Nella spoliazione di società decotte è il trasferimento fraudolento di valori la fattispecie che apre le porte ai sequestri

Il delitto di trasferimento fraudolento è configurabile anche in capo all’autore del delitto presupposto, il quale attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altra utilità, di cui rimanga effettivamente dominus, al fine di agevolare una successiva circolazione nel tessuto finanziario, economico o produttivo, poiché la disposizione di cui all’art 12-quinquies l. n. 356/92 consente di perseguire anche i fatti di auto ricettazione”, riciclaggio” o reimpiego”.

La Cassazione sentenza n. 47083/17 depositata il13 ottobre , riaffermando il principio suddetto, già statuito dalle Sezioni Unite, riscopre una norma quasi dimenticata. L’art. 12-quinquies l. n. 356/92. Sotto la rubrica Trasferimento fraudolento di valori” la norma in esame statuisce salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648- bis e 648- ter c.p., è punito con la reclusione da 2 a 6 anni . Trattasi, come evidente, di norma dal campo di applicazione amplissimo la cui operatività trova limitazione nel particolare dolo specifico che la caratterizza che si pone, alternativamente, nel fine di eludere le leggi in tema di misure di prevenzione o di contrabbando ovvero di agevolare la commissione dei reati di ricettazione, riciclaggio o reimpiego illecito. Nonostante l’astrattamente ampio campo di applicabilità agli operatori del diritto è noto come trattasi di fattispecie, almeno sino ad oggi, pressoché dimenticata nella quotidiana prassi giudiziaria. Una norma riscoperta. Trattasi di ipotesi delittuosa, che, verosimilmente anche in conseguenza della clausola di riserva che ne esclude la applicabilità nel caso in cui il fatto costituisca più grave reato, ha sino ad ora trovato scarsa applicazione nelle aule di giustizia, dove si è dato, senza dubbio, assai più ampio spazio alle, peraltro più gravi, contestazioni di fattispecie di ricettazione, riciclaggio e reimpiego illecito. La sentenza in esame, tuttavia, pare riscoprire la norma in oggetto, attribuendole, contrariamente a quanto aveva fatto il Tribunale del riesame, una propria valenza e indipendenza soprattutto rispetto alle fattispecie di cui agli artt. 348, 348- bis e 348- ter c.p Ciò è tanto vero, che non è assurdo ipotizzare che se questa pronuncia avrà ampio eco si potrà assistere ad una seconda giovinezza più correttamente una prima”, mai essendo stata oggetto di frequente applicazione della norma in esame. Trattasi infatti di ipotesi delittuosa, che, oltre ad essere presidiata da una pena edittale di tutto rispetto, consente la confisca di cui all’art. 12- sexies l. n. 356/92 ed il sequestro prodromico alla medesima e che dunque può costituire un’arma di straordinaria efficacia nelle mani delle Procure della Repubblica. La vicenda in esame. La questione sottesa alla sentenza in commento riguarda peraltro vicenda assai frequente. Alcuni imprenditori avvalendosi della illecita collaborazione di un avvocato e di un commercialista, nonché di alcuni prestanomi, intraprendono una sistematica attività di spoliazione di società in crisi trasferendone i beni ad una catena di altre società in bonis , rette, appunto, da prestanomi, onde sottrarli alle società originarie ed alle pretese dei creditori delle medesime. Ne consegue, a carico dei medesimi, una pluralità di contestazioni che spaziano dalla associazione per delinquere, ai reati tributari, alla appropriazione indebita, al trasferimento fraudolento, sino al riciclaggio ed al reimpiego illecito. Rigettata dal GIP la richiesta di applicazione delle misure cautelari personali in capo agli indagati, per insussistenza della gravità indiziaria in ordine al reato associativo e di esigenze cautelari in linea generale, vengono, per converso, disposte ampie misure cautelari reali che vanno a colpire sia le quote delle società neocostituite sia i beni personali degli indagati ai sensi dell’art. 12- sexies , stante la contestazione ai medesimi anche della fattispecie di cui all’art. 12- quinquies . Il Tribunale del riesame, adito dagli indagati, ritiene insussistente il fumus commissi delicti proprio in relazione a tale fattispecie che non si configurerebbe in termini autonomi né, da un lato, con il delitto presupposto di appropriazione indebita, né dall’altro ed a valle con la fattispecie pure contestata di reimpiego illecito. Sotto un primo profilo osserva infatti il riesame che i prestanomi parrebbero concorrere nei delitti presupposti e le condotte di appropriazione coinciderebbero con la intestazione fittizia delle quote. Sotto altro versante il più grave reimpiego illecito di cui all’art. 648 ter c.p. coprirebbe le condotte successive, precludendo ogni spazio di applicazione per il delitto di trasferimento fraudolento di valori. Difetterebbe dunque completamente nel caso in esame il dolo specifico di cui all’art. 12- quinquies . L’approdo in Cassazione. La pronuncia del riesame induce il Procuratore a proporre ricorso con vari e articolati motivi tesi soprattutto ad evidenziare la violazione e falsa applicazione proprio dell’art. 12- quinquies ed una errata ricostruzione dei rapporti di tale delitto sia con i reati presupposti che con la fattispecie di reimpiego illecito. Gli Ermellini, in linea con un precedente delle Sezioni Unite, ricordano che il delitto di trasferimento fraudolento è configurabile anche in capo all’autore del delitto presupposto, poiché la disposizione di cui all’art. 12- quinquies l. n. 356/92 consente di perseguire anche i fatti di auto ricettazione”, riciclaggio” o reimpiego”. Sotto un secondo profilo, osserva la Cassazione, che, se è anche vero che di regola l’intestazione fittizia di un bene illecitamente conseguito fa seguito alla condotta di appropriazione indebita del medesimo, ciò non significa che la appropriazione indebita ne costituisca presupposto indefettibile e necessario. La risultante necessitata è che le due distinte condotte ben possono integrare le due differenti fattispecie. Infine e da ultimo, osserva la Suprema Corte, dalla lettura dei capi di incolpazione provvisori si evince con molta chiarezza che la condotta di trasferimento fraudolento con intestazione fittizia non coincida con la condotta di reimpiego illecito di cui all’art. 348- ter c.p., che si realizza con l’utilizzo da parte di una terza società e dunque sotto un profilo ontologico e temporale ben distinto rispetto al trasferimento fraudolento, che si esaurisce con l’intestazione fittizia. L’affermazione di tali principi induce la Corte ad annullare con rinvio la pronuncia del riesame al fine di consentire un nuovo vaglio in ordine alla configurabilità del delitto di cui all’art. 12- quinquies nel caso in esame e conseguente verosimile legittimità del sequestro finalizzato alla confisca di cui al successivo art. 12- sexies .

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 21 settembre – 13 ottobre 2017, n. 47083 Presidente Prestipino – Relatore Pazienza Ritenuto in fatto 1. Con decreto del 21/03/2016, il G.I.P. del Tribunale di Roma accoglieva parzialmente le richieste di sequestro preventivo formulate dal P.M. presso il Tribunale di Roma nei confronti di CI.An. , C.M. , O.N. , S.S. e V.R. , nell’ambito di un procedimento per il reato di associazione per delinquere ed una serie di reati-fine, pendente a carico dei predetti e di altri indagati . Secondo l’ipotesi accusatoria richiamata dal P.M. anche nel ricorso per cassazione , le indagini avevano fatto emergere un sodalizio dedito - grazie al contributo di un avvocato lo S. e di alcuni commercialisti D.C. , B. e CA. - al reperimento di prestanome cui venivano intestate le quote di società in stato di decozione nella specie UNO s.r.l. e O. DISTRIBUZIONE s.r.l., riconducibili rispettivamente agli imprenditori C.M. e O.N. , ed al trasferimento dei rispettivi beni strumentali ad altre società di nuova costituzione, anch’esse formalmente amministrate da soggetti terzi ma in realtà riconducibili ai predetti imprenditori capo A . Tale contesto operativo aveva determinato la commissione - contestata nei capi da B a S della rubrica - dei reati di appropriazione indebita, trasferimento fraudolento, riciclaggio e reimpiego, oltre che di alcuni reati tributari e fallimentari. Dopo aver rigettato la richiesta di misure personali per difetto di esigenze cautelari e, quanto al capo A , anche per il difetto di gravità indiziaria, il G.i.p. disponeva il sequestro preventivo delle quote societarie della UNO s.r.l. e della O. DISTRIBUZIONI s.r.l., dei beni strumentali Veicoli, impianto di verniciatura, monoblocco coibentato oggetto dei richiamati trasferimenti ad altre società, nonché - ai sensi degli artt. 12-quinquies e art. 12-sexies l. n. 356 del 1992, 648-ter cod. pen - il sequestro preventivo anche per equivalente dei beni, danaro ed altre utilità nei confronti degli indagati S. , c. , CA. , B. , C. e O.N. , limitatamente al valore delle quote societarie e dei beni mobili registrati sopra individuati . 2. Con ordinanza emessa in data 22/03/2017, il Tribunale della libertà di Roma ha parzialmente accolto la richiesta di riesame proposta dagli indagati C. , CI. , O.N. e S. , e dei terzi interessati O.A. e V.R. . In particolare, il Tribunale ha in parte riformato il decreto del G.i.p. quanto al sequestro per equivalente disposto in relazione ai reati tributari nei confronti del C. e dell’O.N. riducendo i rispettivi importi ha inoltre annullato il decreto in relazione alle quote societarie e ai beni strumentali oggetto dei richiamati trasferimenti dalle società UNO s.r.l. e O. DISTRIBUZIONE s.r.l., ordinandone la restituzione agli aventi diritto ha infine annullato il decreto quanto al sequestro finalizzato alla confisca ex art. 12-sexies l. 356 del 1992, ordinando la restituzione di quanto sequestrato agli aventi diritto. 2.1. In relazione all’annullamento del sequestro preventivo delle quote societarie e dei beni oggetto di trasferimento unico aspetto investito dal ricorso per cassazione , il Tribunale ha anzitutto precisato che, dalla richiesta del P.M. e dal provvedimento impugnato, emergeva che la misura reale era stata disposta ex art. 240 c.p. in relazione al reato di trasferimento fraudolento di valori. Il Collegio ha peraltro ritenuto insussistente il fumus di tale delitto, con riferimento sia al dolo specifico di eludere l’applicazione di misure di prevenzione non essendo emerso, al riguardo, alcun concreto elemento , sia al dolo specifico - contestato in via alternativa - di agevolare la commissione di reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego. A tale ultimo proposito, il Tribunale ha rilevato la mancanza di autonomia sia tra le condotte di appropriazione indebita/distrazione e il trasferimento fraudolento dei beni essendosi l’appropriazione realizzata proprio con il trasferimento in favore delle società facenti capo agli stessi proprietari delle società svuotate , sia tra le condotte di trasferimento ed il riciclaggio/reimpiego dei beni stessi in altre parole, non si coglie nel caso in esame l’autonomia di fatto tra le due condotte così come contestate, perché nel momento stesso del trasferimento si è realizzato il reimpiego dei beni, reimpiego che è invece configurato come condotta successiva ed autonoma pag. 6 dell’ordinanza impugnata . Inoltre, il Tribunale ha osservato che, nella prospettazione accusatoria accolta dal G.i.p., era stata attribuita la qualifica di prestanome ad alcuni soggetti imputati del reato di cui all’art. 648-ter cod. pen. O.F. rispetto al padre N. , capo C F. e D.M. rispetto al C. , rispettivamente capi P e Q qualifica che, peraltro, varrebbe a configurare a carico dei destinatari dei valori il concorso nel reato di trasferimento fraudolento ricorrendo tutti gli elementi della fattispecie pag. 7 . Avendo per tali ragioni ritenuto insussistente il fumus del delitto di cui all’art. 12-quinquies, in relazione al quale era stato disposto il sequestro a fini di confisca delle quote societarie e dei beni strumentali, il Tribunale ha escluso la possibilità di mantenere la misura reale in relazione ai reati di appropriazione indebita e di bancarotta, non avendo il Pubblico Ministero sollecitato l’applicazione del sequestro impeditivo ex art. 321, comma 1, cod. proc. pen 3. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, deducendo 3.1. Violazione e falsa applicazione degli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen, 12-quinquies d.l. n. 306 del 1992, in relazione all’art. 416 cod. pen. Si lamenta il mancato apprezzamento in chiave associativa delle condotte di reimpiego contestate ai prestanome dell’O. e del C. , che non potevano ritenersi assorbite nel concorso nel reato distrattivo/appropriativo, costituendo l’esercizio del loro preciso ruolo di associati delle teste di legno che servono al sodalizio per schermare la reale proprietà delle società gestite dal C. e dall’O. . In altri termini, il concorso dei prestanome nei reati appropriativi/distrattivi doveva essere escluso perché essi non avevano in alcun modo rafforzato la determinazione dell’O. e del C. . 3.2. Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 12-quinquies d.l. 306 del 1992. Si afferma anzitutto l’erroneità della decisione del Tribunale con riferimento alle operazioni di trasferimento delle quote sociali, in relazione alle quali erano state ipotizzate condotte di intestazione fittizia, e non condotte appropriative o distrattive, con conseguente insussistenza di profili di assorbimento nel reato presupposto. Quanto ai trasferimenti dei beni societari, il P.M. ricorrente distingue tra, da un lato, le operazioni concernenti le società dell’O. , dove le contestazioni di intestazione fittizia, appropriazione/distrazione e reimpiego capi E, E1, C riguardavano un doppio passaggio dei beni strumentali un primo dalla O. DISTRIBUZIONE s.r.l. alla TUSCOLANA AUTOCARRI s.r.l. e alla TUSCOLANA AUTOCARRI ROMA un secondo dalle predette società alla O. LATTICINI s.r.l. d’altro lato, nelle operazioni concernenti le società del C. , le contestazioni di trasferimento fraudolento, appropriazione indebita e reimpiego riguardavano il passaggio dei beni dalla UNO S.r.l. alla ONE GROUP s.r.l. capi L/L2, M, M1, P. Imputazioni del tutto analoghe sono stati contestate in relazione al passaggio di alcuni veicoli dalla UNO s.r.l. alla OML s.r.l. cfr. i capi N, N1, Q . Ad avviso del ricorrente, il reato di cui all’art. 12-quinquies deve ritenersi configurabile non solo per le società dell’O. dove il duplice passaggio dei beni spezza in modo inequivoco la presunta unicità degli atti di disposizione , con conseguente configurabilità dell’art. 648-ter al momento del secondo passaggio , ma anche per le società del C. . Infatti, la sussistenza del concorso formale tra i delitti di appropriazione indebita e di trasferimento fraudolento va desunta, per il ricorrente, sia dalla mancanza di una clausola di riserva, sia dai principi affermati dalla giurisprudenza anche a Sezioni Unite circa la punibilità ai sensi dell’art. 12-quinquies anche dell’autore del reato presupposto. 3.3. Violazione ed erronea interpretazione degli artt. 648-bis e 648-ter cod. pen. Si contesta l’assunto del Tribunale secondo cui la contestualità delle operazioni di trasferimento fraudolento e distrazione escluderebbe le ipotesi di riciclaggio e di reimpiego, in quanto la consapevolezza della provenienza delittuosa non varrebbe in ogni caso a trasformare il riciclaggio in concorso dell’extraneus nel reato presupposto . 4. Con la nota ricordata in epigrafe, il Procuratore Generale sollecita il parziale accoglimento del ricorso. Si ritiene infatti condivisibile, da un lato, il percorso argomentativo del Tribunale quanto ai trasferimenti relativi alle quote sociali della O. DISTRIBUZIONE s.r.l. e della UNO s.r.l., nonché dei beni strumentali afferenti tale ultima società, essendo stati contestati reati di fittizia intestazione e appropriazione indebita senza alcuna prospettiva investigativa di attività di ripulitura degli stessi l’appropriazione di quote e beni della UNO s.r.l., avvenuta con il trasferimento alla ONE GROUP s.r.l., esclude ad avviso del P.G. la sussistenza dei presupposti per un sequestro a fini di confisca in relazione al reato di cui all’art. 12-quinquies. Quanto invece ai beni strumentali della O. DISTRIBUZIONI s.r.l., il Procuratore Generale censura la motivazione del tribunale, in quanto il doppio passaggio dei beni - transitati presso società intermedie riconducibili ad un soggetto terzo P.C.N. - delinea un chiaro quadro indiziario di un disegno volto non solo ad appropriarsi di società in decozione, ma anche a farne perdere le tracce ed a riutilizzarli in società sane . Il P.G. ravvisa quindi il fumus del reato di cui all’art. 12-quinquies nelle intestazioni fittizie contestate ad O.N. , perché volte ad agevolare attività di riciclaggio dei beni della O. DISTRIBUZIONE, indipendentemente dalla concreta contestazione del relativo capo di accusa. Sul punto, il P.G. censura la prospettazione del Tribunale anche perché le finalità di agevolazione devono essere apprezzate prescindendo dalla loro effettiva concretizzazione e quindi, nella specie, dalla qualificazione giuridica della condotta tenuta dal prestanome O.F. , che il Tribunale aveva ricondotto al concorso nel delitto di trasferimento fraudolento senza peraltro valutare i plurimi passaggi formali che avevano reso possibile il transito dei beni, ed il loro reimpiego da parte di O.F. come contestato al capo C . 5. Con una memoria di replica depositata il 15/09/2017, la difesa di O.A. presta adesione a quanto osservato dal Procuratore Generale in ordine ai sequestri disposti nei confronti dell’O. . Considerato in diritto 1. Come già accennato, l’ordinanza impugnata ha solo parzialmente accolto le richieste di riesame del decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Roma in data 28/11/2016, intervenendo su tre distinte statuizioni. In particolare, il Tribunale del riesame ha in primo luogo riformato il decreto quanto al sequestro per equivalente disposto nei confronti di C.M. e O.N. in relazione ai reati tributari rispettivamente ascritti ai predetti indagati, riducendo gli importi quantificati dal Gip. In secondo luogo il Collegio ha annullato il decreto di sequestro preventivo delle quote sociali e dei beni strumentali trasferiti dalla UNO s.r.l. e dalla O. DISTRIBUZIONE s.r.l., disposto dal G.i.p. a fini di confisca ex art. 240 cod. pen. in relazione al reato di cui all’art. 12-quinquies l. n. 356 del 1992, per l’insussistenza del fumus del predetto reato. In terzo luogo, il Tribunale ha annullato il decreto nella parte relativa al sequestro finalizzato alla confisca ex art. 12-sexies l. n. 356 del 1992, osservando tra l’altro che il decreto impugnato, tanto nella parte motiva ff. 134 e 143 quanto nella parte dispositiva, non consente di comprendere con la dovuta chiarezza che cosa il Gip abbia inteso sottoporre a sequestro ex art. 12 sexies l. 356/92 pag. 7 dell’ordinanza . Le censure proposte dal Pubblico Ministero ricorrente hanno preso in considerazione il solo secondo aspetto qui richiamato. L’odierno ricorso, con cui si sollecita l’annullamento dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma, deve quindi essere dichiarato inammissibile per ciò che riguarda le altre statuizioni, non investite da alcun tipo di censura. 2. Per ciò che riguarda invece l’annullamento del sequestro preventivo delle quote sociali e dei beni strumentali, disposto a fini di confisca ex art. 240 cod. pen. per il reato di cui all’art. 12-quinquies, il ricorso è fondato per le ragioni che seguono. 2.1. È opportuno porre subito in evidenza il fatto che il Tribunale è pervenuto alle già ricordate conclusioni di insussistenza del fumus del reato di intestazione fittizia con riferimento ad entrambe le finalità prese in considerazione dalla norma incriminatrice ovvero in relazione sia al fine di eludere le disposizioni in tema di misure di prevenzione patrimioniale, sia al fine di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter cod. pen Le due finalità, del resto, erano state contestate dal P.M., in via alternativa, in tutti i capi di incolpazione provvisoria concernenti le società oggetto della ipotizzata attività di spoliazione i capi B ed E , relativi all’intestazione fittizia delle quote e dei beni della O. DISTRIBUZIONI s.r.l. nonché i capi L /L1 /L2 , M e N , relativi all’intestazione fittizia delle quote e dei beni della UNO s.r.l 2.2. Il percorso argomentativo compiuto dal Tribunale per escludere la sussistenza del fumus è stato tuttavia, nei due casi, sensibilmente diverso. Da un lato, infatti, il Tribunale ha evidenziato che non era stato indicato dal P.M. o dal G.i.p., né comunque era desumibile dagli atti, alcun concreto elemento di fatto idoneo a far ritenere che gli indagati - incensurati e privi di carichi pendenti - potessero temere di essere sottoposti a misure di prevenzione, o fossero abitualmente dediti a traffici delittuosi, ovvero soliti provvedere al proprio sostentamento con i proventi di attività delittuose. Tale valutazione evidentemente imperniata sull’apprezzamento negativo della valenza sintomatica delle concrete risultanze offerte a sostegno della richiesta di misura reale - non è stata oggetto di censura nel ricorso per cassazione del P.M D’altro lato, il Tribunale di Roma ha escluso la sussistenza del fumus del reato di intestazione fittizia, connotato dal fine specifico di agevolare la commissione dei reati di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter cod. pen., facendo leva non già sulla mancanza, in atti, di elementi concreti a sostegno della predetta finalità, ma su una valutazione per così dire in astratto delle ipotesi formulate nei richiamati capi di accusa. In particolare, l’impugnata ordinanza ha motivato le proprie conclusioni evidenziando la mancanza di autonomia della condotta di intestazione fittizia contestata, sia rispetto all’appropriazione/distrazione dei beni oggetto dell’intestazione stessa in quanto l’appropriazione risulta realizzata proprio con il trasferimento in favore delle società facenti capo agli stessi proprietari delle società svuotate , sia rispetto al reimpiego dei beni fittiziamente trasferiti poiché nel momento stesso del trasferimento si è realizzato il reimpiego dei beni, reimpiego che è invece configurato dalla norma come condotta successiva ed autonoma . Infine, il Tribunale ha escluso il fumus del reato di intestazione fittizia anche perché di detto reato avrebbero dovuto rispondere, in concorso, anche i soggetti prestanome delle società intestatarie dei veicoli, ai quali è stato invece contestato il delitto di cui all’art. 648-ter cod. pen 2.3. Tali considerazioni, con cui il Tribunale ha escluso già in astratto il fumus del reato di cui all’art. 12-quinquies, prescindendo totalmente dall’esame delle risultanze investigative offerte a sostegno della richiesta di sequestro preventivo, non possono essere condivise. 2.4. Deve anzitutto osservarsi che - come fondatamente osservato dal P.M. ricorrente - le osservazioni poc’anzi richiamate non appaiono idonee a sorreggere la decisione di annullamento del sequestro preventivo delle quote delle società titolari dei beni successivamente trasferiti cfr. il capo B, relativo alle quote della O. DISTRIBUZIONE s.r.l., ed i capi da L a L2, relativi ai plurimi passaggi delle quote della UNO s.r.l. . È invero pacifico, nella giurisprudenza di questa Suprema corte, che il reato di trasferimento fraudolento di quote societarie può essere integrato non solo dall’intestazione fittizia a terzi compiuta dal titolare delle quote stesse, ma anche da chi - eventualmente nella veste di amministratore di fatto o di diritto - si sia adoperato in qualsiasi modo per favorire la realizzazione della condotta illecita cfr. ad es. Sez. 2, n. 41433 del 04/10/2016, Bifulco, Rv. 268631 . Altra questione, ovviamente, concerne l’accertamento della sussistenza del fumus del reato specificamente ipotizzato nella richiesta di sequestro, che il giudice deve compiere verificando in modo puntuale e coerente gli elementi in base ai quali desumere l’esistenza del reato astrattamente configurato , pur non essendo ovviamente richiesta la gravità indiziaria indispensabile per una misura cautelare personale Sez. 3, n. 37851 del 04/06/2014, Parrelli, Rv. 260945 . Tale accertamento - anche quanto all’intestazione fittizia delle quote societarie - non risulta esser stato effettuato dal Tribunale con riferimento alla fattispecie in esame. 2.5. Per ciò che riguarda le ipotesi di intestazione fittizia dei veicoli e degli altri beni strumentali, non può essere condivisa la valorizzazione, operata dal Tribunale, della mancanza di autonomia delle condotte di trasferimento fraudolento rispetto a quelle di appropriazione/distrazione dei beni stessi. Se è vero infatti che, di regola, l’intestazione fittizia di un bene illecitamente acquisito fa seguito, anche su un piano meramente cronologico-fattuale, alla condotta di appropriazione del bene medesimo - è l’ipotesi considerata da Sez. 5, n. 20093 del 31/10/2014, dep. 2015, Bonetti, Rv. 263832, citata nell’ordinanza impugnata - altrettanto vero è che tale autonomia non costituisce, ad avviso del Collegio, un presupposto indispensabile per la sussistenza del reato di cui all’art. 12-quinquies. Con una nota decisione, le Sezioni Unite di questa Suprema corte hanno chiarito che tale delitto è configurabile anche in capo all’autore del delitto presupposto, il quale attribuisca fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di denaro, beni o altre utilità, di cui rimanga effettivamente dominus, al fine di agevolare una successiva circolazione nel tessuto finanziario, economico e produttivo, poiché la disposizione di cui all’art. 12-quinquies citato consente di perseguire anche i fatti di auto ricettazione, riciclaggio o reimpiego Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo, Rv. 259590 . In tale ottica ricostruttiva, che qui si intende ribadire, non si vede perché la sussistenza del predetto reato dovrebbe essere esclusa nelle ipotesi in cui l’intento di perpetrare un’appropriazione indebita, disponendo uti dominus di un determinato bene senza averne il diritto, venga concretamente attuato attraverso la fittizia intestazione a terzi del bene medesimo salva restando, ovviamente ed anche in questo caso, la necessità che quest’ultima sia sorretta dal dolo specifico richiesto dalla norma incriminatrice. 2.6. Merita censura, ad avviso di questa Corte, anche l’argomentazione relativa alla mancanza di autonomia tra le condotte di intestazione fittizia dei beni strumentali contestate ai capi E quanto alla O. DISTRIBUZIONI, e ai capi M-N quanto alla UNO s.r.l. e quelle di reimpiego dei beni stessi rispettivamente, capo C e capi P-Q . Invero, la già richiamata affermazione contenuta nell’impugnata ordinanza, secondo cui non si coglie nel caso in esame l’autonomia di fatto tra le due condotte così come contestate, poiché nel momento stesso del trasferimento si è realizzato il reimpiego dei beni non appare giustificata dalla lettura dei capi di incolpazione provvisoria. In particolare, nel capo C , si contesta ad O.F. - in qualità di amministratore della O. LATTICINI s.r.l. - di aver impiegato in attività economiche, nel periodo compreso tra il 13/03/2014 e il 08/07/2014, gli autocarri e le automobili fittiziamente trasferiti alla predetta società dalla O. DISTRIBUZIONI, dopo un primo passaggio dei veicoli effettuato, da quest’ultima società, alla TUSCOLANA AUTOCARRI s.r.l. e alla TUSCOLANA AUTOCARRI ROMA s.r.l. capo E, condotte contestate nel periodo compreso tra il 12/03/2012 e il 08/07/2014 . Analoghe incolpazioni sono formulate a carico di F. Fabrizio, amministratore unico della ONE GROUP s.r.l. capo P impiego dal 02/07/2014 al 25/07/2014 dei veicoli appartenenti alla UNO s.r.l. ed oggetto delle fittizie intestazioni commesse nella primavera/estate del 2014, come indicato al capo N , e a carico di D.M.M. , amministratore unico della OML s.r.l. capo Q impiego dal 30/03/2013 al 14/05/2014 dei veicoli oggetto delle fittizie intestazioni dalla medesima UNO s.r.l., commesse nell’arco temporale indicato al capo N . Le condotte di reimpiego dei veicoli fittiziamente intestati alla O. LATTICINI, alla ONE GROUP e alla OML presentano dunque connotazioni di autonomia rispetto alle condotte di fittizia intestazione dei veicoli stessi ciò appare evidente, anche sul piano squisitamente temporale , per ciò che riguarda la O. LATTICINI alla quale, come già più volte ricordato, i beni sono stati intestati dopo un primo passaggio ad altre società, anch’esso ritenuto fittizio e la ONE GROUP. Peraltro, anche con riferimento alla OML, si contesta all’amministratore unico della società una condotta diversa da quella della fittizia intestazione dei veicoli quella, appunto, di impiego di questi ultimi, pur se nello stesso arco temporale marzo 2013 - maggio 2014 individuato nel capo relativo alle intestazioni fittizie. Sul piano dell’astratta configurabilità dei reati ipotizzati, pertanto, le conclusioni del Tribunale non trovano riscontro nella lettura dei capi di incolpazione salva restando, ancora una volta, la necessità di una verifica del fumus alla luce delle risultanze prodotte a sostegno della richiesta di sequestro. Una verifica che - avuto riguardo alla natura istantanea ad effetti permanenti del reato di cui all’art. 12-quinquies, che si consuma nel momento in cui viene realizzata l’attribuzione fittizia Sez. 6, n. 24657 del 27/05/2014, Lauritano, Rv. 262045 - dovrà evidentemente riguardare la sussistenza, già all’atto del trasferimento fraudolento, della finalità di agevolare condotte di riciclaggio o di reimpiego. 2.7. Come già accennato, l’ulteriore argomento addotto dal Tribunale a sostegno dell’impossibilità di configurare già in astratto, nei fatti contestati, il delitto di intestazione fittizia al fine di agevolare condotte di reimpiego, fa leva sull’assunto per il quale di tale reato avrebbero dovuto rispondere, in concorso con gli effettivi titolari delle società, anche i soggetti prestanome , ai quali è stato invece ascritto il delitto di cui all’art. 648-ter. È da ritenere che un siffatto rilievo sottintenda il convincimento, da parte del Tribunale, della necessità di considerare, sempre e in ogni caso, l’intestazione fittizia quale reato presupposto del delitto di reimpiego, con conseguente operatività della clausola di riserva contenuta nell’art. 648-ter in tale prospettiva, il soggetto attivo di tale reato nella specie l’amministratore della società intestataria dei beni per effetto del trasferimento fraudolento non potrebbe mai rispondere di reimpiego, qualora abbia concorso nel reato di cui all’art. 12-quinquies. Deve peraltro osservarsi, al riguardo, che questa Suprema corte ha anche di recente affermato che il delitto di cui all’art. 12-quinquies non è in rapporto di presupposizione necessaria con la più grave ipotesi di cui all’art. 648-ter cod. pen., idonea ad escludere la punibilità delle condotte di reimpiego, atteso che queste richiedono una derivazione causale materiale da delitto dei beni reinvestiti e non un mero collegamento con ipotesi delittuose, quale quella della interposizione, che tale provenienza postulano. In motivazione la S.C. ha precisato che, per il carattere strumentale della fattispecie di trasferimento di valori, la natura derivata dei profitti oggetto di interposizione e la dichiarata caratterizzazione finalistica rispetto all’agevolazione delle condotte di riciclaggio e di reimpiego non è possibile individuare un rapporto di presupposizione giuridica in senso stretto tra il trasferimento fraudolento di valori e le condotte di cui all’art. 648-ter cod. pen. . Sez. 2, n. 20684 del 09/03/2017, Simeoli, Rv. 269993. In senso conforme, con riferimento al delitto di riciclaggio, v. Sez. 6, n. 18496 del 09/11/2011, Figliomeni, Rv. 252658 . È vero che non mancano decisioni secondo cui l’art. 12-quinquies può fungere da reato presupposto dei delitti di cui agli artt. 648-bis cod. pen. e 648-ter cod. pen Sez. 2, n. 33076 del 14/07/2016, Moccia, Rv. 267694 Sez. 2, n. 39756 del 05/10/2011, Ciancimino, Rv. 251193 altrettanto vero è, peraltro, che l’attribuzione di tale qualifica postula l’apprezzamento di una illecita utilità economica direttamente riconducibile alla intestazione fittizia cfr. la sentenza Ciancimino appena richiamata, pag. 37 della motivazione . V. anche la già citata Sez. 5, n. 20093 del 2015, la quale ha individuato il profitto del reato di cui all’art. 12-quinquies, contestato nella fattispecie concreta, nel vantaggio insito nella possibilità di disporre della somma di denaro oggetto della complessiva appropriazione indebita secondo modalità di schermatura tali da rappresentare una realtà fittizia in ordine alla lecita provenienza dei fondi e, quindi, da facilitarne oggettivamente il godimento e la stessa disponibilità da parte degli autori dell’indebita appropriazione pag. 12 della motivazione . In buona sostanza, anche per tale aspetto, l’ordinanza impugnata esprime in astratto valutazioni che invece presuppongono un compiuto accertamento del fumus del reato contestato, alla luce delle concrete risultanze offerte dal P.M. a sostegno della richiesta di sequestro preventivo. 3. Sulla scorta luce delle considerazioni fin qui svolte, va ritenuta sussistente l’erronea applicazione della legge penale prospettata dal P.M., dovendosi considerare assorbite le ulteriori censure formulate. L’ordinanza impugnata deve conseguentemente annullata - limitatamente all’annullamento del sequestro preventivo delle quote sociali e dei beni strumentali trasferiti dalla UNO s.r.l. e dalla O. Distribuzione s.r.l. - con rinvio al Tribunale di Roma per nuovo esame del fumus del reato di cui all’art. 12-quinquies. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata nella parte relativa all’annullamento del sequestro preventivo delle quote sociali e dei beni strumentali trasferiti dalla UNO s.r.l. e dalla O. DISTRIBUZIONE s.r.l., e rinvia con integrale trasmissione degli atti al Tribunale di Roma - Sezione per il riesame delle misure coercitive dichiara inammissibile, nel resto, il ricorso.