Quando si può rifiutare il riconoscimento della sentenza straniera di condanna

In tema di riconoscimento della sentenza straniera di condanna, il rifiuto al riconoscimento può aver luogo se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione da eseguire, salvo che il certificato accerti

Lo chiariscono gli Ermellini nella sentenza n. 39421/17 depositata il 24 agosto. Il caso. L’imputato ricorre in Cassazione per ottenere l’annullamento della sentenza che ha deliberato il riconoscimento della sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Arad, in Romania, con la quale egli veniva condannato per truffa alla pena della reclusione. Riconoscimento della sentenza. La Cassazione rileva che il d.lgs. n. 161/2010, il quale ha dato attuazione in Italia della decisione quadro 2008/909/GAI, prevede l’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea. In particolare, afferma la Corte, l’art. 13 del d.lgs. prevede che il rifiuto al riconoscimento può aver luogo se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione da eseguire, salvo che il certificato accerti che egli è stato citato e informato a tempo debito della data e del luogo fissati e del fatto che anche in sua assenza poteva essere emessa una decisione. Non solo, il certificato deve accertare anche che l’imputato al corrente della data fissata per il processo abbia conferito un mandato ad un difensore ed, infine, che ricevuta la notifica della decisione e informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello, quest’ultimo abbia dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione. Nella fattispecie, è stato sufficiente rivelare che il ricorrente era sia a conoscenza del procedimento a suo carico sia che aveva impugnato la decisione di primo grado in appello e, dunque, aveva la possibilità difendersi dalla contestazione mosse nei suoi confronti. La Suprema Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 luglio – 24 agosto 2017, n. 39421 Presidente Conti – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. D.G.N. ricorre per l’annullamento della sentenza che ha deliberato il riconoscimento della sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale di Arad Romania con la quale era stato condannato per il reato di truffa alla pena di anni quattro di reclusione, al fine degli effetti previsti dall’art. 12, primo comma, n, 1, cod. pen. e della sua esecuzione nello Stato. Nel ricorso proposto personalmente, contesta la violazione dell’art. 733, comma 1, lett. c cod. proc. pen. non risulterebbe, neppure con il supplemento istruttorio disposto dalla Corte di appello, se il ricorrente abbia ricevuto la notifica anche se in lingua italiana della citazione a comparire per il processo svoltosi in Romania, non essendo stato presente in giudizio né risultando una sua audizione dagli atti risulterebbe soltanto una notifica effettuata con affissione alla porta del Tribunale non avrebbe alcun rilievo la presenza della difesa di fiducia, posto che questa riguardava l’appello e non il primo grado. 2. Il ricorso non è fondato. Come esattamente rilevato dal P.G., il procedimento in esame ha avuto inizio con la consegna del D.G. al Tribunale di Arad, in esecuzione di un m.a.e. processuale per i reati di associazione a delinquere e truffa, subordinata alla condizione che, dopo essere stato processato, fosse rinviato in Italia per scontarvi la pena eventualmente irrogatagli. La consegna non si è verificata peraltro per le condizioni di salute del D.G. , di guisa che le autorità giudiziarie rumene hanno proceduto nei suoi confronti, notificandogli la requisitoria scritta del P.M. in lingua italiana nei domicili indicati. Va rammentato che il decreto legislativo n. 161 del 2010, che ha dato attuazione in Italia alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea, prevede all’art. 13 che si faccia luogo al rifiuto del riconoscimento se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione da eseguire, a meno che il certificato attesti 1 che, a tempo debito, è stato citato personalmente e, pertanto, informato della data e del luogo fissati per il processo o che ne è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi, idonei a comprovare inequivocabilmente che ne era al corrente, nonché che è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio ovvero 2 che, essendo al corrente della data fissata per il processo, aveva conferito un mandato ad un difensore, di fiducia o d’ufficio, da cui in effetti è stato assistito in giudizio ovvero 3 che, dopo aver ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato del diritto a un nuovo processo o ad un ricorso in appello con possibilità di parteciparvi per ottenere un riesame nel merito della imputazione, compresa l’assunzione di nuove prove, ha dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione o non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello entro il termine a tal fine stabilito . Pertanto, alla luce della suddetta normativa, è sufficiente rilevare come nel caso in esame risulti che il ricorrente, oltre ad aver avuto conoscenza del suo procedimento a suo carico, attraverso la procedura di consegna, ha impugnato con l’appello la decisione di primo grado e quindi avuto la possibilità di difendersi, viepiù con il difensore di fiducia, nel merito dalle contestazioni mosse nei suoi confronti. 3. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito di cui all’art. 12, comma 9, d.lgs. n. 161 del 2010 che rinvia all’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, l. n. 69 del 2005.