La multa prevista per lo straniero che non adempie al decreto di espulsione non contrasta con il diritto comunitario

La contravvenzione di cui all’art. 14, comma 5-ter t.u. immigrazione, punita con la multa da 6 a 15mila euro, non contrasta con la direttiva 2008/115/CE recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi tezi il cui soggiorno sia irregolare.

Così la S.C. con la sentenza n. 46527/17, depositata il 10 ottobre. La vicenda. Il Giudice di Pace di Naso dichiarava non doversi procedere, con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, nei confronti di un’indagata per la contravvenzione art. 14, comma 5- ter , d.lgs. n. 286/1998 di inadempimento a decreto di espulsione dal territorio dello Stesso emesso nei suoi confronti. Afferma il Giudice di Pace che la norma incriminatrice debba essere disapplicata in quanto, in base ai principi affermati dalla CGUE sentenza 28 aprile 2011, El Dridi , contrasta con la direttiva 2008/115/CE. Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale impugna la sentenza in Cassazione. Contesto normativo. Come afferma il ricorrente, la motivazione addotta dal provvedimento impugnata risulta erronea. La violazione dell’ordine di espulsione disposto in applicazione dell’art. 13, comma 5, t.u. immigrazione d.lgs. n. 286/1998 infatti è punita dall’art. 14, comma 5- ter con la multa da 6 a 15mila euro. Ai sensi del successivo art. 16, comma 1- bis , la multa può essere sostituita con l’espulsione del condannato. Disciplina comunitaria. Il richiamo alla giurisprudenza della CGUE è dunque errato in quanto il precedente citato dal giudice di merito affermava il contrasto del t.u. immigrazione con la direttiva 2008/115/CE nella formulazione allora vigente che prevedeva la reclusione del cittadino di un paese terzo il cui soggiorno era irregolare per la sola ragione che egli, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio dello Stato, si sia ivi trattenuto senza giustificato motivo. Il d.l. n. 89/2011, intervenendo su tale disciplina, sostituiva con sanzioni penali pecuniarie le sanzioni detentive previste e appunto contrastanti con la direttiva comunitaria. La fattispecie disciplinata dall’attuale art. 14, comma 5- ter , t.u. immigrazione non contrasta dunque con la direttiva 2008/115 e non può dunque essere disapplicata dal giudice. Per questi motivi, la Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo giudizio al Giudice di Pace di Naso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 settembre – 10 ottobre 2017, n. 46527 Presidente Carcano – Relatore Vannucci Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 3 ottobre 2016 il Giudice di pace di Naso dichiarò non doversi procedere nei confronti di D.G.Y.V. in ordine alla contravvenzione di cui all’articolo 14, comma 5-ter , del d.lgs. n. 286 del 1998 inadempimento a decreto di espulsione dal territorio dello Stato nei suoi confronti emesso ai sensi dell’articolo 13, comma 5, dello stesso decreto , accertata in Capo d’Orlando il 30 marzo 2015, perché il fatto non è previsto dalla legge come reato e ciò sul rilievo che, anche alla luce dei contenuti della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 28 aprile 2011, El Dridi, la condotta contestata è in contrasto con la disciplina contenuta nella direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008 perché privativa dell’effetto utile di tale disciplina. 2. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Patti che ha dedotto che erroneamente il giudice di pace avrebbe disapplicato la norma incriminatrice contenuta nell’articolo 14-comma 5-ter , del d.lgs. n. 286 del 1998 per asserito contrasto della stessa con la citata direttiva 2008/15/CE, dal momento che la previsione di pena pecuniaria dalla menzionata norma di legge non è di ostacolo all’esecuzione dell’espulsione dello straniero e che la direttiva non vieta che il diritto di uno Stato membro qualifichi il soggiorno irregolare alla stregua di reato e preveda sanzioni penali per scoraggiare e reprimere la commissione di siffatta infrazione, come affermato dalla stessa Corte di giustizia con le sentenze emesse, rispettivamente, il 6 dicembre 2011, in causa C-329/11, Achughbabian e il 6 dicembre 2012, in causa C-430/11, Sagor. Considerato in diritto Il ricorso è fondato, essendo manifestamente erronea in diritto la motivazione fondante la decisione assolutoria. Invero, l’inadempimento dell’imputata al decreto di espulsione nei suoi confronti emesso dal prefetto, in applicazione dell’articolo 13, comma 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 di seguito indicato come t.u. immigrazione venne, secondo l’imputazione, accertato il 30 marzo 2015 in ragione del tempo di accertamento trova quindi applicazione, per quanto qui interessa, l’articolo 14, comma 5-ter t.u. immigrazione, nel testo risultante dalla sostituzione del contenuto di tale articolo operata dall’articolo 3, comma 1, lett. d , 5 , del decreto-legge n. 89 del 2011, convertito, con modificazioni, nella legge n. 129 del 2011. La violazione dell’ordine di espulsione disposto in applicazione dell’articolo 13, comma 5, del testo unico è oggi punita dal citato articolo 14, comma 5-ter con la multa da 6.000 a 15.000 Euro. Il successivo articolo 16, comma 1-bis, t.u. immigrazione inserito dall’articolo 3, comma 1, lett. h , della legge n. 161 del 2014 prevede poi, per quanto qui interessa, che nel caso di condanna per i reati previsti dal precedente articolo 14, comma 5-ter il giudice può sostituire la pena della multa con l’espulsione del condannato per la durata stabilita dell’articolo 13, comma 14. Rispetto al contenuto della disciplina penale applicabile al caso di specie, è dunque errato in diritto, in funzione della disapplicazione di tale disciplina, il richiamo al contenuto di Corte giustizia U.E., 28 aprile 2011, El Dridi, che affermò il contrasto con gli artt. 15 e 16 della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 16 dicembre 2008, 2008/115/CE, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, della disciplina italiana contenuta nel t.u. immigrazione al tempo della pronuncia vigente, prevedente l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno era irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio di tale Stato, avesse a permanere in detto territorio senza giustificato motivo. Orbene, è proprio in considerazione del contenuto di tale decisione che venne emanato il citato decreto-legge n. 89 del 2011 che sostituì con sanzioni penali pecuniarie le sanzioni detentive previste nel previgente articolo 14, comma 5-ter, dalla citata sentenza della Corte di giustizia ritenute incompatibili con le pertinenti disposizioni della direttiva. Il giudice di pace ha quindi disapplicato una disciplina sanzionatoria diversa da quella ritenuta dalla citata sentenza El Dridi contrastante con gli artt. 15 e 16 della citata direttiva. Al riguardo, è opportuno precisare che la direttiva 2008/115, per come interpretata dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea non si prefigge l’obiettivo di armonizzare integralmente le norme degli Stati membri sul soggiorno degli stranieri e, quindi, non vieta che il diritto di uno Stato membro qualifichi come reato il soggiorno irregolare e preveda sanzioni penali per scoraggiare e reprimere la commissione di siffatta infrazione in questo senso, cfr. Corte giustizia, 6 dicembre 2011, Achughbabian Corte giustizia, 6 dicembre 2012, Sagor . Con particolare riferimento alla disciplina penale dell’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato contenuta nell’articolo 10-bis t.u. immigrazione, la stessa Corte di giustizia, con la citata sentenza Sagor e con l’ordinanza 21 marzo 2013, Mbaye, ha chiarito che l’adozione e l’esecuzione delle misure di rimpatrio previste dalla direttiva 2008/115 non vengono ritardate o in altro modo ostacolate dalla circostanza che è pendente un’azione penale come quella prevista dal t.u. immigrazione, dal momento che il rimpatrio previsto agli artt. 13 e 14 del t.u. può essere realizzato indipendentemente da tale azione penale e senza che quest’ultima debba essere stata accolta il fatto che l’azione penale conduca all’applicazione della pena dell’ammenda non è di per sé fatto idoneo ad ostacolare la procedura di rimpatrio sancita dalla direttiva, non impedendo in alcun modo l’applicazione di una pena pecuniaria che una decisione di rimpatrio sia adottata ed attuata nella piena osservanza delle condizioni enunciate agli articoli 6-8 della direttiva 2008/115, né pregiudica le norme comuni in materia di adozione di provvedimenti restrittivi della libertà enunciate agli articoli 15 e 16 di tale direttiva infine la direttiva non osta alla normativa di uno Stato membro che sanzioni il soggiorno irregolare di cittadini di paesi terzi con un’ammenda sostituibile con la pena dell’espulsione, ma tale facoltà di sostituzione può essere esercitata solo se la situazione dell’interessato corrisponde a una di quelle previste dall’articolo 7, paragrafo 4, di tale direttiva. Conformandosi al contenuto di tali pronunzie, la giurisprudenza di legittimità relativa al reato previsto dal più volte citato articolo 10-bis t.u. immigrazione ha avuto quindi modo di precisare che la sostituzione della pena dell’ammenda con l’espulsione coattiva ai sensi del successivo articolo 16 è consentita ad eccezione che a emerga dagli atti il concreto rischio di fuga da parte dello straniero, che dovrà essere apprezzato caso per caso dal giudice in base a un esame individuale della situazione dello straniero, giacché ove tale rischio non sussista lo straniero ha diritto a una decisione di rimpatrio che gli riconosca, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva, un termine per la partenza volontaria, che non è in facoltà del giudice di pace concedergli b risulti accertato che è effettivamente possibile l’esecuzione immediata dell’espulsione e che non sussiste alcuna delle condizioni ostative di cui all’articolo 14, comma 1 del t.u. Entro tali limiti la fattispecie contravvenzionale non può però essere oggetto di disapplicazione cfr. Cass. Sez. 1, n. 45544 del 15 settembre 2015, Ahmed, Rv. 265233 Cass. Sez. 1, n. 5 del 19 novembre 2014, dep. 2015, Eric, n.m. . L’interpretazione offerta dalle decisioni della Corte di giustizia da ultimo citate alla disciplina della direttiva 2008/115 in riferimento al reato previsto dall’articolo 10-bis t.u. immigrazione valgono anche quanto alla disciplina penale recata dal successivo articolo 14, comma 5-ter in ragione della sua sostanziale coincidenza con quella considerata dalle decisioni medesime. In conclusione, la fattispecie avente disciplina nell’articolo 14, comma 5-ter, t.u. immigrazione non contrasta con la direttiva 2008/115 e non può, quindi, essere disapplicata dal giudice. La sentenza impugnata deve dunque essere per tale motivo annullata con rinvio allo stesso Giudice di pace di Naso per un nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace di Naso.