Per l’ammissione al gratuito patrocinio non rileva il reddito del coniuge vittima di maltrattamenti e atti persecutori

Il reddito del coniuge vittima dei reati di maltrattamenti e di atti persecutori, che, per sottrarsi alla condotta delittuosa dell’altro coniuge, abbia abbandonato la casa coniugale, non concorre al calcolo del reddito familiare ai sensi dell’art. 76, commi 2 e 4, d.P.R. n. 115/1992 per l’ammissione al gratuito patrocinio dell’imputato, sia per la oggettiva cessazione dello stato di convivenza, sia per il conflitto di interessi originato tra le parti

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 45889/17, depositata il 5 ottobre M Il rapporto di convivenza alla prova del conflitto di interessi con il coniuge ai fini della individuazione dei componenti del reddito complessivo per l’ammissione al gratuito patrocinio. L’art. 76 d.P.R. n. 115/2002 dispone che, ai fini del calcolo della soglia di reddito minima per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato al reddito del richiedente il beneficio – se convive con il coniuge e con altri familiari - si sommano i redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia comma 2 , mentre non si tiene conto dei redditi dei familiari nel caso in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri familiari con lui conviventi comma 4 . Nel caso di specie l’interessato, imputato per i reati di maltrattamenti e di atti persecutori stalking” nei confronti del coniuge, aveva impugnato l’ordinanza del Tribunale di Trani di revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio, disposta nell’ambito del medesimo procedimento penale, a seguito della verifica dell’Agenzia delle Entrate che accertava un reddito complessivo superiore ai limiti per l’ammissione al beneficio, per la concorrenza di redditi percepiti nel medesimo periodo dal coniuge persona offesa, costretto a lasciare la casa per sottrarsi alle violenze. Con la citata sentenza n. 45889/2017, M. la Suprema Corte ha ritenuto che il reddito del coniuge che abbia abbandonato il tetto coniugale, perché vittima del reato di maltrattamenti e di atti persecutori, non deve essere computato per la determinazione del reddito complessivo per l’ammissione al gratuito patrocinio. Ciò in ragione della cessazione dello stato di convivenza, per effetto dell’allontanamento volontario e definitivo dalla casa coniugale della vittima dei reati per i quali si procedeva e l’oggettiva ed evidente situazione di conflitto tra l’interesse e il diritto di questa ad ottenere protezione per sé e i propri figli dalle violenze e vessazioni familiari e quello dell’imputato ad accedere alla tutela legale riservata ai non abbienti. Perché possa tenersi conto del reddito del coniuge o familiare convivente ai fini dell’ammissione al beneficio dell’interessato, dunque, è necessario che ricorrano due presupposti. L’uno, di contenuto positivo, costituito dalla situazione di fatto del rapporto di convivenza coniugale o abitativa l’altro, negativo, dell’assenza di un conflitto di interessi tra le parti oggettivamente rilevabile. Tali presupposti sono dedotti dal chiaro dettato del combinato disposto dei commi 2 e 4 dell’art. 76 d.P.R. n. 115/1992, in cui la disposizione del comma 4 si pone come norma di eccezione rispetto a quella generale di cui al comma 2. La pronuncia in commento delinea con nettezza i presupposti per la determinazione di una situazione di convivenza familiare non conflittuale, nel solco del consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità in tema di condizioni di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti. Ciò che rileva ai fini della sussistenza del requisito della convivenza non è, infatti, una condizione di mera coabitazione fisica, ma il continuativo rapporto di affetto, la costante comunanza di interessi, la condivisione di responsabilità e, dunque, un legame stabile e duraturo. Tale condizione non è esclusa, ad esempio, dallo stato di detenzione, pur protratto nel tempo, di uno dei componenti del nucleo familiare, del cui reddito deve tenersi conto ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato Cass. pen., sez. IV, n. 15715/15 in senso conforme, Cass. pen. Sez. IV, ord. n. 17374/06 . In applicazione di tale principio. Cass. pen., Sez. IV, n. 29302/2014 ha escluso che concorra alla determinazione della soglia minima prevista dalla legge il reddito del coniuge in stato di separazione di fatto, giacché quest'ultimo, pur coabitando, non compie alcuna attività concreta di contribuzione alla vita familiare. Sul punto giova anche richiamare l’arresto di Cass. pen. Sez. IV, n. 11902/16 secondo cui, qualora si proceda per il reato di violazione degli obblighi assistenziali, non si tiene conto dei redditi facenti capo al coniuge e ai figli che solo formalmente compongono il nucleo familiare . Siffatto stato di convivenza costituisce, dunque, l’elemento fondante la presunzione normativa di concorrenza del reddito del coniuge o familiare, rispetto alla quale la situazione di conflitto di interessi rileva, quale elemento di esclusione, solo se oggettivamente incompatibile. Sul punto, Cass. pen. Sez. IV, n. 11629/15, P.C., afferma che nella determinazione del reddito complessivo rilevante ai fini dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato si deve tener conto dei redditi facenti capo al convivente more uxorio anche nel caso in cui l'istante abbia dedotto una situazione di grave conflittualità sfociata in iniziative giudiziarie. Si tratta di un principio solo in apparente contrasto con quello affermato dalla sentenza in commento. Infatti, la situazione oggettiva di conflitto di interessi che non sia sfociata in una cessazione dello stato di convivenza, inteso quale stretta coabitazione” e comunanza persistente e duratura di un rapporto affettivo, non comporta, di per sé, il venir meno della peculiare organizzazione economica che caratterizza tale situazione di fatto. Del pari, si esclude altresì che tale nozione di convivenza, rilevante ai fini dell'individuazione dei soggetti il cui reddito deve partecipare con quello dell'interessato all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, includa incrementi patrimoniali per occasionali ed episodici contributi di persone legate all'interessato da un particolare rapporto affettivo, ma non inserite nella suddetta organizzazione economica familiare Cass. pen., Sez. IV, n. 22635/05 . Dunque, solo la situazione di conflitto che si presenti insuperabile e tale da provocare l’interruzione della situazione di coabitazione – quale quella derivante dalla condizione di vittima del reato di maltrattamenti e di atti persecutori in ambito familiare, o di altro reato che mini le condizioni minime per il mantenimento del vincolo di compartecipazione affettiva alla vita ed alla organizzazione familiare – assume rilevanza ai fini della esclusione dal cumulo con il reddito dell'interessato per l'ammissione di questi al patrocinio a spese dello Stato.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 30 giugno – 5 ottobre 2017, numero 45889 Presidente Izzo – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. Con decreto in data 12 dicembre 2016 il Tribunale di Trani revocava il beneficio dell’ammissione al gratuito patrocinio concesso a M.R.V. , a seguito di una verifica dell’Agenzia delle Entrate, che aveva accertato per l’anno di imposta 2014 un reddito complessivo familiare pari ad Euro 15,429,66, superiore al limite previsto di Euro 11.528,41. 2. Ha proposto ricorso l’imputato, tramite il difensore di fiducia, per violazione ed erronea applicazione dell’articolo 76 del D.P.R. numero 115/2002. Lamenta che dall’allegato prospetto di verifica era indicato il reddito dell’anno 2014 di Euro 15,429,66 e del 2015 di Euro 4.551,84 senza specificazione di quale fosse stato quello prodotto dall’istante e quello degli altri componenti del nucleo familiare anagrafico. Aggiunge che fin dal giugno 2014 era cessato lo stato di convivenza con la moglie e che con la stessa vi era conflitto di interessi, stante il procedimento in corso per i reati di cui agli artt. 572, 61 numero 2, 582, 612 bis, commi 2 e 3, c.p Inoltre doveva tenersi conto della rilevante variazione di reddito intervenuta successivamente alla presentazione della dichiarazione dei redditi, che comportava la possibilità di ammissione al beneficio. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Ai sensi dell’articolo 76 D.P.R.numero 115 del 2002, può essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore ad una determinata soglia, che viene annualmente aggiornata con decreto ministeriale, e che per l’anno di imposta che interessa, il 2014, era di C 11.528,41 comma 1 . Salvo quanto previsto dall’articolo 92 - secondo cui se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni dell’articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall’articolo 76, comma 1, sono elevati di Euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi - se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l’istante comma 2 . Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti del nucleo familiare con lui conviventi comma 4 . 3. Ciò posto dal punto di vista della disciplina normativa, si osserva che nella richiesta di revoca del beneficio trasmessa al G.I.P. dall’Agenzia delle Entrate viene indicato genericamente il reddito complessivo familiare accertato nell’anno 2014, pari ad Euro 15.429,66, senza alcuna specificazione soggettiva, nel senso che in tale ammontare non è indicata quale sia la quota di esso effettivamente imputabile all’odierno ricorrente. Tale omessa precisazione in ordine alle varie voci di reddito individuale, che confluiscono nel reddito familiare, appare di particolare rilievo nel caso che interessa, poiché il M. era stato ammesso al gratuito patrocinio nell’ambito di un procedimento che lo vede incolpato dei delitti di cui agli artt. 572, 61 numero 2, 582, 612 bis, commi 2 e 3, c.p. ai danni della moglie T.A. e dei due figli minori. Nell’ordinanza applicativa della misura cautelare della custodia in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Trani il 26 aprile 2016 ed allegata all’odierno ricorso, si legge che la T. , esasperata dalla situazione ormai insostenibile dovuta alle gravi condotte del marito, era stata costretta in data 28 giugno 2014 ad abbandonare l’abitazione coniugale ed a rifugiarsi con i bambini a casa dei suoi genitori, allo scopo di proteggere l’incolumità psichica e fisica sua e dei figli. La convivenza tra i coniugi dunque era cessata nel 2014. Ciò comporta come conseguenza che un eventuale reddito della T. non concorre più da tale momento a costituire il reddito familiare sia perché di fatto è cessato lo stato di convivenza presupposto per l’applicazione dell’articolo 76, comma 2, del citato D.P.R. numero 115/2002, sia per l’evidente conflitto di interessi tra le parti, trovandosi la T. , in proprio e quale madre di due minori, a contrapporre l’interesse ed il diritto di essere protetta, insieme ai bambini, dalle violenze e vessazioni di cui il coniuge è chiamato a rispondere ai loro danni, all’interesse ed eventuale diritto del marito ad una tutela legale gratuita nel processo articolo 76, comma 4 , riservata ai non abbienti. 4. Si impone pertanto l’annullamento dell’impugnato provvedimento di revoca, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Trani, il quale terrà conto del seguente principio Il reddito del coniuge che abbia abbandonato la casa coniugale per sottrarsi ai maltrattamenti ed agli atti persecutori dell’altro coniuge, il quale, imputato di tali reati, abbia avanzato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello stato, non costituisce reddito familiare ai fini del calcolo della soglia che consente di usufruire di tale beneficio, e ciò sia per la cessazione oggettiva dello stato di convivenza, sia per il conflitto di interessi originato tra le parti dalle azioni delittuose articolo 76, commi 2 e 4, D.P.R. numero 115/2002 . Resta assorbito l’ulteriore motivo di ricorso. P.Q.M. Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al Tribunale di Trani per nuovo esame.