«Ho inventato tutto», l’ex moglie ci ripensa ma lui resta in carcere

La domanda di revisione della sentenza irrevocabile di condanna deve essere corredata da elementi che, se dimostrati, si rivelino tali da portare al proscioglimento del condannato.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 41182/17 depositata l’8 settembre. La vicenda. A seguito della dichiarazione di inammissibilità della richiesta di revisione della sentenza - orami passata in giudicato - che l’aveva ritenuto responsabile per il reato di violenza sessuale ai danni dell’ormai ex moglie, un condannato ricorre per cassazione. In particolare, deduce violazione di legge e vizio di motivazione allegando il fatto che l’ex moglie aveva dichiarato di averlo denunciato solo perché carica di risentimento e desiderio di vendetta nei suoi confronti, sentimenti che l’avevano portata a dire il falso, precisando di non aver mai subito violenza sessuale dall’ex marito. Tale dichiarazione, in quanto nuova prova, avrebbe dovuto portare alla revisione del processo e ad una diversa ricostruzione dei fatti ai fini del proscioglimento. Nuova prova. Il Collegio ricorda che, ai sensi dell’art. 631 c.p.p., la domanda di revisione della sentenza deve essere corredata da elementi che, se dimostrati, si rivelino tali da portare al proscioglimento del condannato. Sulla base di tale premessa, la Corte d’Appello è chiamata ad effettuare una delibazione prognostica circa l’affidabilità e la conferenza dei nuovi elementi, senza che ciò si traduca in un vaglio approfondito sui profili di merito. Tornando al caso di specie, la prova nuova dedotta del ricorrente era costituita dalla ritrattazione delle dichiarazioni della persona offesa tramite una lettera indirizzata alla Corte di Cassazione. La giurisprudenza ha però già avuto modo di affermare che la ritrattazione delle dichiarazioni originariamente rese dai testimoni non costituisce una prova nuova ai fini del giudizio di revisione. In mancanza di specifici elementi di prova a sostegno dell’asserita falsità delle dichiarazioni originarie infatti, non può dirsi integrato il requisito della nuova prova che giustifica la revisione del processo. Correttamente dunque la Corte d’Appello ha negato carattere di idoneità al nuovum dedotto dal ricorrente, in quanto mancante appunto qualunque elemento che corroborasse le sopravvenute dichiarazioni della persona offesa. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 giugno – 8 settembre 2017, n. 41182 Presidente/Relatore Di Salvo Ritenuto in fatto 1. S.F. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale è stata dichiarata inammissibile la richiesta di revisione della sentenza della Corte d’appello di Venezia in data 19-5-2014, divenuta irrevocabile il 17-5-2016 ed inerente al reato di violenza sessuale in danno della moglie, D.G.O. . 2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiché la persona offesa ha dichiarato, in una lettera, di aver sporto denuncia-querela nei confronti del marito in quanto era carica di risentimento, perché riteneva che lui non la rispettasse e la tradisse e perché in quel momento era animata da sentimenti di vendetta e ciò l’aveva portata a dire il falso , precisando di non aver mai subito alcuna violenza dal S. . Questa dichiarazione rappresenta una prova nuova, non valutata ai fini del giudizio di responsabilità e tale da comportare una diversa ricostruzione dei fatti, con conseguente assoluzione dell’imputato. Erroneamente pertanto la Corte d’appello ha fondato la declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione su valutazioni di merito che le erano precluse, in una fase priva di contraddittorio, laddove avrebbe dovuto invece limitarsi a una sommaria delibazione circa il nuovo elemento di prova addotto, al solo scopo di valutare se esso potesse apparire astrattamente idoneo ad incidere favorevolmente sul giudizio di colpevolezza. È soltanto nella successiva fase di merito, infatti, che gli elementi posti a fondamento della domanda devono essere sottoposti a un’indagine volta ad accertarne la concreta valenza probatoria. Era dunque precluso alla Corte d’appello, in questa fase, il giudizio circa l’inattendibilità dell’intervenuta ritrattazione da parte della persona offesa. Anche se l’eventuale reato di cui all’art. 368 cod. pen. è ormai estinto per prescrizione, la Corte d’appello avrebbe quindi dovuto procedere incidentalmente all’accertamento della calunniosità delle dichiarazioni originarie, al fine di valutare l’attendibilità della ritrattazione. 3. Con requisitoria depositata il 3 aprile 2017, il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto declaratoria di inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1.La doglianza formulata è infondata. A norma dell’art. 631 cod. proc. pen., infatti, gli elementi dedotti devono, a pena d’inammissibilità della domanda di revisione, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto, ai sensi degli artt. 529, 530, 531 cod. proc. pen. Ai fini del giudizio di ammissibilità della richiesta di revisione, la corte d’appello deve dunque effettuare una delibazione prognostica circa il grado di affidabilità e di conferenza dei nova , che non si traduca in un vaglio approfondito e quindi in un’indebita anticipazione del giudizio di merito Cass., Sez. 5, n. 11659/05 del 22-11-2004, Rv. 231138 , ma che consenta di valutare la pertinenza, rilevanza ed idoneità delle nuove prove a determinare il proscioglimento Cass., Sez. 3., n. 34360 del 23-6-2011, Rv. 251241 . 2. Nel caso di specie, dalla motivazione della pronuncia impugnata risulta che la prova nuova dedotta era costituita da una lettera, indirizzata alla Corte di cassazione, con la quale la persona offesa affermava la falsità dei fatti denunciati e dichiarava di avere reso dichiarazioni mendaci in quanto animata da sentimenti di vendetta nei confronti del marito, che, a suo dire, non la rispettava e la tradiva . In giurisprudenza si è però chiarito che la semplice ritrattazione delle dichiarazioni originariamente rese da un testimone non costituisce prova nuova, ai fini del giudizio di revisione Cass., Sez. 2, n. 15013 del 21-3-2006, Rv. 234306 e che la sola ritrattazione del testimone d’accusa, in mancanza di specifici elementi di prova che avvalorino l’asserto relativo alla falsità della deposizione originaria, non integra prova nuova Cass., Sez. 3, n. 5026 del 13-12010, Rv. 245913 . Correttamente, pertanto, la Corte d’appello ha rilevato che, in mancanza di qualunque elemento di corroborazione della prospettazione inerente alla falsità della deposizione originaria, il novum dedotto non poteva avere alcun rilievo. L’impianto argomentativo a sostegno del decisum è dunque puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto conforme al predetto orientamento della giurisprudenza di legittimità e perciò immeritevole di censura. 2. Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va infine disposto, in ragione del titolo di reato, l’oscuramento dei dati personali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone l’oscuramento dei dati personali.