Mancato assegno alla figlia: la disoccupazione non salva il papà

Genitore condannato per non avere rispettato i propri obblighi. Irrilevante è considerato dai giudici lo stato di disoccupazione lamentato dall’uomo.

Mancato mantenimento alla figlia condotta fatale per il padre, condannato per violazione degli obblighi di assistenza familiare. Irrilevante il suo stato di disoccupazione. E non significativo il fatto che a un certo punto la ragazza sia andata a vivere con lui Cassazione, sentenza n. 39411/17, sez. VI Penale, depositata oggi . Indigenza. Linea di pensiero comune per i giudici del Tribunale e della Corte d’Appello, concordi nel ritenere colpevole il genitore per non avere provveduto alla assistenza familiare in favore della figlia. E tale decisione viene ora condivisa anche dai magistrati della Cassazione. Definitiva, quindi, la condanna del padre, non salvato neanche dal richiamo alla sua precaria posizione economica. Su questo fronte i giudici, respingendo le obiezioni difensive, ribadiscono che lo stato di disoccupazione attestato dall’uomo non poteva liberarlo dall’ obbligo di contribuzione nei confronti della figlia, in mancanza della prova della sua assoluta impossibilità di fare fronte alle proprie obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione . Irrilevante, poi, viene ritenuto il riferimento alla mancanza di uno stato di indigenza della ragazza. E in questa ottica viene ignorata la deposizione della figlia , relativa alla cessazione dell’omissione alla data di raggiungimento della maggiore età della ragazza su quest’ultimo punto i giudici spiegano che la condotta tenuta dall’uomo non può elidere gli effetti delle omissioni già verificatesi.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 giugno – 24 agosto 2017, n. 39411 Presidente Conti – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1. La Corte d'appello di Lecce, con sentenza del 11/05/2016, ha confermato l'affermazione di responsabilità di Gi. Gi. pronunciata dal Tribunale di Brindisi il 21/05/2014, in relazione all'imputazione di cui all'art. 570 cod. pen. 2. Con il ricorso proposto dalla difesa di Gi. si deduce 2.1. violazione di legge, conseguente alla mancata analisi della prova testimoniale a discarico, resa dalla figlia del ricorrente, e riguardante la mancanza dello stato di indigenza nel creditore, che deve caratterizzare il reato 2.2. vizio di motivazione, per la mancata analisi della documentazione riguardante lo stato di disoccupazione dell'interessato, già esibita in primo grado, oltre che di ulteriori atti riguardanti la sua impossibilità di adempiere 2.3. vizio di motivazione inerente alla sollecitazione all'accertamento della prescrizione del reato, dovendo collocarsi la consumazione del reato non oltre il giugno 2008, posto che da data successiva la minore era andata a vivere con il padre tale eccezione è stata svolta in atto di appello, e ad essa il giudicante non ha dato risposta in ogni caso, anche a volere diversamente fissare la decorrenza del periodo all'anno successivo, il reato doveva comunque intendersi prescritto. 3. Il ricorso è infondato. 4. Si deve richiamare la manifesta infondatezza delle eccezioni attinenti allo stato di disoccupazione, che non scrimina dall'obbligo di contribuzione, a meno che non si provi l'assoluta impossibilità di fare fronte alle obbligazioni attraverso la dimostrazione di una fruttuosa attivazione in tal senso, e l'irrilevanza della verifica di uno stato di indigenza della minore, atteso che lo stato di bisogno è insito in tale condizione, per pacifica giurisprudenza. Inoltre non assume rilievo la mancata considerazione della deposizione della figlia, contestata nel ricorso, a fondamento della pretesa cessazione dell'omissione alla data di raggiungimento della maggiore età della ragazza, posto che tale condotta non elide gli effetti di quanto già realizzato, e continua a sussistere per effetto del mancato adempimento delle prestazioni scadute. Deve altresì escludersi il vizio della sentenza in merito all'eccezione di prescrizione. Invero, se effettivamente è mancata una confutazione sul punto, tale profilo è sanabile in questa sede stante la natura meramente accertativa della condizione eccepita è del tutto pacifico che il ricorrente non ha mai dedotto di aver fatto fronte alle obbligazioni scadute, cosicché rispetto ad esse l'omissione è ancora in atto e correttamente si è ritenuta la permanenza del reato fino alla data della sentenza di primo grado, che segna il limite della permanenza della condotta, esclusivamente per la necessità di ancorare l'accertamento di responsabilità all'oggetto del giudizio, non potendo la valutazione proiettarsi per il futuro. La permanenza delle omissioni maturate in precedenza impedisce quindi la maturazione della causa estintiva del reato. 3. Il rigetto del ricorso impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.