Lo stalker resta in carcere anche se incensurato

Le esigenze cautelari possono essere ritenute sussistenti anche a fronte dell’incensuratezza dell’indagato, laddove risulti accertata la cattiva personalità e la sua smania persecutoria nei confronti della persona offesa.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 40490/17 depositata il 6 settembre. La vicenda. Il Tribunale del riesame di Catania rigettava la richiesta di un indagato, sotto processo per l’accusa di stalking, volta ad ottenere la modifica della misura cautelare della custodia in carcere. Avverso tale provvedimento, la difesa ricorre in Cassazione. Esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata si sottrae a qualsiasi censura in quanto, come sottolinea il Collegio, ha correttamente ripercorso la vicenda con la dovuta attenzione ed evidenziando il compendio indiziario che ha portato a ritenere sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. Ugualmente sussistente è il pericolo di reiterazione del reato che, anche a fronte dell’incensuratezza dell’indagato, risulta integrato dalla cattiva personalità e dalla sua smania persecutoria nei confronti della persona offesa. I requisiti di concretezza e attualità del pericolo di reiterazione dei reati sono anch’essi stati adeguatamente considerati dal Tribunale che ha motivato tale profilo sulla base della persistenza degli atteggiamenti persecutori. La giurisprudenza ha infatti affermato che in tema di esigenze cautelari, il giudice deve valutare non solo la concretezza del pericolo di reiterazione ma anche la sua attualità in termini non di imminenza del pericolo di commissione di altri delitti ma di continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza dei fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti . In conclusione, la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 giugno – 6 settembre 2017, n. 40490 Presidente Fumo – Relatore Morelli Ritenuto in fatto 1. Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame di Catania, in data 22.02.2017, rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di C.R. avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Catania il 06.02.2017, con cui veniva applicata nei confronti del predetto la misura cautelare della custodia in carcere. 1.1. C. , attualmente agli arresti domiciliari, è indagato in ordine al reato di cui all’art. 612 bis c.p. capo a , in relazione al quale è stata emessa la misura cautelare, per avere compiuto atti persecutori nei confronti di E.V. e del di lei fidanzato e convivente P.M. , consistiti in particolare in ripetuti appostamenti presso l’abitazione dei due, nel rivolgere loro espressioni minacciose e gesti intimidatori, e nell’affissione sulla pubblica via di manifesti contenenti accuse nei loro confronti. Risulta inoltre indagato per i reati di cui agli artt. 582 c.p. capo b , per aver cagionato lesioni personali lievi al P. , e 635 c.p. capo c , per aver danneggiato gli occhiali di quest’ultimo. 11.2. Il quadro di gravità indiziaria delineato dal Tribunale si fonda sulla denuncia-querela della E. e sulle dichiarazioni del P. , ratificate in querela, così come riscontrate da un certificato medico attestante lesioni lievi al P. , dalle dichiarazioni dei condomini della E. a cui si rivolse l’indagato esternando accuse dirette ai due conviventi, nonché dal ritrovamento, all’esito di perquisizioni personali e domiciliari nei confronti del C. , di un bigliettino con appunti manoscritti riguardanti una pistola con munizioni a salve. 2. Avverso il provvedimento di rigetto del riesame ha proposto ricorso il C. , per il tramite del difensore fiduciario, articolando due motivi. 2.1. Con il primo motivo eccepisce i vizi di cui all’art. 606, co. 1, lett. b ed e c.p.p., in relazione agli artt. 273 e 292, co. 2, lett. c e c bis c.p.p., censurando l’erronea valutazione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall’art. 192 c.p.p. 2.2. Con il secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell’art. 606, co. 1, lett. c c.p.p. in riferimento all’art. 274 lett. c c.p.p. quanto alla ritenuta sussistenza dell’esigenza cautelare del pericolo di reiterazione di reati, in contrasto con il requisito di concretezza, nonché in riferimento all’applicazione dell’art. 282 ter c.p.p., in quanto il GIP non avrebbe neppure vagliato l’opportunità della misura meno afflittiva e, a dire della difesa, maggiormente confacente al reato in esame, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa . 3. All’odierna udienza camerale, per l’imputato compariva il difensore che insisteva nei motivi del ricorso, il P.G. concludeva per il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. In via preliminare, al fine di valutare l’ammissibilità del ricorso, va affermata la persistenza dell’interesse ad impugnare del ricorrente nonostante l’avvenuta sostituzione, nelle more del procedimento, della custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti domiciliari. Sono infatti previste dall’ordinamento misure dalla portata ancor meno afflittiva di quella disciplinata all’art. 284 c.p.p., consentendo un maggiore grado di esplicazione della libertà di movimento, come nel caso del divieto di avvicinamento ex art. 282 ter, oggetto di una delle doglianze del ricorso. Come del resto chiarito in via generale dalla giurisprudenza il requisito dell’interesse, richiesto dall’art. 568 cod. proc. pen., si applica anche alle impugnazioni dei provvedimenti cautelari, e si identifica con l’interesse al risultato del giudizio sull’impugnazione ne consegue che, nella valutazione della sussistenza o meno dell’interesse della parte ad impugnare, è necessario prendere in esame i due aspetti di tale interesse e cioè quello processuale e quello sostanziale. Quest’ultimo deve risolversi in un vantaggio , in una utilità in senso obiettivo, per la parte impugnante. Sez. 6, Sentenza n. 1473 del 02/04/1997 Cc. dep. 20/05/1997 Rv. 207488 , vantaggio che può senz’altro consistere nell’ottenimento di una misura meno afflittiva. E più specificamente nella materia in esame, si afferma che in tema di misure cautelari, l’interesse dell’indagato ad impugnare permane anche nel caso in cui, nelle more del procedimento de libertate , la misura cautelare originaria sia stata sostituita con altra meno afflittiva se i motivi dell’impugnazione hanno ad oggetto l’esistenza dei presupposti applicativi indicati dagli art. 273 e 280 cod. proc. pen., poiché tali condizioni di applicabilità devono essere verificati in relazione a qualsiasi specie di provvedimento coercitivo. Sez. 2, Sentenza n. 31556 del 18/05/2012 Cc. dep. 03/08/2012 Rv. 253522 . 2. Nel merito il ricorso proposto è infondato e, pertanto, va rigettato. 2.1. Con riferimento al primo motivo, esso appare reiterativo dell’analoga censura contenuta nella richiesta di riesame e si confronta solo superficialmente con gli argomenti svolti dal Tribunale catanese. L’ordinanza impugnata ripercorre infatti la vicenda con la dovuta attenzione, evidenziando il compendio indiziario che ha portato il GIP a ritenere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, motivando in relazione alla ritenuta abitualità della condotta dell’indagato e rispondendo ai motivi di riesame, in particolare a sostegno dell’attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa. Circa l’asserita palese difformità calligrafica tra il bigliettino manoscritto ritrovato addosso all’indagato e i cartelloni affissi sulla via, che a detta del ricorrente dimostrerebbe la non riconducibilità all’indagato dei manifesti offensivi, la censura del difensore, oltre che reiterativa, risulta alquanto generica e suggestiva va peraltro rammentato al riguardo che il tribunale del riesame deve limitare il suo sindacato alle deduzioni difensive che abbiano una oggettiva incidenza sul fumus commissi delicti senza pronunciarsi su qualsiasi allegazione che si risolva in una mera negazione degli addebiti o in una diversa lettura degli elementi probatori già acquisiti Sez. 3, Sentenza n. 13038 del 28/02/2013 Cc., dep. 21/03/2013, Rv. 255114 . Il motivo risulta pertanto infondato. 2.2. Il motivo concernente le esigenze cautelari è parimenti infondato, in quanto il Giudice del riesame ha fornito un’adeguata motivazione sia in relazione alla sussistenza del pericolo di reiterazione dei reati, ritenendolo suffragato, pur a fronte dell’incensuratezza del soggetto, dalla cattiva personalità dell’indagato e dalla sua smania persecutoria nei confronti dei due conviventi, sia in merito all’adeguatezza della sola misura massimamente afflittiva della custodia in carcere, motivata a causa della totale incapacità di autocontrollo e della conseguente massima inaffidabilità dell’indagato. Quanto ai requisiti di concretezza e attualità del pericolo di reiterazione di reati, essi vengono adeguatamente tenuti in conto dal Tribunale catanese, considerato che, da un lato, vi sono sufficienti elementi fattuali concreti per poter ritenere elevato il rischio di futura commissione di condotte analoghe e che, dall’altro, l’indagato risulta aver persistito negli atteggiamenti persecutori, interrompendoli solo a causa dell’intervenuta denuncia dei due fidanzati, e che la condotta di minacce e molestie è perdurata in modo continuativo per un apprezzabile periodo di tempo, peraltro a breve distanza temporale dall’ordinanza cautelare. Come affermato infatti dalla giurisprudenza più recente, in tema di esigenze cautelari, il giudice deve valutare non solo la concretezza del pericolo di reiterazione del reato, ma anche la sua attualità, intesa non come imminenza del pericolo di commissione di ulteriori delitti, bensì come continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell’indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a neutralizzare Sez. 2, Sentenza n. 18744 del 14/04/2016 Cc. dep. 05/05/2016 Rv. 266946 . 2.3. In merito alla seconda parte del motivo di ricorso, relativa all’omessa valutazione dell’adeguatezza della misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa , va detto che il Giudice del riesame, nell’affermare l’idoneità della sola misura custodiale in carcere, adempie a tale onere argomentativo con motivazione implicita. Giova infatti ricordare dapprima in via generale che in tema di misure cautelari, l’obbligo di motivazione può ritenersi adempiuto qualora l’ordinanza del tribunale della libertà richiami per relationem , nell’ambito di una valutazione complessiva destinata a superare implicitamente i motivi dedotti, le argomentazioni contenute nel provvedimento impugnato, a condizione, tuttavia, che le deduzioni difensive non siano idonee a disarticolare il ragionamento probatorio proposto nell’ordinanza genetica, non potendo in tal caso la motivazione per relationem fornire una risposta implicita alle censure formulate. Sez. 6, Sentenza n. 566 del 29/10/2015 Cc., dep. 08/01/2016, Rv. 265765 . E, più specificamente sul punto, in tema di scelta e adeguatezza delle misure cautelari, ai fini della motivazione del provvedimento di custodia in carcere non è necessaria un’analitica dimostrazione delle ragioni che rendono inadeguata ogni altra misura, ma è sufficiente che il giudice indichi, con argomenti logico-giuridici tratti dalla natura e dalle modalità di commissione dei reati nonché dalla personalità dell’indagato, gli elementi specifici che inducono ragionevolmente a ritenere la custodia in carcere come la misura più adeguata al fine di impedire la prosecuzione dell’attività criminosa, rimanendo in tal modo assorbita l’ulteriore dimostrazione dell’inidoneità delle altre misure coercitive. Sez. 6, Sentenza n. 17313 del 20/04/2011 Cc. dep. 05/05/2011 Rv. 250060 vedi anche Sez. 1, Sentenza n. 45011 del 26/09/2003 Cc. dep. 21/11/2003 Rv. 227304 Sez. 5, Sentenza n. 131 del 15/01/1997 Cc. dep. 18/03/1997 Rv. 207280 . 3. Al rigetto del ricorso segue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente procedimento di legittimità. 3.1. La natura dei reati e la minore età delle persone offese impone particolari cautele nella diffusione del presente provvedimento, per il cui caso si dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs. 196/03. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d. lgs. 196/03.