Costringe i genitori a scappare e si appropria del denaro nascosto in casa: condannato per rapina

Protagonisti una mamma e un papà destinatari delle richieste di soldi da parte del figlio tossicodipendente. Per i Giudici, però, la condotta tenuta dal giovane è catalogabile come rapina, soprattutto tenendo presente le azioni e le parole minacciose con cui ha costretto i genitori a scappare dalla loro abitazione.

Ripetuti i rifiuti dei genitori di dare soldi al figlio tossicodipendente che vuole comprare della droga. Quest’ultimo però reagisce in modo rabbioso, minacciando madre e padre, e costringendoli a lasciare l’abitazione. A quel punto, trovandosi libero di agire, il giovane perlustra casa e riesce a trovare alcune somme di denaro, che porta prontamente via. Legittima la sua condanna per rapina Cassazione, sentenza n. 52445/17, sez. II Penale, depositata il 16 novembre . Telefonata. Ad arrivare davanti ai Giudici è l’ultima richiesta di soldi da parte del figlio nei confronti dei genitori adottivi. Come già in occasioni simili, la madre si rifiuta di dargli del denaro, ma questa volta la reazione del figlio è rabbiosa. Egli finge di chiamare i carabinieri, spiegando loro che avrebbe ammazzato i genitori , e rende quelle parole credibili anche grazie al fatto di avere nelle mani un grosso coltello da cucina . Comprensibili le preoccupazioni dei due genitori, che scappano dai vicini di casa e riescono a chiamare – per davvero – i carabinieri, che però arrivano quando il ragazzo si è già allontanato . Poi, madre e padre, una volta rientrati nella loro abitazione, scoprono che il figlio ha trovato e portato via il denaro 150 – 200 euro nascosto in un sottofondo del comodino e altri pochi euro che si trovavano in un portafogli . A fronte di questo episodio, per i Giudici è legittimo parlare di rapina , con conseguente condanna del ragazzo. Assenza. Le valutazioni compiute in appello vengono ora ritenute corrette dai Giudici della Cassazione. Nonostante le obiezioni proposte dai legali del figlio, i magistrati del ‘Palazzaccio’ ritengono evidente il fatto che le due azioni quella violenta e minacciosa e quella successiva dell’impossessamento sono indubbiamente concatenate, essendo l’una impossessamento la conseguenza dell’altra condotta violenta . E in questa ottica viene sottolineato un altro particolare le due azioni furono commesse nello stesso contesto spazio-temporale . Detto in maniera più chiara, l’impossessamento fu conseguito nell’abitazione da cui i genitori erano riusciti a scappare per sottrarsi alle minacce del figlio e avvenne in un breve arco temporale, senza soluzione di continuità, dopo una ricerca resa possibile proprio dall’assenza dei genitori .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 24 ottobre – 16 novembre 2017, n. 52445 Presidente Iasillo – Relatore Rago Ritenuto in fatto 1. Nel dicembre 2008, Gi. Ni. chiese, per l'ennesima volta, ai propri genitori adottivi del denaro che gli serviva per soddisfare le sue esigenze di tossicodipendente al che, la madre si rifiutò di darglieli, minacciandolo di chiamare i Carabinieri. L'imputato, per tutta risposta, le lanciò contro una bottiglia di Coca Cola semipiena, infrangendo uno specchio della camera da letto quindi, rispose che avrebbe chiamato lui i Carabinieri e, parlando con questi al telefono verosimilmente per finta , disse che avrebbe ammazzato i genitori nel fare ciò, aveva nelle mani un grosso coltello da cucina, consegnato successivamente dai denuncianti ai Carabinieri. A quel punto, i genitori, spaventati, riuscirono a scappare nell'appartamento di una vicina, e chiamarono i Carabinieri che giunsero circa un'ora dopo allorquando l'imputato si era già allontanato. Una volta rientrati a casa, accertarono che il figlio aveva trovato, impossessandosene, il denaro circa 150-200 Euro che avevano nascosto in un sottofondo del comodino, oltre ai pochi Euro che si trovavano nel portafogli che avevano lasciato sul comodino cfr pag. 7 sentenza di primo grado . Per questo episodio il ricorrente è stato giudicato e condannato in entrambi i gradi del giudizio di merito per il seguente capo d'imputazione del reato p. e p. dall'art. 628 cpv., 81 c.p. per essersi procurato con violenza e minaccia, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, al padre Gi. Ca. Em. Fi. e alla madre Na. Si. si procurava l'ingiusto ai danni dei predetti in particolare minacciandoli di arrecare alla loro persona il 29.12.2008 si procurava la somma di Euro 250,00 lanciando una bottiglia contro i genitori nonché minacciando entrambi i genitori con un coltello da cucina lungo cm. 33 e dicendo adesso li chiamo io i Carabinieri e vi ammazzo in diretta . Con recidiva. In Aversa fino a tutto il dicembre 2008. Capo d'imputazione così modificato all'udienza del 7-10-10 . Entrambi i giudici di merito, hanno ritenuto corretta la qualificazione giuridica in quanto la materiale apprensione del denaro da parte dell'imputato fu diretta conseguenza dello stato di terrore che aveva incusso nei genitori, costretti ad abbandonare il domicilio, a seguito delle gravi minacce subite perfino con l'uso del coltello, al fine di ottenere il denaro né si può ritenere che il lasso di tempo intercorso tra le minacce poste in essere e l'uscita di casa dell'imputato abbia fatto venir meno il nesso causale tra le condotte pag. 8 sentenza di primo grado a pag. 3 della sentenza impugnata la Corte di Appello ha ribadito il suddetto concetto, in ciò confermando la decisione del tribunale, avendo ritenuto l'unicità del fatto in quanto l'ulteriore condotta predatoria, posta in essere dall'imputato successivamente all'abbandono della casa da parte dei genitori, sia stata resa possibile proprio dalle minacce e dalla violenza esercitata sulle due persone offese, avendo l'imputato, senza soluzione di continuità, sottratto il denaro dopo una ricerca resa possibile proprio dall'assenza dei genitori . 2. Contro la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli in data 16/05/2016 - confermativa, in punto di responsabilità, della sentenza del tribunale di Santa Maria Capua Vetere - l'imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. ERRATA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO sostiene la difesa che il fatto commesso dall'imputato la cui materialità così come ricostruita da entrambi i giudici di merito, non è contestata sarebbe ravvisabile il solo furto consumato del denaro, fatto, però, che avrebbe dovuto essere dichiarato non punibile ex art. 649 cod. pen. come è noto, infatti, furto e rapina hanno un elemento comune rappresentato dall'impossessamento della cosa mobile altrui differiscono, invece, nella modalità attraverso la quale avviene l'impossessamento mediante sottrazione nel furto e mediante violenza o minaccia nella rapina, tanto che il furto viene ricondotto nella categoria dei reati contro il patrimonio ad aggressione unilaterale e la rapina nella categoria dei reati contro il patrimonio mediante collaborazione artificiosa o violenta della vittima. Fatte queste premesse, è proprio l'attività del Gi. di ricerca del danaro nascosto nel sottofondo di un cassetto ad escludere che il fatto possa essere qualificato come rapina nel caso di specie, l'impossessamento non è la conseguenza diretta ed immediata dell'azione minacciosa il denaro, infatti, non viene consegnato dalle vittime in conseguenza delle minacce subite e non viene neppure sottratto mediante un'azione violenta, ma viene sottratto e cioè spostato dal luogo dove il precedente detentore lo custodiva e cioè all'interno del cassetto all'esito di un'attività di ricerca, che è tipica delle modalità di consumazione del furto pag. 3 ricorso . 2.2. LA VIOLAZIONE DELL'ART. 81 COD. PEN. per non avere entrambi i giudici di merito riconosciuto la continuazione fra il fatto per cui è processo ed i fatti di estorsione continuata commessi dal ricorrente in danno dei genitori in Aversa sino a tutto il dicembre 2008 e giudicati con sentenza di applicazione della pena pronunciata dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Santa Maria Capua Vetere con sentenza del 24/10/2010 passata in giudicato. Considerato in diritto 1. LA QUALIFICAZIONE GIURIDICA DEL FATTO La censura è infondata per le ragioni di seguito indicate. In punto di diritto, è pacifico il principio - che in questa sede va ribadito -secondo il quale nell'ipotesi di sottrazione di una cosa dopo l'esaurimento della azione violenta, si configura il delitto di rapina e non quello di furto, qualora il proposito della sottrazione sorga e si formi prima della attuazione della violenza, sempre che sussista un nesso di casualità apparente tra quest'ultima e l'impossessamento, nel senso che il secondo sia la conseguenza della prima Cass. 12353/2010 rv. 246750. Si è, infatti, osservato che, affinchè la violenza o la minaccia possa ritenersi soggettivamente orientata al conseguimento della cosa attraverso lo spossessamento, al fine ultimo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, è ontologicamente necessario che il proposito sottrattivo insorga non dopo l'esaurimento della condotta coattiva, giacché, altrimenti, al di là dello iato temporale, che pure può distinguere tra loro le due fasi in cui si articola il fatto tipico uso della violenza o minaccia e condotta sottrattiva , mancherebbe l'elemento della concatenazione finalistica, sul piano soggettivo Cass. cit. in motivazione . In altri termini, nei casi in cui, come quello di specie, l'impossessamento avvenga non contestualmente all'azione violenta o minacciosa, i requisiti affinchè si possa ritenere che il fatto integri gli estremi della rapina sono i seguenti a sussistenza del dolo generico che può essere, oltre antecedente all'azione delittuosa anche concomitante o sopravvenuto in terminis Cass. 3116/2016 Rv. 265644 consistente nella coscienza e volontà di impossessarsi della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, sempreché tale requisito soggettivo sia essere accompagnato da quello, specifico, rappresentato - nella rapina propria - dalla coscienza e volontà di adoperare a tale scopo la violenza o la minaccia, al fine di trarre, per sé o per altri, un ingiusto profitto b concatenazione finalistica, sul piano soggettivo, fra l'azione violenta o minacciosa e quella dell'impossessamento c medesimo contesto spazio-temporale. Nel caso di specie sussistono tutti i suddetti requisiti. Risulta, infatti, pacifico e conclamato il dolo, da parte dell'imputato, di impossessarsi del denaro dei genitori che glielo avevano negato tale circostanza si desume dalle modalità dell'azione, dall'esplicita richiesta di denaro e dalla reazione violenta che l'imputato ebbe al diniego dei genitori Le due azioni quella violenta e minacciosa e quella successiva dell'impossessamento sono indubbiamente concatenate essendo l'una impossessamento la conseguenza dell'altra condotta violenta . Infine, le due azioni furono commesse nello stesso contesto spazio¬temporale infatti, l'impossessamento fu conseguito nell'abitazione dalla quale le persone offese erano riuscite a scappare per sottrarsi alle minacce dell'imputato ed avvenne in un breve arco temporale, senza soluzione di continuità, dopo una ricerca resa possibile proprio dall'assenza dei genitori . 2. LA VIOLAZIONE DELL'ART. 81 COD. PEN. La Corte Territoriale pag. 5 ha negato la sussistenza della continuazione fra il reato di cui al presente procedimento ed un altro episodio similare avvenuto il giorno successivo e giudicato separatamente con sentenza passata in giudicato pronunciata dal giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Santa Maria Capua Vetere il 24/06/2010, adducendo la seguente motivazione tali rabbiose ed impetuose reazioni al diniego opposto dai genitori, vera causa scatenante delle condotte delittuose, portando a caratterizzare la condotta come tenuta con un dolo d'impeto, si pone in rapporto di incompatibilità con una originaria ed unica determinazione criminosa che, laddove sussistente, darebbe ingresso al riconoscimento della continuazione . La difesa ha obiettato che il Gi. si era originariamente rappresentato sia la possibilità di ottenere denaro senza ricorrere alla minaccia sia la possibilità di ottenere la consegna del denaro con minaccia per l'ipotesi in cui il padre avesse opposto diniego, dovendosi quindi, escludere il dolo d'impeto o comunque l'incompatibilità di tale forma di dolo che sarebbe diretto e non d'impeto con la programmazione eventuale dell'azione delittuosa . In punto di diritto, va rammentato quanto segue - Il dolo d'impeto o l'occasionalità di una delle condotte, designa un dato meramente cronologico consistente nella repentina esecuzione di un proposito criminoso improvvisamente insorto SSUU 40513/2016 Rv. 267628 , il quale è compatibile con il dolo eventuale, posto che l'agire sulla spinta emotiva del momento non esclude la lucidità mentale e le facoltà cognitive che consentono di prevedere ed accettare il rischio dell'evento come conseguenza della propria azione Cass. 23517/2013 Rv. 256472 , ma non lo è con il riconoscimento della continuazione con altri episodi delittuosi Cass. 35639/2013 Rv. 256308 - Il riconoscimento della continuazione, necessita, anche in sede di esecuzione, non diversamente che nel processo di cognizione, di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea SSUU 28659/2017 Rv. 270074. In punto di fatto, risulta dalla sentenza impugnata che non solo con le precedenti condotte narrate nell'unica denunzia presentata il 30-12-2008, oggetto di separato procedimento la più risalente delle quali è datata 24.12.2008, mentre quella oggetto della sentenza menzionata nell'atto di appello è stata tenuto il giorno successivo ai fatti oggetto del presente processo , ma anche con la successiva del 30 dicembre. Entrambe le determinazioni criminose, infatti, erano, come ben descritto dalle persone offese, cagionate dai rifiuti opposti dai genitori alle quotidiane richieste di danaro avanzate dal figlio. E, si badi, tali richieste, come ben spiegato dallo Gi. Carlo, avevano ad oggetto somme sempre diverse ed ulteriori rispetto a quelle che giornalmente il padre spontaneamente versava al figlio per consentirgli di fare fronte alle proprie necessità quotidiane. Al rifiuto opposto a tali richieste suppletive di danaro seguiva la rabbiosa e violenta reazione dell'imputato, che se il 29 dicembre aveva determinato la fuga dei genitori dall'abitazione con la conseguente, connessa, possibilità per il prevenuto di impossessarsi, previa ricerca, del danaro da costoro conservato, il successivo 30 dicembre era stata alla base della forzata consegna del danaro da parte -delle persone offese . Circostanze queste tutte che si leggono anche nella sentenza del 24/06/2010 in cui il giudice dell'udienza preliminare scrive In data 29 dicembre 2018 militari appartenenti alla Stazione di Aversa si recavano presso l'abitazione dei coniugi Gi., in quanto avevano ricevuto una segnalazione che evidenziava che Gi. Ni., tossicodipendente, aveva minacciato con un grosso coltello i genitori. Ivi giunti acquisivano informazioni da una delle vittime Gi. Em. Fi. che confermava la minaccia attuata dal figlio con un coltello da cucina, finalizzata all'ottenimento del portafogli contenente Euro 250. In data 30 dicembre Gi. Em. Fi. formalizzava denuncia, rappresentando che il figlio adottato in Libano faceva uso di sostanze stupefacenti e tormentava lui e la moglie con continue richieste di denaro, per ottenere il quale, in più occasioni, non aveva esitato a colpire la madre con pugni alla testa e bottiglie lanciatele contro. Dichiarava che quotidianamente il giovane pretendeva ed otteneva in forza delle minacce usate e del timore incusso 30 Euro che diventavano 50 nel fine settimana. In data 24 dicembre sotto minaccia di incendiare la casa, aveva ottenuto dai genitori 180 Euro. Rappresentava, infine, l'ultimo episodio avvenuto il giorno prima oggetto del diverso procedimento ed alla base della misura custodiate applicatagli . In punto di fatto, quindi, deve ritenersi accertato che a l'imputato era tossicodipendente b a causa di questo suo stato, tormentava entrambi i genitori con continue richieste di denaro, per ottenere il quale - quando gli veniva negato - non esitava ad usare violenza contro la madre c quotidianamente pretendeva ed otteneva in forza delle minacce usate e del timore incusso 30 Euro che diventavano 50 nel fine settimana d i due episodi avvennero il 29 ed il 30/12/2008. La Corte Territoriale, come si è detto, ha respinto la richiesta di continuazione fra i due episodi, focalizzando, in pratica, la sua attenzione sul solo dolo d'impeto. Non ha, però, minimamente considerato che l'episodio per cui è processo non era affatto occasionale ma era il consueto epilogo al quale l'imputato perveniva quando si sentiva negare il denaro necessario all'acquisto di stupefacente. Infatti, dalla pacifica ricostruzione del fatto si evince la medesima modalità della condotta tenuta in altre occasioni la contiguità spazio temporale dei due episodi avvenuti nella stessa abitazione e a distanza di un giorno l'omogeneità delle violazioni e del bene protetto la medesima causale delle richieste di denaro che serviva per l'acquisto di stupefacente la sistematicità delle condotte criminose. Alla stregua di tali considerazioni, va, pertanto, condivisa la censura del ricorrente pag. 6 ricorso nella parte in cui ha osservato che il fatto così come concretamente verificatosi non è incompatibile con la continuazione proprio perché rientrante nella generica ed embrionale programmazione delle azioni violente in danno dei genitori finalizzate a procurarsi il denaro da destinare all'acquisto della sostanza stupefacente in altri termini, il Gi. si era originariamente rappresentato sia la possibilità di ottenere denaro senza ricorrere alla minaccia sia la possibilità di ottenere la consegna del denaro con minaccia per l'ipotesi in cui il padre avesse opposto diniego, dovendosi quindi, escludere il dolo d'impeto o comunque l'incompatibilità di tale forma di dolo che sarebbe diretto e non d'impeto con la programmazione eventuale dell'azione delittuosa . In altri conclusivi termini, la sentenza, sul punto, va annullata e la Corte, in sede di rinvio, verificherà nuovamente se sussistano o meno i presupposti della continuazione dopo avere analizzato e valutato, alla stregua dei principi di diritti supra citati, tutti gli elementi fattuali che emergono dalla ricostruzione dell'intera vicenda processuale. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al diniego della continuazione, con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Napoli. RIGETTA nel resto il ricorso. Dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità.