Condannato per le nozze ‘virtuali’ con una straniera

L’uomo ha accettato l’idea del matrimonio fittizio con una donna albanese, favorendone così l’illegale presenza in Italia, e ne ha ricavato una casa e un’automobile.

Matrimonio d’interesse. Ha sposato una donna albanese, ottenendo in cambio la disponibilità gratuita – per un anno – di una casa e la proprietà di un’autovettura. I vantaggi economici non sono paragonabili con gli strascichi penali l’uomo è condannato a quattordici mesi di reclusione per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” Cassazione, sentenza n. 52460/17, sez. I Penale, depositata il 16 novembre . Disponibilità. Linea di pensiero comune per i Giudici del Tribunale e della Corte d’Appello è evidente, a loro parere, la consapevolezza del marito ‘virtuale’ nell’aver favorito la presenza illegale in Italia della donna che è risultata essere sua moglie solo sulla carta. In sostanza, l’uomo si è reso disponibile ad unirsi in matrimonio con una donna albanese e a prendere in locazione, a proprio nome, un’abitazione dove farla risiedere, assieme ad altre due donne, di nazionalità rumena , ottenendo in cambio la disponibilità gratuita di una casa e di un’autovettura grazie ai protettori stranieri delle donne , protettori che ne favorivano e ne sfruttavano la prostituzione . Questo comportamento è ritenuto grave anche dai Giudici della Cassazione, che, difatti, confermano la condanna pronunciata in Appello e la relativa pena l’uomo deve scontare quattordici mesi di reclusione e pagare 1.200 euro di multa .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 luglio – 16 novembre 2017, n. 52460 Presidente/Relatore Mazzei Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. Con sentenza del 13 settembre 2016 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna, con la quale Ma. Ma. era stato condannato alla pena di un anno e due mesi di reclusione ed Euro millecinquecento di multa, per concorso nel favoreggiamento della presenza illegale, in Italia, della cittadina albanese, Ve. Gu., rendendosi disponibile ad unirsi in fittizio matrimonio con lei ed a prendere in locazione, a proprio nome, un'abitazione dove far risiedere la stessa Ve. e altre due donne di nazionalità rumena, in cambio della disponibilità gratuita di una casa e di un'autovettura, procurati allo stesso Ma. dai protettori stranieri delle predette donne, delle quali favorivano e sfruttavano la prostituzione fatto commesso in Bologna il 21 febbraio 2009 il simulato matrimonio e in Castelfranco Emilia nel marzo 2009 il contratto di locazione dell'appartamento dove sistemare le tre cittadine straniere . 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato tramite il difensore di fiducia, avvocato Mi. Pi. Pi., il quale deduce la nullità della sentenza per vizio della motivazione, e lamenta il mancato proscioglimento di Ma. perché non punibile per particolare tenuità del fatto, censurando altresì l'eccessiva entità della pena inflitta. 3. Osserva il collegio che il ricorso è inammissibile per le seguenti ragioni. Il vizio di motivazione è oggetto di censura del tutto generica, perché il ricorrente non si confronta con la motivazione corretta, completa e coerente resa dai giudici di merito in punto di responsabilità dell'imputato per il reato ascrittogli, come illustrato nelle pagine 3 e 4 della sentenza impugnata. Manifestamente infondato è, poi, il denunciato vizio di motivazione con riguardo all'esclusione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., poiché, contrariamente all'assunto del ricorrente, la Corte territoriale ha rappresentato, ancora una volta con argomentazioni del tutto adeguate e coerenti, la gravità della condotta dell'imputato, unitosi fittiziamente alla cittadina albanese, Ve., pur di ottenere i vantaggi costituiti dalla disponibilità gratuita di un'abitazione per un anno e di un'autovettura in via permanente, a lui procurati dagli sfruttatori della prostituzione delle cittadine straniere con l'ulteriore annotazione che Ma. aveva riportato condanne definitive per spaccio di sostanze stupefacenti e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, sicché la sua devianza non poteva ritenersi occasionale mentre l'allegato positivo comportamento familiare e sociale, susseguente al reato onesto lavoro svolto in Germania dove l'imputato si è trasferito e ha costituito un nucleo familiare con figli , avrebbe assunto rilevanza nel corso dell'esecuzione della pena, applicata in misura molto lontana dal massimo edittale e da ritenersi congrua alla luce della gravità del fatto e dei precedenti penali di Ma 4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna dell'imputato al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost., sent. n. 186 del 2000 , anche la condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tenuto conto della inconsistenza dei motivi addotti, in Euro duemila. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di duemila Euro alla cassa delle ammende.