Nullità a regime intermedio o nullità assoluta? Dipende dal caso

La Cassazione si pronuncia sull’istituto della nullità assoluta e nullità intermedia con due distinte pronunce dagli esiti opposti.

Con le pronunce n. 44613 e 44615 depositate il 27 settembre, la Cassazione si pronuncia sugli istituti della nullità assoluta e nullità intermedia, in due distinte pronunce dagli esiti opposti. Nullità a regime intermedio. Nella sentenza n. 44613/17, infatti, la Corte affronta il caso di un decreto di citazione di Appello erroneamente notificato tramite PEC al difensore di fiducia dell’imputato. Il legale difensore, infatti, aveva specificatamente comunicato nell’atto di nomina depositato in cancelleria, che l’indirizzo per le notificazioni fosse quello di residenza dell’imputato, esprimendo una dichiarazione di non accettazione delle notifiche per conto del proprio assistito. Nel caso di specie, la Cassazione rileva che la nullità di cui è affetto l’atto di citazione debba essere definita a regime intermedio, non avendo comportato una mancata conoscenza dell’atto in capo all’imputato. Tali nullità, se non rilevate in Appello ex art. 180 c.p.p. Regime delle altre nullità di ordine generale , dovranno intendersi sanate. Per questo motivo la Corte rigetta il ricorso. Nullità assoluta. Al contrario, nel caso affrontato con la sentenza n. 44615/17, la Cassazione affronta il caso di un decreto di citazione, per il giudizio di Appello, erroneamente notificato tramite PEC all’avvocato del giudizio di primo grado e non all’indirizzo dell’avvocato correttamente nominato dall’imputato in calce all’atto di Appello. Nel caso in esame gli Ermellini rilevano che la nullità di cui è affetto l’atto sia una nullità assoluta, ai sensi degl’art. 178, comma 1, lett. c c.p.p. Nullità di ordine generale e 179, comma 1, c.p.p. Nullità assolute , e come tale comporti l’annullamento della sentenza impugnata. In questa fattispecie, infatti, il difensore titolare per il giudizio di Appello non ha avuto comunicazione dell’udienza dinnanzi alla Corte. Per questo motivo la Cassazione annulla la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 giugno – 27 settembre 2017, n. 44613 Presidente Di Salvo – Relatore Ranaldi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 6.10.2016 la Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia che, in sede di giudizio abbreviato, ha condannato B.M. alla pena di mesi otto di reclusione e Euro 2.000,00 di multa pena sospesa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, in relazione all’illecita detenzione di gr. 35 di marijuana. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo lamenta violazione di legge in relazione all’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen Deduce che il decreto di citazione in appello è stato erroneamente notificato all’imputato tramite PEC indirizzata al difensore di fiducia, avv. Bucchi del Foro di Reggio Emilia - ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. -, nonostante lo stesso difensore, nell’atto di nomina ritualmente depositato nella cancelleria della Corte di appello in data antecedente all’emissione del decreto di citazione, avesse formulato espressa dichiarazione di non accettazione delle notifiche per conto del proprio assistito . Ritiene dunque inesistente la notificazione nei confronti dell’imputato, il quale aveva eletto domicilio per le notificazioni presso la propria residenza in OMISSIS né lo stesso è comparso dinanzi alla Corte di appello all’udienza del 6.10.2016. 2.2. Con il secondo motivo lamenta l’omesso esame delle doglianze prospettate in appello, in relazione alla illogicità della motivazione del primo giudice nella parte in cui ha escluso l’uso personale della droga, ritenendo che le cartine stropicciate con residui marroni trovate nel garage del prevenutoifossero indice di spaccio, ipotizzando la loro restituzione al prevenuto da parte degli acquirenti, per successive ulteriori cessioni, senza considerare che, secondo la versione del B. , tali cartine erano avanzate da precedenti suoi acquisti per uso personale. Deduce che tali doglianze non sono state affrontate dalla Corte territoriale, che sul punto si è limitata a richiamarsi genericamente alla sentenza di primo grado. 2.3. Con il terzo motivo lamenta vizio di motivazione in relazione all’esclusione dell’uso personale dello stupefacente. Deduce che i giudici di merito hanno ritenuto la destinazione a terzi della droga su base meramente congetturale, in assenza di elementi specifici, quali il possesso di strumenti per il confezionamento/pesatura ed anzi in presenza di elementi palesemente inadeguati le cartine già utilizzate , inidonei a sostenere logicamente l’ipotesi accusatoria. 2.4. Con il quarto motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla pena applicata. Deduce che la Corte di appello ha confermato la pena irrogata dal giudice di primo grado, nonostante le modifiche normative nelle more intervenute con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, violando in tal modo il divieto di reformatio in pejus. 3. Con memoria depositata il 31.5.2017. il difensore del ricorrente insiste nei motivi di ricorso. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. Va qui ribadito l’orientamento secondo cui la notificazione all’imputato del decreto di citazione in appello, eseguita ai sensi dell’art. 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. presso il difensore, determina, se l’interessato non rappresenta , con elementi idonei,la mancata conoscenza dell’atto, una nullità a regime intermedio che è sanata se non tempestivamente eccepita nel corso del giudizio d’appello Sez. 4, n. 8592 del 10/02/2016, Gervasoni, Rv. 26636901 . Inoltre, in materia di notificazioni all’imputato non detenuto eseguite ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis cod. proc. pen., la dichiarazione con la quale il difensore di fiducia abbia esercitato la facoltà di ricusare la ricezione delle comunicazioni e delle notifiche destinate al suo assistito deve intendersi implicitamente revocata quando il professionista abbia poi accettato l’atto senza nulla opporre Sez. 3, n. 37264 del 05/06/2013, Cialfi, Rv. 25722001 . Dall’esame degli atti contenuti nel fascicolo processuale - esame consentito al Collegio stante la natura della doglianza sollevata dal ricorrente - si evince che il difensore, nell’atto di nomina, aveva effettivamente dichiarato di non accettare le notificazioni ex 157, comma 8 bis, cod. proc. pen. tuttavia all’udienza di appello il difensore presente non ha eccepito il lamentato vizio di notifica, né dagli atti risulta che il professionista si sia opposto ad essa. Trattandosi, dunque, di una nullità a regime intermedio, essa avrebbe dovuto essere eccepita, ex art. 180 cod. proc. pen., prima della deliberazione della sentenza di appello, ma ciò non è stato fatto, con conseguente sanatoria della nullità. Né risulta dimostrato un difetto di effettiva conoscenza dell’atto da parte dell’imputato, a sostegno della dedotta nullità assoluta, di cui pertanto nel caso non ricorrono gli estremi. 2. I motivi secondo e terzo del ricorso possono essere trattati congiuntamente, censurando entrambi la ricostruzione logico-argomentativa dei giudici di merito in relazione all’esclusione dell’uso personale dello stupefacente da parte del prevenuto. 2.1. Si tratta di censure che colgono nel segno, posto che, nella ricostruzione dei fatti riportata in sentenza si afferma che nell’abitazione del B. , oltre alla marijuana sequestrata, venivano rinvenuti vari ritagli e bustine stropicciate già utilizzate, stante la presenza di residui di sostanza marrone. Secondo la Corte di merito, la presenza dei ritagli e delle bustine in questione costituisce prova inequivoca che la sostanza non era detenuta per uso meramente personale, mentre la giustificazione addotta dall’imputato che si tratterebbe di cartine relative a pregressi acquisti è stata giustamente ritenuta inattendibile dal primo giudice pag. 2 . Ma sul punto il primo giudice aveva offerto una spiegazione a dir poco congetturale, oltre che manifestamente illogica. Secondo il giudice, la conservazione delle cartine relative a pregressi acquisti si giustifica solo se e in quanto in quelle cartine l’imputato volesse riporre i quantitativi da portare all’esterno per cederli a terzi, molto probabilmente amici che, consumata la sostanza, verosimilmente gli restituivano la cartina per una successiva ulteriore cessione . Si tratta di considerazioni che non appaiono sorrette da alcun elemento probatorio e che si pongono in palese contrasto con quanto è normalmente lecito aspettarsi nella dinamica dei rapporti fra spacciatore ed acquirente di sostanze stupefacenti, essendo irragionevole ritenere che il secondo riconsegni al primo la cartina, dopo aver fatto uso della droga ivi contenuta, per essere nuovamente utilizzata per ulteriori cessioni. 2.2. Sul punto la Corte di appello ha omesso di rispondere alle specifiche doglianze contenute nell’atto di gravame, anche in relazione ai profili con cui si lamentava che la destinazione a terzi della droga era stata ritenuta su base meramente congetturale, in assenza di elementi di riscontro quali il possesso di strumenti per il confezionamento o per la pesatura dello stupefacente. Su tali punti, chiaramente decisivi ai fini della decisione, la Corte non ha fornito alcuna motivazione, richiamandosi acriticamente alle argomentazioni della sentenza di primo grado, basate, come già visto, su valutazioni manifestamente illogiche e congetturali. 2.3. Da questo punto di vista la sentenza presenta un evidente vizio motivazionale, atteso che sussiste il vizio di mancanza di motivazione, ex art. 606, comma primo, lett. e , cod. proc. pen., quando le argomentazioni addotte dal giudice a fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello e dotate del requisito della decisività Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013 - dep. 2014, Dall’Agnola, Rv. 25796701 . 3. Il quarto motivo di ricorso rimane assorbito nell’accoglimento dei motivi trattati nei punti precedenti. 4. Il riscontrato vizio motivazionale impone, dunque, l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte di appello di Bologna. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 giugno – 27 settembre 2017, n. 44615 Presidente Di Salvo – Relatore Ranaldi Fatto e diritto 1. Con sentenza del 22.6.2016 la Corte di appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale Massa che, in sede di giudizio abbreviato, ha condannato B.K. alla pena di mesi sei di reclusione e Euro 1.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, in relazione alla coltivazione di n. 14 arbusti di marijuana ed illecita detenzione di ulteriori sostanze stupefacenti di cui alla tab. II del cit. d.P.R. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, articolando due motivi. I Nullità della sentenza per omessa notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello all’unico difensore dell’imputato. Deduce che il suddetto decreto è stato notificato erroneamente al precedente difensore, avv. Rimmaudo, e non all’avv. Perfetti, cui il B. , con nuovo atto di nomina datato 25.2.2016, aveva confermato l’incarico, revocando espressamente ogni precedente mandato difensivo. Presso lo studio dell’avv. Rimmaudo rimaneva in auge solo l’elezione di domicilio illo tempore effettuata dal B. e da questi mai rimossa. II Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla concreta inoffensività della condotta ascritta al prevenuto, trattandosi di tossicodipendente che fa uso di cannabinoidi per alleviare i forti dolori da cui è affetto. 3. Il primo motivo è fondato ed assorbente del secondo. Dall’esame degli atti contenuti nel fascicolo processuale - esame consentito al Collegio stante la natura della doglianza sollevata dal ricorrente - si evince che l’imputato, con atto di nomina del 25.2.2016 redatto in calce all’atto di appello, aveva nominato quale proprio legale di fiducia l’avv. Perfetti, revocando ogni precedente mandato difensivo. Il decreto di citazione per il giudizio di appello, invece, è stato notificato tramite PEC solo al precedente difensore, avv. Rimmaudo. Ne deriva che il difensore titolare per il giudizio di appello, avv. Perfetti, non è stato avvisato dell’udienza dinanzi alla Corte di appello, situazione che integra una nullità assoluta ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. c e 179, comma 1, cod. proc. pen. Sez. U, n. 24630 del 26/03/2015, Maritan, Rv. 26359801 . Conseguentemente la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti al giudice di merito per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte d’appello di Genova, per nuovo giudizio.