Notificazioni a mezzo PEC: è sufficiente l’invio al destinatario

Per il perfezionamento della notifica a mezzo PEC è sufficiente la verifica dell’accettazione del sistema informatico e della ricezione del messaggio di conferma. Non occorre, invece, che si proceda ad ulteriori controlli finalizzati ad appurare se il messaggio sia stato effettivamente visualizzato.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 44630 depositata il 27 settembre 2017. Mittente non valido”? La notifica vale lo stesso. Un avvocato si trova a dover risolvere una vicenda giudiziaria all’apparenza priva di particolari profili di complessità si tratta di presentare opposizione ad un decreto penale di condanna, chiedendo che il procedimento venga definito con le forme del patteggiamento. Nulla di più semplice, verrebbe da dire. Eppure, a complicare le cose, ci si mette la tecnologia. Fatta l’opposizione, si attende l’udienza. Il prolungarsi dell’attesa, però, deve avere insospettito il legale, che ad un certo punto – immaginiamoci con quale sorpresa – scopre che il decreto penale di condanna da lui opposto era già divenuto irrevocabile da un pezzo. Eppure, il provvedimento di fissazione dell’udienza davanti al GIP – per procedere al patteggiamento – non gli era mai stato recapitato. O meglio la PEC che lo conteneva recava una dicitura ingannevole mittente non valido”. Possiamo immaginare che l’avvocato, vedendosi recapitare quel messaggio anomalo, non l’abbia appunto aperto”, magari temendo – oggi è risaputo che bisogna diffidare delle mail dal contenuto strano – che dentro vi fosse qualche micidiale virus. Ci permettiamo di fare quest’ipotesi, che non trova riscontro nella sentenza in commento, sol perché quotidianamente ci si vede recapitare messaggi di posta elettronica apparentemente provenienti da mittenti affidabili, ma dal contenuto potenzialmente letale per i nostri computer e per i dati che essi contengono. Le strane regole delle notifiche elettroniche. Per correre ai ripari, il malcapitato avvocato individua la strada – che, purtroppo, si rivelerà senza sbocco – del ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di revoca del decreto di esecutività del decreto penale di condanna. Niente da fare ricorso inammissibile sia perché infondato, sia perché il provvedimento impugnato non è ricorribile per cassazione. Gli Ermellini, con una motivazione che convince soltanto a metà, sostengono che la notifica recante la dicitura mittente non valido” era perfettamente corretta. E per sostenere la regolarità della comunicazione, la Corte si appoggia a quell’indirizzo interpretativo datato 2016 secondo cui la notificazione a mezzo PEC si perfeziona con l’invio del messaggio di posta alla casella di posta elettronica del destinatario. Non importa che quest’ultimo abbia o non abbia visualizzato il messaggio e su questo nulla quaestio , né assume rilievo la conferma dell’avvenuta ricezione del medesimo anche qui nulla da eccepire . Se il criterio generale del perfezionamento all’atto dell’invio del messaggio non è censurabile, risultando irrilevanti tutti gli inconvenienti che possono affliggere il ricevente, non condivido affatto il resto del pensiero dei Supremi Giudici, i quali – a chiusura del loro ragionamento – scrivono era dunque onere del difensore, in adempimento diligente del mandato ricevuto, verificare il contenuto della comunicazione . La diligenza deve riguardare tutti, non soltanto gli avvocati. Passi che è onere del difensore controllare il buon funzionamento della propria casella PEC, a costo di cadere nella nevrosi chi scrive, se la casella PEC si ammutolisce per 3 giorni, si auto invia dei messaggi solo per verificare se tutto è a posto transeat sul dovere di consultare quotidianamente la casella di posta e di ingegnarsi su come riuscire a non perdere” le notifiche sincronizzare lo smartphone è un buon sistema . Non si può però affermare che un avvocato, vistosi arrivare un messaggio con una dicitura inconsueta, sia stato negligente. Se proprio qualche rilievo deve muoversi, occorre sollevarlo a chi ha confezionato quel messaggio dai connotati non ortodossi. Sarà quindi ineccepibile nella forma specialmente per quanto attiene ai rilievi sulla impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di revoca della esecutività , ma la decisione oggi in commento – sotto il profilo dell’aderenza del decisum al caso concreto – non convince del tutto.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 11 luglio – 27 settembre 2017, numero 44630 Presidente Piccialli – Relatore Menichetti Ritenuto in fatto 1. L’Avv. Italo Gallicani, difensore domiciliatario di M.L. , destinatario di un decreto penale di condanna emesso dal Tribunale di Lucca ed opposto nei termini con richiesta di patteggiamento, lamentava di non aver preso visione della notifica del decreto di fissazione dell’udienza, inoltrato dalla cancelleria a mezzo pec, ma pervenuto con dicitura mittente non valido , e chiedeva la revoca del decreto di esecutività del decreto penale di condanna, conseguente alla sua assenza in udienza. Il Tribunale rigettava l’istanza, ritenendo rituale e valida la notifica. Rilevava che l’avviso di fissazione dell’udienza era stato ritualmente recapitato nella casella di posta certificata ed inserito tra la posta in arrivo e ciò escludeva qualunque ipotesi di non conoscenza dell’atto, mentre irrilevante era la circostanza che il mittente fosse stato erroneamente indicato come non valido , dato che la lettura dell’allegato avrebbe immediatamente rivelato la genuinità della comunicazione. 2. Avverso tale provvedimento il difensore del M. ha proposto ricorso per cassazione per violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, con riferimento all’articolo 456 numero 5 c.p.p., poiché il rigetto dell’istanza aveva leso il diritto di difesa in relazione alla richiesta di patteggiamento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Sotto un primo profilo si rileva la regolarità della notifica. La notifica di atti destinati all’imputato o ad altra parte privata, che possano o debbano essere consegnati al difensore, effettuata a mezzo posta elettronica certificata c.d. pec , si perfeziona con l’attestazione, apposta in calce all’atto dal cancelliere trasmittente, dell’avvenuto invio del testo originale - la cui mancanza costituisce, peraltro mera irregolarità - mentre non è necessaria la conferma dell’avvenuta ricezione da parte del destinatario Sez.2, numero 52517 del 3/11/2016, Rv.268816 . Ne consegue che la semplice verifica dell’accettazione dal sistema informatico e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data ed ora, dell’allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario Sez.4, numero 2431 del 15/12/2016, Rv.268877 . Era dunque onere del difensore, in adempimento diligente del mandato ricevuto, verificare il contenuto della comunicazione, sicuramente pervenuta nella sua casella di posta elettronica, come del resto indicato nell’istanza rivolta al Tribunale di Lucca e ribadito nell’odierno ricorso. Tali principi sono stati correttamente applicati dal giudice di merito, laddove ha affermato che l’avviso di cancelleria era stato recapitato nella casella di posta certificata e inserito tra posta in arrivo , circostanza che escludeva qualunque ipotesi di mancata conoscenza dell’atto. Non sussiste pertanto la lamentata violazione della norma processuale dell’articolo 456 numero 5 c.p.p. e sul punto il ricorso è manifestamente infondato. 3. Sotto un secondo profilo deve poi ritenersi la non impugnabilità del provvedimento oggetto di ricorso. L’articolo 461, comma 6, c.p.p. prevede la ricorribilità in cassazione dell’ordinanza di inammissibilità dell’opposizione, ordinanza con la quale, ai sensi del comma 5, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l’esecuzione, mentre alcuna impugnazione davanti al giudice di legittimità è configurabile in relazione al provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca dell’esecutività del decreto penale. 4. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 2.000,00 Euro in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero Corte Cost., sent.numero 186/2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.