Costruzione: comprende qualsiasi occupazione definita nel suolo e nello spazio aereo

In tema di tutela del territorio, costituisce costruzione” in senso tecnico-giuridico qualsiasi manufatto tridimensionale, comunque realizzato, che comporti una ben definita occupazione del terreno e dello spazio aereo.

Lo ha ribadito, in motivazione, la Terza Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 46594, depositata l’11 ottobre 2017. La nozione di pertinenza In generale, in materia edilizia, affinché un manufatto presenti il carattere di pertinenza, tale da non richiedere per la sua realizzazione il permesso di costruire, è necessario che esso sia preordinato ad un'oggettiva esigenza funzionale dell'edificio principale, sfornito di un autonomo valore di mercato, di volume non superiore al 20% di quello dell'edificio cui accede, di guisa da non consentire, rispetto a quest'ultimo e alle sue caratteristiche, una destinazione autonoma e diversa. Inoltre, si richiede che abbia una propria individualità, che sia oggettivamente preordinato a soddisfare le esigenze di un edificio principale legittimamente edificato, che sia sfornito di autonomo valore di mercato, che abbia ridotte dimensioni, che sia insuscettibile di destinazione autonoma e che non si ponga in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti. La massima di cui alla sentenza in commento è conforme alla costante giurisprudenza della suprema Corte, secondo cui la nozione di pertinenza urbanistica, sottratta al regime della concessione edilizia e assoggettata a quello dell'autorizzazione gratuita, ha peculiarità proprie e distinte dalla nozione civilistica, giacché deve avere una propria identità fisica ed una propria conformazione strutturale ed essere preordinata ad un'esigenza effettiva dell'edificio principale, al cui servizio deve essere posta in via funzionale ed oggettiva, mentre non deve possedere un autonomo valore di mercato, nel senso che il suo volume non deve consentire una sua destinazione autonoma e diversa da quella a servizio dell'immobile cui accede. Deve inoltre escludersi l'applicabilità del regime delle pertinenze urbanistiche ove l'opera edilizia accessoria acceda ad un manufatto principale abusivo, per il quale cioè non sia stata presentata né istanza di concessione in sanatoria né istanza di condono edilizio. e di precarietà del manufatto. In materia edilizia, al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto, l'asserita precarietà dello stesso non può essere desunta dal suo carattere stagionale, ma deve ricollegarsi - a mente di quanto previsto dall'art. 6, comma secondo, lett. b , d.P.R. n. 380/2001, come emendato dall'art. 5, comma 1, d.l. n. 40/2010 convertito, con modificazioni, nella l. n. 73/2010 - alla circostanza che l'opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione. Del resto, è ormai orientamento consolidato quello per cui il carattere stagionale del manufatto realizzato non implica precarietà dell'opera, potendo essere la stessa destinata a soddisfare un bisogno non provvisorio attraverso la perpetuità della funzione, con la conseguenza che rimane necessario il rilascio della concessione edilizia. L’offensività nei reati paesaggistici. In tema di abuso paesaggistico, il principio di offensività opera in relazione all'attitudine della condotta ad arrecare pregiudizio al bene tutelato, in quanto, essendo reato di pericolo, non è richiesta la causazione del danno. L'incidenza della condotta sull'assetto del territorio non può inoltre essere esclusa dalla successiva attestazione della compatibilità paesaggistica dell'opera, rilasciata dell'autorità competente. In altre parole, il delitto paesaggistico di cui all'art. 181, comma 1- bis , d.lgs. n. 42/2004, al pari della contravvenzione prevista dal comma 1 della citata disposizione, ha natura di reato di pericolo e non richiede, per la sua configurabilità, un effettivo pregiudizio per l'ambiente, potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettino inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l'aspetto esteriore degli edifici. Trattasi dunque di reato di pericolo astratto. La fattispecie prevista all'art. 181, comma 1- bis , d.lgs. n. 42/2004 potrà, pertanto, ritenersi consumata con la realizzazione di opere edilizie in assenza o in difformità dalla prescritta autorizzazione paesaggistica, a prescindere dal verificarsi di un danno ambientale ed indipendentemente dell'effettiva alterazione o deturpazione del paesaggio. Il reato non sarà viceversa configurabile allorquando l'agente abbia posto in essere interventi di entità talmente minima da non poter essere considerati neppure astrattamente idonei a porre in pericolo il bene paesaggistico-ambientale. Peraltro, per effetto della sentenza della C. Cost. n. 56/2016 che ha dichiarato la parziale incostituzionalità dell'art. 181, comma 1- bis , d.lgs. n. 42/2004, integra la contravvenzione prevista dal comma primo di detto articolo ogni intervento abusivo su beni vincolati paesaggisticamente, tanto in via provvedimentale che per legge, configurandosi invece il delitto previsto dal successivo comma 1-bis nella sola ipotesi di lavori che superino i limiti volumetrici ivi indicati.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 aprile – 11 ottobre 2017, n. 46594 Presidente Fiale – Relatore Liberati Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 maggio 2016 la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza del 19 novembre 2015 del Tribunale di Sondrio, con cu C.G. era stato condannato alla pena complessiva di giorni 11 di arresto ed Euro 21.000,00 di ammenda ed era stata disposta la rimessione in pristino dello stato dei luoghi, in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. cod. pen., 44, lett. c , d.P.R. 389/2001, e 136, 142, lett. d , 146, 157 e 181 d.lgs. 42/2004 ascrittogli per avere, quale amministratore unico della S.p.a. , in area posta in territorio del Comune di e sottoposta a vincolo paesaggistico, in quanto posta al di sopra di 1.800 metri di altezza sul livello del mare, in assenza dei necessari provvedimenti autorizzativi, posizionato due tensostrutture a ombrello chiuse ermeticamente su tutti i lati, attrezzate internamente con tavoli e sedie per la somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, della lunghezza di m. 15,90, larghezza di m. 4,90, superficie di mq. 77,91 e altezza in gronda di m. 2,5 e all’apice di m. 3,90 . La Corte d’appello, nel confermare la sentenza impugnata, ha disatteso la prospettazione dell’imputato circa la natura temporanea e occasionale delle due tensostrutture oggetto della contestazione, sottolineando la necessità della loro stabile chiusura a causa delle condizioni climatiche dovute alla altitudine e la mancanza di qualsiasi elemento a sostegno del dedotto uso precario e temporaneo, evidenziando, in senso contrario, la funzione delle strutture di ampliare stabilmente la capacità ricettiva della attività commerciale svolta dall’imputato nel locale a esse adiacente. È stata, inoltre, sottolineata la compromissione al paesaggio arrecata dalla presenza di tali tensostrutture, giudicate disarmoniche rispetto al contesto nell’ambito del quale erano state realizzate, che, benché fortemente urbanizzato, trattandosi del centro del Comune di , risulta caratterizzato dalla presenza di costruzioni a destinazione residenziale inserite armonicamente nel paesaggio montano, sia per le dimensioni sia per il rispetto dei canoni architettonici tipici della zona. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, affidato a quattro motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari ai fini della motivazione. 2.1. Con un primo motivo ha denunciato violazione degli artt. 3, comma 1, lett. e.5 , e 10, comma 1, d.P.R. 380/2001 e degli artt. 27, comma 1, lett. e.5 , e 33, comma 1, l. Regione Lombardia n. 12 del 2005, in quanto l’intervento realizzato, e cioè la posa delle due strutture, non determinava trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, essendo stato compiuto con manufatti leggeri e allo scopo di soddisfare esigenze temporanee i giudici di merito avevano, infatti, erroneamente definito come tensostrutture due semplici ombrelloni in alluminio e tela avvolti su un asse centrale, con due pali di sostegno in alluminio aventi funzione accessoria, posti davanti ad altre preesistenti strutture non oggetto della contestazione tali ombrelloni dovevano ritenersi compresi tra le attività di edilizia libera e non interventi di nuova costruzione, come erroneamente ritenuto dai giudici di merito. 2.2. Con un secondo motivo ha lamentato violazione degli artt. 3, comma 1, lett. e.6 , e 10, comma 1, d.P.R. 380/2001 e dell’art. 6.6. del regolamento edilizio del Comune di , e mancanza di motivazione, a proposito della esclusione della natura temporanea della tensostruttura e del suo carattere di pertinenza. Ha sottolineato al riguardo che i due ombrelloni non eccedevano il 20% dell’edificio principale a servizio del quale erano stati posti, non ne costituivano un prolungamento ma erano dotati di autonomia, e non erano dotati di un valore di mercato autonomo e indipendente da quello dell’edificio principale, con la conseguente esclusione della necessità del permesso di costruire per il loro posizionamento in considerazione di tali caratteristiche. 2.3. Con un terzo motivo ha prospettato contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione riguardo al carattere occasionale e amovibile del manufatto, che avrebbe dovuto indurre i giudici di merito a escludere la necessità del permesso di costruire, rientrando l’opera, in virtù di tali caratteri, nella attività edilizia libera. 2.4. Con un quarto motivo ha prospettato violazione dell’art. 146 d.lgs. 42/2004 e vizio della motivazione, con riferimento al reato paesaggistico ascrittogli, per l’insufficiente accertamento dell’esistenza di un danno al paesaggio quale conseguenza della realizzazione delle opere incriminate, occorrendo l’accertamento in concreto di un pregiudizio ai valori paesaggistici protetti per poter ritenere configurabile il reato di cui all’art. 181 d.lgs. 42/2004. Al riguardo non era stata adeguatamente considerata la modesta entità delle opere, la loro precarietà e, soprattutto, la presenza di altre tensostrutture del tutto simili, che avrebbero dovuto indurre i giudici di merito a escludere una compromissione ai valori protetti dalla disposizione incriminatrice contestatagli. Considerato in diritto 1. Il ricorso, peraltro ampiamente riproduttivo dei motivi d’appello, non è fondato. 2. Il primo motivo, mediante il quale è stata denunciata violazione degli artt. 3, comma 1, lett. e.5 , e 10, comma 1, d.P.R. 380/2001 e degli artt. 27, comma 1, lett. e.5 , e 33, comma 1, I. Regione Lombardia n. 12 del 2005, è infondato. Con esso, infatti, il ricorrente, pur prospettando una violazione di legge penale, tende a censurare l’accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito che, sulla base di quanto emerso dall’istruttoria svolta, e in particolare di quanto riferito dai testi escussi e di quanto desumibile dalle riproduzioni fotografiche dei manufatti, hanno ritenuto accertato che l’imputato abbia realizzato le due tensostrutture indicate nella imputazione e cioè due tensostrutture a ombrello chiuse ermeticamente su tutti i lati, attrezzate internamente con tavoli e sedie per la somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, della lunghezza di m. 15,90, larghezza di m. 4,90, superficie di mq. 77,91 e altezza in gronda di m. 2,5 e all’apice di m. 3,90 , mentre il ricorrente sostiene di essersi limitato a posare due ombrelloni in alluminio e tela avvolti su un asse centrale e con sostegni in alluminio, e che le tensostrutture poste alle spalle di questi sarebbero estranee al giudizio si tratta di doglianza non consentita nel giudizio di legittimità, in quanto volta a conseguire una rivisitazione delle risultanze dell’istruttoria svolta sulla base delle quali i giudici di merito hanno concordemente ritenuto accertata la realizzazione delle opere come descritte nel punto 1 della imputazione , allo scopo di mutare l’oggetto dell’accertamento giudiziale, alla cui determinazione i giudici di merito sono pervenuti in modo del tutto univoco e coerente e che non è neppure stato oggetto di specifiche censure da parte del ricorrente. Tali tensostrutture sono, poi, del tutto correttamente state qualificate come nuove costruzioni, come tali richiedenti il permesso di costruire e l’autorizzazione paesaggistica, in quanto costituisce costruzione in senso tecnico - giuridico un manufatto tridimensionale che comporti una ben definita occupazione del terreno e dello spazio aereo Sez. 3, n. 5624 del 17/11/2011, Lavorato, Rv. 251904 Sez. 3, n. 6806 del 10/01/2001, Falcone, Rv. 219049 , ed è ciò che è stato realizzato nel caso di specie dal ricorrente, essendo stato accertato il posizionamento stabile del manufatto indicato nella imputazione, che possiede le caratteristiche di ingombro del terreno e dello spazio aereo richieste dalla giurisprudenza di legittimità per la configurabilità di una nuova costruzione, come tale richiedente il permesso di costruire. 3. Il secondo motivo, mediante il quale è stata prospettata la natura pertinenziale della tensostruttura, è inammissibile. Affinché un manufatto presenti il carattere di pertinenza, tale da non richiedere per la sua realizzazione il permesso di costruire, è necessario che esso sia preordinato a un’oggettiva esigenza funzionale dell’edificio principale, sia sfornito di un autonomo valore di mercato, sia di volume non superiore al 20% di quello dell’edificio cui accede, di guisa da non consentire, rispetto a quest’ultimo e alle sue caratteristiche, una destinazione autonoma e diversa così, da ultimo, Sez. 3, n. 52835 del 14/07/2016, Fahrni, Rv. 268552 conf. Sez. 3, n. 25669 del 30/05/2012, Zeno, Rv. 253064 Sez. 3, n. 6593 del 24/11/2011, Chiri, Rv. 252442 Sez. 3, n. 39067 del 21/05/2009, Vitti, Rv. 244903 Sez. 3, n. 37257 del 11/06/2008, Alexander, Rv. 241278 . Tali caratteristiche del manufatto realizzato dall’imputato non sono in precedenza state prospettate, non emergendo ciò né dalla sentenza di primo grado, né dai motivi d’appello mediante i quali era stata solamente prospettata la temporaneità della tensostruttura e la sua inoffensività sul piano paesaggistico , né dalla sentenza di secondo grado, sicché non è dato rilevare al riguardo alcun vizio della motivazione di tale ultima sentenza, né violazioni di legge, posto che risulta ora precluso l’accertamento di tale carattere dell’opera, che richiederebbe indagini in fatto non consentite nel giudizio di legittimità, con la conseguente inammissibilità della censura, volta a conseguire una rivalutazione delle risultanze di fatto esaminate dai giudici di merito. 4. Il terzo motivo, mediante il quale è stata prospettata la natura temporanea e amovibile dell’opera, con la conseguente esclusione della necessità del permesso di costruire per la sua realizzazione, è infondato. Va al riguardo ribadito che, al fine di ritenere sottratta al preventivo rilascio del permesso di costruire la realizzazione di un manufatto, l’asserita precarietà dello stesso non può essere desunta dal suo carattere stagionale, ma deve ricollegarsi - a mente di quanto previsto dall’art. 6, comma secondo, lett. b , d.P.R. n. 380 del 2001, come emendato dall’art. 5, comma primo, d.l. 25 marzo 2010, n. 40 convertito, con modificazioni, nella l. n. 73 del 2010 - alla circostanza che l’opera sia intrinsecamente destinata a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee, e ad essere immediatamente rimossa al venir meno di tale funzione, non risultando al riguardo sufficiente la sua astratta rimovibilità o il mancato ancoraggio al suolo Sez. 3, n. 36107 del 30/06/2016, Arrigoni, Rv. 267759 Sez. 3, n. 966 del 26/11/2014, Manfredini, Rv. 261636 Sez. 3, n. 34763 del 21/06/2011, Bianchi, Rv. 251243 Sez. 3, n. 13705 del 21/02/2006, Mulas, Rv. 233926 . Di tali consolidati e condivisibili criteri ermeneutici la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione, escludendo la natura occasionale e precaria delle strutture poste in essere dall’imputato, in considerazione dell’uso delle stesse compiuto in concreto al riguardo è stato sottolineato che la funzione, stabile e duratura, di tali tensostrutture è quella di aumentare in via non occasionale la capacità ricettiva dell’esercizio commerciale dell’imputato, grazie anche alla chiusura laterale con teloni della struttura che ne consente l’utilizzo per lunghi periodi dell’anno, sicché, indipendentemente dalle loro caratteristiche costruttive, ne è stata esclusa la natura precaria e occasionale, considerando correttamente l’utilizzo stabile e la funzione duratura. Ne consegue l’infondatezza della doglianza, essendo correttamente stata esclusa la natura precaria e il carattere occasionale dell’opera. 5. Il quarto motivo, relativo alla mancanza di compromissione del paesaggio quale conseguenza della installazione delle due tensostrutture incriminate, è infondato. Questa Corte ha costantemente affermato che il reato di pericolo astratto previsto dall’art. 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 non richiede ai fini della sua configurabilità un effettivo pregiudizio per l’ambiente, né la concretezza della messa in pericolo del bene tutelato, essendo sufficiente l’esecuzione, in assenza di preventiva autorizzazione, di interventi che siano astrattamente idonei ad arrecare nocumento al bene giuridico tutelato, Sez. 3, n. 11048 del 18/02/2015, Murgia, Rv. 263289 Sez. 3, n. 6299 del 15/01/2013, Simeon, Rv. 254493 , potendo escludersi dal novero delle condotte penalmente rilevanti soltanto quelle che si prospettino inidonee, pure in astratto, a compromettere i valori del paesaggio e l’aspetto esteriore degli edifici, posto che nelle zone paesisticamente vincolate è inibita ogni modificazione dell’assetto del territorio attuata attraverso qualsiasi opera non soltanto edilizia ma di qualunque genere Sez. 3, n. 34764 del 21/06/2011, Fanciulli, Rv. 251244 Sez. 3, n. 14461 del 07/02/2003, Carparelli, Rv. 224468 . Coerentemente a tale indirizzo interpretativo la Corte d’appello ha, quindi, affermato la configurabilità anche del reato paesaggistico, sottolineando l’idoneità dell’opera realizzata dall’imputato a compromettere il paesaggio, evidenziando come le tensostrutture posizionate dal ricorrente siano disarmoniche rispetto alle caratteristiche alpine dell’area circostante, caratterizzata dalla presenza di abitazioni ben inserite nella cornice tipica del paesaggio di montagna, rispettose dei canoni architettonici tipici della zona si tratta di motivazione adeguata e idonea a dar conto della astratta idoneità delle opere realizzate dall’imputato a compromettere il valore del paesaggio, stante la loro assoluta distonicità rispetto ai canoni costruttivi della zona, con la conseguente infondatezza della doglianza sollevata al riguardo dall’imputato. 6. In conclusione il ricorso deve essere respinto, stante l’infondatezza del primo, del terzo e del quarto motivo di ricorso e l’inammissibilità del secondo. Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.