Moglie operaia di notte e figlio a casa: niente ‘domiciliari’ per il detenuto

Respinta la richiesta avanzata dall’uomo e centrata sulle difficoltà della consorte nella gestione del bambino. Per i giudici non si può parlare di impossibilità di occuparsi della prole, anche considerando il supporto potenziale di parenti e amici.

A casa una moglie operaia – con turni in fabbrica anche di notte – e un figlio piccolo. Situazione familiare difficile da gestire, ma ciò non è sufficiente per consentire al marito e padre detenuto di ottenere gli arresti domiciliari” Cassazione, sentenza n. 50174/17, sez. I Penale, depositata il 2 novembre . Prole. Chiara la linea di pensiero seguita dal Tribunale di sorveglianza non si può parlare di impossibilità assoluta , per la moglie del detenuto, di occuparsi della prole, costituita da un figlio di neanche 6 anni . Consequenziale la decisione di respingere l’ipotesi della concessione del beneficio penitenziario della detenzione domiciliare . Secondo il legale del detenuto, però, è stata trascurata la difficile posizione della donna. Quest’ultima svolge la professione di operaia turnista presso un’azienda di prodotti farmaceutici e, di conseguenza, spiega il legale, ella non può occuparsi per l’intera giornata del figlio , anche a causa dei turni lavorativi da svolgere sia in orario diurno che in orario notturno . Queste considerazioni però non convincono i giudici della Cassazione, che confermano il ‘no’ alla richiesta di arresti domiciliari per il detenuto. A parere dei magistrati, non vi è una concreta situazione di impossibilità per la madre di prendersi cura del figlio . A questo proposito, viene evidenziato che l’impiego della donna si fonda su contratti a termine e non è stata fornita alcuna indicazione specifica in ordine alla durata del rapporto lavorativo e al conseguente impegno . Per chiudere il cerchio, infine, i Giudici del Palazzaccio sottolineano anche la rete parentale e amicale di cui la famiglia del detenuto può beneficiare sul territorio di residenza come supporto logistico nella gestione del bambino.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 11 luglio – 2 novembre 2017, n. 50174 Presidente Mazzei – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza dell'Aquila rigettava l'istanza di concessione del beneficio penitenziario della detenzione domiciliare, formulata da Gi. Pi. ai sensi dell'art. 47-quinquies Ord. Pen. Il provvedimento di rigetto veniva adottato dal Tribunale di sorveglianza dell'Aquila sul presupposto che, alla luce degli elementi processuali acquisiti nel corso dell'istruttoria, non sussisteva la situazione di impossibilità assoluta di occuparsi della prole - costituita da un figlio minore dell'età di sei anni - da parte della moglie del Pi., Ni. Ab., posta a fondamento dell'originaria istanza. 2. Avverso tale ordinanza il Pi., a mezzo del suo difensore, ricorreva per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in relazione alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la concessione del beneficio penitenziario richiesto, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza dell'Aquila con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto degli impegni professionali della moglie dell'istante. Si evidenziava, in particolare, che la consorte del Pi. svolgeva la professione di operaia turnista presso un'azienda di prodotti farmaceutici, che non le consentiva di occuparsi per l'intera giornata del figlio minore, anche in considerazione del fatto che i turni lavorativi si svolgevano sia in orario diurno che in orario notturno. Queste ragioni imponevano l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Osserva, in proposito, il Collegio che il ricorso del Pi. non individua singoli profili del provvedimento impugnato meritevoli di censura, ma tende a provocare una nuova e non consentita valutazione del merito dei presupposti per la concessione del beneficio della detenzione domiciliare ex art. 47-quinquies Ord. Pen., che risultano vagliati dal Tribunale di sorveglianza dell'Aquila in conformità delle risultanze processuali. Nell'ordinanza impugnata, invero, venivano correttamente valutati gli elementi acquisiti all'esito dell'istruttoria svolta, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, evidenziandosi che la moglie del Pi. non si trovava in una condizione di impossibilità assoluta di accudire la prole, con la conseguenza di ritenere insussistenti le condizioni prescritte dall'art. 47-quinquies Ord. Pen. per la concessione del beneficio penitenziario in esame. Il Tribunale di sorveglianza dell'Aquila, in particolare, evidenziava che non sussisteva una situazione di impossibilità assoluta da parte della moglie del condannato, Ni. Ab., di prendersi cura del figlio minore di sei anni, non rilevando sotto tale profilo, sic et simpliciter, lo svolgimento di turni lavorativi notturni connessi alla sua attività di operaia presso un'azienda di prodotti farmaceutici. Senza considerare, per altro verso, che l'impiego professionale della Abele si fondava su contratti a termine, in relazione ai quali la difesa del Pi. non aveva fornito alcuna indicazione specifica in ordine alla durata del rapporto lavorativo e al conseguente impegno, richiamati in termini generici e inidonei a ritenere assoluta l'impossibilità dedotta cfr. Sez. 1, n. 44910 del 28/10/2011, Mo. Co., Rv. 251480 . Nel provvedimento impugnato, inoltre, si evidenziava, richiamandosi le conclusioni della relazione di sintesi aggiornata alla data del 24/05/2016, che la rete parentale e amicale di cui la famiglia Pi. beneficiava sul territorio di residenza, costituito dal Comune di Peri, impediva di ritenere la Abele sprovvista di supporti logistici, rendendo, anche sotto questo profilo, insussistenti i presupposti per la concessione del beneficio penitenziario richiesto cfr. Sez. 1, n. 38731 del 07/03/2013, Ra., Rv. 257111 . 3. Per queste ragioni, il ricorso proposto nell'interesse di Gi. Pi. deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.