Riforma totale della sentenza di primo grado e motivazione “rafforzata”

In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato.

In particolare, nel giudizio di appello, per la riforma della sentenza assolutoria, in assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45578, depositata il 4 ottobre 2017. La rilevanza della motivazione. L’art. 111, comma 6, Cost. stabilisce che Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati . Parimenti, l’art. 125, comma 3, c.p.p., prevede che le sentenze e le ordinanze sono motivate, a pena di nullità. I decreti sono motivati, a pena di nullità, nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge . E’ appena il caso di rilevare che solo una motivazione congrua e completa è davvero idonea a rendere possibile il controllo sulle ragioni che fondano la validità e l’accettabilità razionale della decisione. Tuttavia, spesso ciò non avviene, e talvolta manca persino l’indicazione dei fatti, tra quelli addotti dalle parti processuali, che hanno convinto il giudicante ad accordare o meno il provvedimento richiesto. In tali casi, la decisione va revocata per nullità derivante dalla mancanza di un requisito formale indispensabile, quale è la motivazione. Nel caso specifico di sentenza d’appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado, essa deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati. I casi in cui la motivazione può rinviare ad altro provvedimento Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la sentenza di appello confermativa della decisione di primo grado è viziata per carenza di motivazione, e si pone dunque fuori dal pur legittimo ambito del ricorso alla motivazione per relationem ”, se si limita a riprodurre la decisione confermata dichiarando in termini apodittici e stereotipati di aderirvi, senza dare conto degli specifici motivi di impugnazione che censurino in modo puntuale le soluzioni adottate dal giudice di primo grado, e senza argomentare sull'inconsistenza o sulla non pertinenza di detti motivi. Pertanto, incorre nella violazione dell'obbligo di motivazione dettato dagli art. 125, comma 3, c.p.p. e 111, comma 6, Cost. il giudice d'appello che, nell'ipotesi in cui le soluzioni adottate dal giudice di primo grado siano state censurate dall'appellante con specifiche argomentazioni, confermi la decisione del primo giudice, dichiarando di aderirvi, senza però dare compiutamente conto degli specifici motivi d'impugnazione, così sostanzialmente eludendo le questioni poste dall'appellante. e la motivazione in appello. La sentenza in commento ribadisce dunque un importante principio di diritto, secondo cui, nel giudizio di appello, in sede di rinvio per annullamento della Cassazione della sentenza assolutoria della Corte d’Appello, in assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella operata dalla precedente sentenza di assoluzione della Corte d’Appello, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio identicamente alla riforma di una sentenza di primo grado. Ad esempio, è immune da vizi la sentenza di condanna nell'ambito di processo celebrato con il rito abbreviato, nella quale il verdetto di colpevolezza sia fondato su puntuali rilievi di contraddittorietà della motivazione assolutoria, ai quali la Corte di appello sia pervenuta sulla base dello stesso materiale istruttorio acquisito in primo grado, ma ampliando la piattaforma valutativa presa in esame dal giudice di prima cura.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 29 novembre 2016 – 4 ottobre 2017, n. 45578 Presidente Savani – Relatore Socci Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Genova, con sentenza in data 9 maggio 2013, in riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 22 marzo 2012, assolveva gli imputati appellanti R.G. , M.V. , O.V. , A.G. e P.E. dal reato di cui agli artt. 40, 41 e 423 c.p., art. 425 c.p., n. 2 e art. 449 cod. pen., loro ascritto, perché il fatto non costituisce reato. Gli imputati erano stati condannati dal Tribunale di Genova alla pena di anni 2 e mesi 3 di reclusione ciascuno, oltre al risarcimento del danno nei confronti della parte civile per aver cagionato un incendio presso lo stabilimento di raffineria omissis , ciascuno nelle proprie qualità e competenze, R. in qualità di direttore della raffineria, M. in qualità di direttore dell’esercizio dello stabilimento, O. in qualità di capo servizio impianti, A. in qualità di responsabile della manutenzione e P. in qualità di responsabile della sicurezza. In particolare, agli imputati era ascritto di aver omesso di predisporre procedure espressamente finalizzate al controllo degli accoppiamenti flangiati ed al serraggio dei relativi tiranti e di procedere di fatto ad adeguati controlli e mirate attività manutentive, tenuto conto della peculiare ubicazione di alcuni dei tiranti stessi. L’incendio era stato causato da una perdita della giunzione sfrangiata in corrispondenza di una valvola dovuta al progressivo ma prevedibile rallentamento di tre tiranti della giunzione per vibrazioni e variazioni di temperatura ed all’assenza di una specifica procedura di manutenzione per prevenire l’allentamento degli stessi in alternativa il fatto poteva essere stato causato dalla rottura del collare della flangia di collegamento della suddetta valvola al tronchetto di tubazione posto a valle causato da un prevedibile assottigliamento dello stesso per effetto di fenomeni corrosivi-erosivi ed all’assenza di una specifica procedura di manutenzione. Il fatto era stato commesso in omissis . 2. Il Tribunale era pervenuto all’affermazione della condotta colposa contestata ritenendo che l’evento non fosse eccezionale e, quindi, imprevedibile e che dagli imputati fosse esigibile l’adozione di un programma manutentivo sulle linee estranee a quelle ordinariamente monitorate che avrebbe portato alla sostituzione di parti dell’impianto notoriamente a rischio corrosione, quale quella interessata dall’incidente che si era verificato. A fronte di un fenomeno come la corrosione, da ritenersi conosciuto, prevedibile e addirittura inevitabile in un impianto simile anche a livello localizzato, non erano stati previsti sistemi di controllo di alcun tipo sulle tubature del diametro pari a quello ove si era sviluppato l’incendio neppure considerando la vetustà dell’impianto pari a circa 20 anni. Invero era stato previsto il controllo periodico solo per la corrosione generalizzata su tubazioni di spessore maggiore. In particolare, come rilevato dal perito Ing. Q. , il programma di controllo della corrosione elencava le linee di campione ed i criteri generali per l’esecuzione dei controlli soltanto con riguardo alle linee che andavano da 3 pollici a 24 pollici mentre non erano comprese nell’elenco delle linee campione quelle da 2 pollici, come quella oggetto dell’incidente. Dunque nessun controllo era mai stato previsto né effettuato su linee aventi dimensioni pari a quelle della tubazione collassata per porre rimedio a fenomeni di corrosione. La Corte d’appello di Genova osservava che, pur dando per assodato che l’origine della frattura occorsa su uno dei campioni esaminati era da ricercarsi nell’assottigliamento localizzato del materiale a base della flangia della saldatura circonferenziale ad opera di un fenomeno di corrosione-erosione, ciò non realizzava la condizione sufficiente per affermare la responsabilità in capo agli imputati in quanto sia l’ing. G. che l’ing. Q. avevano escluso la prevedibilità dell’evento ed i deficit manutentivi. In particolare, l’ing. Q. aveva adeguatamente dato conto delle proprie affermazioni di anomalia dell’assottigliamento, avendo adeguatamente spiegato che la valutazione della situazione di corrosione generalizzata sulle parti campione dell’impianto conduceva alla ragionevole aspettativa che vi fosse corrosione anche in altre parti dell’impianto. Peraltro non si poteva ipotizzare la prevedibilità dell’evento, tenuto conto delle migliaia di snodi e in particolare di collari di flangia. 3. Avverso la sentenza della Corte d’appello proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Genova deducendo mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Invero il Tribunale si era discostato dalle conclusioni peritali con adeguato ragionamento logico e critico basato sul fatto che, come si evinceva dalla relazione dell’Istituto Italiano Saldatura, il fenomeno corrosivo, che secondo le analisi aveva portato all’assottigliamento ed alla conseguente rottura del tratto di tubatura che era alla base dell’evento, era un fenomeno consueto ed inevitabile negli impianti industriali quali quello in esame. I tecnici aziendali preposti ai controlli non avrebbero, dunque, potuto ignorare che in quel punto potesse verificarsi, come in effetti si era verificato, un fenomeno di corrosione-erosione tale da portare il tratto interessato dalla rottura ad uno spessore di 0,3- 0,5 mm a fronte di un valore normale di 3,4 mm. La Corte d’appello, nonostante nessun controllo fosse mai stato effettuato al riguardo, aveva ritenuto senza alcuna motivazione sul punto che l’evento fosse imprevedibile. Andava, poi, considerato che, nel contrapporre il fenomeno della corrosione generalizzata che era stata monitorata a quella dovuta a fenomeni localizzati, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto di altro incidente verificatosi nel 2005 in corrispondenza di una tubatura del medesimo calibro ed, alla luce di ciò, avrebbe dovuto approfondire l’apparato motivazionale quanto alla improbabilità dell’evento. 3. La Cassazione con decisione del 9 aprile 2015, n. 16956 annullava con rinvio la sentenza impugnata. La Corte di appello di Genova, in sede di rinvio con sentenza del 4 marzo 2016 in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Genova del 9 aprile 2014 assolveva per non aver commesso il fatto M.V. , O.V. , A.G. e P.E. , confermava la condanna per R.G. e concesse le generiche rideterminava la pena in mesi 10 di reclusione. 4. R.G. propone ricorso per Cassazione, tramite difensore, per i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen 4.1. Nullità del decreto di citazione ai sensi dell’art. 429 cod. proc. pen. - art. 606, comma 1, lettera C, cod. proc. pen È stata eccepita la nullità del decreto di citazione a giudizio per violazione del disposto di cui all’articolo 429, lettera C del cod. proc. pen Eccezione rigettata dal Tribunale con l’ordinanza del 17 febbraio 2011. L’ordinanza è stata impugnata quale primo motivo dell’atto di appello. L’originaria ipotesi di accusa era descritto nella prima parte del capo d’imputazione perdita della giunzione flangiata dovuta al progressivo ma prevedibile allentamento di numero 3 tiranti . . Evento posto a carico degli imputati, tra i quali l’odierno ricorrente, in quanto gli stessi avrebbero colpevolmente omesso di predisporre procedure espressamente finalizzate al controllo degli accoppiamenti e dal serraggio dei relativi tiranti. Nella prima perizia redatta dal prof. ing. G. è stato accertato che l’incendio era conseguenza di un evento pressoché imprevedibile, senza ravvisare carenze nell’impianto sia di manutenzione e sia dei sistemi di sicurezza ascrivibili a responsabilità soggettive degli indagati. In esito a tale accertamento il PM ha ritenuto di introdurre un’ipotesi alternativa relativamente alla causa dell’evento, del tutto svincolata dalla tesi prospettata inizialmente, inserendo in calce all’originario capo di accusa l’inciso o comunque dalla rottura del collare della flangia di collegamento della suddetta valvola . Causata da un prevedibile assottigliamento dello stesso per effetto di fenomeni corrosivi erosivi . . L’assoluta genericità della seconda ipotesi avanzata all’udienza preliminare non ha consentito agli imputati di esercitare il loro diritto di difesa. L’omissione è rilevante perché la contestazione si fonda espressamente sul disposto del capoverso dell’articolo 40 del cod. pen L’indeterminatezza della tesi di accusa ha portato l’attività istruttoria dibattimentale a ricercare, nelle più disparate direzioni, un qualche elemento che potesse essere posto a carico degli imputati. Se l’imputazione in via alternativa è legittima, la stessa dovrebbe comunque essere espressa in forma chiara e precisa. Nel caso di specie ciò non è avvenuto. Il richiamo all’assenza di una specifica procedura di manutenzione non risulta specificato quale manutenzione, e a carico di chi l’omissione dovrebbe accollarsi. 4.2. Sulla riconducibilità del fatto alle ipotesi di cui agli art. 423 e 429 cod. pen. Erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, per manifesta illogicità. Dall’escussione del personale dei vigili del fuoco nonché dalla relazione acquisita all’udienza del 29 marzo 2011 emerge che l’incendio veniva completamente spento dopo meno di 45 minuti dal suo inizio. Le fiamme sono rimaste confinate ad una limitatissima porzione di impianto, senza nessuna tendenza a progredire al di fuori sono state inoltre completamente e con facilità estinte in un brevissimo arco di tempo. Ciò emerge dalla deposizione del vicecomandante dei vigili del fuoco presso il comando di , Gi.Em. e da quella di Re.Re. , capo squadra dei vigili del fuoco. Tutte le deposizioni sono semplicemente ignorate sia dal Tribunale e sia dalla Corte di appello. Per il reato contestato devono sussistere congiuntamente la vastità delle proporzioni, la tendenza a progredire, e la difficoltà di spegnimento. Nel caso di specie nessuno di questi tre elementi ricorre per la configurabilità di un incendio penalmente rilevante. La motivazione della sentenza impugnata con poche righe, illogiche, non tiene conto della giurisprudenza in materia. 4.3. Mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui ha disatteso le chiare ed opposte conclusioni dei periti Violazione degli art. 544 e 546 lettera E del cod. proc. pen Gli eventi in oggetto hanno ricevuto un’indagine tecnica estremamente approfondita ed articolata. La perizia dell’ingegnere G.M. , disposta in sede di udienza preliminare, ha rilevato che quanto accaduto è conseguenza di un evento pressoché imprevedibile . e tale da escludere carenze dell’impianto o di manutenzione o inadeguatezza dello stesso ascrivibile a responsabilità oggettive degli imputati . Accertamento peritale confermato dai quattro periti della difesa nonché nell’ulteriore perizia disposta dal Tribunale nel corso del dibattimento. Le conclusioni dei periti sono state disattese sia dal Tribunale e sia dalla Corte di appello, con motivazione illogica e assolutamente non adeguata alla complessità della materia tecnica in giudizio. 4.4. Violazione di legge, art. 40, cod. pen La responsabilità del ricorrente è di natura omissiva, in relazione al riferimento nell’imputazione all’articolo 40 del cod. pen Sia il PM e sia i giudici di merito dovevano quindi esplicitare la specifica condotta che si assume in ipotesi dovuta e colpevolmente omessa, e tale da evitare il verificarsi dell’evento con un alto grado di credibilità razionale. La sentenza impugnata individua un criterio del tutto originale legato ad un supposto periodo di vita utile degli impianti che avrebbe dovuto suggerire di cambiare tutte le tubazione della raffineria ogni 10 anni, o di programmare un piano di ammodernamento dell’impianto correlato con controlli più approfonditi. La sentenza impugnata si riferisce alla deposizione dell’ing. L. , resa all’udienza del 15 aprile 2011, ma tale deposizione non evidenziava un cambio di tutti gli impianti dopo i 10 anni. Anche relativamente ai controlli più adeguati o a un piano di ammodernamento dell’impianto, tutti i periti hanno escluso una vetustà dell’impianto. Inoltre la società ha sempre effettuato controlli a campione, rispettando la normativa tecnica di riferimento è la migliore pratica operativa. In questo contesto, la pretesa di controlli più adeguati invocata dalla Corte di appello, ad esclusivo fondamento della pretesa responsabilità del ricorrente, rimane un mero ed apodittico assunto, privo di un qualunque contenuto concreto. Ha chiesto pertanto l’annullamento della sentenza impugnata in via subordinata l’annullamento per prescrizione a far data dal 31 gennaio 2016 o comunque dal 10 aprile 2016 in relazione alla sospensione. Considerato in diritto 5. Il ricorso non risulta manifestamente infondato, quantomeno relativamente ai motivi 3 e 4 del ricorso vizio di motivazione relativamente alla non considerazione delle conclusioni dei periti violazione dell’art. 40, cod. pen. . I periti unitariamente anche quello nominato dal Tribunale avevano concluso per l’assenza di carenze di manutenzione negli impianti, o di inadeguatezza dell’impianto la Corte di appello non segue le conclusioni dei periti, ma la motivazione non risulta particolarmente rafforzata, sia in considerazione della riforma della decisione di assoluzione la sentenza della Corte di appello in data 9 maggio 2013 , e sia per il superamento delle perizie. Nel giudizio di appello, per la riforma della sentenza assolutoria, in assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella operata dal primo giudice, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio. Sez. 1, n. 12273 del 05/12/2013 - dep. 14/03/2014, Ciaramella e altro, Rv. 262261 Sez. 3, n. 6817 del 27/11/2014 - dep. 17/02/2015, S, Rv. 262524 . In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005 - dep. 20/09/2005, Mannino, Rv. 231679 . Questa giurisprudenza per la riforma della decisione di primo grado, è applicabile anche per la diversa sentenza della Corte di appello in sede di rinvio dalla Corte di Cassazione, come nel nostro caso la ratio è identica, invero una volta emessa una decisione di assoluzione per la sua riforma necessita una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio. Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto Nel giudizio di appello, in sede di rinvio per annullamento della Cassazione della sentenza assolutoria della Corte di appello, in assenza di elementi sopravvenuti, non basta una diversa valutazione del materiale probatorio acquisito in primo grado, che sia caratterizzata da pari plausibilità rispetto a quella operata dalla precedente sentenza di assoluzione della Corte di appello, occorrendo invece una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio identicamente alla riforma di una sentenza di primo grado . 5.1. Anche la eccepita violazione dell’art. 40, cod. pen. non risulta manifestamente infondata. Non è specificata, adeguatamente, la condotta dovuta dal ricorrente, sia soggettivamente ma ancor più oggettivamente, in relazione alle viste conclusioni peritali. 6. La sentenza deve quindi annullarsi per essere i reati estinti per prescrizione, per decorso dei termini massimi, ex art. 157 e 161, cod. pen. anni 7 e mesi 6 , al 14 aprile 2016, tenendo presenti le sospensioni, per giorni 74. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione