. 263296 Sez. 2, Sentenza n. 19147 del 16/04/2013 Ud. dep. 03/05/2013 Rv. 255412 Sez. 2, Sentenza n. 8724 del 11/02/2011 Ud. dep. 04/03/2011 Rv. 249915 . Ed invero, il dettato dell'art. 54 cod. pen., che presuppone l'attualità del pericolo, richiede che, nel momento in cui l'agente agisce contra ius - al fine di evitare un danno grave alla persona - il pericolo sia imminente e, dunque, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio Cass. 3310/1981 riv. 148374 . Non può, infatti, parlarsi di attualità del pericolo in tutte quelle situazioni non contingenti, caratterizzate da una sorta di cronicità essendo destinate a protrarsi nel tempo, quale appunto l'esigenza di una soluzione abitativa. Ed invero, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell'attualità del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata in senso stretto. Il pericolo non sarebbe più attuale rectius imminente , bensì permanente proprio perché l'esigenza abitativa - ove non sia transeunte e derivante dalla stretta ed immediata necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona è necessariamente destinata a prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di proprietà, un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 54 cod. pen., alla luce dell'art. 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili l'attualità del pericolo con l'esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un'alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale cfr. sul punto, Cass. 35580/2007 riv. 237305 Cass. 7183/2008 riv. 239447 . In conclusione, deve ritenersi che una condizione di difficoltà economica non può legittimare, ai sensi dell'art. 54 cod. pen., un'occupazione permanente di un immobile per risolvere, in realtà, in modo surrettizio, un'esigenza abitativa. Ne consegue che la conclusione raggiunta dal tribunale palermitano in punto di insussistenza della invocata scriminante dello stato di necessità deve ritenersi giuridicamente corretta e condivisibile. 2.1.2 Né sono rintracciabili, nel tessuto argomentativo della ordinanza impugnata, i paventati vizi motivazionali. Ed invero, il tribunale impugnato evidenzia la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine ai contestati reati di cui agli artt. 614 e 610 cod. pen. sulla base delle non contestabili circostanze secondo cui, da un lato, la persona offesa si era allontanata dall'immobile poi abusivamente occupato dalla parte oggi ricorrente solo per un breve periodo - così evidenziandosi che l'immobile de quo non poteva certo considerarsi, come invece sostiene la indagata, una abitazione abbandonata e dunque non suscettibile di violazione ai sensi del sopra richiamato art. 614 -, e, dall'altro, dovevano considerarsi pienamente consapevoli gli occupanti della usurpazione del domicilio altrui con la abusiva occupazione di quest'ultimo. 2.1.3 Non condivisibile giuridicamente, invece, la motivazione resa dal giudice di prima istanza e posta alla base del diniego della richiesta cautelare, atteso che, in tema di risoluzione negoziale di un contratto sulla base di una clausola risolutiva espressa, occorre che gli effetti di tale risoluzione di diritto siano sempre accertati giudizialmente dal giudice civile, non potendo il G.i.p. sostituirsi a quest'ultimo con una delibazione accertativa in ordine a tali effetti e sulla cui base fondare ulteriori considerazioni giuridiche di insussistenza oggettiva del reato in esame che riposano, dunque, su premesse errate giuridicamente. 3. Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in Euro 2000. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.