Ubriaca alla guida urla agli agenti «non sapete con chi avete a che fare!». Assolta

Ai fini della sussistenza del reato di minaccia a pubblico ufficiale, le frasi pronunciate dall’imputato devono essere idonee a coartare libertà di azione del pubblico ufficiale oppure a turbarlo nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali, anche in riferimento allo specifico contesto.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 51687/17, depositata il 13 novembre. Il caso. La Corte d’Appello confermava la condanna inflitta in primo grado ad un’imputata per minaccia a pubblico ufficiale art. 336 c.p. . Era infatti emerso che la donna, trovata in stato di ebbrezza alcoolica a seguito di un controllo degli Agenti della Polizia stradale, aveva rivolto loro frasi minacciose agli Agenti di tale tenore Adesso basta non avete capito nulla, ho registrato tutto, adesso vi rovino io, non sapete con chi avete a che fare . Il provvedimento viene impugnato per cassazione dalla condannata che deduce l’insussistenza del reato. Minaccia. La Corte rileva che effettivamente le frasi sopra riportate e pronunciate dall’imputata all’indirizzo degli Agenti di Polizia che l’avevano fermata per un controllo autostradale, atteso anche il contesto in cui le stesse sono state pronunciate imputata risultata positiva all’alcoltest risultano prive di concreta valenza intimidatoria e dunque inidonee ad integrare la fattispecie contestata. Il delitto di minaccia a pubblico ufficiale sussiste infatti laddove questa sia idonea a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale oppure a turbarlo nello svolgimento dei suoi compiti istituzionali. La giurisprudenza ha infatti già avuto modo di negare rilevanza penale ad espressioni del genere ti sistemo io Cass. 6164/11 , se no te ne accorgi cosa succede , se mi fai la contravvenzione giuro che te la faccio pagare, chiamo il mio avvocato e ti querelo Cass. n. 20320/15 . In conclusione, secondo la Corte, non è ammissibile un’estensione dell’ambito di applicazione della norma oltre i limiti summenzionati poiché si arriverebbe in tal modo a tutelare la variabile suscettibilità dei pubblici ufficiali alle reazioni di soggetti privati che, pur non risultando oltraggiose, risultino in ipotersi determinate da costernazione, malumore, contrarietà, insofferenza, non collaborazione o addirittura improntate ad implicita sfida al loro operato, senza che tale atteggiamento si traduca in manifestazioni di carattere verbale . La sentenza impugnata viene dunque annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 28 settembre – 13 novembre 2017, n. 51687 Presidente Ippolito – Relatore Villoni Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello dell’Aquila ha confermato quella emessa dal Tribunale di Chieti il 02/10/2014 e ribadito la condanna di U.V. alla pena, condizionalmente sospesa, di otto mesi di reclusione irrogatale all’esito del giudizio di primo grado in ordine al reato di cui agli artt. 81, 336 cod. pen 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata che con un primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ribadita sussistenza del reato in addebito, sostenendo che le frasi rivolte all’indirizzo dei pubblici ufficiali adesso basta non avete capito nulla, ho registrato tutto, adesso vi rovino io, non sapete con chi avete a che fare” , dato anche il contesto della loro pronuncia imputata colta in stato di ebbrezza alcoolica alla guida di un’autovettura risultavano prive sia di senso logico che di valenza minatoria. Con un secondo motivo, deduce, inoltre, violazione di legge riguardo alla dosimetria della pena. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. 2. Effettivamente le frasi sopra riportate e pronunciate dall’imputata all’indirizzo degli Agenti di Polizia che l’avevano fermata per un controllo autostradale, atteso anche il contesto in cui le stesse sono state pronunciate imputata risultata positiva all’alcoltest , risultano prive di concreta valenza intimidatoria e non possono di per sé integrare il reato contestato di cui all’art. 336 cod. pen Ai fini dell’integrazione del delitto di minaccia a pubblico ufficiale di cui all’art. 336 cod. pen., questa deve essere, infatti, idonea a coartare la libertà di azione del pubblico ufficiale Sez. 6, sent. n. 7482 del 03/12/2007, Di Prima, Rv. 239014 ovvero a turbarlo nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali Sez. 6, sent. n. 6164 del 10/01/2011, Stefanello, Rv. 249376 in fattispecie di ritenuta irrilevanza penale dell’utilizzo di espressioni del tipo ti sistemo io e se no te ne accorgi cosa succede Sez. 6, sent. n. 20320 del 07/05/2015, Lobina, Rv. 263398 in fattispecie di esclusione del reato circa l’utilizzo dell’espressione se mi fai la contravvenzione giuro che te la faccio pagare, chiamo il mio avvocato e ti querelo . L’estensione dell’ambito di applicazione della norma oltre tali limiti significhirebbe per contro tutelare non tanto e non solo il sereno adempimento dei doveri istituzionali da parte dei pubblici ufficiali quanto la loro variabile suscettibilità al cospetto di reazioni di soggetti privati che, pur non risultando oltraggiose, risultino in ipotesi determinate da costernazione, malumore, contrarietà, insofferenza, non collaborazione o addirittura improntate ad implicita sfida al loro operato, senza che tale atteggiamento si traduca in manifestazioni di carattere verbale. 3. Per le ragioni anzidette, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.