Se l'atto viene notificato regolarmente... alla mamma convivente

La valutazione del giudice, in merito alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, presuppone che l'interessato abbia allegato le motivazioni della stessa, dal momento che colui che presenta un'istanza ha il dovere di fornire la documentazione di supporto.

E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 41559/17, depositata il 12 settembre. Il caso. Un condannato chiedeva di essere rimesso in termini e proponeva, contestualmente, opposizione contro il decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti, per l'illecito di cui all'art. 28 d.lgs. n. 758/1994 disciplina sanzionatoria in materia di diritto del lavoro, rifiuto di fornire notizie . Il Tribunale competente rigettava l'istanza. L'interessato proponeva, dunque, ricorso per cassazione, lamentando l'irregolarità nella notifica e la mancata conoscenza del provvedimento. Sottolineava, in particolare, l'impugnante che il Giudice aveva ritenuto sussistente l'effettiva conoscenza dell'atto soltanto sulla base delle notifiche alla madre convivente e al difensore d'ufficio. Accertamento del giudice e allegazione del ricorrente. Gli Ermellini hanno, preliminarmente, ricordato come rigettare l'istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione, sulla base del rilievo di una mera regolarità formale, sia illegittimo. La notifica, se non effettuata al destinatario del provvedimento, infatti, non si può ritenere dimostrativa, in sé, della conoscenza effettiva dell'atto da parte del destinatario. Il Collegio ha, poi, chiarito come sia onere del Giudice valutare le motivazioni della mancata conoscenza, ma sulla base delle allegazioni dell'interessato, al quale non spetta, invece, il compito di provarla. Il controllo del giudice presuppone, pertanto, che il richiedente abbia addotto le motivazioni della mancata conoscenza del provvedimento notificato regolarmente, dal momento che colui che presenta un'istanza ha il dovere di fornire la documentazione a supporto della medesima. I Giudici del Palazzaccio hanno constatato come, nel caso di specie, sia stato correttamente applicato il principio per cui nell'ordinamento processuale penale non viene posto un onere probatorio sull'imputato, bensì un dovere di allegazione di tutti quegli elementi necessari a dimostrare fatti che possano volgere il giudizio in suo favore. D'altra parte, nel caso di specie, sarebbe mancato proprio l'adempimento del dovere di allegazione da parte dell'interessato, anche in considerazione del fatto che altri atti, precedenti, relativi al medesimo procedimento, erano stati ricevuti dalla madre convivente dello stesso e che quest'ultimo non ne aveva lamentata la mancata conoscenza. Per le ragioni sopra esposte, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 luglio – 12 settembre 2017, n. 41559 Presidente Amoresano – Relatore Cerroni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 21 dicembre 2016 il Tribunale di Cagliari ha rigettato la richiesta di M.N. di essere rimesso in termini al fine di proporre opposizione, che contestualmente proponeva, avverso il decreto penale di condanna del 30 settembre 2014, emesso per il reato di cui all’art. 28 d.lgs. 758 del 1994. 2. Avverso il predetto provvedimento l’interessato ha proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione articolato su un complesso motivo di impugnazione. 2.1. In particolare, il ricorrente ha osservato che il provvedimento impugnato aveva ritenuto che la notificazione a persona diversa dal destinatario, ancorché compresa tra i soggetti di cui all’art. 157 cod. proc. pen., integrasse presunzione di conoscenza dell’atto capace di determinare l’effettiva conoscenza del provvedimento, e che non fosse idonea l’allegazione di avere avuto conoscenza del provvedimento in epoca successiva alla scadenza del termine per proporre impugnazione. Al contrario, la regolarità formale della notificazione era idonea ad integrare la prova dell’effettiva conoscenza dell’atto solo ove la stessa fosse avvenuta a mani dell’interessato, laddove il sistema imponeva il diritto del condannato ad ottenere la restituzione in termini con la sola eccezione dell’intervenuta conoscenza di fatto del procedimento ovvero del provvedimento. In ragione di ciò, la nuova disciplina della restituzione in termini poneva a carico del giudice l’onere di reperire la prova contraria rispetto alla presunzione di non conoscenza. Illogica appariva quindi la motivazione del provvedimento impugnato laddove, solamente sulla base delle notifiche eseguite alla madre dell’imputato e al difensore d’ufficio, aveva ritenuto sussistente l’effettiva conoscenza del provvedimento. Doveva invece considerarsi immanente una presunzione di non conoscenza del provvedimento, superata solamente dalla notifica eseguita a mani dell’interessato. Secondo il ricorrente, invece, il provvedimento impugnato aveva aderito ad altro orientamento, in forza del quale l’interessato doveva dimostrare la non conoscenza del provvedimento, così presumendosi la conoscenza di quest’ultimo in contrasto col vigente sistema normativo. Il provvedimento impugnato, quindi, si presentava illegittimo apparendo in contrasto con la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, laddove decisioni penali definitive venivano assunte sul presupposto di una conoscenza non effettiva del provvedimento di condanna. Era quindi richiesta in via preliminare la rimessione della questione alla cognizione delle Sezioni Unite. 3. Il Procuratore generale ha concluso per l’infondatezza del ricorso, osservando che incombeva sul ricorrente l’onere, non soddisfatto, di allegare le ragioni in forza delle quali non gli sarebbe stata fornita comunicazione della notifica del provvedimento. Considerato in diritto 4. Il ricorso è infondato. 4.1. In fatto la natura del vizio lamentato consente invero alla Corte la puntuale verifica del fascicolo processuale , l’odierno ricorrente ebbe a chiedere il 13 ottobre 2016 al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cagliari la restituzione nel termine, al fine di proporre opposizione, contestualmente formulata, al decreto penale di condanna anteriormente notificato. Al riguardo, era stato infatti osservato, a giustificazione della richiesta, che il sig. M. ha avuto conoscenza del decreto penale di condanna emesso nei suoi confronti solo in data 9 ottobre 2016, allorquando la madre gli ha comunicato di aver ritirato un plico a suo nome dall’Ufficiale giudiziario in data 1 settembre 2016 . 4.2. In proposito, è stato già sottolineato che è illegittimo il provvedimento di rigetto della istanza di restituzione nel termine per proporre opposizione a decreto penale di condanna fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notifica, in quanto quest’ultima, se non effettuata a mani dell’interessato, non può essere da sola considerata dimostrativa della effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario Sez. 3, n. 20795 del 30/04/2014, Amato, Rv. 259633 . In particolare, ben lungi dall’ascrivere all’interessato l’onere di provare la mancata conoscenza dell’atto, come ha inteso sostenere il ricorrente, questa Sezione ha così puntualizzato che il giudice è tenuto a verificare, sulla base di idonee allegazioni dell’interessato sulle ragioni della mancata conoscenza e in forza dei poteri di accertamento che gli competono, che questi non abbia avuto tempestiva effettiva conoscenza del provvedimento ne deriva che il mancato superamento di una situazione di obiettiva incertezza in ordine a tale conoscenza impone di disporre la restituzione nel termine per l’opposizione Sez. 3, n. 35443 del 01/07/2016, Rispoli, Rv. 267875 . Del pari fermo il principio che il giudice, a norma dell’art. 175, comma secondo, cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 67 del 2014, è tenuto a verificare, sulla base di idonee allegazioni dell’interessato - che indichino le ragioni sottese alla mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato - e in forza degli ordinari poteri di accertamento, che l’istante non ha avuto tempestivamente effettiva conoscenza del provvedimento , è stata così ritenuta immune da censure - in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quanto oggetto del presente esame - la decisione di rigetto dell’istanza di restituzione nel termine, in quanto l’interessato, a fronte della notificazione del decreto di condanna a mani del padre, capace e convivente, non aveva dedotto circostanze specifiche ostative della conoscenza effettiva del provvedimento, restando così precluso l’accertamento da parte del giudice cfr. Sez. 5, n. 139 del 14/10/2015, dep. 2016, Cogliandro, Rv. 265678 . In proposito, è stato ivi osservato che ai doveri di accertamento del giudice corrispondono i necessari oneri di allegazione dell’istante. Costante è poi l’affermazione circa l’onere dell’autorità giudiziaria di compiere ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine, ma è altrettanto vero che tale onere di verifica presuppone che l’interessato abbia comunque indicato, allegandole esplicitamente, le ragioni sottese della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato sull’istante, in altri termini, grava l’ onere di allegazione di circostanze rilevanti ad hoc, suscettibili di verifica da parte dell’autorità giudiziaria, a carico del soggetto interessato ad ottenere la rimessione in termini Sez. 2, n. 9776 del 22/11/2012, dep. 2013, El Badaoui, Rv. 254826, in motivazione . L’obbligo in capo al giudice di verificare l’effettività della conoscenza dell’atto, infatti, sussiste non già indiscriminatamente, ma solo in quanto emergano in atti o siano dedotte situazioni tali da far ragionevolmente dubitare che, nonostante la piena ritualità della notifica, non sia stata conseguita l’effettiva conoscenza da parte del destinatario , sicché il compimento da parte dell’autorità giudiziaria di ogni necessaria verifica ai fini della decisione sulla richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione od opposizione presuppone che l’interessato abbia indicato le ragioni della mancata conoscenza del provvedimento regolarmente notificato, senza che ciò comporti l’attribuzione al richiedente dell’onere di provare le circostanze poste a fondamento della domanda se è vero, infatti, che il giudice investito della richiesta in esame ha l’obbligo di compiere ogni necessaria verifica in relazione all’effettiva conoscenza del provvedimento, ciò non toglie che chi avanza una istanza ha l’onere di documentarla e di circostanziarla, segnalando all’organo destinatario della stessa, quantomeno la ipotesi da verificare . 4.3. Alla stregua dei principi che precedono, non sussiste onere probatorio a carico dell’interessato, nel senso che non ricadono sullo stesso le conseguenze della residua incertezza all’esito delle verifiche compiute. Se infatti l’onere di allegazione evocato non può che essere inteso unicamente come esposizione del motivo della mancata conoscenza, il provvedimento impugnato ha preso atto della ritualità della notifica, eseguita a mani della madre convivente dell’odierno ricorrente circostanze pacifiche . Senza operare alcuna indebita sostituzione tra presunzione di non conoscenza del provvedimento e presunzione invece di sua conoscenza, esso ha ancor prima escluso invece - con motivazione certamente non illogica - la stessa idoneità dell’allegazione quanto alla rivendicata mancata conoscenza dell’atto, al contempo assumendo che non poteva in tal modo introdursi alcun ragionevole dubbio sull’effettiva conoscenza del decreto penale di condanna, nel difetto di specifiche indicazioni anche tenuto conto del peculiare rapporto, parentale e di convivenza, sussistente tra soggetto che aveva ricevuto la notificazione e soggetto destinatario della medesima , sì che in definitiva le dedotte allegazioni non erano specifiche. In proposito, infatti, è stata fatta piana applicazione del principio in forza del quale nell’ordinamento processuale penale non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, ma è, al contrario, prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale l’imputato è tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore, fra i quali possono annoverarsi le cause di giustificazione, il caso fortuito, la forza maggiore, il costringimento fisico e l’errore di fatto principio, altresì, di cui è stata fatta applicazione, ad esempio, in tema di scriminanti Sez. 6, n. 45065 del 02/07/2014, Di Caterino e altri, Rv. 260839 Sez. 5, n. 8855 del 30/01/2004, Messana, Rv. 228755 e di circostanze attenuanti Sez. 6, n. 13328 del 17/02/2015, Scarano, Rv. 263075 complessivamente, cfr. Sez. 3, n. 139 cit. per ulteriori riferimenti . In definitiva, quindi, vero è che, pur in presenza di una accertata ritualità della notificazione di un decreto penale di condanna, deve ritenersi illegittimo il provvedimento di rigetto dell’istanza di rimessione in termini per la proposizione dell’opposizione avverso di esso, se fondato sul mero rilievo della regolarità formale della notificazione dell’atto ciò in quanto detta notificazione, se non effettuata a mani del destinatario, non può essere di per sé sola ritenuta prova dell’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario cfr. Sez. 3, n. 20795 del 30/04/2014, Amato, Rv. 259633, cit. proprio dal ricorrente, in fattispecie in cui la notificazione era stata data per eseguita secondo il disposto dell’ultimo periodo del comma 8 dell’art. 157 cod. proc. pen. e quindi in base a fictio iuris, a decorrere dal momento della ricezione dell’avviso dell’avvenuto deposito dell’atto notificando presso la casa comunale . In specie, al contrario, il provvedimento impugnato, correttamente prendendo le mosse dalla ritualità della notificazione eseguita a mani di soggetto a ciò legittimato, ha altresì osservato che faceva appunto difetto l’allegazione di ragioni impeditive di una solerte consegna del provvedimento notificato al destinatario finale, tanto più che anche in precedenza altri atti, tra l’altro relativi alla medesima vicenda sostanziale, erano stati ricevuti sempre dal medesimo soggetto, ossia dalla madre convivente. 4.4. Il ricorso va quindi disatteso stante l’infondatezza dei motivi di impugnazione. 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.