La ricusazione del giudice deve fondarsi su risentimento personale e manifesto

Il sentimento di inimicizia grave, infatti, deve essere reciproco affinché si venga a costituire un pregiudizio, deve, perciò, nascere o essere ricambiato dal giudice e trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo.

Così ha deciso la Cassazione con la sentenza n. 44058/17, depositata il 25 settembre. Il caso. La Corte d’Appello dichiarava inammissibile e manifestamente infondata, la richiesta di ricusazione proposta dalla parte in giudizio, nei confronti del giudice del Tribunale. Avverso tale provvedimento la parte soccombente ricorreva in Cassazione. Il sentimento di grave inimicizia. La Cassazione nel rilevare la manifesta infondatezza delle doglianze del ricorrente richiama la consolidata giurisprudenza secondo la quale la presentazione di una denuncia contro un magistrato non è sufficiente di per sé a integrare l’ipotesi di ricusazione ex art. 37, comma 1, lett. a , in relazione all’art. 36, comma1, lett. d , c.p.p Il sentimento di inimicizia grave, infatti, deve essere reciproco affinché si venga a costituire un pregiudizio, deve, perciò, nascere o essere ricambiato dal giudice e trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo. Non può desumersi dal semplice trattamento riservato alla parte in sede di giudizio, anche qualora fosse ritenuto frutto di mancanza di serenità per la parte. Il risentimento del giudice deve essere personale e manifesto, legato a ragioni personali indipendente dall’esercizio delle funzioni del procedimento nel quale dedotti. Nel caso di specie, l’ordinanza impugnata deve ritenersi immune da censure, per questo motivo la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 luglio – 25 settembre 2017, n. 44058 Presidente Vessichelli – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. C.M. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza emessa il 22/11/2016 dalla Corte di Appello di Firenze, che aveva dichiarato inammissibile, perché tardiva, oltre che manifestamente infondata, la dichiarazione di ricusazione proposta nei confronti del giudice del Tribunale di Siena, dott. Co.Lu. . Lamenta l’illegittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui prevede che se la causa di ricusazione emerge in udienza, la parte interessata deve farla valere prima del termine dell’udienza, per violazione del diritto di difesa deduce che non sia possibile esercitare il diritto avendo la disponibilità di una previa procura, e delle fono-registrazioni e delle copie dei verbali. Deduce, inoltre, che l’istanza di ricusazione proposta non rappresenti il seguito della precedente, già rigettata, ma sia fondata su un elemento di fatto nuovo, ovvero la denuncia-querela sporta nei confronti del giudice procedente, che la stessa sarebbe tempestiva, in quanto proposta dopo una richiesta di astensione. Lamenta, infine, il vizio di motivazione, in quanto l’ordinanza confonderebbe le ragioni della ricusazione, non essendoci continuità con la prima istanza, ma solo un nucleo comune deduce che la denuncia sporta nei confronti del giudice, per espressioni pronunciate in udienza nei confronti dell’imputata, elide la imparzialità e la terzietà dello stesso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo, con il quale si lamenta l’illegittimità costituzionale dell’articolo 38, comma 2, cod. proc. pen., è irrilevante, in quanto, nel caso in esame, è stato considerato il termine di tre giorni, e, comunque, la causa asseritamente pregiudicante” era nota all’odierna ricorrente fin dall’08/07/2016 data della presentazione della querela nei confronti del giudice ricusato per comportamento tenuto all’udienza del 15/4/16 e, nondimeno, l’istanza di ricusazione è stata proposta soltanto il 17/09/2016. Nel rammentare che, in tema di ricusazione, qualora la relativa causa sia sorta in udienza, la parte personalmente, sia essa presente o meno, o il suo procuratore speciale possono usufruire del termine di tre giorni, per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, a condizione che formulino, prima della fine dell’udienza, apposita riserva in tal senso Sez. 3, n. 12983 del 18/12/2014, dep. 2015, Fiesoli, Rv. 262998 , va dunque evidenziata la correttezza della declaratoria di inammissibilità per tardività dell’istanza di ricusazione. Va, peraltro, ribadito che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 38 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, posto che l’apposizione di precisi limiti temporali all’esercizio della facoltà di ricusazione non comporta la lesione del diritto di difesa e del principio di eguaglianza poiché il termine impedisce che la ricusazione possa essere utilizzata per scopi strumentali e diversi rispetto alla ratio dell’istituto ed evita che possano permanere sospetti sulla imparzialità del giudice senza limiti di tempo nonché, per altro verso, esclude che vi possa essere un irragionevole prolungamento della definizione del processo Sez. 1, n. 10136 del 05/12/2000, dep. 2001, Minelli, Rv. 218318 . 1.2. Le altre doglianze proposte sono altresì inammissibili, per manifesta infondatezza. Invero, va ribadito che la presentazione di una denuncia contro un magistrato non è di per sé sufficiente ad integrare l’ipotesi di ricusazione di cui all’articolo 37, comma primo, lett. a , in relazione all’articolo 36, comma primo, lett. d , cod. proc. pen., poiché il sentimento di grave inimicizia, per risultare pregiudizievole, deve essere reciproco, deve nascere o essere ricambiato dal giudice e deve trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo, non potendosi desumere dal mero trattamento riservato in tale sede alla parte, anche se da questa ritenuto frutto di mancanza di serenità Sez. 6, n. 38176 del 22/09/2011, Braccini, Rv. 250780 non integra una ragione sufficiente dell’incompatibilità dei componenti del collegio giudicante il solo fatto che l’imputato abbia sporto querela nei loro confronti, in quanto il sentimento di inimicizia deve essere reciproco e non può derivare da atti o comportamenti del magistrato nella conduzione del processo Sez. 6, n. 2273 del 17/12/2002, dep. 2003, Giovannelli I, Rv. 223467 la grave inimicizia deve identificarsi nei risentimenti personali formatisi e manifestatisi, in maniera assai rilevante, per ragioni personali, indipendenti dall’esercizio delle funzioni nel procedimento nel quale siano stati dedotti Sez. 5, n. 4593 del 15/11/1989, dep. 1990, Agricola, Rv. 183490, che ha escluso che sia causa di ricusazione l’avere il giudice istruttore definito paranoica l’azione attribuita all’imputata e l’avere presentato quest’ultima denuncia, querele ed esposti nei confronti del medesimo . Tanto premesso, l’ordinanza impugnata deve ritenersi immune da censure, sia con riferimento all’assorbente declaratoria di tardività dell’istanza di ricusazione, sia con riferimento alla manifesta infondatezza della stessa, in quanto fondata sulla mera presentazione di una denuncia, da parte dell’imputata, nei confronti del giudice procedente. 2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 2.000,00 infatti, l’articolo 616 cod. proc. pen. non distingue tra le varie cause di inammissibilità, con la conseguenza che la condanna al pagamento della sanzione pecuniaria in esso prevista deve essere inflitta sia nel caso di inammissibilità dichiarata ex articolo 606 cod. proc. pen., comma 3, sia nelle ipotesi di inammissibilità pronunciata ex articolo 591 cod. proc. pen P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 a favore della Cassa delle ammende.