Istanza di riabilitazione, fondamentale il pagamento delle spese

La Cassazione richiama il principio secondo il quale tra le obbligazioni civili derivanti da reato, che il condannato deve soddisfare per ottenere la riabilitazione, va compresa anche quella del pagamento delle spese processuali .

Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 44009/17, depositata il 25 settembre. Il caso. Il Tribunale di Sorveglianza respingeva l’istanza di riabilitazione presentata dal condannato per la pena a lui inflitta, così come veniva respinta l’opposizione a tale provvedimento da lui proposta dinnanzi allo stesso Tribunale. Avverso tale atto l’istante ricorreva in Cassazione, lamentando la mancata assunzione di una prova decisiva per il giudizio e la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. La prova del pagamento. Dal analisi dei fatti in causa, emerge che il Tribunale aveva scartato, quale prova, il documento originale attestante il pagamento delle spese processuali relative al decreto penale in esame, non rilevandone i riferimenti relativi alle spese relative al giudizio in esame. A tal proposito la Cassazione ritiene certamente applicabile il principio secondo il quale tra le obbligazioni civili derivanti da reato, che il condannato deve soddisfare per ottenere la riabilitazione, va compresa anche quella del pagamento delle spese processuali . Ma, nel caso di specie, la Corte rileva che i Giudici di merito hanno fornito una motivazione carente, non avendo in alcun modo fornito un’adeguata giustificazione della ragione per la quale la prova documentale del pagamento della somma dovuta per le spese di giustizia non dovesse ritenersi adeguata. Per questo motivo la Cassazione annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 maggio – 25 settembre 2017, n. 44003 Presidente Di Tomassi – Relatore Siani Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe, emessa in data 10 - 16 marzo 2016, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha respinto l’opposizione proposta da M.M. avverso il provvedimento in data 23 ottobre 2015 emesso dallo stesso Tribunale con cui era stata respinta l’istanza di riabilitazione presentata dal M. in ordine alla pena a lui inflitta con la sentenza resa del Giudice per le indagini preliminari della Pretura di Roma in data 20 marzo 1998. 2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del M. chiedendone l’annullamento ed affidando l’impugnazione a due motivi. 2.1. Con il primo motivo si lamenta mancata assunzione di una prova decisiva. Ribadito che l’istante, già originariamente aveva accluso copia della ricevuta del pagamento di lire 52.000, secondo quanto disposto dal decreto penale di condanna, di tanto non aveva tenuto conto il Tribunale nel provvedimento deducendo la mancata acclusione dell’originale. Nella fase di opposizione, allora, era stato prodotto l’atto in originale, dal momento che l’inadempimento relativo alla mancata produzione dello stesso era stato l’unico a determinare il primo rigetto ma il Tribunale aveva questo punto ritenuto inadeguata la produzione dello stesso bollettino in originale continuando ad addebitargli il mancato assolvimento dell’onere probatorio, ingiustamente obliterando questa produzione. 2.2. Con il secondo motivo si prospetta mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale, inoltre, aveva scartato quale prova adeguata del pagamento in questione lo stesso documento in originale osservando che esso non conteneva alcun riferimento alle spese processuali relativi al decreto penale in esame. Tale motivazione era erronea e contrastata dal tenore del documento il quale sul lato frontale riportava chiaramente il codice di pagamento delle spese di giustizia 773T , l’importo delle spese sostenute lire 52.000 , il conto corrente postale di accredito 974006 sul retro poi il documento riportava chiaramente il numero del procedimento penale n. 33514/1997 64575/1993 , il codice dell’Ufficio E56 e la causale del pagamento ZZ , indicazioni apposte tutte in conformità con quanto riportato nel decreto penale di condanna del 20 marzo 1998. Il timbro postale del suddetto documento riportava la data del 16 ottobre 1998 sicché a fronte di questa prova il pagamento avrebbe dovuto ritenersi senz’altro effettuato che, quindi, l’Ufficio Recupero Crediti del Tribunale di Roma fosse l’unico a poter certificare l’avvenuto pagamento non poteva essere affermazioni condivisa, in quanto - una volta dal debitore effettuato il versamento al competente Ufficio postale - doveva reputarsi senz’altro assodato che le Poste italiane avevano riversato l’importo all’Amministrazione della giustizia il fatto della mancata annotazione di tale pagamento da parte del sistema informatico del Tribunale di Roma, con il riscontro della corrispondente documentazione cartacea, non poteva essere a lui addebitato peraltro, il ricorrente nemmeno poteva subire danni ritardi a causa dell’inefficienza della Pubblica amministrazione. 3. Il Procuratore generale ha prospettato l’accoglimento del ricorso con annullamento dell’ordinanza impugnata e rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma, poiché dalla disamina non dell’originale, ma della copia conforme del bollettino in questione si evincevano tutti i riferimenti al decreto penale oggetto dell’istanza, come emergeva dal raffronto tra il documento ed il decreto numeri del procedimento, importo, codice tributo, conto corrente di accredito, codice dell’ufficio, causale di pagamento . A fronte di tali elementi, la prima ragione addotta dal Tribunale - ossia la necessarietà dell’attestazione dell’Ufficio Recupero Crediti - non appariva corretta, sia perché era incongruo ritenere privo di efficacia un documento conforme all’originale senza indicare le ragioni di sospetti ordine alla sua genuinità, sia perché non teneva conto delle modalità di accertamento del pagamento da parte dell’Ufficio Recupero Crediti, nel senso che l’Ufficio non eseguiva un controllo contabile o di cassa, ma si limitava ad acquisire dall’interessato la ricevuta di pagamento, ossia lo stesso documento che il M. aveva già prodotto al Tribunale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e va pertanto accolto. 2. Si rileva che il Tribunale a ragione dell’ordinanza ha osservato che il provvedimento de plano aveva disatteso la domanda perché non risultava documentato il pagamento delle spese processuali, essendo stato prodotto un bollettino di pagamento in copia, illeggibile, e - chiesta di ufficio la conferma dell’eventuale pagamento - l’Ufficio Recupero Crediti del Tribunale di Roma, con nota del 9 ottobre 2015, aveva confermato il mancato pagamento. A seguito dell’opposizione il M. aveva prodotto la ricevuta in originale relativa al pagamento di lire 52.000 in data 16 ottobre 1998, fermo restando, secondo il M. , che sarebbe stato onere del Tribunale richiedergli tale documento, ma, secondo il Tribunale, andava ribadito che era onere della parte istante per la riabilitazione dimostrare l’avvenuto adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato e l’avvenuto pagamento delle spese processuali, pagamento che avrebbe dovuto essere documentato con attestazione dell’Ufficio Recupero Crediti del Tribunale di Roma, unico abilitato a certificare la circostanza, anche perché la ricevuta prodotta riguardava un generico pagamento e non conteneva alcun riferimento alle spese processuali relative al decreto penale di condanna per cui si era chiesta la riabilitazione. Il Tribunale ha soggiunto che, in ogni caso, si era ulteriormente chiesto al suddetto Ufficio di verificare se fosse stato effettuato il pagamento, ma l’Ufficio aveva ribadito il mancato pagamento delle spese stesse. 3. Tale motivazione non si profila congrua e coerente e, pertanto, non resiste alle censure articolate con i due motivi di impugnazione. Come ha correttamente osservato l’Autorità requirente, la produzione documentale effettuata dall’istante avrebbe dovuto essere oggetto di diversa considerazione da parte dei giudici di merito, posto che dalla copia - conforme all’originale - del bollettino di versamento postale acclusa dal M. ed in questa sede riprodotta per l’autosufficienza del mezzo era dato trarre una non irrilevante corrispondenza dei riferimenti contenuti nel documento di versamento con quelli connotanti il decreto penale di condanna numeri del procedimento, importo, codici tributo, conto corrente di accredito, codice dell’ufficio, causale di pagamento. L’esame della ricevuta di versamento del bollettino in questione mostra, per vero, sul lato anteriore si rilevano il nome del versante, M.M. l’importo delle spese sostenute, lire 52.000 il numero del conto corrente postale di accredito, 974006, intestato al Servizio Riscossione Tributi i codici di tributo 741T e 773T, compatibili con il versamento in esame sul lato posteriore poi il documento riporta entrambi i numeri del procedimento penale n. 33514/1997, relativo al Ruolo Generale della Pretura, e n. 64575/1993 relativo al R.G.N.R., identificativi con esatta corrispondenza dei numeri riportati dal decreto penale di condanna il codice dell’Ufficio, E56 la causale del pagamento, ZZ. Orbene, il Tribunale, senza sollevare dubbio alcuno sull’autenticità della copia conforme prodotta dall’opponente e, quindi, senza svolgere considerazioni di sorta sull’eventuale insorgenza di elementi idonei ad infirmare la genuinità o l’attinenza di quella prova documentale, ha reputato la stessa inadeguata a superare la risultanza costituita dalla comunicazione dell’Ufficio Recupero Crediti, Ufficio che, peraltro, senza compiere un assodato controllo di ordine contabile o sulla cassa, svolgeva il compito di acquisire dall’interessato la ricevuta di pagamento. In definitiva, il mancato riscontro da parte di quell’Ufficio non risulta essere avvenuto con la previa disamina da parte dello stesso del medesimo documento asseverativo del versamento richiesto già prodotto innanzi allo stesso Tribunale. I giudici di merito, dunque, da un lato, non hanno dubitato che il pagamento mediante bollettino postale costituisse un legittimo modo di effettuare la solutio richiesta e, dall’altro, non hanno estrinsecato gli elementi che li facessero dubitare della genuinità e/o dell’inerenza del documento prodotto dal M. hanno annesso, invece, efficacia dirimente in senso sfavorevole all’istante alla risposta dell’Ufficio Recupero Crediti che segnalava non assolto l’obbligo di pagamento, senza però che si sia dato atto da parte del provvedimento impugnato che fosse stato sottoposto al suddetto Ufficio il documento comprovante il versamento prodotto dall’interessato e, in quel caso, di quale fosse stata la risposta di merito dell’Ufficio per confermare, in ipotesi, il riscontro del mancato pagamento. Ciò costituisce un limite determinante in punto di logicità e coerenza della motivazione relativa alla verifica dell’unico elemento ritenuto mancante per il perfezionamento della fattispecie legittimante la riabilitazione, dal momento che i giudici di merito non avrebbero dovuto omettere di considerare che - se l’Amministrazione, per sua autodeterminazione o per prescrizione normativa, dispone di accettare il pagamento degli importi dovuti a titolo di spese processuali a mezzo versamento con bollettino su conto corrente postale, reputando quindi tale mezzo di pagamento equipollente alla moneta legale essa non può poi disconoscere l’adempimento effettuato con tale modalità dall’obbligato che comprovi documentalmente il versamento, se non adducendo specificamente l’inefficacia o l’inesistenza dell’addotto versamento, e, dunque, non può trincerarsi dietro la generica deduzione di mancata emissione della certificazione di avvenuto pagamento da parte dell’Ufficio competente. La generica deduzione di mancato pagamento ascritta all’Ufficio Recupero Crediti, pertanto, concretava condotta in contrasto con il principio di buona fede e correttezza, sancito dall’art. 1175 cod. civ., ma di portata tale da informare l’ordinamento giuridico generale e, di conseguenza, non avrebbe dovuto - senza la previa effettuazione delle altre più pregnanti verifiche indicate - essere ritenuta bastevole dal Tribunale per disattendere il documento asseverativo del pagamento osteso dall’obbligato. È quindi da riaffermarsi il principio su cui cfr., fra le altre, Sez. 1, n. 1844 del 09/12/2008, dep. 2009, Cucurachi, Rv. 242724 , desumibile dal disposto dell’art. 179 cod. pen., secondo cui tra le obbligazioni civili derivanti da reato, che il condannato deve soddisfare per ottenere la riabilitazione, va compresa anche quella del pagamento delle spese processuali. Nel caso in esame, tuttavia, i giudici di merito hanno fornito una motivazione carente e contraddittoria nei sensi fin qui chiariti non fornendo una giustificazione adeguata della ragione per la quale la prova documentale del pagamento della somma dovuta per spese di giustizia fornita dal M. non dovesse ritenersi adeguata. 4. In considerazione dell’emerso vizio, il provvedimento impugnato va, dunque, annullato con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Roma per nuovo esame, da effettuarsi nell’alveo dei principi qui affermati. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Roma.