La notizia appresa durante una perquisizione domiciliare non può essere ritenuta confidenziale

In tema di intercettazioni telefoniche non opera il divieto di utilizzazione della notizia appresa dalla polizia giudiziaria nel corso di una perquisizione, giacché le generalità del soggetto che subisce l’atto investigativo sono indicate negli atti ed inoltre l’informazione non assume i connotati della confidenzialità che consiste nell’esistenza di un reciproco rapporto fiduciario e dall’intenzione del dichiarante” di restare anonimo per motivi di opportunità o di sicurezza.

Il caso. Con ordinanza cautelare veniva disposta la misura degli arresti domiciliari nei confronti di un soggetto gravemente indiziato dei reati di porto e detenzione di arma comune da sparo, concorso con la convivente nel reato di peculato perché, quale infermiere professionale in servizio presso il Pronto Soccorso, si appropriava di confezioni di farmaci e di materiale sanitario nonché di abuso d’ufficio per essersi prestato a consentire a terzi di effettuare prelievi ematici o visite ed esami specialistici senza pagamento del ticket. Alla base della decisione sulla misura cautelare vi erano le intercettazioni telefoniche dalla difesa ritenute disposte in violazione della legge, di cui al ricorso davanti alla Corte di cassazione. Il quadro anteriore alle intercettazioni telefoniche. All’esito di una perquisizione eseguita presso l’abitazione di un altro soggetto furono rinvenuti 1,2 chilogrammi di marijuana, una pistola Beretta e alcune munizioni. Gli investigatori ipotizzarono che il soggetto detenesse quanto rinvenuto per conto dell’indagato che era un soggetto già pregiudicato. La perquisizione effettuata nell’immediatezza presso l’abitazione di uno dei figli di quel soggetto avallava l’ipotesi investigativa. Il figlio infatti confermava che i due erano amici e si frequentavano. Infatti, 3 giorni prima della perquisizione l’indagato era stato controllato dalla Polizia di stato insieme all’amico mentre erano intenti ad esercitare illecitamente l’attività venatoria. Disposte le intercettazioni telefoniche, seguivano quindi la perquisizione e il sequestro. Tali atti erano poi stati posti a fondamento dell’ordinanza cautelare oggetto di verifica. Intercettazioni contra legem? Secondo la difesa le intercettazioni sarebbero state disposte solo sulla base di una notizia confidenziale, assunta da soggetto poi non escusso a sommarie informazioni, con la conseguenza che il contenuto delle suddette non sarebbe utilizzabile. Dalla inutilizzabilità delle conversazioni intercettate deriverebbe, poi, anche l’inutilizzabilità di quelle successivamente disposte a seguito di autonomi decreti autorizzativi. Cosa si intende per fonte confidenziale. La giurisprudenza di legittimità delimita rigorosamente la categoria delle fonti confidenziali e degli informatori la cui identità forma oggetto del segreto di polizia”. Sono informatori di polizia” i confidenti, cioè coloro che, agendo dietro compenso di denaro o in previsione di altri vantaggi, forniscono alla polizia giudiziaria occasionalmente, ma con sistematicità, notizie da essi apprese. Il confidente è chi ha un rapporto tendenzialmente stabile con la polizia giudiziaria, di tipo sinallagmatico a fronte delle dichiarazioni ricevute, l’inquirente è tenuto al segreto sulla rivelazione dell’identità del delatore. Sul fronte dell’interpretazione, la giurisprudenza di legittimità ha escluso di poter ricondurre persone informate sui fatti che, avvicinati dagli organi di polizia giudiziaria abbiano rilasciato dichiarazioni, rifiutandosi di sottoscrivere i verbali alla figura del confidente. Identikit” dell’’informatore. Due sono i requisiti affinché un soggetto assuma la veste soggettiva di informatore il dichiarante deve avere l’intenzione di rimanere anonimo per ragioni di opportunità e di sicurezza personale carattere di segretezza inoltre, tra confidente e le forze di polizia, cioè tra il fornitore e il ricevente una determinata notizia, vi deve essere un rapporto fiduciario. Se l’informatore non è anonimo non vi è alcun divieto di utilizzazione. Quando la polizia giudiziaria indica negli atti le generalità complete dell’informatore oppure precisa in una relazione di servizio il contenuto delle notizie da questi riferite, viene meno il carattere anonimo della fonte di talché il divieto di utilizzazione a fini di valutazione del quadro indiziario delle notizie acquisite dalla polizia giudiziaria presso informatori non opera. Nel caso di specie la notizia dell’amicizia e della frequentazione tra i due soggetti era stata appresa dagli investigatori nel corso della perquisizione effettuata presso il domicilio del figlio di uno dei due. Il dichiarante non anonimo – e anzi, espressamente indicato negli atti di indagine – non aveva alcun rapporto tendenzialmente stabile con la polizia giudiziaria né aveva l’animus di restare, per ragioni di opportunità e di sicurezza personale, nell’anonimato. La notizia appresa nella circostanza descritta, in definitiva, non era confidenziale” in senso tecnico, pertanto, poteva essere utilizzata ai fini della valutazione dei gravi indizi di reato necessari per disporre le intercettazioni telefoniche, non operando il divieto probatorio. Sotto questo profilo dunque non è censurabile la ritualità con cui sono state disposte le intercettazioni telefoniche e gli atti scaturiti da tale attività. La piattaforma dei gravi indizi non solo intercettazioni telefoniche. Il fumus commissi delicti dei reati contestati derivava anche dalla confessione resa dall’indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia nonché dai sequestri di medicinali trovati all’esito delle perquisizioni eseguite nell’armadio dell’ospedale presso il quale l’indagato prestava servizio e nelle abitazioni nella disponibilità dello stesso o di persone a lui riconducibili, infine, dai servizi di osservazione effettuati dalle forze dell’ordine e da alcune fotografie. E gli atti successivi? Al di là della dichiarata infondatezza della censura relativa all’inutilizzabilità della fonte confidenziale, la Suprema Corte prosegue chiarendo che alla categoria della inutilizzabilità” non si applica il principio secondo cui la nullità di un atto rende invalidi anche gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo. Anche il Giudice delle leggi Cost., sent. n. 332/2001 ha precisato che i fenomeni della nullità e della inutilizzabilità non sono sovrapponibili con la conseguenza che non si può trasferire nella disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato” che il sistema regola con riferimento esclusivo alla nullità. Dall’inutilizzabilità di una prova non derivano conseguenze su altre prove neppure se collegate. La Corte ha chiarito che l’inutilizzabilità della prova richiede la illegittima acquisizione della specifica prova di cui si controverte. Tale invalidità processuale è circoscritta alle prove assunte in violazione dei doveri probatori e non incide sulle altre risultanze probatorie nemmeno se collegate a quelle inutilizzabili.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 13 giugno – 18 settembre 2017, n. 42566 Presidente Paoloni – Relatore Silvestri Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di Salerno il 09/02/2017 ha confermato l’ordinanza cautelare con cui è stata disposta la misura degli arresti domiciliari nei confronti di F.A. , gravemente indiziato dei reati 1 di porto e detenzione di arma comune da sparo capo a 2 di concorso in peculato, perché, quale infermiere professionale in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale omissis di , si appropriava, in concorso con la convivente, di confezioni di farmaci e di materiale sanitario capi B L M O T BB CC 3 di abuso d’ufficio così riqualificata dal G.I.P. l’originaria contestazione cautelare di peculato d’uso , per essersi adoperato per consentire a terzi di effettuare prelievi ematici ovvero visite ed esami specialistici senza pagare il ticket, appropriandosi così momentaneamente delle dotazioni dell’ospedale capi F Z-I . 2. Ha proposto ricorso per cassazione il difensore articolando quattro motivi. 2.1. Con il primo si deduce l’erronea applicazione della legge e l’inosservanza di norme processuali previste a pena di inutilizzabilità. Si sostiene che le intercettazioni telefoniche, i cui elementi di prova sono stati posti a fondamento di altri rilevanti atti di indagine e del titolo cautelare, sarebbero inutilizzabili, ai sensi degli artt. 267 203 271 cod. proc. pen., in quanto disposte solo sulla base di una notizia confidenziale assunta da soggetto poi non escusso a sommarie informazioni. Si assume inoltre che dalla inutilizzabilità delle conversazioni intercettate sulla base della notizia confidenziale, deriverebbe la inutilizzabilità anche delle intercettazioni successive, disposte a seguito di autonomi decreti autorizzativi. 2.2. Con il secondo, il terzo e il quarto motivo si deducono, rispettivamente, l’omessa motivazione in ordine alla eccezione di inutilizzabilità a delle intercettazioni disposte nel procedimento a carico di M.P. e, si assume, poi utilizzate nel presente procedimento b di una intercettazione eseguita dopo il termine di efficacia del decreto autorizzativo c di quelle autorizzate non per il reato di peculato. Il corollario che si fa discendere anche in questo caso sarebbe quello per cui, non potendo essere utilizzate le intercettazioni in questione, sarebbero invalidi anche le perquisizioni, i sequestri e tutti gli atti derivati posti a fondamento del titolo cautelare. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Quanto al primo motivo di ricorso, dalla prospettazione difensiva e dal provvedimento impugnato si evince che all’esito di una perquisizione eseguita il omissis presso la abitazione di tale M.P. , furono trovati kg. 1,2 di marijuana, una pistola di marca Beretta ed alcune munizioni. Gli investigatori ipotizzarono che il M. potesse aver detenuto quanto rinvenuto per conto di F.A. , soggetto pregiudicato di cui gli inquirenti conoscevano il rapporto di frequentazione con il M. . Tale intuizione fu avallata dopo una perquisizione effettuata nella immediatezza presso l’abitazione di uno dei figli del M. , il quale informalmente confermò che il ricorrente frequentava assiduamente la casa del padre, di cui era molto amico. Sulla base di tale elemento, riscontrato sul piano investigativo anche dalla circostanza che il omissis , cioè tre giorni prima della perquisizione e dell’arresto del M. , il F. sarebbe stato controllato dalla Polizia di Stato insieme al M. nel mentre erano intenti, anche con la disponibilità di armi, ad esercitare illecitamente l’attività di caccia, furono disposte intercettazioni telefoniche il cui esito è stato poi valorizzato per i successivi atti di perquisizione e sequestro, posti a fondamento del titolo cautelare nei riguardi dell’odierno ricorrente. 2.1. Assume l’indagato che dalle risultante investigative emergerebbe, contrariamente a quanto sostenuto dagli inquirenti, che il omissis il F. non fosse in compagnia del M. le intercettazioni, si sostiene, sarebbero state quindi disposte solo sulla base della notizia ritenuta confidenziale, riferita agli investigatori dal figlio del M. , poi non escusso a sommarie informazioni. Ne deriverebbe che il contenuto di quelle intercettazioni sarebbe inutilizzabile ai sensi degli artt. 267 203, comma 1 bis, cod. proc. pen., non potendo nella specie nemmeno essere richiamato l’orientamento nomofilattico secondo cui i risultati delle intercettazioni di conversazioni disposte sulla base di fonti confidenziali o anonime acquisite dalla polizia giudiziaria sono utilizzabili a condizione che queste ultime non siano gli unici elementi posti a supporto della valutazione sulla sussistenza dei gravi indizi di reato e che le operazioni siano state autorizzate anche sulla base di altri elementi emersi che le integrino In tal senso, Sez. 6, n. 39766 del 15/04/2014, Pascali, Rv. 260456 Sez. 6, n. 42845 del 26/06/2013, Rv. 257295 . 3. L’assunto difensivo è giuridicamente infondato. La giurisprudenza di legittimità è orientata a delimitare rigorosamente la categoria delle fonti confidenziali e degli informatori la cui identità forma oggetto del segreto di polizia . Sono considerati informatori di polizia, i confidenti , cioè coloro che, agendo, di regola, dietro compenso di denaro o in funzione di altri vantaggi, forniscono alla polizia giudiziaria, occasionalmente, ma con sistematicità, notizie da loro apprese Sez. 2, n. 46023 del 07/11/2007, Montagnese, Rv. 239265 Sez. 6, n. 36720 del 12/06/2001, Vardaro, non massimata . Secondo la prevalente interpretazione, ai fini della configurabilità della veste soggettiva di informatore confidente, sono necessari due requisiti. Il primo è costituito dal carattere di segretezza, derivante dall’intento del dichiarante di rimanere nell’anonimato per ragioni di opportunità e di sicurezza personale in tal senso, Sez. 6, n. 31739 del 22/05/2003, Corteggiano ed altri, Rv. 226201 . Il secondo è costituito dal rapporto fiduciario del confidente con le forze di polizia, cioè fra chi fornisce e chi riceve una determinata notizia. Il confidente si identifica con chi ha un rapporto tendenzialmente stabile con la polizia giudiziaria, sinallagmatico, nel senso che, a fronte di informazioni ricevute, l’inquirente è in qualche modo tenuto al segreto sulla rivelazione della identità del delatore. La Corte di cassazione ha in passato escluso di poter ricondurre alla figura del confidente le persone informate sui fatti che, avvicinati dagli organi di polizia giudiziaria, abbiano loro rilasciato dichiarazioni, rifiutandosi poi di sottoscriverle Sez. 6, n. 36720 del 12/06/2001, Vardaro, non massimata . In senso simmetrico, si è affermato che il divieto di utilizzazione a fini di valutazione del quadro indiziario delle notizie acquisite dalla polizia giudiziaria presso informatori art. 267 comma 1-bis in relazione all’art. 203 comma 1-bis cod. proc. pen. non opera quando la stessa polizia giudiziaria abbia indicato negli atti le generalità complete dell’informatore ovvero abbia precisato in una relazione di servizio il contenuto delle notizie da questi riferite, venendo meno in tal caso il carattere anonimo della fonte Sez. 4, n. 6844 del 15/12/2011, dep. 2012 , Damiano, Rv. 252730 . 4. In applicazione di tali principi, deve escludersi che, nel caso di specie, la notizia appresa dagli inquirenti nel corso della perquisizione effettuata presso la abitazione di M.G. , figlio di M.P. , avesse natura confidenziale e fosse perciò sottoposta alla disciplina prevista dagli artt. 267203 cod. proc. pen. non emerge in nessun modo che il dichiarante, peraltro espressamente indicato negli atti di indagine, avesse un rapporto fiduciario e tendenzialmente stabile con la polizia giudiziaria, né che intendesse rimanere nell’anonimato per ragioni di opportunità e di sicurezza personale. La notizia appresa nel corso di quella perquisizione non era quindi tecnicamente qualificabile come confidenziale e, quindi, ben poteva essere utilizzata, ai sensi dell’art. 267 cod. proc. pen., ai fini della valutazione dei gravi indizi di reato necessari per disporre intercettazioni telefoniche, non operando nella specie il divieto probatorio previsto dall’art. 203 cod. proc. pen. Ne discende la ritualità delle intercettazioni disposte e degli atti da esse derivanti. 5. Parimenti infondati, ai limiti della inammissibilità per difetto di interesse, sono gli altri motivi di ricorso. 5.1. Dal provvedimento impugnato emerge che i reati contestati sarebbero provati, oltre che dal contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate, anche a dalla confessione resa da F. nel corso dell’interrogatorio di garanzia b dai sequestri dei medicinali trovati all’esito delle perquisizioni eseguite nell’armadio dell’ospedale presso il quale l’indagato presta servizio e nelle abitazioni nella disponibilità dello stesso F. o di persone a lui riconducibili c dai servizi di osservazione effettuati dalle forze dell’ordine e da alcune fotografie. Secondo il difensore, il vizio procedurale relativo ad alcune intercettazioni renderebbe inutilizzabili anche gli elementi di prova derivanti dagli altri atti di indagine e sostanzialmente neutre le dichiarazioni confessorie dello stesso indagato. 6. Si tratta di un assunto non condivisibile. 6.1. Al di là delle specifiche questioni sulla inutilizzabilità del contenuto di alcune intercettazioni telefoniche, in giurisprudenza è del tutto consolidato il principio secondo cui alla categoria della inutilizzabilità non si applica il principio secondo cui la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi, che dipendono da quello dichiarato nullo tra le tante, Sez. 6, n. 3027 del 20/12/2015 dep. 2016 , Ferminio, Rv. 266496 . La Corte costituzionale, con la sentenza n. 332 del 27/09/2001, ha chiarito come siano fenomeni tutt’altro che sovrapponibili quelli della nullità e della inutilizzabilità, così da non potersi trasferire nella disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato che il sistema regola esclusivamente in relazione al tema della nullità . La inutilizzabilità della prova richiede infatti la illegittima acquisizione della specifica prova della cui validità si controverte detta invalidità processuale rimane circoscritta alle prove assunte in violazione di divieti probatori e non incide sulle altre risultanze probatorie, ancorché collegate a quella inutilizzabili in tal senso, Sez. 5, n. 12697 del 20/11/2014, dep. 2015 , Strazimiri, Rv. 263031 . Ne discende che l’eventuale vizio di inutilizzabilità, genericamente lamentato dal difensore, non potrebbe estendere i suo effetti agli altri atti di indagine compiuti e, ovviamente, alle dichiarazioni confessorie rese dallo stesso indagato nel corso dell’interrogatorio di garanzia. Né, al di là della questione della inutilizzabilità derivata, è stata anche solo prospettata dal difensore la decisività probatoria autonoma del contenuto delle singole intercettazioni di cui si assume la inutilizzabilità. 7. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta i ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.