Oppone resistenza a più pubblici ufficiali, ma quanti sono i reati?

La Cassazione fa il punto sulla controversa questione del reato di resistenza a pubblico ufficiale commesso nei confronti di più pubblici ufficiali

La Cassazione fa il punto sulla controversa questione del reato di resistenza a pubblico ufficiale commesso nei confronti di più pubblici ufficiali con la sentenza n. 39341/17 depositata il 22 agosto. Il caso. Il Tribunale condannava l’imputato per il reato di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 c.p., con il riconoscimento delle attenuanti generiche e applicando la diminuente ex art 442, comma 2, c.p.p Avverso tale pronuncia propone ricorso la Procura generale delle Repubblica, chiedendo l’annullamento della sentenza per aver determinato la pena omettendo di applicare l’aumento ex art. 81, comma 1, c.p. per il concorso formale che risulta dalle contestazioni in fatto, emerge, infatti, che la condotta integrante il reato di cui all’art. 337 c.p. è stata commessa ai danni di 2 agenti di pubblica sicurezza. La nel deciderete del caso di specie coglie l’occasione per ripercorrere la contrastante giurisprudenza della stessa Corte in materia. Pluralità di reati. La Corte afferma, infatti, che una posizione sostenuta sia quella di ritenere che la resistenza o la minaccia esercitata per opporsi a pubblici ufficiali non configurino un reato unico, anche se attuate nello stesso contesto, ma che siano piuttosto da ritenersi sussistenti tanti reati di resistenza a pubblico ufficiale quanti sono i pubblici ufficiali nei confronti dei quali tale violenza è esercitata. Unico reato. Diverso orientamento, invece, ritiene che sotto il profilo oggettivo l’interesse tutelato dall’ordinamento nell’art. 337 c.p. sia il regolare svolgimento della funzione pubblica, per cui ne deriva che la resistenza esercitata nei confronti di più pubblici ufficiali non possa configurare più reati perché non cagiona plurime lesioni del bene protetto. Tale tesi è avvalorata anche da una lettura sistemica degli artt. 337 e 338 c.p., infatti, la seconda sanzione punisce più duramente la condotta violenta o minacciosa rivolta d un corpo politico, amministrativo o giudiziario e ciò non per il numero dei componenti dello stesso, ma per la particolare rilevanza che tali organi sono chiamati ad esercitare. Art. 81 c.p. concorso formalereato continuato. La Cassazione ricorda, quindi, che l’azione di opporre resistenza a più pubblici ufficiali commessa ai senti dell’art. 337 c.p. può essere ricondotta alla figura del concorso formale omogeneo ex art. 81, comma 1, c.p. o a quella della continuazione di reati al comma 2, oppure risolversi in un unico reato in base alla ricostruzione delle specifiche articolazioni della condotta concreta e della situazione in cui è stata attuata. Nel caso di specie è da escludere che la condotta dell’imputato abbia determinato un concorso formale omogeneo di reati, in quanto il resistente ha proferito delle espressioni minacciose nei confronti dei pubblici ufficiali, ed è proprio ricorrente caratteristica della minaccia quella di potersi esplicare in un’unica azione con più destinatari. Per cui, ne deriva che il comportamento dell’imputato si sia risolto in un’unica condotta, svoltasi in un unico contesto spazio-temporale, volta ad impedire il compimento di un unico atto d’ufficio. Per questi motivi la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 12 luglio – 22 agosto 2017, n. 39341 Presidente Ippolito – Relatore Costanzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza n. 6600/2016, il Tribunale di Napoli ha condannato D.E. per reato ex art. 337 cod. pen. escludendo la recidiva contestata, riconoscendo le circostanze attenuanti generiche e applicando la diminuente ex art. 442, comma 2, cod. proc. pen 2. Nel ricorso della Procura generale della Repubblica presso la Corte di appello di Napoli si chiede l’annullamento della sentenza per avere determinato la pena nel minimo edittale omettendo di applicare l’aumento ex art. 81, comma 1, cod. pen. per il concorso formale che risulta dalla contestazioni in fatto mentre si evince dalla imputazione che la condotta, integrante reato ex art. 337 cod. pen., è stata commessa ai danni di due agenti della pubblica sicurezza. Considerato in diritto 1. Il ricorso in esame ripropone una questione alla quale pure dalla giurisprudenza di questa Corte vengono date soluzioni differenti. 1.1. Secondo una posizione, la resistenza o la minaccia per opporsi a più pubblici ufficiali, non configurano, anche se attuate nello stesso contesto, un unico reato di resistenza ex art. 337 cod. pen., ma tanti reati di resistenza quanti sono i pubblici ufficiali coinvolti, perché l’azione si traduce in altrettante e distinte offese al libero espletamento dell’attività da parte di ogni pubblico ufficiale. Questo orientamento considera che le persone fisiche mediante le quali la pubblica amministrazione agisce, pur operando come suoi organi, conservano le loro distinte identità per cui ogni violenza o minaccia arrecata a ogni singolo pubblico agente costituisce resistenza ex art. 337 cod. pen. ex multis Sez. 6, n. 26173 del 5/07/2012, Rv. 253111 Sez. 6, n. 38182 del 24/10/2011, Rv. 250792 Sez. 6, n. 35376 del 23/10/2006, Rv. 234831 . 1.2. Più recenti pronunce Sez. 6, n. 4123 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269005 Sez. 6, n. 37727 del 09/05/2014, Rv. 260374 considerano, già sotto il profilo oggettivo, che l’interesse tutelato in via principale dall’articolo 337 cod. pen. è il regolare svolgimento della funzione pubblica, sicché la resistenza a più pubblici ufficiali coinvolti nel compimento del medesimo atto di ufficio non può determinare una pluralità di reati perché non cagiona plurime lesioni del bene giuridico protetto sebbene, sotto altro profilo, è possibile che l’aggressione all’integrità fisica dei pubblici ufficiali sia sanzionata se si configura il concorso del reato di resistenza con quello di lesioni . Questa argomentazione è avvalorata da una lettura sistematica degli articoli 337 e 338 cod. pen. la seconda disposizione, infatti, sanziona più gravemente la condotta violenta o minacciosa rivolta ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario , non per il numero, peraltro non specificato, di membri che lo costituiscono, ma per la particolare rilevanza delle funzioni che tali organi sono chiamati a esercitare l’art. 337 cod. pen. tutela primariamente la funzione che si sostanzia nell’atto dell’ufficio al cui compimento i pubblici ufficiali sono chiamati e che viene ostacolato dalla condotta del resistente. Inoltre, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, si rileva che la pluralità di reati non può derivare dalla mera pluralità delle persone offese, ma occorre uno specifico atteggiamento psicologico diretto a realizzare l’evento tipico previsto dalla norma incriminatrice distintamente nei confronti di ciascun pubblico ufficiale, per cui, se l’azione è unica e unico è l’atteggiamento psicologico del colpevole, allora è unico anche il reato commesso. In altri termini, viene stabilita una correlazione fra l’unicità dell’atto di ufficio e la unicità della azione delittuosa che a quell’atto si contrappone Sez. 6 n. 4123 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269005 Sez. 6, n. 37727 del 9/0572014, Rv. 260374 . 1.3. La sentenza n. 35277 del 23/05/2017 di questa Sezione segue una diversa interpretazione che non si sofferma su una valutazione astratta della natura mono o plurioffensiva del reato ex art. 337 cod. pen. ma evidenzia un argomento testuale, in quanto, pur costituendo delitto contro la pubblica amministrazione, il reato di resistenza a pubblico ufficiale è connotato, nella sua esplicazione tipica, da violenza e minaccia alla persona pag. 5 . Su questa base, rileva che l’elemento oggettivo del reato ex art. 337 cod. pen. conferisce centralità all’opposizione violenta all’azione del singolo pubblico ufficiale e che la norma assicura tutela al pubblico ufficiale soggettivamente individuato , concludendo che la resistenza, pur ledendo unitariamente il pubblico interesse alla tutela del normale funzionamento della pubblica funzione si risolve in altrettante e distinte offese al libero espletamento dell’attività funzionale di ciascun pubblico ufficiale . Per questa via, si collega espressamente a quanto ritenuto in altre sentenze, secondo le quali la resistenza o la minaccia adoperate nel medesimo contesto fattuale per opporsi a più pubblici ufficiali non configura un unico reato di resistenza ex art. 337 cod. pen., ma tanti distinti reati - eventualmente uniti dal vincolo della continuazione - quanti sono i pubblici ufficiali operanti, perché la condotta criminosa si perfeziona con l’offesa al libero espletamento dell’attività di ciascuno di essi Sez. 6, n. 26173 del 17/05/2012, Rv. 253111 Sez. 6, n. 38182 del 26/09/2011, Rv. 250792 . 2. L’azione di chi oppone resistenza, nei termini richiesti dall’art. 337 cod. pen., a più pubblici ufficiali può essere ricondotta alla figura del concorso formale omogeneo ex art. 81, comma 1, che ricorre quando con un’unica condotta si commettono più violazioni della stessa disposizione di legge, , o a quella della continuazione di reati ex art. 81, comma 2, cod. pen. con un’azione azione esecutiva di un medesimo disegno criminoso commette più violazioni della sessa disposizione di legge , oppure risolversi in un unico reato in base alla ricostruzione delle specifiche articolazioni della condotta concreta e della situazione in cui è stata attuata. Vale però osservare che l’uso della violenza o della minaccia considerato dall’art. 337 cod. pen. per opporsi al compimento di un atto di ufficio o di servizio, sebbene fattualmente nella gran parte dei casi si risolva in una violenza o minaccia anche contro la persona del pubblico ufficiale o dell’incaricato del pubblico servizio o di coloro che, richiesti, gli prestano assistenza , non necessariamente vi si identifica perché in sé è costituita da una opposizione al compimento dell’ufficio e del servizio che può esprimersi anche in forme diverse da quelle riconducibili alle previsioni degli artt. 610 o dell’art. 612 cod. pen. come nel caso, per esempio - della fuga in condizioni tali da scoraggiare l’inseguimento per evitare danni alle persone - mediante una violenza o minaccia cosiddetta impropria, che, pur non aggredendo direttamente il pubblico ufficiale, si riverbera negativamente sull’esplicazione della sua funzione, impedendola o ostacolandola Sez. 4, n. 41936 del 14/07/2006, Rv. 235535 Sez. 6, n. 31716 del 08/04/2003, Rv. 226251 Sez. 6, n. 7061 del 25/05/1996, Rv. 206021 . 3. Premesso questo, nella fattispecie in esame va escluso che la condotta di D. abbia determinato un concorso formale omogeneo di reati. L’imputato, come il Tribunale di Napoli ha ricostruito in sentenza, proferì delle espressioni minacciose nei confronti di due poliziotti per allontanarli dal proprio bar e impedire loro di concludere un controllo amministrativo all’interno dell’esercizio una ricorrente caratteristica della minaccia è quella di potersi risolvere in un’unica azione con plurimi destinatari, mentre la violenza, fisica richiede ordinariamente una condotta dell’agente più articolata in relazione al numero dei suoi destinatari. Si è trattato, quindi, di un comportamento attuato con un’unica condotta e in un unico contesto spazio-temporale per impedire il compimento di un unico atto d’ufficio, sebbene da parte di più pubblici ufficiali compresenti per tale motivo esso ha determinato un’unica violazione dell’articolo 337 cod. pen., così da escludere l’applicabilità dell’art. 81, comma 1, cod. pen P.Q.M. Rigetta il ricorso.