Reato di maltrattamenti: le lesioni personali sono sempre circostante aggravanti?

La Cassazione è chiamata a decidere l’applicazione dell’aggravante del nesso teleologico quanto al delitto di lesioni personali, laddove il fatto di lesioni giudicate guaribili in 7 giorni doveva considerarsi elemento costitutivo delle condotte maltrattanti.

La Corte di Cassazione si pronuncia sull’argomento con sentenza n. 42574/17 depositata il 19 settembre. La vicenda. Il Tribunale di Milano aveva condannato l’impuntato per il reato di maltrattamenti. Quest’ultimo ricorre in Cassazione contro tale condanna, contestando, con il secondo motivo, l’applicazione dell’aggravante del nesso teleologico quanto al delitto di lesioni personali. Circostante aggravanti . La Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità delle circostante aggravanti di cui agli artt. 61, n. 1 motivi abietti o futili , e 61, n. 2, c.p. nesso teleologico . Secondo la Cassazione, nel caso di specie, deve essere accolta la doglianza del ricorrente in quanto la circostanza aggravante relativa al nesso teleologico non appare configurabile al reato di lesioni personali lievi commesso in attuazione del delitto di maltrattamenti. Ciò è affermato in considerazione del fatto che il nesso teleologico necessario per la sussistenza dell’aggravante esige che le azioni esecutive dei due diversi reati siano distinte. Nella fattispecie non è rilevata tale distinzione in quanto il provvedimento impugnato si limita ad affermare che tutte le azioni accessorie al delitto di maltrattamenti dovevano considerarsi avvinte dal nesso teleologico con detto reato solo perché la condotta si sviluppava ad ampio raggio . Infatti, è principio consolidato della Corte di Cassazione che nel caso di reato di lesione personale, commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, i due fatti non possono essere ritenuti automaticamente aggravati dalla circostanza del nesso teleologico, prevista dall’art 61, numero c.p., essendo necessario accertare sul piano oggettivo che le azioni costitutive dei due reati siano distinte e, su quello soggettivo, la volontà dell’agente di commettere il reato-mezzo in direzione della commissione del reato scopo .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 07 luglio 19 settembre 2017, n. 42574 Presidente Amoresano Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 ottobre 2016 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza del 13 novembre 2014 del Tribunale di Milano, in forza della quale P.F. era stato condannato alla pena di anni tre e mesi quattro di reclusione per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 61, comma 1 n. 1, 572 cod. pen. 61, comma 1, n. 1 e 2, 576, comma 1, nn. 1 e 5, 577, 585 e 582 cod. pen. 56, 609-bis, ultimo comma, 609-septies, comma 4, cod. pen., in danno di A.G. . 2. Avverso la predetta decisione l’imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro motivi di impugnazione. 2.1. In particolare, col primo motivo ed in relazione alle dichiarazioni rese dalla persona offesa già legata sentimentalmente al ricorrente ed evidentemente in preda alla gelosia per la nuova relazione dell’ex compagno, sì da essere indotta da ciò ad incrementare nel tempo le dichiarazioni accusatorie a carico dell’imputato , è stata dedotta l’illogicità della motivazione al fine della verifica dell’attendibilità della denunciante, laddove era stato riconosciuto un sentimento di gelosia che, contrariamente a quanto ritenuto dal provvedimento impugnato, era idoneo ad originare un risentimento e non un sentimento favorevole. 2.2. Col secondo motivo è stata contestata l’applicazione dell’aggravante del nesso teleologico quanto al delitto di lesioni personali, laddove il fatto di lesioni giudicate guaribili in sette giorni doveva considerarsi elemento costitutivo delle condotte maltrattanti. In ogni caso doveva essere esclusa l’aggravante del nesso teleologico, che presupponeva la distinzione tra le azioni costitutive dei diversi reati. 2.3. Col terzo motivo è stata dedotta l’illogicità della riconosciuta aggravante dei futili motivi, la cui esistenza non è stata mai ravvisata nel corso del processo, dal momento che non era stata chiarita la causale del litigio nel corso del quale l’A. aveva riportato lesioni refertate nell’aprile 2009. 2.4. Col quarto motivo infine, quanto alla procedibilità d’ufficio per il delitto di tentata violenza sessuale, e ritenuto avvinto da nesso teleologico col delitto di maltrattamenti, il ricorrente ha osservato che difettavano i requisiti per detta procedibilità, atteso che l’accertamento incidentale del reato sessuale faceva venire meno la tutela della riservatezza qualora fosse stato connesso a reati perseguibili d’ufficio, laddove al contrario il tentativo di pretesa violenza era emerso nell’ambito di attività conciliativa per reati perseguibili a querela. In ragione di ciò, doveva pronunciarsi annullamento senza rinvio perché l’azione penale non doveva essere iniziata. 3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso. Considerato in diritto 4. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati. 4.1. In relazione al primo motivo di censura, con motivazione certamente non illogica la Corte territoriale ha dato conto dell’esistenza del reato di maltrattamenti peraltro l’odierno ricorrente non ha mai contestato la sussistenza dei singoli eventi, sia pure sottolineandone l’episodicità e quindi l’impossibilità di tenerne complessivamente conto nell’unico reato contestato , fornendo altresì giustificazione adeguata e non incongrua alla condotta della parte offesa che, probabilmente ancora legata affettivamente all’odierno ricorrente, si era progressivamente risolta ad esternare i comportamenti dell’uomo il quale appunto non ha inteso negare gli episodi violenti , assumendo consapevolezza via via crescente che si trattava del solo modo di venire a capo di una situazione dolorosa ed ormai definitivamente incrinata. Sì che il contestato riferimento alla gelosia, quale sentimento che avrebbe ulteriormente corroborato di attendibilità le dichiarazioni della persona offesa, trova coerente giustificazione nella complessiva descrizione della personalità della donna e del suo atteggiarsi nei confronti dell’ex compagno, nei confronti del quale i sentimenti provati l’avevano indotta ad inizialmente tacere quella pluralità di episodi negativi infine emersi nelle successive dichiarazioni. In ogni caso, peraltro, il provvedimento impugnato non è stato oggetto di rilievo laddove si è soffermato sulla mancata contestazione dei singoli fatti di maltrattamenti, né per vero, salvo quanto si dirà infra, le dichiarazioni della donna - nella descrizione della sua vita al fianco del P. - sono state fatte in sé oggetto di rimostranza da parte del ricorrente. 4.2. Per quanto riguarda il secondo motivo di impugnazione, rappresenta insegnamento costante che non appare configurabile la circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cod. pen. in relazione al reato di lesioni personali lievi commesso in attuazione della condotta propria del delitto di maltrattamenti in famiglia, atteso che il nesso teleologico necessario per la sussistenza della suddetta aggravante esige che le azioni esecutive dei due diversi reati che pone in relazione siano distinte Sez. 6, n. 23827 del 07/05/2013, A., Rv. 256312 Sez. 6, n. 5738 del 19/01/2016, R., Rv. 266122 . In particolare, è stato già affermato che nel caso di reato di lesione personale, commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, i due fatti non possono essere ritenuti automaticamente aggravati dalla circostanza del nesso teleologico, prevista dall’art. 61, n. 2 cod. pen., essendo necessario accertare sul piano oggettivo che le azioni costitutive dei due reati siano distinte e, su quello soggettivo, la volontà dell’agente di commettere il reato-mezzo in direzione della commissione del reato scopo Sez. 6, n. 3368 del 12/01/2016, P.G., Rv. 266008 . Al riguardo, il provvedimento impugnato nulla ha dedotto, limitandosi ad affermare, invero tautologicamente, che tutte le azioni accessorie al delitto di maltrattamenti dovevano considerarsi avvinte dal nesso teleologico con detto reato, la cui condotta si sviluppa ad ampio raggio , mentre le fattispecie concorrenti si ponevano come promanazione materiale di atti autonomamente iniqui ed antigiuridici, ma consentiti dal contesto ambientale determinato dalla condotta maltrattante. Alla stregua del richiamato costante orientamento, quindi, si impone in proposito l’annullamento in parte qua del provvedimento impugnato, con rinvio per un nuovo giudizio che tenga conto dei ricordati principi e della loro incidenza nella fattispecie. 4.3. In ordine al terzo motivo, il riconoscimento della futilità del motivo presuppone, da parte del giudice, la necessaria identificazione in concreto della natura e della portata della ragione giustificatrice della condotta delittuosa, quale univoco indice di un istinto criminale più spiccato e di un elevato grado di pericolosità dell’agente era stato così precisato che il motivo di gelosia può portare ad escludere l’aggravante in questione se si tratti di spinta davvero forte dell’animo umano, che può indurre a gesti del tutto inaspettati e illogici e sempre che la condotta non sia in realtà espressione di uno spirito punitivo nei confronti della vittima, considerata come propria appartenenza Sez. 1, n. 18779 del 27/03/2013, Filocamo, Rv. 256015 . Vero è, peraltro, che dall’esame degli atti specificamente indicati non si evince alcun riferimento alla ossessiva gelosia cfr. pag. 8 della sentenza del Tribunale di Milano che avrebbe rappresentato essenzialmente quei futili motivi alla presunta base della condotta aggressiva sfociata nell’episodio violento del mese di omissis . D’altronde anche a questo proposito il provvedimento impugnato nulla ha inteso chiarire al riguardo, ed anzi appare illogicamente collegare la pretesa futilità alle attestazioni di cui al referto medico cfr. penultima pagina, non numerata, della sentenza della Corte territoriale, laddove è oscuramente affermato che la futilità è obiettivamente emergente dalla pretestuosità della condotta lesiva, che peraltro è stato puntualmente descritto dalla A. , oltre che attestato dal referto medico , in tal modo ponendo in connessione una spinta emotiva con le risultanze oggettive della condotta violenta trasfuse nel certificato medico. 4.4. Il quarto motivo non è invece fondato. Vero è, infatti, che in materia di delitti di violenza sessuale, la procedibilità d’ufficio determinata dalla ipotesi di connessione prevista dall’art. 609-septies, comma quarto, n. 4 cod. pen. si verifica non solo quando vi è connessione in senso processuale art. 12 cod. proc. pen. , ma anche quando v’è connessione in senso materiale, cioè ogni qualvolta l’indagine sul reato perseguibile di ufficio comporti necessariamente l’accertamento di quello punibile a querela, in quanto siano investigati fatti commessi l’uno in occasione dell’altro, oppure l’uno per occultare l’altro oppure ancora quando ricorrono i presupposti di uno degli altri collegamenti investigativi indicati nell’art. 371 cod. proc. pen. Sez. 3, n. 37166 del 18/05/2016, B. e altri, Rv. 268313 Sez. 3, n. 10217 del 10/02/2015, G., Rv. 262654 . Ed in specie la procedibilità d’ufficio del delitto di maltrattamenti determina, comunque ed in ogni caso, la procedibilità d’ufficio anche del reato di violenza sessuale, unito dal primo col vincolo della continuazione art. 12, comma 1, lett. b cod. proc. pen. , vincolo la cui sussistenza non è stata revocata in dubbio, per cui certamente si ricade nell’ipotesi di connessione rilevante. 4.5. In definitiva, sono fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, mentre nel resto l’impugnazione va rigettata. 5. Alla stregua dei rilievi che precedono, quindi, la sentenza impugnata va annullata, limitatamente alla configurabilità delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 61 n. 1 e 61 n. 2 cod. pen., con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla configurabilità delle circostanze aggravanti di cui agli artt. 61 n. 1 e 61 n. 2 c.p. e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Milano. Rigetta nel resto il ricorso.