La querela può anche essere implicita

Le dichiarazioni della persona offesa dal reato, raccolte dalla polizia giudiziaria e a prescindere dal ricorso a formule sacramentali, possono essere qualificate come querela laddove dal contenuto delle stesse sia inequivocabilmente deducibile la volontà della persona in tal senso.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 52538/17, depositata il 17 novembre. Il caso. La Corte d’Appello di Catanzaro confermava la condanna di prime cure dell’imputato per i reati di lesioni colpose e omissione di soccorso commessi ai danni della moglie. Avverso la pronuncia, ricorre per cassazione la difesa affermando l’assenza di ogni dimostrazione dell’asserita volontà della persona offesa di presentare querela, posto che l’iniziativa penale era stata assunta sulla base della mera comunicazione della notizia di reato. Afferma infatti la difesa che la querela, in quanto atto di natura negoziale, non possa essere equiparata alla comunicazione della notizia di reato. Manifestazione della volontà della persona offesa. La censura si rivela priva di fondamento. La Corte ricorda infatti che laddove la Polizia raccolga le dichiarazioni della persona offesa, la comunicazione della notizia di reato deve riportare l’esplicita volontà della persona offesa circa la volontà di perseguire l’autore del fatto, a prescindere dal ricorso a forme sacramentali e anche attraverso l’interpretazione delle espressioni utilizzate. È stata ad esempio ritenuta idonea a tal fine la dichiarazione di volersi costituire parte civile Cass. Pen. n. 15691/13 e la sollecitazione dell’Autorità Giudiziaria a voler prendere provvedimenti al più presto in caso di integrazione di una precedente denuncia Cass. Pen. n. 6333/13 . Prosegue poi il Collegio affermando che anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae occorrendo comunque in tal caso una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte . Ciò posto, l’apprezzamento del giudice sulla sussistenza della manifestazione della volontà di querelare è sottratto dall’ambito di cognizione del Giudice di legittimità, sempre se rispettoso delle regole logiche e giuridiche ed a prescindere dalla qualificazione formale assegnata dalla Polizia Giudiziaria alla dichiarazione orale ricevuta. In conclusione, il ricorso risulta dunque infondato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 – 17 novembre 2017, numero 52538 Presidente Piccialli – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catanzaro, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rossano nei confronti di F.S. in relazione ai reati di lesioni colpose ed omissione di soccorso commessi ai danni della coniuge in omissis . 2. F.S. ricorre per cassazione deducendo erronea applicazione dell’articolo 590 cod. penumero e vizio di motivazione in relazione agli artt. 337, 136, 357, 373 e 347 cod.proc.penumero perché, contrariamente a quanto indicato nella sentenza, non è stato acquisito alcun atto dal quale emerga la volontà della persona offesa di querelare il proprio coniuge, dandosi atto dell’asserita volontà punitiva esclusivamente nella comunicazione della notizia di reato. Secondo il ricorrente, la natura di atto negoziale propria della querela impedisce che ad essa sia equiparabile la comunicazione della notizia di reato. 3. La parte civile ha depositato, nel corso dell’udienza di discussione, conclusioni e nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 1.1. In linea di principio, nel caso in cui l’atto venga redatto dalla polizia giudiziaria che raccoglie le dichiarazioni della parte, la volontà della persona offesa deve essere esplicita, ancorché non ritualizzata in forme sacramentali, ovvero desumibile da espressioni interpretabili quali manifestazioni di volontà di perseguire l’autore del fatto Sez. 5, numero 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201 . In tal senso, ad esempio, è stato affermato che la dichiarazione con la quale la persona offesa, all’atto della denuncia, si costituisce o si riserva di costituirsi parte civile, deve essere qualificata come valida manifestazione del diritto di querela Sez. 5, numero 15691 del 06/12/2013, dep.2014, Anzalone, Rv. 26055701 analogamente la sollecitazione rivolta all’Autorità Giudiziaria di voler prendere provvedimenti al più presto , contenuta nella integrazione ad una precedente denuncia, costituisce manifestazione di volontà diretta a richiedere la punizione dell’autore del reato e conferisce all’atto valore di querela Sez. 5, numero 6333 del 18/10/2013, C., Rv. 25887601 . Anche manifestazioni non esplicite, in situazioni di incertezza, devono comunque essere interpretate alla luce del favor querelae occorre, tuttavia, che ci si trovi in presenza di una manifestazione lessicale proveniente inequivocabilmente dalla parte Sez. 5, numero 15166 del 15/02/2016, Martinez, Rv. 26672201 . In ogni caso, la manifestazione della volontà di querelarsi può essere ritenuta esistente dal giudice del merito, con accertamento sottratto al sindacato di legittimità se rispondente alle regole della logica e del diritto, indipendentemente dalla qualifica assegnata alla dichiarazione orale dalla polizia giudiziaria che la ha ricevuta, sempre che l’intenzione di voler perseguire l’autore dei fatti ivi denunciati emerga chiaramente dalla dichiarazione stessa ovvero da altri fatti dimostrativi del medesimo intento Sez. 3, numero 10254 del 12/02/2014, Q, Rv. 25838401 . 1.2. Tanto premesso in linea di principio, dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura della censura, emerge che la persona offesa G.A. ha rappresentato alla Polizia Giudiziaria la volontà di querelare il coniuge, manifestando la richiesta di punizione del colpevole. La Corte territoriale ha affermato, con motivazione ineccepibile, che la richiesta di punizione fosse stata chiaramente espressa dalla persona offesa ai carabinieri, che l’avevano riportata nel verbale di denuncia e sommarie informazioni del 30 agosto 2010. Il Tribunale aveva espresso conforme valutazione richiamando la richiesta della persona offesa che il colpevole fosse punito riportata nella comunicazione di notizia di reato redatta dai Carabinieri della Compagnia di omissis . I giudici di merito hanno motivato il loro giudizio valutando il contesto in cui tale manifestazione di volontà era stata raccolta presso l’ospedale di omissis prima che la persona offesa fosse trasferita in altro nosocomio per essere sottoposta ad intervento chirurgico. Date le circostanze del caso, hanno ritenuto che essa fosse valida manifestazione della volontà di querelare l’imputato, ancorché non formalizzata in un vero e proprio atto di querela, qualificandola come querela proposta oralmente. 2. Tanto è sufficiente per affermare, alla luce dei principi sopra esposti, che il ricorso sia infondato al rigetto dell’impugnazione segue, a norma dell’articolo 616 cod.proc.penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Con riguardo alla condanna del ricorrente alla refusione delle spese in favore della parte civile, occorre rilevare che la richiesta di liquidazione dei compensi presentata dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato elenca i compensi tabellari ai sensi dell’articolo 12, comma 3, D.M. numero 55/2014 non in conformità ai limiti quantitativi previsti dall’articolo 106 bis d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115. Deve, pertanto, essere applicato il seguente principio interpretativo, già affermato nella giurisprudenza di legittimità In tema di patrocinio dei non abbienti, affinché la Corte di cassazione possa procede alla liquidazione delle spese che l’imputato ricorrente è condannato a rifondere alla parte civile ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, ex articolo 110, d. P. R. numero 115 del 2002, è indispensabile che il difensore abbia presentato una nota spese conforme, nella indicazione delle voci e nei limiti quantitativi, alle prescrizioni dettate dall’articolo 82 del su citato d.P.R. Sez.4, numero 20044 del 17/03/2015, S., Rv. 26386601 Sez.6, numero 3885 del 18/01/2012, Iovine, Rv.25213501 . Conseguentemente, potrà essere disposta la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di parte civile in favore dello Stato, ferma restando la competenza della Corte di Appello di Catanzaro, a norma dell’articolo 83, comma 2, d.P.R. numero 115/2002 a disporne la liquidazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese della costituita parte civile in favore dello Stato ex articolo 110, comma 3, d.p.r. 115/2002 nella misura in cui saranno liquidate dalla Corte di Appello di Catanzaro.