Valida la notifica al collega di studio

Ai sensi degli artt. 157 e 161, comma 4, c.p.p., la notificazione dell’estratto contumaciale non deve obbligatoriamente avvenire nelle mani del difensore.

Così la Corte di Cassazione con sentenza n. 52465/17, depositata il 16 novembre. Il caso. Il ricorrente, con istanza al giudice dell’esecuzione, chiedeva la declaratoria di non esecutività della sentenza di condanna, emessa nei suoi confronti, per nullità della notifica dell’estratto contumaciale. In via subordinata, richiedeva la restituzione nei termini per l’impugnazione della sentenza, affermando di non essere venuto a conoscenza né di aver avuto notizia del decreto di citazione in giudizio. Il Tribunale di Roma rigettava le richieste, affermando la regolarità della notificazione dell’estratto contumaciale, nonché l’insussistenza delle condizioni per la restituzione nel termine per l’impugnazione. Pertanto, il ricorrente adisce la Corte di Cassazione deducendo violazione di legge in relazione alla notifica dell’estratto contumaciale e al diniego della restituzione nel termine per l’impugnazione. La notifica. La Suprema Corte afferma che, nel caso di specie, la consegna della notificazione dell’estratto contumaciale, eseguita nelle mani di un avvocato diverso da quello d’ufficio che assiste personalmente una parte in causa ma appartenente al medesimo studio legale è pienamente valida ai sensi del combinato disposto degli artt. 157 Prima notificazione all’imputato non detenuto e 161, comma 4, c.p.p. Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni . Pertanto, il mero fatto che la consegna dovesse avvenire nelle mani del difensore è irrilevante, giacché risulta altresì valida, ad esempio, se effettuata nei confronti di collaboratori del medesimo studio presso cui è stato eletto domicilio, a nulla rilevando se questi siano conosciuti o meno dall’imputato Cass. n. 10612/15 . La restituzione nel termine. La richiesta di rimessione in termini per la proposizione dell’impugnazione viene negata, in quanto risulta dagli atti che l’imputato aveva ricevuto regolarmente notifica ed eletto domicilio. Quindi, deve ritenersi che il suo successivo comportamento sia consistito in una volontaria rinuncia a seguire l’evoluzione del procedimento . La Corte dichiara perciò il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 maggio 16 novembre 2017, n. 52465 Presidente Novik Relatore Mancuso Ritenuto in fatto 1. Con istanza del 14/07/2015 al Tribunale di Roma giudice dell’esecuzione, C.G.P. chiedeva la declaratoria di non esecutività della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti il 10/06/2014. Deduceva che la notifica dell’estratto contumaciale, compiuta ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., era nulla per assoluta incertezza della persona nei cui confronti era stata effettuata, in luogo diverso dallo studio legale del difensore e non già nelle sue mani ma in quelle di S.V.M. , persona della quale non erano state indicate le mansioni o l’eventuale rapporto che la legasse al difensore. In via subordinata, l’istante invocava la restituzione nel termine per proporre impugnazione avverso detta sentenza, affermando che non aveva avuto notizia o conoscenza del decreto di citazione a giudizio e della sentenza né si era sottratto volontariamente alla conoscenza di essi. 2. Con provvedimento in data 03/05/2016, il Tribunale rigettava le richieste. Rilevava, per un verso, che l’estratto contumaciale era stato regolarmente notificato al difensore di ufficio, nell’indirizzo presso il quale egli aveva trasferito lo studio professionale e mediante consegna ad altro legale del medesimo che era stato identificato in S.V.M. . Il Tribunale osservava, per altro verso, che non sussistevano le condizioni per la restituzione nel termine di impugnazione, perché l’istante aveva avuto conoscenza della pendenza del procedimento penale ed aveva deciso di non seguirne lo svolgimento, avendo ricevuto in data 11/10/2011 la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari. 3. C.G.P. ha proposto ricorso per cassazione, con atto datato 19/05/2015, deducendo violazione di legge in ordine al rigetto della richiesta principale e di quella subordinata. Sotto il primo profilo, il ricorrente sostiene che il giudice dell’esecuzione ha compiuto erronea applicazione della legge processuale nel ritenere la regolarità delle notifica dell’estratto contumaciale, perché l’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. stabilisce che, qualora non sia possibile la notifica nel domicilio dichiarato, essa va eseguita mediante consegna al difensore nel caso in esame, invece, la notifica è stata eseguita mediante consegna a persona diversa, il cui rapporto con il difensore di ufficio non emerge dalla relata. Sotto il secondo profilo, il ricorrente sostiene che il giudice dell’esecuzione è incorso in violazione dell’art. 175, comma 2, cod. proc. pen. nell’affermare che la restituzione nel termine per l’impugnazione della sentenza non poteva essere concessa perché l’imputato aveva avuto piena conoscenza della pendenza del procedimento, e aveva rinunciato volontariamente a comparire o a proporre impugnazione in realtà, la mera conoscenza dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari non è condizione sufficiente per negare la restituzione nel termine, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice dell’esecuzione. Considerato in diritto 1. Il primo profilo di censura - riguardante il rigetto dell’istanza di declaratoria di non esecutività della sentenza contumaciale per nullità della sua notifica - muove da una premessa giuridicamente errata ed è privo di specificità. Per un verso, ai fini della regolarità della notifica eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è equivalente, alla consegna al difensore, la consegna, nel suo studio, a persona che vi operi. In proposito, la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di precisare che è valida la notifica all’imputato del decreto di citazione a giudizio, effettuata mediante consegna ad impiegato dello studio legale presso il quale lo stesso ha eletto domicilio, a nulla rilevando che la consegna non sia avvenuta a mani del difensore ma di suo collaboratore, né che costui non fosse conosciuto dall’imputato, essendo l’atto pervenuto nello studio del difensore e consegnato a persona legittimata a riceverlo ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen. Sez. 1, n. 10612 del 04/02/2015 - dep. 12/03/2015, Bartucciotto, Rv. 262827 . Per altro verso, il ricorrente contesta genericamente, ma non confuta con argomenti precisi, le affermazioni del giudice dell’esecuzione secondo le quali la consegna dell’estratto contumaciale avvenne nello studio del difensore di ufficio e per mezzo di un altro legale del medesimo ufficio, identificato nell’avv. S.V.M. . La valenza di tali affermazioni, quindi, rimane ferma. 2. Il secondo profilo di censura - riguardante il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale - è manifestamente infondato. L’avviso della conclusione delle indagini preliminari deve contenere una serie di informazioni, come previsto dall’art. 415-bis cod. proc. pen., e la sua notifica è pertanto pienamente idonea a rendere l’indagato consapevole della pendenza del procedimento nei suoi confronti. In concreto, è pacifico che, all’epoca, l’odierno ricorrente ricevette la notifica di detto avviso ed elesse domicilio. Pertanto, deve ritenersi che il suo successivo comportamento sia consistito in una volontaria rinuncia a seguire l’evoluzione del procedimento. Ne consegue la correttezza del provvedimento in esame del giudice dell’esecuzione, recante il rigetto dell’istanza di restituzione nel termine di impugnazione della sentenza contumaciale. 3. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in applicazione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere - alla stregua del principio di diritto affermato da Corte cost. n. 186 del 2000 - la sussistenza della ipotesi della colpa nella proposizione dell’impugnazione. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende.