L’(asserito) accanimento del magistrato (sull’imputato magistrato) non consente la rimessione del processo

Il fenomeno fondante la richiesta di rimessione del processo ad altra sede ex art. 45 c.p.p. non può essere meramente interno o processuale. Nemmeno quando eventuali disposizioni interne alla costituzione dell’ufficio giudicante paiono involgere contro l’imputato. Contro il singolo giudice è proponibile la sola ricusazione ex art. 37 c.p.p

Così la Cassazione, sez. V Penale, n. 49692/17, depositata il 30 ottobre. Una nota vicenda l’Accademia ed il giudice anti-mafia. Si tratta dell’ex numero due della Direzione nazionale antimafia, condannato in primo grado per falso documentale e l’inveritiera attestazione di presenze all’Università di cui era docente in giorni in cui era presente altrove. Nervosa la trafila processuale per giungere all’accertamento penale del fatto. Il magistrato in breve contesta, fino ai Giudici di legittimità, l’imparzialità dell’ufficio giudiziario chiamato a giudicarlo per l’applicazione extradistrettuale di un magistrato coniuge di altro sostituto procuratore nell’ufficio giudiziario che ha formulato la contestazione e per l’illegittima reiterata proroga del mandato di questi – si tratta di atti impugnati fino al giudice amministrativo -, pur medio tempore intercorsa nei suoi confronti una richiesta di ricusazione dall’imputato. Gli atti interni alla costituzione dell’ufficio giudicante non sono impugnabili dall’imputato. La soluzione della difesa l’unica tutela processuale è la richiesta di rimessione del processo ex artt. 45 e ss. c.p.p Dal contegno della pubblica accusa – il ricorrente riferiva della prova di più colloqui informali con i magistrati chiamati a decidere - e dalle disposizioni interne agli uffici giudicanti emergerebbe un quadro pregiudizievole dell’imparzialità dei giudici, da far valere con il mezzo della richiesta di rimessione del processo, ai sensi degli artt. 45 e ss. c.p.p S’assisterebbe inoltre alla violazione del principio di precostituzione del giudice, di fondamento costituzionale, per l’asserita forzatura nell’attribuzione di quel specifico magistrato al processo in corso, in violazione dei limiti temporali vigenti per le applicazioni extradistrettuali. L’inconfigurabilità a capo dell’imputato della legittimazione attiva per impugnare le delibere interne di proroga per le applicazioni extradistrettuali a firma del CSM non farebbe che residuare nella rimessione ex art. cit. l’unico mezzo utile al ripristino dell’imparzialità del giudicante. Ad ogni modo, l’insindacabilità amministrativa degli atti di proroga condurrebbe, per il ricorrente, alla necessità di un intervento ermeneutico riparatore della Corte di Giustizia Europea, a difesa dei diritti di difesa dell’imputato. La Cassazione rigetta la rimessione del processo è un rimedio a maglie strette che non ha nulla a che vedere con la disciplina interna alla costituzione dell’ufficio giudicante. Tuttavia, sin dai primi fermi giurisprudenziali dell’istituto a seguito del noto intervento riformatore ex l. n. 248/2002, alla rimessione viene attribuito un recinto residuale di stretta applicazione. L’invocato difetto di imparzialità del giudice per la presenza delle gravi situazioni locali non deve essere altrimenti eliminabile con altri rimedi processuali affini, quali la ricusazione e l’astensione – il primo dei quali non aveva sortito gli effetti sperati dal ricorrente, a seguito della prova di colloqui informali fra giudicanti e magistrati dell’accusa -. Fra i diversi istituti vige una relazione di alternatività. Va aggiunto che la rimessione dà contezza di un fenomeno esterno alla dialettica processuale – tale da pregiudicare la libera determinazione dei partecipanti al processo -, anziché della presenza di atti dispositivi interni all’ufficio giudicante, come nel caso. Inoltre, la rimessione involge l’intero ufficio giudiziario, non un singolo componente. In termini più asciutti e sintetici il fenomeno extraprocessuale che fonderebbe la richiesta di rimessione del processo per il pericolo di violazione del principio di terzietà del giudice non può avere origine latamente interna o tecnica ovvero processuale, quale un asserito accanimento di parte o di settori del corpo giudicante nei confronti di un imputato. La Cassazione rigetta e condanna alle spese.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 4 – 30 ottobre 2017, n. 49692 Presidente Sabeone – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con richiesta di rimessione - di seguito esposta nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. - proposta personalmente da C.A. , imputato nel procedimento n. 4291/2011 R.G.N.R. - 417/14 R. Trib., si chiede il trasferimento di detto processo dalla sede di omissis a quella competente ex art. 11 cod. proc. pen., ossia Catanzaro. 1.1. Il richiedente, magistrato già in servizio nel distretto di omissis , è imputato del reato di falso per la compilazione di un registro didattico recante l’indicazione di lezioni presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di omissis in tre date nelle quali il docente non era presente in città l’imputato ha contestato l’accusa, disconoscendo anche la sottoscrizione del registro. 1.2. Deduce il richiedente che, nella trattazione del procedimento indicato, all’applicazione extradistrettuale di due rappresentanti del pubblico ministero, si sono associate le applicazioni extradistrettuali del giudice del dibattimento, dott.ssa F. coniuge del dott. M. , Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di omissis , ossia addetto all’Ufficio che rappresenta l’accusa a carico del richiedente , con delibere del Consiglio superiore della magistratura aventi decorrenza, la prima, dal 24/01/2015 per un periodo di sei mesi e, la proroga deliberata in data 08/06/2016, fino al 24/01/2017 la difesa dell’imputato apprendeva poi della delibera del 15/02/2017 con la quale veniva disposta un’ulteriore proroga dell’applicazione della dott.ssa F. per la trattazione del procedimento a carico del richiedente, delibera da questi impugnata dinanzi al giudice amministrativo, che non ha accolto l’istanza cautelare dallo stesso proposta. La richiesta di rimessione, si osserva, deriva dall’intersecarsi di una serie di comportamenti extra moenia e di conseguenti atti processuali infra moenia che hanno cagionato il legittimo sospetto che sia venuta meno l’apparenza di neutralità e di equidistanza della funzione giudiziaria. La richiesta, che non lamenta l’esistenza di una concertazione contra reum di alcune toghe in danno dell’imputato, è giustificata da comportamenti ed iniziative del pubblico ministero reggino formalmente e sostanzialmente estranei al limes del processo le attività di costituzione del pubblico ministero e, soprattutto, di precostituzione del giudice sono il frutto di interlocuzioni extraprocessuali sottratte a qualsiasi sindacato giurisdizionale ordinario e amministrativo ed allocate in una dimensione istituzionale intangibile per l’imputato, rispetto al quale la sola rimessione ex art. 45 cod. proc. pen. si atteggia a strumento di tutela inderogabile di legalità. In altri termini, sottolinea la richiesta, si discute non degli atti processuali o dei contegni d’aula, ma del modo in cui la pubblica accusa ha orientato ab extra l’intero procedimento e la designazione del giudice chiamato a concludere il dibattimento. 1.3. La richiesta ricostruisce gli antecedenti dei fatti posti a fondamento dell’invocata rimessione, muovendo dal riferimento al contesto di consistente contrapposizione e al decreto di archiviazione emesso dal G.I.P. del Tribunale di omissis , nonché alle fughe di notizie e alla campagna di stampa accompagnata dalla pubblicazione di dozzine di articoli non tutti ostili al richiedente , dalla ricostruzione della genesi del procedimento in questione, ricollegabile non ad un’autonoma notitia criminis, ma ad una inquisitio generalis che ha assunto a pretesto la data di un colloquio svoltosi nei pressi della Facoltà di Giurisprudenza. Vengono poi ripercorse le vicende relative alle applicazioni extradistrettuali dei pubblici ministeri che hanno seguito il procedimento, ossia la dott.ssa R. la cui ultima applicazione ha dato origine a un procedimento di cui è stata investita la Procura di Roma per l’accertamento dei profili di responsabilità concernenti il falso commesso nella seduta del omissis e, successivamente, la dott.ssa Fr. , evidenziandone profili di illegittimità. La richiesta di rimessione si sofferma poi sull’episodio del 20/12/2016 un colloquio, dopo la conclusione dell’udienza, tra il giudice dott.ssa F. e il p.m. dott.ssa Fr. in cui veniva concordato lo sviluppo delle udienze e sulla dichiarazione di ricusazione del 18/01/2017, nonché sui rapporti tra il perito Ma.Ki. e il collega d’ufficio M.llo D. , al quale il dott. M. , marito della dott.ssa F. , aveva conferito un incarico di consulenza tecnica. La richiesta segnala poi l’anomalia del procedimento relativo alla dichiarazione di ricusazione, il cui svolgimento aveva determinato la scadenza dell’applicazione extradistrettuale della dott.ssa F. . Solo il successivo 13/03/2017, a seguito del deposito in data 09/03/2017 di un’istanza di accesso agli atti della Corte di appello, il richiedente ha scoperto la delibera del C.S.M. di nuova applicazione della dott.ssa F. e ha ricostruito il relativo iter, avviato da una richiesta del Procuratore della Repubblica, e i motivi di legittimo sospetto connessi alla forzatura alla base del procedimento di proroga il P.M. non si è limitato a chiedere la sollecita definizione del dibattimento in corso, ma, in via extraprocessuale, ha chiesto un giudice nominativamente indicato e, per giunta, a punizione di un contegno processuale dell’imputato le dichiarazioni di ricusazione del tutto legittimo, non potendosi ritenere corretto un procedimento nel quale il giudice risulti illegittimamente designato in ragione di condotte ambientali oggettivamente incombenti sulla decisione. 1.4. La richiesta analizza i vari profili della dedotta illegittimità della delibera del Consiglio superiore della magistratura del 15/02/2017 di applicazione della dott.ssa F. , profili relativi, in particolare, al decorso del biennio massimo di applicazione e alla non riconducibilità del processo nei confronti dell’imputato nel novero di quelli di cui all’art. 51, comma 3-bis, cod. proc. pen., richiamato dall’art. 110 ord. giud. e dalla circolare del C.S.M. in materia. La deroga al principio di precostituzione del giudice rende ammissibili le applicazioni extradistrettuali, ma a condizione che esse non si risolvano - come è avvenuto nel caso di specie - nella designazione di un giudice per un singolo processo , dovendo anche il C.S.M. rispettare le prescrizioni eccezionali della legge art. 110 cit. e la conseguente necessità che la proroga dell’applicazione della dott.ssa F. trovi giustificazione in norme attributive di una potestà così incisiva sul diritto dell’imputato alla precostituzione e non in un’iniziativa del pubblico ministero. Secondo le tabelle in vigore presso il Tribunale di omissis e approvate dallo stesso C.S.M., il processo era di competenza del dott. P. , che, infatti, ha trattato i numerosi processi già assegnati alla dott.ssa F. , e non di quest’ultima solo per il processo nei confronti del richiedente, il pubblico ministero era in attesa di quel giudice e, per questa ragione, ha espressamente chiesto di rinviare il dibattimento al 28/06/2017 . 1.5. Osserva ancora il richiedente che il diritto inviolabile dell’imputato alla corretta e legittima precostituzione del giudice rinviene solo nell’art. 45 cod. proc. pen., uno strumento di tutela tutte le volte in cui il protocollo di designazione risenta o, addirittura, sia la conseguenza di una grave situazione locale ed affiori il legittimo sospetto che ne risulti menomata l’imparzialità e l’indipendenza del decidente , laddove la costituzione di un giudice ad hoc, promossa e conseguita dal pubblico ministero ossia da una delle parti del processo con il concorso dei vertici locali della giurisdizione, tracima dal mero ambito della capacità del singolo giudice art. 33 cod. proc. pen. per ridondare in termini ragionevolmente dubitativi legittimo sospetto sull’imparzialità dell’ufficio giudiziario tout court , tanto più quando, come nel caso della dott.ssa F. , la designazione sia contra legem. Sottolineato che la Giustizia amministrativa ha affermato che unico soggetto legittimato ad impugnare la delibera amministrativa di applicazione adottata dal C.S.M. sia il giudice interessato , nel vuoto assoluto di garanzie prefigurato da questa soluzione, l’ordinamento penale deve apprestare un rimedio in favore dell’imputato. La richiesta prospetta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 cod. proc. pen. nella parte in cui dovesse tutelare e garantire la sola dimensione oggettiva del principio di precostituzione del giudice, rendendo inagibile la rimessione del processo tutte le volte in cui la violazione della precostituzione incida sulla posizione soggettiva dell’imputato, titolare esclusivo della prerogativa costituzionale di cui all’art. 25 Cost. e costituisca una situazione processuale non altrimenti eliminabile generata in sede locale . La richiesta prospetta altresì la questione pregiudiziale ex art. 267, comma 2, TFUE in ordine all’interpretazione degli artt. 47 e 52 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea onde stabilire se possa dirsi conforme alla normativa Europea in tema di equo processo ed, in particolare, del diritto dell’imputato alla precostituzione del giudice naturale, l’eventuale insindacabilità della delibera amministrativa con la quale si destina un giudice alla trattazione di un singolo procedimento contro un singolo imputato , nonché se tale preteso difetto assoluto di giurisdizione sia conforme al terzo comma dell’art. 52 cit Considerato in diritto 1. La richiesta deve essere rigettata. 2. La giurisprudenza di questa Corte ha compiutamente - e con indirizzo del tutto consolidato - delineato i rapporti tra rimessione, da un lato, e astensione e ricusazione, dall’altro l’istituto della rimessione può trovare applicazione solo in presenza di una situazione ambientale incompatibile con la libera determinazione dei soggetti processuali, che deve quindi consistere in fattori oggettivamente idonei a fuorviare la serenità di giudizio e tali da riverberarsi sull’organo giudicante indipendentemente dalla sua composizione, in quanto le cause che possono incidere sull’imparzialità di uno dei suoi componenti possono eventualmente rilevare ai fini dell’applicazione delle norme sull’astensione e sulla ricusazione, ma non determinano l’applicazione dell’istituto della rimessione Sez. 5, n. 5655 del 14/11/2014 - dep. 06/02/2015, Querci, Rv. 264269 conf. ex plurimis, Sez. 1, n. 1125 del 23/02/1998 - dep. 04/03/1998, Berlusconi, Rv. 210010 infatti, con la disciplina della rimessione del processo, istituto di carattere assolutamente eccezionale, il legislatore ha inteso apprestare un rimedio allorché siano messe in pericolo la sicurezza o la pubblica incolumità ovvero sia gravemente compromessa la libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo, ponendo l’ulteriore limite che tali situazioni non siano non altrimenti eliminabili , a cui cioè non possa porsi rimedio con l’adozione di speciali accorgimenti e cautele idonee a impedire l’insorgere di tumulti o la perpetrazione di azioni violente e lesive in danno di un numero indeterminato di persone o di uno o più dei soggetti che partecipano al processo ovvero con il ricorso agli strumenti predisposti dall’ordinamento per i casi di possibile alterazione del corso normale della giustizia, quali, in particolare, l’astensione e la ricusazione del giudice Sez. 1, n. 740 del 07/02/1995 - dep. 27/03/1995, Sgarbi, Rv. 200762 conf., ex plurimis, Sez. 1, n. 3665 del 19/06/1995 - dep. 31/01/1996, Gatta, Rv. 203414 Sez. 1, n. 634 del 30/01/1996 - dep. 07/05/1996, Tetamo, Rv. 204502 di conseguenza, non hanno rilevanza ai fini dell’applicazione dell’istituto vicende riguardanti singoli magistrati che hanno svolto funzioni giurisdizionali nel procedimento, non coinvolgenti l’organo giudiziario nel suo complesso Sez. 1, n. 1952 del 10/03/1997 - dep. 24/04/1997, Cirino Pomicino, Rv. 208880 . Come hanno puntualizzato le Sezioni unite di questa Corte, i motivi di legittimo sospetto sono configurabili quando si è in presenza di una grave ed oggettiva situazione locale, idonea a giustificare la rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice, inteso, questo, come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003 - dep. 26/03/2003, Berlusconi . Nel solco dell’insegnamento delle sezioni unite, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che per grave situazione locale deve intendersi un fenomeno esterno alla dialettica processuale, riguardante l’ambiente territoriale nel quale il processo si svolge e connotato da tale abnormità e consistenza da non poter essere interpretato se non nel senso di un pericolo concreto per la non imparzialità del giudice inteso come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito o di un pregiudizio alla libertà di determinazione delle persone che partecipano al processo medesimo e, dall’altro, che i motivi di legittimo sospetto possono configurarsi solo in presenza di questa grave situazione locale e come conseguenza di essa Sez. 3, n. 23962 del 12/05/2015 - dep. 04/06/2015, Bacci, Rv. 263952 conf., ex plurimis, Sez. 2, n. 3055 del 03/12/2004 - dep. 31/01/2005, Gibilisco Sez. 2, n. 17519 del 25/03/2004 - dep. 15/04/2004, Mingari a venire in rilievo ai fini dell’integrazione del presupposto della rimessione, dunque, è, in particolare, il pericolo concreto per la non imparzialità dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito Sez. 2, n. 55328 del 23/12/2016 - dep. 30/12/2016, Mancuso, Rv. 268531 . 3. Il consolidato indirizzo della giurisprudenza di questa Corte delinea univocamente un profilo essenziale dell’istituto della rimessione la non eliminabilità altrimenti della situazione da valutare in termini di presupposto ex art. 45 cod. proc. pen., la conseguenziale alternatività - pur nella comune preordinazione alla salvaguardia dell’imparzialità del giudice - tra astensione/ricusazione, da un lato, e, dall’altro, rimessione la configurazione del presupposto di quest’ultima in termini di pericolo concreto per la non imparzialità - non già di singoli giudici, ma - dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito. La fattispecie concreta prospettata dalla richiesta in esame è del tutto estranea alla delineata configurazione del presupposto della rimessione. I rilievi del richiedente, infatti, si concentrano sul giudice monocratico del dibattimento, richiamando, in particolare, l’episodio del colloquio riservato con il pubblico ministero di cui all’istanza di ricusazione proposta dall’imputato e i prospettati profili di illegittimità del provvedimento del Consiglio superiore della magistratura che ha disposto l’ultima proroga della dott.ssa F. nonché il rapporto di coniugio della stessa con un Sostituto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di omissis dati, questi, in nessun modo dimostrativi della sussistenza di un pericolo concreto per la non imparzialità in toto dell’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito. Del resto, dagli atti risulta che vari procedimenti avviati dalla Procura della Repubblica di omissis nei confronti di C.A. hanno avuto un esito a lui favorevole vds., tra gli allegati dal ricorrente, il decreto di archiviazione del procedimento n. 2587/2013 R.G.N.R. del G.I.P. del Tribunale di omissis del 09/09/2013 la sentenza di non luogo a procedere del G.U.P. del Tribunale di omissis del 09/01/2014 l’ordinanza della Corte di appello di omissis del 06/02/2017, che, come si vedrà, ha dichiarato inammissibili, le istanze di ricusazione dell’imputato, fa riferimento a quattro decisioni favorevoli all’imputato dato, questo, la cui interferenza con la prospettata situazione integrante il presupposto della rimessione del processo non è stata oggetto di esame da parte della richiesta, che, sotto questo profilo, risulta carente di specificità in ordine ad elementi significativi relativi alla situazione locale del Tribunale reggino. Né in senso contrario può argomentarsi valorizzando, nella prospettiva dell’imputato, l’iter della richiesta di proroga articolatosi nella sollecitazione del Procuratore della Repubblica attraverso l’iniziativa formalizzata con la nota del 25/01/2017 , condivisa dal Presidente del Tribunale con la nota del giorno successivo e recepita dal Presidente della Corte di appello con la richiesta avanzata al C.S.M. un’iter, dunque, segnato, per riprendere i rilievi del richiedente, dall’iniziativa del pubblico ministero . con il concorso dei vertici locali della giurisdizione . Rileva il Collegio che i dati richiamati non risultano idonei a dar corpo ad una grave ed oggettiva situazione locale tale da giustificare la rappresentazione di un concreto pericolo di non imparzialità del giudice, inteso, questo, come l’ufficio giudiziario della sede in cui si svolge il processo di merito Sez. U, n. 13687 del 28/01/2003 cit. . Invero, la sollecitazione del Procuratore della Repubblica finalizzata alla nuova applicazione della dott.ssa F. era dallo stesso motivata sulla base non solo di risoluzioni del C.S.M., ma anche della delibera della Conferenza dei Servizi del 20 aprile 2015 che ha stabilito la definizione con priorità dei procedimenti a carico dei magistrati il dato - in disparte qualsiasi valutazione sulla legittimità della delibera del C.S.M. del 15/02/2017 - delinea un profilo dell’iniziativa del Procuratore della Repubblica di valenza generale, il che contribuisce a privare di concretezza il prospettato pericolo di non imparzialità del giudice. D’altra parte, tale ultimo rilievo è confermato dalla stessa esposizione del richiedente, che, tra l’altro, lamenta la mancata riassegnazione del processo a suo carico al dott. P. assegnatario degli altri processi già trattati dalla dott.ssa F. il che, all’evidenza, testimonia come già nella valutazione dell’imputato l’ufficio del Tribunale di omissis non sia esposto a un pericolo concreto di non imparzialità. 4. I rilievi che precedono rendono ragione, anche da soli considerati, dell’infondatezza della richiesta di rimessione. Ad essi, tuttavia, deve aggiungersi la considerazione delle dichiarazioni di ricusazione proposte dall’odierno richiedente nei confronti della dott.ssa F. e della delibera del C.S.M. del 15/02/2017. 4.1. Con ordinanza del 06/02/2017 allegata alla richiesta di rimessione , la Corte di appello di omissis ha dichiarato inammissibili, in quanto manifestamente infondate, due dichiarazioni di ricusazione proposte dall’imputato nei confronti della dott.ssa F. oggetto delle due dichiarazioni di ricusazione erano, a quanto è dato comprendere dalla sintesi offertane dalla Corte di appello, fatti in parte significativa coincidenti con quelli richiamati dalla richiesta di rimessione in esame in particolare, l’episodio del colloquio riservato della dott.ssa F. con il pubblico ministero, il rapporto di coniugio del giudice dibattimentale e le implicazioni che esso avrebbe determinato . Esula, ovviamente, dall’esame cui questa Corte è chiamata in relazione alla richiesta di rimessione dell’imputato qualsiasi valutazione sulle argomentazioni e sulle conclusioni dell’ordinanza della Corte di appello del 06/02/2017 che il richiedente segnala aver impugnato - limitatamente alla condanna al pagamento della somma di Euro 800 in favore della Cassa delle ammende - con ricorso per cassazione non ancora deciso da questa Corte . Ciò che, tuttavia, viene in rilievo, ai fini qui di interesse, è la funzione assegnata dal sistema processuale alla disciplina dell’incompatibilità, dell’astensione e della ricusazione, ossia la tutela del principio di imparzialità - terzietà della giurisdizione Sez. U, n. 23122 del 27/01/2011 - dep. 09/06/2011, Tanzi . Una tutela che l’ordinamento ha apprestato anche attraverso un’articolata serie di interventi del Giudice delle leggi, che, con le tre note sentenze n. 306, 307 e 308 del 1997, ha puntualmente delineato il diverso ambito della disciplina dell’incompatibilità e di quella dell’astensione/ricusazione come, infatti, rilevato dalla Corte costituzionale, qualora un motivo di pregiudizio all’imparzialità del giudice derivi da sue attività compiute al di fuori del giudizio in cui è chiamato a decidere siano esse attività non giudiziarie o attività giudiziarie svolte in altro giudizio - si verte nell’ambito di applicazione non dell’istituto dell’incompatibilità ma di quello dell’astensione e della ricusazione Corte cost., sentenza n. 306 del 1997 l’assetto configurato dalla disciplina dell’astensione e della ricusazione è suscettibile di perfezionamenti qualora si ravvisi un vulnus della tutela assicurata dalla normativa processuale, dovendosi valutare se un paventato pregiudizio all’imparzialità del giudice chiamato a decidere sulla responsabilità penale dell’imputato sia riconducibile ad alcuna delle ipotesi di astensione o ricusazione già previste dall’ordinamento, o se invece le esigenze di tutela del valore dell’imparzialità postulino un intervento di questa Corte sulla disciplina di tali istituti, al fine di garantire comunque la tutela del giusto processo Corte cost., sentenza n. 308 del 1997 . Un intervento, questo sulla disciplina dell’astensione e della ricusazione, alla quale la Corte costituzionale è stata poi in effetti chiamata con la sentenza n. 283 del 2000, che, sotto il profilo qui rilevante, conferma l’attitudine del sistema ad offrire effettiva tutela al principio di imparzialità - terzietà della giurisdizione. Il rilievo giova a mettere in evidenza, da un primo punto di vista, la manifesta infondatezza della tesi che il richiedente pone a presupposto delle prospettate questioni di legittimità costituzionale e di pregiudizialità comunitaria ossia che solo l’istituto della rimessione, eventualmente ridefinito nella sua disciplina dagli evocati interventi della Corte costituzionale o della Corte di giustizia dell’Unione Europea, sarebbe in grado di colmare il denunciato vuoto assoluto di garanzie apprestate dal sistema penale. Ricondotta, come già rilevato, al suo profilo essenziale, ossia alla denunciata carenza di imparzialità del giudice del dibattimento, e depurata dai non dirimenti rilievi del richiedente circa i vertici degli uffici giudiziari reggini nonché, come si vedrà, da quelli relativi alla delibera del C.S.M. del 15/02/2017 , la fattispecie dedotta non denuncia in alcun modo un vuoto assoluto di garanzie , poiché la disciplina dell’astensione e della ricusazione, nei termini delineati dalla giurisprudenza costituzionale, offre una compiuta tutela al principio di imparzialità - terzietà della giurisdizione il che rende ragione della manifesta infondatezza delle prospettate questioni di legittimità costituzionale e di pregiudizialità sulla base della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 4.2. A ciò si aggiunga la considerazione della evidente rilevanza attribuita, nella prospettazione del richiedente ed anche alla luce, tra l’altro, delle precedenti vicende relative alle applicazioni dei magistrati del pubblico ministero succedutisi nella trattazione del procedimento , alla delibera del C.S.M. del 15/02/2017 e dei suoi denunciati profili di illegittimità. Rileva il Collegio che tale rilevanza, in primo luogo, è, all’evidenza, disallineata rispetto alla configurazione del presupposto della rimessione sopra indicata come questa Corte ha avuto modo di affermare a proposito di fatti oggetto del processo trattati dalla stampa nazionale e commentati della stessa stampa nonché dalle opposte fazioni politiche con conseguenti aspettative contrastanti sull’esito del processo stesso , non integrano i gravi motivi di ordine pubblico di cui all’art. 45 cod. proc. pen. fatti che, non essendo limitabili al solo ambiente in cui si svolge il processo, hanno riflessi che si estendono a tutto il territorio nazionale e, quindi, si presentano nei confronti di tutti i giudici della Repubblica Sez. 1, n. 3673 del 30/09/1992 - dep. 10/11/1992, De Feo, Rv. 192176 . Se, per seguire l’impostazione del ricorrente, alla delibera del C.S.M. del 15/02/2017 e a quelle che l’anno preceduta sempre in tema di applicazioni di magistrati che hanno seguito il processo dovesse riconoscersi una - quanto meno - significativa incidenza causale nella determinazione della situazione che si assume giustificativa della rimessione del processo, tale fattore, all’evidenza, in nessun modo sarebbe associabile alla dimensione locale ineludibilmente correlata alla rimessione stessa. D’altra parte, con specifico riferimento alla delibera del C.S.M. del 15/02/2017, la prospettazione del richiedente circa l’ipotizzato vuoto assoluto di garanzie fa leva sui provvedimenti sfavorevoli per l’imputato del giudice amministrativo fin qui intervenuti si tratta, tuttavia, di provvedimenti meramente cautelari il primo dei quali, ossia l’ordinanza del T.A.R. per il Lazio del 10/05/2017, fa espressamente salvo l’approfondimento nella successiva fase di merito delle questioni di costituzionalità e di pregiudizialità comunitaria e non di merito, il che priva in radice le questioni prospettate del necessario requisito dell’attuale e non virtuale rilevanza. Tanto più che, anche a voler focalizzare la situazione delineata dal richiedente intorno alla delibera del C.S.M., la materia chiamata in causa sarebbe, all’evidenza e come confermato dalla diffusa disamina dei prospettati profili di illegittimità svolta dalla richiesta , quella dell’ordinamento giudiziario, che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, non è riferibile al diritto dell’Unione Europea Sez. 3, n. 40584 del 13/06/2012 - dep. 16/10/2012, Stara, Rv. 253669 anche sotto questo profilo, dunque, la questione di pregiudizialità prospettata è priva di consistenza. 5. La richiesta di rimessione, pertanto, deve essere rigettata e il richiedente deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento. 5.1. Invero, come questa Corte ha già avuto modo di affermare, nell’ipotesi di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità della richiesta di rimessione presentata dall’imputato, consegue obbligatoriamente la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento, oltre a quella facoltativa, prevista dall’art. 48, comma 6, cod. proc. pen., al pagamento di una somma di denaro a favore della cassa delle ammende in tema di procedimenti incidentali, infatti, deve trovare applicazione il principio generale, fissato per tutti i giudizi da celebrarsi davanti alla Corte di Cassazione ivi compresi quelli riservati alla sua competenza funzionale dall’art. 616, prima parte, cod. proc. pen., per cui le spese processuali, anticipate dallo Stato, vanno poste a carico di chi ha dato infondatamente luogo al relativo incidente Sez. 1, n. 4633 del 15/07/1996 - dep. 23/07/1996, Argenti, Rv. 205587 conf. Sez. 1, n. 944 del 09/02/2000 - dep. 16/05/2000, Tiani, Rv. 216006 . È consapevole il Collegio del diverso indirizzo seguito da Sez. 2, n. 15480 del 21/02/2017 - dep. 28/03/2017, Carrella, Rv. 269969, secondo cui, nell’ipotesi di rigetto della richiesta di rimessione del processo, non va pronunciata la condanna dei richiedenti alle spese processuali, in quanto non è prevista dall’art. 48, comma 6, cod. proc. pen. e tale mezzo a disposizione dell’imputato non è equiparabile ad una impugnazione, essendo, difatti, caratterizzato dalla finalità di scongiurare il pericolo di condizionamento dell’esercizio della funzione giudiziaria per effetto di gravi situazioni locali, che trova espresso presidio costituzionale nell’art. 111 Cost. Tale indirizzo, tuttavia, non può essere seguito, in quanto, in primo luogo, trascura di considerare la previsione della condanna alle spese del procedimento stabilita in via generale dalla prima parte dell’art. 616 cod. proc. pen. quale statuizione accessoria dei provvedimenti della Corte di cassazione a fronte di tale dato testuale, la disciplina di cui al comma 6 dell’art. 48 cod. proc. pen., sulla quale fa leva l’orientamento qui disatteso, introduce una previsione speciale quanto all’entità della somma oggetto di condanna in favore della Cassa delle ammende, ma non priva la norma del Capo III del Titolo III, dedicato al ricorso per cassazione, della sua specifica valenza in relazione alle decisioni della Corte di cassazione. D’altra parte, come hanno rilevato le Sezioni unite di questa Corte, la condanna alle spese processuali poggia su due presupposti, rispettivamente integrati dal dover essere tale statuizione contenuta in un provvedimento definitivo, per tale intendendosi quello che concluda il procedimento dinanzi al giudice che ne è stato investito, e dalla soccombenza, costituito dal mancato accoglimento dell’impugnazione proposta, attenga quest’ultima al giudizio principale sulla responsabilità, ovvero ad un procedimento incidentale Sez. U, n. 26 del 05/07/1995 - dep. 20/07/1995, Galletto, Rv. 202015 presupposti, questi, che come rilevato da Sez. 1, n. 4633 del 15/07/1996, Argenti cit., ricorrono entrambi nel provvedimento di rigetto o di inammissibilità pronunciato dalla Corte di cassazione in esito al giudizio di rimessione. 5.2. In considerazione delle peculiarità della fattispecie cfr. Sez. 1, n. 944 del 09/02/2000, Tiani, cit. non deve essere irrogata la sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. In accoglimento dell’istanza del richiedente, in caso di diffusione del presente provvedimento, andranno omesse le generalità e gli altri dati identificativi. P.Q.M. Rigetta la richiesta e condanna il richiedente al pagamento delle spese del procedimento. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto a richiesta di parte.