Libri e riviste hot ai detenuti: non basta la contestazione della circolare

Respinto il reclamo di un uomo sottoposto al regime del 41-bis. Secondo i giudici, egli si è limitato a censurare una circolare, senza evidenziare l’effettiva lesione di un proprio diritto soggettivo.

Niente riviste per adulti per il detenuto sottoposto al carcere duro. Respinte definitivamente le contestazioni mosse dall’uomo al decreto emesso dal magistrato di sorveglianza Cassazione, sentenza n. 47855/2017, Sezione Prima Penale, depositata il 17 ottobre 2017 . Diritti. Origine della vicenda è il reclamo proposto da un uomo, detenuto in regime particolare ex art. 41- bis , e relativo al divieto di acquisto e di ricezione di riviste per adulti . Obiettivo è ottenere che anche le riviste per adulti vengano inserite tra quelle acquistabili , o, in alternativa, che possano essere spedite dall’esterno, inviate, su richiesta, dalla casa editrice o dai familiari dei detenuti. Per il magistrato di sorveglianza di Macerata, però, il reclamo è inammissibile . E questa decisione viene confermata anche dalla Cassazione, nonostante il Procuratore Generale abbia chiesto l’annullamento del decreto e la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza . Per i giudici del ‘Palazzaccio’ è evidente come la declaratoria di inammissibilità sia conseguenza del fatto che la prospettazione del detenuto non aveva ad oggetto uno specifico provvedimento direttamente lesivo dei suoi diritti . Difatti, egli si è limitato a chiedere al magistrato di sorveglianza di poter dall’esterno ricevere libri e riviste per adulti, senza dedurre alcun atto che su tale materia avesse, anche in accordo con la circolare 8845 del 16 novembre 2011, formalizzato un divieto o una disciplina del punto per lui concretamente pregiudizievole . Ciò significa, osservano i magistrati, il reclamo non può avere esito positivo, poiché esso non ha contrastato alcun atto dell’amministrazione penitenziaria che non fosse la circolare e si è configurato come una sollecitazione di natura esplorativa e, dunque, non tale da prospettare l’evenienza di un interesse concreto ed attuale a dedurre l’effettiva lesione di un diritto soggettivo del detenuto .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 maggio – 17 ottobre 2017, n. 47855 Presidente Di Tomassi – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con il decreto in epigrafe, emesso in data 26 settembre 2014, il Magistrato di sorveglianza di Macerata ha dichiarato inammissibile il reclamo ex art. 35 Ord. pen. proposto il 23 settembre 2014 da En. D’Av., detenuto in regime particolare ex art. 41-bis Ord. pen. Il reclamo aveva riguardato in via generale il divieto di acquisto e di ricezione di riviste per adulti, divieto nella prospettazione del D’Av. contrastante con il diritto del detenuto di possedere o ricevere riviste e periodici in libero commercio all'esterno, nel senso che egli - se non aveva titolo ad ottenere che le riviste per adulti venissero inserite nell'elenco di quelle dei beni ordinariamente acquistabili - aveva tuttavia diritto di acquistare direttamente queste riviste facendosele inviare dalla casa editrice o dai familiari, con conseguente necessità di disapplicare la circolare n. 8845/2011 del 16 novembre 2011 lì dove vietava la ricezione dall'esterno, tramite corrispondenza o colloquio, di libri e riviste in quanto essi potevano essere acquistati in istituto di conseguenza, anche le riviste per adulti avrebbero dovuto essere acquistabili tramite l'impresa di mantenimento che procurava detti beni all'interno del carcere oppure, se la circolare precludeva la spedizione dall'esterno anche delle riviste che non venivano ordinariamente distribuite all'interno del carcere, il Magistrato di sorveglianza avrebbe dovuto disapplicarla nella parte corrispondente. 2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il D’Av. chiedendone l'annullamento e deducendo a sostegno un unico, articolato motivo con cui lamenta violazione di legge, con riferimento all'art. 666, comma 2, cod. proc. pen. ed alla corrispondente disciplina di cui alla legge n. 354 del 1975, in relazione all'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen. Al riguardo, il ricorrente ha evidenziato che la dichiarazione di inammissibilità sarebbe stata legittima soltanto se fossero emerse ragioni di palmare evidenza ed il loro accertamento non implicasse la soluzione di questioni controverse non era, però, questo il caso, in quanto egli nel reclamo aveva posto una questione specifica, basata su deduzioni tratte da precedenti giurisprudenziali, ed aveva prospettato l'illegittimità della succitata circolare, da disapplicarsi lì dove impediva di farsi spedire dall'esterno riviste non disponibili attraverso l'impresa di mantenimento questione che esigeva, dunque, che si procedesse in via ordinaria con l'instaurazione del previo contraddittorio e non poteva essere liquidata de plano. 3. Il Procuratore generale ha chiesto l'annullamento del decreto senza rinvio, con trasmissione degli atti al Magistrato di sorveglianza di Macerata, in quanto la declaratoria di inammissibilità era consentita soltanto in ipotesi di manifesta infondatezza, caso non ricorrente nella specie, posto che la questione era stata già oggetto di arresti che, pur pervenendo a ritenere legittimi i provvedimenti emessi in applicazione della circolare in data 16 novembre 2011, avevano comunque preso in considerazione le opposte ragioni, sottoposte anche al vaglio della Corte costituzionale, sebbene dichiarate non fondate. Considerato in diritto 1. L'impugnazione, siccome risulta basata su considerazioni che non confutano la ratio decidendi fondante il provvedimento impugnato, risulta manifestamente priva di fondamento essa, pertanto, va dichiarata inammissibile, ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen. 2. Deve evidenziarsi che il Magistrato di sorveglianza, nel decreto impugnato, reso de plano, ha motivato la declaratoria di inammissibilità evidenziando che la prospettazione del D’Av. non aveva ad oggetto uno specifico provvedimento dell'Amministrazione direttamente lesivo dei diritti del detenuto. Sicché - era ineludibile arguirlo - la prospettazione della lesione del proprio diritto a ricevere libri e riviste per adulti, non essendo diretta contro un determinato atto dell'Autorità penitenziaria che avesse attinto la sfera del reclamante e che avesse, dunque, negato in concreto la fruizione delle pubblicazioni da lui in ipotesi richieste, ma risolvendosi in una mera critica di ordine generale alla circolare del D.A.P. n. 8845/2011 del 16 novembre 2011, si era esaurita in una richiesta inammissibile. 3. In tale cornice, risulta assodato sulla base di consolidato orientamento che la circolari contenenti istruzioni e direttive impartite dalle autorità amministrative gerarchicamente sovraordinate agli organi periferici e subordinati non hanno efficacia giuridica esterna, ma dispiegano la loro efficacia nei rapporti tra i vari livelli del plesso amministrativo di riferimento degli organi e quindi dei funzionari chiamati ad applicarle. Esse, dunque, per un verso, non dispiegano effetti giuridici diretti nei confronti di soggetti estranei all'amministrazione e, per altro verso, non acquistano efficacia cogente per le determinazioni da assumersi da parte dell'amministrazione stessa, essendo destinate esclusivamente ad esercitare una funzione di direttiva nei confronti degli organi ed uffici dipendenti e non essendo idonee ad incidere sui rapporti sostanziali cui si riferiscono, vieppiù se i rapporti stessi sono regolati dalla legge. Pertanto tali circolari, pur se impartiscono direttive, hanno valore di raccomandazione e di parere e quindi - oltre a non poter produrre conseguenze giuridiche dirette nei confronti dei terzi interessati - non possono considerarsi vincolanti per gli stessi uffici a cui sono dirette, oltre che per il giudice v. per approfondimenti sul punto e per richiami ulteriori Sez. 1, n. 1628 del 16/12/2014, dep. 2015, Lioce, n.m. . L'effetto ulteriore di questa puntualizzazione è che le circolari, qual è quella del D.A.P. n. 8845/2011 in data 16 novembre 2011 a cui ha fatto riferimento il ricorrente, non sono direttamente impugnabili, per quel che qui rileva, innanzi al giudice ordinario, non costituendo atti di esercizio di potestà impositiva. Soltanto l'atto che, uniformandosi alle direttive dalle stesse impartite, attinga in modo diretto la sfera giuridica del destinatario è suscettibile di essere impugnato dall'interessato cfr. anche Sez. 1, n. 49400 del 12/05/2016, Guarino, n.m. 4 Orbene, il decreto impugnato ha evidenziato, pur se in modo sintetico, l'assenza di un atto avverso il quale, al di là della generale critica nei confronti della circolare succitata, il ricorrente avesse rivolto il reclamo. E il D’Av., a fronte del rilievo che non è risultato avere denunciato un provvedimento dell'Amministrazione penitenziaria concretamente lesivo di un suo diritto soggettivo, nulla ha obiettato neanche nel ricorso proposto avverso il decreto impugnato in questa sede, limitandosi a dolersi della definizione del relativo procedimento svolto de plano e, dunque, senza la previa istituzione del contraddittorio. Così argomentando, però, egli ha implicitamente confermato di essersi limitato a chiedere al Magistrato di sorveglianza di poter dall'esterno ricevere libri e riviste per adulti, senza dedurre alcun atto che su tale materia avesse, anche in accordo con la circolare, formalizzato un divieto o una disciplina del punto per lui concretamente pregiudizievole. Se così è, il vaglio dell'unico motivo dedotto dal D’Av. non può avere esito per lui positivo, in quanto l'istanza-reclamo ex art. 35 Ord. pen., non avendo contrastato alcun atto dell'Amministrazione penitenziaria che non fosse la circolare, si era configurata come una sollecitazione di natura esplorativa e, dunque, non tale da prospettare l'evenienza di un interesse concreto ed attuale a dedurre l'effettiva lesione di un diritto soggettivo del reclamante. Essa, pertanto, difettava delle condizioni di legge per essere esaminata in concreto, sicché per tale profilo era manifestamente infondata e, come tale, da dichiararsi inammissibile ex artt. 35-bis Ord. pen. e 678 cod. proc. pen., in relazione all'art 666, comma 2, cod. proc. pen. e tale è stata ritualmente dichiarata. 5. Alla stregua delle svolte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato, a sua volta, inammissibile dal che consegue, ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e - per i profili di colpa correlati all'irritualità dell'impugnazione Corte cost., sent. n. 186 del 2000 - di una somma in favore della cassa delle ammende nella misura che, in ragione dell'insieme delle questioni dedotte e valutato il contenuto dei motivi, si stima equo determinare in Euro 1.500,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di 1.500,00 Euro alla Cassa delle ammende.