L’erronea dichiarazione di contumacia influisce sul termine per impugnare?

La Cassazione viene interrogata per risolvere orientamenti contrastanti in merito al termine per ricorre in appello nel caso in cui la dichiarazione di contumacia sia stata erroneamente espressa.

Con la sentenza n. 42519/17, depositata il 19 settembre 2017, la Cassazione risolve il contrasto giurisprudenziale sul tema. Il caso. Durante il processo era stata attribuita all’imputato, senza chiara motivazione, la qualifica di contumace. L’imputato propone ricorso in Cassazione lamentando che l’intervenuta dichiarazione di contumacia imponeva il rispetto delle forme previste per il giudizio contumaciale, tra cui la decorrenza del termine per impugnare dalla data della notifica della sentenza per estratto. Erronea dichiarazione di contumacia . Secondo la Corte, in primo luogo, la corretta posizione processuale del ricorrente è quella di imputato assente e non contumace. Infatti la Cassazione afferma che non appare dubbio che la qualifica di contumace sia stata erroneamente attribuita all’imputato, in realtà assente per rinuncia a comparire sin dalla prima udienza l’art. 484, comma 2- bis c.p.p. richiama per la costituzione delle parti in dibattimento anche la disposizione dell’art. 420- quinquies c.p.p., secondo la cui formulazione vigente al momento della celebrazione del giudizio di primo grado, le norme sulla contumacia non si applicano allorché l’imputato, anche se impedito, chiede o consente a che si proceda in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistere all’udienza . Ne consegue che, nel caso di specie, essendo l’imputato detenuto per altra causa ed avendo rinunciato a comparire in udienza, la dichiarazione di contumacia deve ritenersi inutiliter data per contrasto con la situazione processuale obiettivamente esistente. Il giudice avrebbe dovuto disporre la prosecuzione del processo come se l’imputato fosse stato presente, essendo rappresentato dal proprio difensore. Termini per impugnare. Per quanto riguarda la doglianza relativa al termine per impugnare, il primo orientamento giurisprudenziale, preso in considerazione dalla Corte, sostiene che la formale dichiarazione di contumacia, erroneamente emessa e seguita dalla notificazione dell’avviso di deposito con l’estratto della sentenza, giustifica l’impugnazione proposta con osservanza dei termini per il giudizio contumaciale. In senso contrario, secondo altro orientamento, poi accolto dalla Corte, il termine per impugnare, nel caso di erronea dichiarazione di contumacia, decorre dalla scadenza del termine prescritto per il deposito della sentenza, ex art. 585, comma 1, lett. b , c.p.p Infatti, secondo la Corte, la cessazione della contumacia si verifica indipendentemente dall’eventuale mancata pronuncia del formale provvedimento di revoca in passato previsto dall’art. 420- quater c.p.p. nella previgente formulazione e, conseguentemente, all’imputato già dichiarato contumace che si presenti successivamente all’udienza non è dovuta la successiva notifica di deposito della sentenza, con il relativo estratto, prevista dall’art. 548, comma 3, c.p.p. [] nel caso in cui detta notifica venga erroneamente effettuata, essa non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare . Per questo motivo la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 26 aprile – 18 settembre 2017, n. 42519 Presidente Davigo – Relatore Beltrani Considerato in diritto Il ricorso dell’imputato è infondato. 1. La Corte di appello premette che - l’imputato, essendo detenuto per altra causa, aveva rinunciato a comparire alla prima udienza celebrata in primo grado in data 17 aprile 2012 - alla successiva udienza dell’8 ottobre 2012 il GOT subentrato al primo giudice aveva inopinatamente rilevato che non era stata disposta la traduzione dell’imputato per l’udienza precedente, ed aveva disposto il rinvio con ordine di traduzione dell’imputato - all’udienza 4 marzo 2013 l’imputato non era stato tradotto, e gli era stata attribuita a verbale non è ben chiaro a quel titolo la qualifica processuale di contumace - dopo due rinvii dovuti rispettivamente ad impedimento del magistrato titolare e ad una astensione forense, all’udienza 7 ottobre 2013 il difensore aveva chiesto rinvio per legittimo impedimento dell’imputato, che il GOT non aveva accordato, osservando che l’imputato contumace non aveva manifestato la volontà di comparire, avendo omesso di comunicare tempestivamente lo stato di detenzione - risalente, secondo quanto riferito dalla difesa, al luglio precedente - ed avendo omesso di chiedere al giudice procedente di essere tradotto il GOT aveva quindi disposto procedersi alla discussione, all’esito della quale aveva pronunciato sentenza con motivazione contestuale. In ordine a tali premesse, il ricorrente non muove contestazioni. 1.1. Ciò premesso, e ritenuto che la corretta posizione processuale dell’imputato al momento della decisione fosse quella di imputato assente , e non contumace , la Corte di appello aveva ritenuto che il termine di giorni 15 per l’appello dovesse decorrere dalla data della lettura in udienza della sentenza con motivazione contestuale, venendo in scadenza il 22 ottobre 2013, mentre l’appello era stato presentato soltanto il successivo 6 febbraio 2014. 2. Il ricorrente lamenta che l’intervenuta dichiarazione di contumacia, pur se erronea, imponeva il rispetto delle forme previste per il giudizio contumaciale, compresa la decorrenza del termine per l’impugnazione dalla data della notifica della sentenza per estratto. 3. In proposito, un orientamento Sez. IV, sentenza n. 3250 del 21/03/1997, Rv. 207795, citata dalla difesa a sostegno del ricorso ha, in passato, sostenuto che la formale dichiarazione di contumacia, erroneamente emessa o mantenuta durante tutto il giudizio e seguita dalla notificazione dell’avviso di deposito con l’estratto della sentenza, giustifica l’impugnazione proposta con l’osservanza dei termini previsti per il giudizio contumaciale, ancorché erroneamente instaurato o mantenuto. Ad esso ha, in tempi più recenti, pedissequamente aderito Sez. I, n. 16902 del 16/01/2009, Rv. 243167. 3.1. In senso contrario, altro orientamento ha ritenuto che il termine per impugnare, nel caso di erronea dichiarazione di contumacia, decorre dalla scadenza del termine prescritto per il deposito della sentenza, ex art. 585, comma primo, lett. b , cod. proc. pen. Sez. V, n. 19279 del 27/03/2015, Rv. 264849 . 4. Ritiene il collegio che meriti accoglimento il secondo orientamento. 4.1. Non appare dubbio che la qualifica di contumace sia stata erroneamente attribuita all’imputato, in realtà assente per rinuncia a comparire sin dalla prima udienza l’art. 484, comma secondo-bis cod. proc. pen. richiama per la costituzione delle parti in dibattimento anche la disposizione dell’art. 420-quinquies cod. proc. pen., secondo la cui formulazione vigente al momento della celebrazione del giudizio di primo grado, le norme sulla contumacia non si applicano allorché l’imputato, anche se impedito, chiede o consente a che si proceda in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistere all’udienza. Pertanto, la dichiarazione di contumacia dell’imputato, ritualmente citato e detenuto per altra causa che abbia rinunciato a comparire, deve ritenersi inutiliter data per contrasto con la situazione processuale obiettivamente esistente, che implica la prosecuzione del processo come se l’imputato sia presente, essendo rappresentato dal proprio difensore. 4.2. Espressione del medesimo principio appare l’ulteriore, pacifico, orientamento per il quale la cessazione della contumacia si verifica indipendentemente dall’eventuale mancata pronuncia del formale provvedimento di revoca in passato previsto dall’art. 420-quater c.p.p. nella previgente formulazione e, conseguentemente, all’imputato già dichiarato contumace che si presenti successivamente all’udienza non è dovuta la successiva notifica dell’avviso di deposito della sentenza, con il relativo estratto, prevista dall’art. 548, comma 3, c.p.p. Sez. 1, sentenza n. 6381 del 19/11/1999, dep. 2000, Rv. 214956 Sez. 5, sentenza n. 1784 del 26/10/2011, dep. 2012, Rv. 251712 Sez. 1, sentenza n. 20463 del 27/01/2015, Rv. 263569 . 4.3. Ancora una volta espressione del medesimo principio appare, infine, l’orientamento per il quale, considerato che all’imputato assente non spetta la notifica per estratto della sentenza, nel caso in cui detta notifica venga erroneamente effettuata, essa non produce alcun effetto sulla decorrenza del termine per impugnare Sez. 3, sentenza n. 4855 del 29/11/2012, dep. 2013, Rv. 254427 Sez. V, n. 19279 del 27/03/2015, Rv. 264849 . 4.4. Trattasi di orientamenti riguardanti questioni applicative diverse, ma tutti legittimati dalla medesima ratio, che risiede nell’imprescindibile esigenza di attribuire prevalenza alla situazione processuale corretta, perché di per sé rilevante, ovvero produttiva ope legis di effetti che non vengono meno in caso di successiva, erronea valutazione, in difetto di sopravvenienze, della medesima situazione processuale in precedenza già correttamente valutata. 4.4.1. D’altro canto, come già rilevato in seno all’orientamento accolto, argomentando in tal modo i diritti dell’imputato non subiscono alcun vulnus, poiché, da un lato, egli fruisce sempre di difesa tecnica, dall’altro, conseguentemente, al difensore compete anche il compito di individuare l’eventuale error iudicis e di assumere le iniziative opportune. 5. Il rigetto del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.