Favoreggiamento alla cosca mafiosa: chi è la persona offesa da risarcire?

Ai fini della concessione della riabilitazione, è requisito imprescindibile il risarcimento del danno patito dalla persona offesa o comunque dell’essersi il condannato attivato al fine di eliminare tutte le conseguenze civilistiche derivanti dal reato.

Così la sentenza n. 46570/17, depositata l’11 ottobre. Il fatto. Il Tribunale di sorveglianza di Palermo rigettava l’opposizione di un condannato ex art. 444 c.p.p. per favoreggiamento ad associazione per delinquere di tipo mafioso proposta avverso il provvedimento che respingeva la sua istanza di riabilitazione. Il difensore impugna l’ordinanza in Cassazione chiedendone l’annullamento per aver il giudice di merito sostenuto, erroneamente, che il condannato avrebbe dovuto spontaneamente attivarsi per ristorare i danni patiti dal Comune, parte offesa del reato, per il pregiudizio – patrimoniale e non – subito all’immagine della città e allo sviluppo del turismo e delle attività produttive. Il ricorrente solleva l’obiezione secondo cui, in mancanza della costituzione di parte civile, tale onere non poteva essere assolto e non poteva dunque essergli precluso l’accesso alla riabilitazione. Risarcimento del danno indispensabile per la riabilitazione. La Corte precisa in primo luogo che la condizione del risarcimento del danno alla persona offesa, funzionale alla concessione della riabilitazione, deve trovare spazio anche nel caso di sentenza emessa a seguito di patteggiamento. In relazione alla fattispecie concreta, puntualizza poi che nella valutazione complessiva del comportamento del condanno per accedere alla richiesta riabilitazione, il giudice di merito avrebbe dovuto fare riferimento al reato di favoreggiamento, aprendosi così il complesso problema relativo all’identificazione dell’ente da considerarsi persona offesa dal reato. Ne consegue che, fermo restando il requisito imprescindibile – ai fini della riabilitazione - dell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria o comunque dell’essersi il condannato attivato al fine di eliminare tutte le conseguenza civilistiche derivanti dal reato, il Collegio evidenzia che per poter valutare tale elemento è indispensabile identificare il creditore, la quantificazione dello stesso e la volontarietà dell’inadempimento. Nel caso di specie dunque mancando elementi adeguati in tema di individuazione e adempimento dell’obbligazione risarcitoria, il Tribunale avrebbe dovuto attivare i suoi poteri istruttori per individuare quale Comune o altro ente territoriale potesse considerarsi persona offesa dal reato. Per questi motivi, il provvedimento impugnato viene annullato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 maggio – 11 ottobre 2017, n. 46570 Presidente Di Tomassi – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 10 - 16 marzo 2016, il Tribunale di sorveglianza di Palermo ha rigettato l’opposizione proposta da B.F. avverso il provvedimento reso in data 17 - 24 novembre 2015 con cui era stata respinta l’istanza di riabilitazione presentata dal B. in ordine alla pena a lui inflitta con la sentenza resa ex art. 444 e ss. cod. proc. pen. dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo in data 8 febbraio 2000, irrevocabile il 25 gennaio 2002. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del B. chiedendone l’annullamento ed affidando l’impugnazione a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta violazione degli artt. 178 e 179 cod. pen. e 125 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen Il Tribunale di sorveglianza aveva errato nel sostenere che il B. , vertendosi in tema di favoreggiamento aggravato ex art. 7 l. n. 203 del 1991, avrebbe dovuto spontaneamente attivarsi per ristorare i danni patiti dal Comune o dai Comuni di riferimento tale assunto implicava il travisamento evidente delle condizioni stabilite per la riabilitazione con particolare riferimento all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato in particolare, non era condivisibile estendere al delitto di favoreggiamento l’elaborazione interpretativa inerente al delitto associativo inoltre, anche volendo seguire tale orientamento, non era immediatamente identificabile il soggetto danneggiato, dato che nessun ente territoriale si era costituito parte civile ed era poi obiettivamente difficile identificare il soggetto astrattamente pregiudicato da un reato che offendeva l’interesse dello Stato collettività. In assenza di costituzione di parte civile, era da escludersi che il B. potesse essere consapevole dell’obbligo risarcitorio gravante a suo carico in favore di un non identificato ente comunale e non poteva respingersi la sua istanza avendo lo stesso condannato aveva dato scrupolosa e costante prova di buona condotta astenendosi da ulteriori reati ed avendo anche compiuto in via riparatoria l’opera di volontariato documentata in atti. 2.2. Con il secondo motivo si prospetta vizio di motivazione per quanto richiesto dagli artt. 178 e 179 cod. pen. e 125 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e cod. proc. pen Anche il richiamo all’altra condanna del 1995 era frutto di affermazione illogica e contraddittoria, fondata su una errata valutazione degli atti del procedimento, dal momento che i Carabinieri di Monreale, con la nota del 31 agosto 2015, avevano allegato anche la nota di pagamento in forma di risarcimento relativa al furto di energia elettrica per il quale il B. era stato condannato l’11 agosto 1995 tale dato era stato di fatto ignorato dal Tribunale e viceversa costituiva un ulteriore elemento sintomatico della buona condotta del B. , nonché un riscontro alle deduzioni di cui alla prima doglianza, nel senso che questi - quando si era determinato un danno certo nell’ammontare patito dalla persona offesa identificabile - si era spontaneamente attivato per l’esatto adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato. 3. Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità, per manifesta infondatezza, del ricorso, con le consequenziali statuizioni osservando che quanto al primo motivo, era evidentemente irrilevante che il B. sostenesse di non essere consapevole del suo obbligo risarcitorio nei confronti dell’ente territoriale quanto invece al secondo motivo, la relativa questione non atteneva a circostanza posta a fondamento del diniego della riabilitazione, da considerarsi esaustivamente motivato con l’inadempimento delle obbligazioni civili relative al delitto di favoreggiamento. Considerato in diritto 1. Il ricorso appare fondato e va accolto nei sensi che seguono. 2. Si rileva che il Tribunale a ragione del provvedimento ha osservato che la domanda era da disattendere in quanto dall’analisi del compendio probatorio risultava che il condannato non si era attivato per l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato e, specificamente, per il risarcimento in favore delle vittime. Alle obiezioni del B. , secondo cui egli non avrebbe potuto attivarsi in mancanza della costituzione di parte civile, era stato correttamente risposto che il soggetto danneggiato in relazione al reato accertato doveva considerarsi il Comune relativo al luogo in cui il sodalizio criminoso aveva manifestato la sua operatività e, se in sede di opposizione il B. , oltre a segnalare la sua buona condotta, aveva insistito sul punto che nessun Comune si era costituito parte civile nel processo, occorreva tuttavia replicare che, a parte il fatto che l’istante risultava gravato da un’altra condanna per il delitto contro il patrimonio dell’11 agosto 1995, anch’essa non seguita da risarcimento, neanche simbolico, non era necessaria la costituzione di parte civile affinché nascesse l’obbligo del condannato di risarcimento del danno e, del resto, il B. , oltre a non aver dedotto alcuna attività riparatoria, nemmeno aveva allegato l’eventuale condizione di incapacità economica ostativa all’adempimento della suddetta obbligazione. 3. Posto ciò ed assodato che la competenza a provvedere sull’istanza di riabilitazione appartiene al Tribunale di sorveglianza anche nel caso in cui sia stata pronunziata sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti, essendo detta pronuncia equiparata a una sentenza di condanna v. anche Sez. 1, n. 43751 del 03/11/2011, De Souza Junior, Rv. 251479 , deve rilevarsi innanzi tutto che il riferimento al mancato ristoro relativo al reato contro il patrimonio commesso nel 1995, non avendo valutato, in un senso o nell’altro, la documentazione a supporto citata dal ricorrente, non si profila rilevante per la verifica relativa alle condizioni legittimanti la riabilitazione richiesta dal B. con riferimento all’applicazione ex art. 444 e ss. della pena per il delitto di favoreggiamento sopra indicato. Poi, non essendo revocata in dubbio l’integrazione delle altre condizioni legittimanti la riabilitazione, come stabilite dall’art. 179 cod. pen., fra le quali l’avvenuta dimostrazione da parte del condannato di prove effettive e costanti di buona condotta, è con riferimento all’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato ed, in particolare, al rilievo del mancato risarcimento del danno alla persona offesa che il Tribunale ha ricollegato il rigetto della domanda. Va precisato che la verifica di tale condizione ostativa occorre anche per il caso quale quello in esame in cui il reato sia stato accertato e la pena sia stata irrogata a seguito di sentenza emessa ex art. 444 e ss. cod. proc. pen. arg. ex Sez. 1, n. 4004 del 09/01/2014, Follero, Rv. 259141 . Inoltre, in punto di principio, è certamente da condividere l’affermazione secondo cui, quando si verta in tema di associazione per delinquere di tipo mafioso, il Comune può essere considerato danneggiato dal relativo delitto, in quanto tale reato certamente cagiona un pregiudizio - di carattere patrimoniale e non - almeno all’immagine della città ed allo sviluppo del turismo e delle attività produttive di essa, con conseguente lesione di interessi propri, giuridicamente tutelati, dell’ente che della collettività danneggiata ha la rappresentanza v. Sez. 1, n. 8381 del 22/06/1992, Bono, Rv. 191448 . Sicché, ponendo mente al bacino di concreto dispiegamento dell’attività criminale dell’associazione, si può individuare il Comune o i Comuni che hanno patito un pregiudizio dell’attività delittuosa considerata, per cui è onere del condannato, per realizzare la condizione dell’avvenuto adempimento delle obbligazioni civili che non risultino già individuate ex actis sollecitare il Comune nel cui territorio l’organizzazione criminale si è insediata, anche se non costituitosi parte civile, a provvedere alla stima del danno ad esso arrecato, in quanto esso è sicuramente valutabile in modo equitativo, in relazione alla gravità della lesione determinata per l’interesse della collettività Sez. 7, Ord. n. 2903 del 02/10/2014, dep. 2015, Rv. 262274 . Era ed è - peraltro - da considerare che, nel caso di specie, al B. è stata applicata la pena concordata per il reato di favoreggiamento, pur se aggravato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991. E, sebbene rilevi nella valutazione complessiva l’evenienza della ora indicata circostanza aggravante, resta il fatto che la fattispecie antigiuridica a cui si doveva e si deve correlare in via primaria la verifica della possibilità e, se del caso, dell’adeguatezza dell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria dei danni determinati da reato era ed è quella del favoreggiamento. Anche rispetto ad essa si pone il problema della identificazione dell’ente o degli enti che siano da considerarsi danneggiati dal relativo delitto, posto che non è da considerarsi persona offesa da detto reato il soggetto che abbia denunciato la condotta di intralcio alle investigazioni dell’autorità v., fra le altre, Sez. 5, n. 43207 del 16/09/2008, Abate, Rv. 241731 , non essendo il denunciante titolare di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo al regolare andamento dell’amministrazione della giustizia che costituisce il bene protetto dalla norma incriminatrice. Certamente, può verificarsi che anche la specifica attività fiancheggiatrice della cosca mafiosa abbia in concreto arrecato danni all’ente o agli enti esponenziali degli interessi delle comunità insediate sul territorio su cui l’organizzazione criminale ha operato nel periodo di interesse. Epperò occorre riconoscere che la specificità della verifica si profila in questo caso più complessa per l’identificazione dell’ente danneggiato e della misura del pregiudizio dallo stesso subito. Sicché, fermo restando che l’adempimento dell’obbligazione risarcitoria o comunque l’attivarsi del condannato al fine di eliminare tutte le conseguenze di ordine civile derivanti dal reato integra condizione imprescindibile per la riabilitazione, anche quando sia mancata nel processo la costituzione di parte civile e non vi sia stata alcuna pronuncia in ordine alle obbligazioni civili conseguenti al reato v. anche Sez. 1, n. 49446 del 07/11/2014, Zurita Martinez, Rv. 261276 , occorre al contempo evidenziare che per potersi valutare il mancato risarcimento dei danni a favore dell’avente titolo, o in ogni caso l’omessa tacitazione delle sue ragioni creditorie, è necessario accertare se sia individuato o individuabile il creditore, se il suo credito abbia avuto una quantificazione da parte dello stesso e se l’inadempimento sia stato volontario, oppure sia stato necessitato anche dall’impossibilità di quantificare il danno nel silenzio della sentenza o da altri elementi idonei ad incidere sulla volontarietà dell’inadempimento in questione. In questo quadro, connotato dalla carenza dell’emersione di adeguati elementi sulla possibilità dell’individuazione e, quindi, dell’adempimento dell’obbligazione risarcitoria, deve allora osservarsi che il Tribunale, per un verso, non ha attivato i suoi poteri istruttori, anche di natura officiosa, idonei per identificare il Comune o i Comuni, o altri enti territoriali, che - potendo dirsi danneggiati, anche sotto il profilo del pregiudizio all’immagine, dal reato commesso dal B. - avessero titolo a veder reintegrata dal condannato la rispettiva sfera economico-giuridica e, dall’altro, ha fornito una motivazione inadeguata, in quanto incongruamente semplificante, in ordine all’attività riparatoria documentata come svolta dal condannato mediante la prestazione dell’opera di volontariato, opera volta a mettere in essere un comportamento di natura compensativa e, in linea di principio, di portata riparatoria a beneficio della comunità insediata sullo stesso territorio in cui il ricorrente aveva compiuto l’attività favoreggiatrice. Tale versante non si profila analizzato in modo sufficiente dai giudici di merito che - tenuto conto della rilevata specificità del reato in relazione a cui la riabilitazione è stata chiesta - hanno mancato il compimento dell’indicato approfondimento istruttorio e poi hanno omesso di fornire una motivazione congrua, sia sull’effettiva esigibilità della prestazione risarcitoria, sia sull’entità della prestazione riparatoria, con riflessi compensativi, addotta come compiuta dal ricorrente. 4. In considerazione degli emersi vizi, il provvedimento impugnato va, pertanto, annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Palermo per nuovo esame, da effettuarsi nell’alveo dei principi qui affermati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Palermo.