Confisca di prevenzione e onere della prova

Come si ripartisce l’onere della prova in tema di confisca di prevenzione? Lo ricorda la Corte di Cassazione ripercorrendo i principali principi sul tema.

Così la sentenza n. 41203/17 depositata l’8 settembre. La vicenda. La Corte d’Appello di Caltanissetta confermava il decreto di confisca emesso dal Tribunale nei confronti dell’imputato, nonché dei suoi prossimi congiunti. Quest’ultimi ricorrono in Cassazione, unitamente all’imputato, dolendosi per quanto d’interesse, per la determinazione dei redditi illeciti sottoposti a confisca. Onere della prova. La Corte sottolinea in primo luogo che, in tema di confisca di prevenzione, è la parte pubblica che deve dimostrare la sproporzione tra i beni patrimoniali e la capacità reddituale del soggetto, oltre all’illecita provenienza dei beni, mentre al preposto è riconosciuta la facoltà di offrire prova contraria. La presunzione dell’illecita provenienza dei beni ha dunque natura relativa, potendo il preposto soddisfare il proprio onere probatorio con la mera allegazione di fatti, situazioni o eventi che, ove riscontrabili, siano idonei ad indicare ragionevolmente e plausibilmente la provenienza lecita dei beni. Applicando tali principi al caso di specie, la Corte rileva la carenza di motivazione in ordine ad alcune voci patrimoniali assoggettate alla confisca e dispone dunque l’annullamento del decreto impugnato con rinvio alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 8 giugno – 8 settembre 2017, n. 41203 Presidente Conti – Relatore Mogini Ritenuto in fatto 1. L.A. , S.C. , L.S. e L.A.G.G. ricorrono con unico atto a firma del comune difensore di fiducia, il primo quale proposto e gli altri quali terzi interessati, avverso il decreto in epigrafe, con il quale la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato il decreto di confisca emesso dal Tribunale di Caltanissetta, Sezione Misure di Prevenzione in data 28/1/2015 che aveva applicato al proposto la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di anni tre, nonché la confisca dei beni in sequestro nella titolarità dello stesso proposto e dei suoi prossimi congiunti. 2. I ricorrenti censurano il provvedimento impugnato deducendo i seguenti motivi di ricorso. 2.1. Col primo motivo di ricorso viene dedotta violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla disposta confisca con riferimento all’affermazione di pericolosità sociale del proposto al momento dell’acquisto dei beni confiscati ed in particolare in relazione al termine iniziale della ritenuta pericolosità. 2.2. Col secondo motivo di ricorso si lamenta violazione di legge e di motivazione apparente in relazione alla mancata considerazione tra le entrate lecite del nucleo familiare del proposto dei contributi comunitari per il sostegno al reddito agricolo percepiti nel periodo in riferimento. 2.3. Col terzo motivo di ricorso si lamenta violazione di legge e mancanza di motivazione in ordine alla omessa valutazione dei rilievi difensivi contenuti nelle relazioni dei consulenti tecnici di parte in relazione alla natura dei contributi PAC erogati dall’AGEA in favore del proposto e dei terzi interessati ai fini della loro computabilità tra gli utili aziendali, nonché alla sussistenza di altre voci di reddito non considerate. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è aspecifico e manifestamente infondato, poiché si limita all’elencazione di precedenti giurisprudenziali e non indica quali acquisti esorbiterebbero dalle coordinate temporali dell’appartenenza all’associazione mafiosa del proposto accertata a suo carico. La concorde e congruamente motivata valutazione dei giudici della prevenzione individua invero la pericolosità qualificata del proposto per l’intero suo percorso esistenziale Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, Spinelli e altro, Rv. 262605 sulla base, tra l’altro, di condanna definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. vedi pp. 3-9 del decreto impugnato in ordine alla giustificazione della sussistenza della pericolosità sociale del proposto ai fini dell’applicazione della misura personale e pp. 9-13 in relazione alla concretezza e attualità della pericolosità ai fini della disposta confisca e si rivela tutt’altro che apparente e immune da vizi logici e giuridici, sicché inesistente deve ritenersi il vizio denunciato. 2. Sono invece fondati il secondo e il terzo motivo di ricorso, limitatamente ai profili attinenti alla omessa ovvero apparente motivazione del provvedimento impugnato in punto di mancata computabilità tra i redditi leciti del proposto e del suo nucleo familiare dei contributi Europei erogati a tali soggetti dall’AGEA e della allegazione relativa alla presenza, nel periodo considerato, di redditi da lavoro dipendente del proposto. A tale riguardo va preliminarmente sottolineato che in tema di confisca di prevenzione, anche a seguito delle modifiche apportate all’art. 2 ter, comma terzo, primo periodo, della legge n. 575 del 1965, dalla legge 24 luglio 2008 n. 125, spetta alla parte pubblica l’onere della prova della sproporzione tra beni patrimoniali e capacità reddituale del soggetto nonché della illecita provenienza dei beni, dimostrabile anche in base a presunzioni, mentre è riconosciuta al proposto la facoltà di offrire prova contraria Sez. U, n. 4880 del 26/06/2014, Spinelli, Rv. 262606 . La presunzione di illecita provenienza dei beni ha pertanto natura di presunzione relativa e per l’assolvimento dell’onere probatorio posto a carico del soggetto inciso è sufficiente la mera allegazione di fatti, situazioni o eventi che, ove riscontrabili, siano idonei, ragionevolmente e plausibilmente , ad indicare la lecita provenienza dei beni SU, Spinelli, cit., Rv. 262607 . Orbene, a fronte dell’allegazione da parte dei ricorrenti del fatto riscontrabile - se non addirittura pacifico - della avvenuta erogazione in loro favore da parte dell’AGEA, nel periodo 1977/2011, di contributi Europei ammontanti a Euro 155.079,33, la Corte territoriale ha escluso che detti contributi potessero essere considerati come componenti positive di reddito, come ragionevolmente e plausibilmente allegato dai ricorrenti. Lo stesso provvedimento impugnato riconosce infatti p. 14 che il mancato inserimento dei contributi AGEA tra le componenti del reddito dei ricorrenti era dovuto al fatto che mancava agli atti la possibilità di ricostruire sia i titoli di detenzione dei terreni che si assumevano essere stati coltivati o destinati al pascolo, sia la documentazione fiscale e contabile, sia parte delle domande di contribuzione, con ciò prefigurandosi in modo del tutto indimostrato e congetturale non tanto la mancata effettiva erogazione di quei contributi, quanto l’assenza dei necessari requisiti da parte dei soggetti richiedenti. Né il fatto che l’erogazione di quegli aiuti ha natura di sostegno al reddito dell’agricoltore beneficiario, quale integrazione del reddito aziendale, può, in assenza di idonea dimostrazione contraria della parte pubblica anche eventualmente legata alla giustificazione del carattere fittizio della disponibilità dei relativi terreni da parte del soggetto che ha richiesto e ottenuto l’erogazione di quei contributi, ovvero dell’illiceità della relativa percezione , per sé solo negare l’appostamento di quei contributi quali componenti positive del reddito del proposto e del suo nucleo familiare, laddove, come nel caso di specie, sia mancata qualunque verifica di detto allegato utile Sez. 1, Sentenza n. 24940 del 2014, Cicerone e altro in una situazione pacificamente caratterizzata dall’insussistenza in capo ai ricorrenti di un obbligo legale di tenuta della contabilità. Fondata si rivela quindi la censura difensiva relativa al carattere apparente della motivazione del provvedimento impugnato sul punto della mancata inclusione dei contributi AGEA tra le risorse lecite del nucleo familiare del proposto. In presenza di allegazione del ricorrente idonea a giustificare l’avvenuta lecita erogazione di quei contributi, essi devono invero essere computati, in relazione alla loro funzione integrativa del reddito aziendale, quali componenti positive di quel reddito, salvo che risulti altrimenti dimostrata la loro esclusiva, o parziale, valenza risarcitoria. La circostanza che i contributi AGEA siano in concreto riconducibili alla copertura di perdite di esercizio dell’impresa agricola non può infatti ricavarsi in via generale e apodittica dalla loro finalità di integrazione del reddito agricolo, atteso che l’erogazione dei contributi avviene da parte dell’ente preposto a prescindere da qualunque concreto accertamento dell’effettivo verificarsi di perdite relative all’esercizio di quelle attività. Analogo rilievo deve essere riferito all’esclusione, dalle poste attive del nucleo familiare del proposto, dei redditi da lavoro dipendente di L.S.A. , per Euro 8.690,32, e di S.C. , per Euro 14.621,27, a fronte di una corrispondente, idonea allegazione fondata su evidenze INPS aventi ad oggetto il versamento dei relativi contributi previdenziali. Infatti, per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente esposti da L.S.A. la motivazione è graficamente mancante, mentre per quelli allegati da S.C. non viene spiegato - al contrario di quanto al contrario puntualmente avviene in ordine ai redditi indicati dai ricorrenti come ricavati in via presuntiva dalle attività di conduzione di fondi agricoli e di allevamento p. 16, in fine - le ragioni per le quali le conclusioni sul punto del perito G. sono state ritenute dal Tribunale condivisibili. Alla luce di quanto fin qui esposto si rende necessario, in conclusione, l’annullamento del decreto impugnato con rinvio degli atti alla Corte di appello di Caltanissetta perché, in coerente applicazione dei principi di diritto dettati dalle richiamate decisioni di legittimità, proceda a nuovo giudizio sui punti e profili critici segnalati, anche con riferimento alle specifiche censure enunciate a quel riguardo dai ricorrenti, colmando - nella piena autonomia dei relativi apprezzamenti di merito - le indicate lacune e discrasie della motivazione del provvedimento impugnato, che la rendono, sui soli punti sopra specificamente indicati, meramente apparente. P.Q.M. Annulla il decreto impugnato limitatamente alla disposta confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Caltanissetta. Rigetta nel resto i ricorsi.