Il concomitante impegno professionale dell’avvocato non comporta sempre il rinvio dell’udienza

La Corte di Legittimità torna sul tema del legittimo impedimento del difensore per concomitante impegno professionale, ribadendone gli elementi essenziali ai fini dell’accoglimento dell’istanza di rinvio.

Così si è espressa la Corte con la sentenza n. 45310/17 depositata il 2 ottobre. Il caso. La Corte d’appello di Messina rigettava il gravame proposto avverso la sentenza di prime cure che aveva riconosciuto l’imputato colpevole del delitto di ricettazione di un assegno bancario. La difesa impugna la sentenza in Cassazione dolendosi, in primo luogo, per il mancato accoglimento della richiesta dell’avvocato di rinvio dell’udienza per contestuale impegno professionale dinanzi alla Corte di Cassazione quale difensore di fiducia di un imputato detenuto. Impegno concomitante. La Corte ricorda che nella giurisprudenza di legittimità è fermo l’orientamento per cui l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento – con conseguente assoluta impossibilità a comparire ex art. 420- ter , comma 5, c.p.p. – solo laddove il difensore abbia prospettato l’impedimento appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni, abbia specificato le ragioni che rendono indispensabile la sua presenza nel diverso processo, anche con riferimento all’assenza in quel procedimento di altro codifensore che possa validamente assumere la difesa dell’imputato ed, infine, rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ex art. 102 c.p.p. sia nel processo a cui intende partecipare che in quello di cui chiede il rinvio. Esaminando gli atti processuali, assume rilevanza il ritardo – ben 40 giorni - con cui il difensore depositava l’istanza di rinvio rispetto al momento in cui veniva a conoscenza dell’impedimento. La giurisprudenza ha infatti affermato che l’impedimento del difensore a comparire per contemporaneo impegno professionale si considera tempestivamente comunicato quando sia posto a cognizione del giudice con congruo anticipo e dunque in prossimità della conoscenza di tale impedimento da parte del difensore. Il giudice d’appello ha inoltre correttamente ritenuto meramente enunciata l’impossibilità di nomina di un sostituto, sulla quale il difensore avrebbe dovuto fornire una puntuale giustificazione come richiesto testualmente dall’ultimo periodo dell’art. 420- ter , comma 5, c.p.p Così come risulta priva di pregio l’allegazione relativa alla mancata autorizzazione, da parte dell’assistito, alla nomina di sostituti processuali posto che l’art. 120 c.p.p. rimette al difensore e non al cliente la competenza esclusiva in merito. Anche le doglianze relative al merito della vicenda risultano prive di fondamento e vengono dunque rigettate, essendosi la sentenza impugnata conformata ai consolidati principi in tema di configurabilità del delitto di ricettazione.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 settembre – 2 ottobre 2017, n. 45310 Presidente Diotallevi – Relatore De Santis Ritenuto in fatto 1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’Appello di Messina rigettava il gravame interposto avverso la decisione del locale Tribunale che aveva riconosciuto S.G. colpevole del delitto di ricettazione di un assegno bancario, condannandolo alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 500,00 di multa. 2.Ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato a mezzo del difensore, deducendo 2.1 la violazione dell’art. 606, lett. b ed e , cod.proc.pen. in relazione all’art. 178 comma 1 lett. c cod.proc.pen., avendo la Corte territoriale disatteso la richiesta del difensore di rinvio dell’udienza del 29.4.2016 per contestuale impegno dinanzi la Corte di Cassazione quale difensore di fiducia di imputato detenuto, argomentando circa l’intempestività della stessa, la prossimità dei termini di prescrizione e la mancata documentazione dell’impossibilità di avvalersi di un sostituto, ragioni tutte insussistenti alla luce delle circostanze prospettate e ulteriormente rappresentate in udienza dal difensore d’ufficio nominato 2.2 la violazione dell’art. 606, comma i lett. b ed e , in relazione all’art. 648 cod.pen. e correlato vizio della motivazione, apparente, illogica e contraddittoria nonché travisamento della prova. Sostiene il difensore che la Corte territoriale sia incorsa nei vizi denunziati laddove ha ritenuto di trarre la prova dell’elemento materiale del delitto contestato dall’acquisizione della querela di M.M.C. , nonostante l’opposizione della difesa, omettendo per tal via di accertare le modalità attraverso cui lo S. sarebbe venuto in possesso del titolo. Analogamente privo di adeguata motivazione è l’accertamento in ordine alla componente psicologica della fattispecie, essendosi la sentenza impugnata limitata al richiamo della giurisprudenza di legittimità che ricollega alla mancanza di giustificazione la dimostrazione della consapevolezza circa la provenienza della res. Assume la difesa del ricorrente che il silenzio è espressione tipica dell’esercizio in concreto del diritto di difesa e non si presta ad essere letto come manifestazione di una cosciente e volontaria condotta di reato, sicché in assenza di verifica in punto di dolo, anche nella forma indiretta, si impone l’annullamento della sentenza impugnata 2.3 la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b ed e in relazione agli artt. 647 e 648 cod.pen. e correlati vizi della motivazione,avendo la Corte territoriale escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 647 cod.pen. con motivazione meramente apparente, ponendo a carico dell’imputato la prova della provenienza delittuosa dell’assegno di esclusiva competenza della pubblica accusa, con conseguente inversione dell’onere probatorio 2.4 violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b ed e , cod.proc.pen. in relazione agli artt. 62 bis e 133 cod.pen. con riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e all’eccessività della pena irrogata 2.5 la violazione dell’ art. 606, comma 1, lett. b ed e cod.proc.pen. nonché la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo alla denegata concessione dei benefici di legge. Considerato in diritto 3. Il primo motivo è infondato. È pacifica nella giurisprudenza di legittimità l’affermazione che l’impegno professionale del difensore in altro procedimento costituisce legittimo impedimento che dà luogo ad assoluta impossibilità a comparire, ai sensi dell’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen., a condizione che il difensore a prospetti l’impedimento non appena conosciuta la contemporaneità dei diversi impegni b indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale l’espletamento della sua funzione nel diverso processo c rappresenti l’assenza in detto procedimento di altro codifensore che possa validamente difendere l’imputato d rappresenti l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art. 102 cod. proc. pen. sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello di cui chiede il rinvio Sez. U, n. 4909 del 18/12/2014, Torchio, Rv. 262912 . Dall’accesso agli atti, giustificato dalla natura della doglianza,consta che il difensore del ricorrente, Avv. Favazzo, depositava in data 18 aprile 2016 istanza di rinvio dell’udienza fissata per il 29 aprile seguente dinanzi la Corte d’Appello per contestuale, documentato, impegno presso la Corte di Cassazione, precisando di trovarsi nell’impossibilità di nominare sostituti per la contemporanea fissazione di altri processi, non meglio individuati. Con ordinanza a verbale il giudice d’appello disattendeva la richiesta, evidenziandone l’intempestività, trattandosi di impedimento noto al difensore dal 9.3.2016 riteneva, inoltre, meramente enunciata l’impossibilità di designare sostituti e richiamava il principio circa la durata ragionevole del processo a fronte di fatti risalenti al 2004. Il difensore d’ufficio designato in sostituzione del legale impedito insisteva nella richiesta di rinvio, adducendo che il termine di prescrizione non era imminente trattandosi di processo che annovera sospensioni per circa quattro anni e sei mesi , che l’unico collaboratore del difensore di fiducia era impegnato in un processo con detenuti e che il cliente non aveva autorizzato la nomina di un sostituto. La Corte d’Appello confermava l’ordinanza di rigetto, sottolineando come l’impegno del collaboratore dell’Avv. Favazzo fosse inerente a processo che si svolgeva nella stessa sede e che, dunque, non precludeva l’assolvimento di entrambi i mandati. 3.1 Rileva la Corte che per costante avviso della giurisprudenza di legittimità la tempestività della comunicazione in ordine al sopravvenuto impegno professionale, ritenuto assorbente, va determinata con riferimento al momento in cui il difensore ha conoscenza dell’impedimento oltre la già cit. Sez. U 4909/14,Sez. 5, n. 27174 del 22/04/2014, Sicolo e altro, Rv. 260579 Sez. 6, n. 16054 del 02/04/2009, Amoroso, Rv. 243524 . Si è, pertanto, precisato che l’impedimento a comparire del difensore per contemporaneo impegno professionale si considera prontamente comunicato, e quindi costituisce causa di rinvio a nuova udienza, quando è posto alla cognizione del giudice con congruo anticipo e, cioè, in prossimità della conoscenza da parte del difensore della contemporaneità degli impegni Sez. 2, n. 20693 del 12/05/2010, Lo Presti, Rv. 247548 . Alla luce del richiamato principio non è censurabile l’ordinanza della Corte territoriale che ha rilevato la tardiva deduzione del contestuale impegno professionale, rappresentato a 40 giorni di distanza dall’insorgere dell’impedimento, senza che rilevino le soggettive considerazioni del richiedente in ordine alla predetta dilazione. Né può revocarsi in dubbio che l’impossibilità di nominare un sostituto fosse stata, nella specie, dedotta in forma generica ed assiomatica nonostante costituisca onere e non una facoltà discrezionale del difensore che presenta istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento dare puntuale giustificazione della mancata nomina di un sostituto, la cui doverosità è desumibile, oltreché da ragioni d’ordine sistematico, dall’ultimo periodo dell’art. 420 ter, comma quinto, cod. proc. pen. Sez. 6, n. 47584 del 15/10/2014, M, Rv. 261251 Sez. 3, n. 19458 del 08/04/2014, Abbati, Rv. 259757 Sez. 3, n. 26408 del 02/05/2013, Convertini, Rv. 256294 . In particolare, il difensore istante aveva allegato di non poter designare un sostituto a causa della contemporanea fissazione di altri processi solo in sede di udienza il difensore d’ufficio designato precisava che il collaboratore di studio del legale era impegnato nella trattazione di altro processo nella stessa sede. Orbene, siffatta giustificazione integrativa ha trovato corretta obiezione da parte della Corte territoriale giacché la contemporanea pendenza di due processi nella stessa sede consentiva ragionevolmente di assolverli entrambi attraverso un’istanza di chiamata ad horas, avuto riguardo all’ultradecennale pendenza del processo che ne occupa e alle insopprimibili necessità di attuazione del principio di rango costituzionale circa la ragionevole durata. Nessun pregio può, inoltre, riconoscersi all’alligazione concernente la mancata autorizzazione dell’imputato alla nomina di sostituti processuali poiché la lettera dell’art. 102 cod. proc. pen. rimette al patrono, e non al patrocinato, la competenza esclusiva circa la nomina stessa Sez. 5, n. 48912 del 28/09/2016, Bartoli, Rv. 268166 Sez. 6, n. 20130 del 04/03/2015, Caputi, Rv. 263395 . 4. I motivi sub 2.2 e 2.3 reiterano le doglianze formulate in sede d’appello e motivatamente disattese dalla Corte territoriale con un apparato giustificativo giuridicamente corretto e privo di incongruenze e discrasie logiche. Infatti, la sentenza impugnata ha esattamente richiamato l’insegnamento giurisprudenziale secondo cui la prova del verificarsi del delitto che costituisce antecedente necessario di quello di ricettazione, non presuppone un giudiziale accertamento né l’individuazione del responsabile, bastando che il fatto risulti positivamente al giudice chiamato a conoscere del reato di cui all’articolo 648 cod. pen. ex multis Sez. 1, n. 29486 del 26/06/2013, Cavalli, Rv. 256108 Sez. 2, n. 29685 del 05/07/2011, Tartari, Rv. 251028 . Sulla scorta di detto principio deve reputarsi legittima l’acquisizione del verbale di denunzia-querela relativo allo smarrimento del titolo in contestazione, trattandosi di prova documentale di una dichiarazione di scienza, non ripetibile con le stesse forme, tenuto conto, altresì, che la conoscenza storica ivi esternata non si riferisce direttamente alla responsabilità dell’imputato per il reato ascritto ma solo al reato presupposto in tal senso Sez. 2, n. 3211 del 12/03/1998, Vodola, Rv. 213597 . La tesi difensiva postula che dall’esame della M. potessero venire indicazioni in ordine alle modalità attraverso cui lo S. sarebbe venuto in possesso del titolo poiché sono tutt’altro che infrequenti i casi in cui chi emette un assegno ricorre allo strumento della denunzia di smarrimento per non adempiere ad un’obbligazione legittimamente assunta . Orbene, il rilievo di natura squisitamente fattuale e finalizzato a provare la decisività della testimonianza è con tutta evidenza generico e dimostra la valenza meramente esplorativa che la difesa riconnette all’esame della denunziante giacché non consta in alcun modo che l’imputato abbia dedotto di aver ricevuto il titolo dalla M. né tanto è emerso in corso di istruttoria dibattimentale. 4.1 Quanto al dolo, la Corte territoriale ha fatto applicazione del costante insegnamento di legittimità secondo cui ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere tratta da qualsiasi elemento, anche indiretto, e quindi anche dall’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa ricevuta da parte del soggetto agente senza che ciò comporti un’illegittima deroga ai principi in materia di onere della prova ovvero un vulnus alle guarentigie difensive Sez. 2, n. 20193 del 19/04/2017, P.g. in proc. Kebe, Rv. 270120 n. 53017 del 22/11/2016, Alotta, Rv. 268713 n. 52271 del 10/11/2016, Agyennang, Rv. 268643 . 5.Destituite di fondamento s’appalesano, infine, le doglianze che attingono il trattamento sanzionatorio e la mancata concessione delle attenuanti generiche, avendo la sentenza impugnata richiamato a sostegno del diniego delle circostanze ex art. 62 bis cod.pen. i plurimi precedenti, anche specifici, che militano a carico del ricorrente in assenza di contrarie, rilevanti, deduzioni, dando altresì conto, con giudizio in questa sede insindacabile, della congruità della pena irrogata. Manifestamente infondata è anche la conclusiva censura che concerne l’omessa motivazione in ordine alla richiesta di riconoscimento dei benefici di legge dal momento che la Corte territoriale ha espressamente richiamato in senso ostativo pag. 4, terz’ultima riga i precedenti penali del prevenuto. 5. Al rigetto del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod.proc.pen., la condanna dello S. alle spese processuali. P.Q.M . rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.