L’uccisione del cane Angelo è avvenuta con crudeltà: massimo della pena per gli imputati che avevano seviziato, ucciso e poi pubblicato sul web il video

Si conclude il processo di primo grado sul caso del cane Angelo che ha visto la condanna di 4 ragazzi per il reato di uccisione di animali.

Con la pubblicazione della sentenza del Tribunale di Paola del 26 maggio 2017 si conclude il processo di primo grado sul caso del cane Angelo che ha visto la condanna di 4 ragazzi per il reato di uccisione di animali perché in concorso tra loro, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, per crudeltà e comunque senza necessità, torturavano un cane randagio, catturandolo e impiccandolo a un albero stringendoli una fune intorno al collo, colpendolo ripetutamente e con violenza con una spranga, fino a cagionare la morte e riprendevano la scena formando un video da loro, successivamente, pubblicato su Facebook. Il caso, avvenuto a Sangineto il 21 giugno 2016, aveva colpito l’opinione pubblica che non soltanto ha tributato al cane Angelo una statua in un giardino pubblico romano, ma che ha portato alla costituzione in giudizio molte associazioni animaliste e lo stesso Comune di Sangineto come parti civili e a manifestare davanti al Tribunale in nome dei diritti degli animali. Nessun dubbio nella ricostruzione dei fatti. Le immagini dell’uccisione pubblicate sul web You Tube e Facebook dagli stessi autori e le confessioni rese nell’immediatezza dei fatti, non hanno lasciato alcun dubbio nella ricostruzione della condotta contestata. Per il Tribunale la condotta degli imputati appare [] certamente assistita dalla consapevolezza e dalla volontà di provocare il danno, fino all’esito letale, effettivamente cagionato al cane randagio, oltre che dalle riprovevoli ed efferate pulsioni qualificate come crudeltà, nel senso richiesto dalla norma nella specie contestata . Ed infatti, l’art. 544- bis c.p. punisce chiunque per crudeltà o senza necessità cagiona la morte di un animale con la pena della reclusione da 4 mesi a 2 anni. Nel caso di specie, per il giudice penale di Paola nelle modalità dell’azione lesiva oggetto del presente processo non può omettere di rilevarsi come emerga un certo compiacimento degli attori della vicenda, nel catturare un randagio, invero senza particolari accortezze, trattandosi di animale particolarmente docile e fiducioso negli esseri umani e decidere quasi di giustiziarlo in maniera esemplare prima appendendolo per il collo e poi finendolo con ripetuti colpi di spranga tra commenti divertiti e facezie . Ed ancora, quella condotta – riconosciuta come crudele dal Tribunale – è stata caratterizzata da ciò, che gli autori del fatto avessero ripreso la loro bravata poi diffusa su Facebook una decisione che manifesta, ancor di più, insensibilità e disprezzo per la vita del cane ostaggio della violenta condotta posta in essere, assimilato a mille altri istanti della vita quotidiana pubblicizzato sui social network nell’illusione di poterli immortalare . Massimo della pena ed esclusione delle attenuanti generiche. Passando alla fase di quantificazione della pena, il Tribunale ritiene che il fatto meriti la pena massima prevista dall’art. 544- bis c.p. e, cioè, 2 anni ridotta di un terzo come previsto in ragione la scelta del giudizio abbreviato. Il Tribunale ha però escluso le attenuanti generiche perché il giudizio sulla condotta tenuta non può che essere estremamente negativo laddove sarebbe necessario ai sensi dell’art. 62 bis c.p. una valutazione positiva della personalità dell’imputato, espressa nelle modalità comportamentali del reato ed al ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso . Sospensione della pena Il Tribunale svolge, infine, una diversa valutazione circa la possibilità di concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena a tutti gli imputati. Ed infatti, per il beneficio della sospensione condizionale della pena la valutazione che il Tribunale è chiamato a svolgere è rivolta al futuro essendo funzionale al ravvedimento del reo e alla finalità di prevenzione speciale che esso non ponga in essere nuovi fatti di reato. Deve, allora, ritenersi che, in apparente contrasto con il negativo giudizio sul fatto posto in essere dagli imputati, meritino di essere positivamente valutati oltre alla giovane età di tutti gli imputati e alla loro provenienza da famiglie di modestissima estrazione, il comportamento processuale e quello successivo alla commissione del fatto tenuto dagli imputati . Comportamento che si è caratterizzato da nessun ostruzionismo posto in essere dagli imputati che hanno collaborato nelle indagini fornendo agli investigatori i loro telefoni cellulari e gli abiti che indossavano al momento del reato e con i quali erano stati ripresi nonché la mazza utilizzata per uccidere l’animale. Inoltre due degli imputati, nelle more, hanno intrapreso un percorso psico-terapeutico di riabilitazione denotante, quindi, quantomeno, un impegno a comprendere tutte le implicazioni delle azioni poste in essere mentre gli altri due sono intervenuti personalmente in udienza rendendo pubbliche e spontanee dichiarazioni di scusa e pentimento e quella di tutti gli imputati di chiedere la trattazione pubblica del processo . attività presso un canile. Sospensione della pena, però, condizionata allo svolgimento [per 6 mesi] di attività non retribuita presso strutture pubbliche ovvero private convenzionate destinate a Canile Sanitario ovvero a Canile Rifugio esistenti nella provincia di Cosenza quale utile strumento per consentire agli imputati di acquisire una migliore consapevolezza di quanto avvenuto, confrontandosi con sensibilità e contesti diversi dai propri, lavorando, anche solo simbolicamente, per il proprio ravvedimento . Una misura questa che sta facendo discutere in quanto qualcuno contesta l’opportunità che soggetti condannati per reati contro gli animali siano destinati a svolgere attività proprio a contatto con gli animali.

Tribunale di Paola, sez. Penale, sentenza 26 maggio – 24 luglio 2017, numero 434 Giudice Cosenza Motivi in fatto Le risultanze degli atti contenuti nel fascicolo del P.M. confermano integralmente il fatto materiale alla base dell'imputazione, così come formulata, peraltro incontestata dalle parti sotto il profilo materiale. Risulta, in particolare, che, in data 24 giugno 2016, ai Carabinieri della Stazione di Cittadella del Capo era segnalata la diffusione, sul noto social network, FACEBOOK, di un video ritraente l'uccisione di un cane randagio, avvenuta nel territorio del Comune di Sangineto, ad opera di quattro giovani i quali si accanivano sull'animale, un innocuo randagio ben noto nel Comune di Sangineto, prima impiccandolo per il collo e poi bastonandolo a morte. I militari provvedevano all'acquisizione del filmato e, quindi, si adoperavano per l'individuazione dell'identità dei responsabili Comunicazione N.R. redatta dai Carabinieri - Stazione di Cittadella del Capo il 24 giugno 2016 Sulla base della visione delle immagini del video pubblicato su FACEBOOK, i responsabili ritratti venivano identificati dai militari negli odierni imputati e raggiunti, gli stessi, nell'immediatezza, gli stessi ammettevano ai militari le proprie responsabilità. In particolare, BO. Lu., unico a non apparire nel video in quanto era colui che materialmente riprendeva la scena, rendeva spontanee dichiarazioni nelle quali ammetteva la propria partecipazione Annotazione di P.G. del 26 giugno 2016 Verbale di spontanee dichiarazioni rese da BO. Lu. il 24 giugno 2016 . I Carabinieri provvedevano, inoltre, a seguito di una perquisizione dell'abitazione dei quattro giovani, a porre sotto sequestro gli abiti indossati dalle persone ritratte, gli apparecchi cellulari utilizzati per riprendere la scena nonché la mazza di metallo utilizzata per finire l'animale consistente in un bastone animato con manico in gomma giallo e una mazzetta all'altra estremità Verbale di perquisizione presso l'abitazione di BO. Lu. e BO. Fr. in data 8 luglio 2016, con allegati verbali di sequestro in pari data Verbale di perquisizione presso l'abitazione di LI. Gi. in data 8 luglio 2016, con allegato verbale di sequestro in pari data Verbale di perquisizione presso l'abitazione di FU. Ni. in data 8 luglio 2016, con allegato verbale di sequestro in pari data . La visione del video della durata complessiva di 2' 50 - in seguito ampiamente diffuso anche tramite la nota piattaforme web di condivisione di video e filmati YOU TUBE -, estrapolato da Facebook ad opera dei Carabinieri e allegato al fascicolo del procedimento su supporto CD-ROM, mostra con pienezza di dettaglio l'intera scena, cristallizzata nei frame ancora oggi agevolmente visionabili on line. Nel video, si distinguono chiaramente tre degli odierni imputati, identificati in LI. Gi., FU. Ni. e BO. Fr. accanirsi sull'animale, precedentemente appiccato a un albero per il collo, percuotendolo al capo con una cd. mazzetta fino a finirlo, senza omettere di ritrarre, per intero, la sua agonia fino agli ultimi istanti di vita cfr. Copia del video estrapolato da Facebook ad opera dei Carabinieri di Cittadella del Capo . Sulla base di tali emergenze del fascicolo delle Indagini Preliminari deve ritenersi accertato il fatto storico descritto nell'imputazione, peraltro, come già rilevato, non contestato dalle difese degli imputati nella sua materiale sostanza, così come la riconducibilità agli odierni imputati della condotta descritta. Difatti, i Carabinieri della Stazione di Cittadella del Capo, hanno proceduto all'identificazione di tutti i singoli partecipanti all'azione delittuosa, ivi compreso l'unico che non appare ritratto nel video, ossia BO. Lu. che ha, però, ammesso, in sede di spontanee dichiarazioni, la propria partecipazione. Motivi in diritto La condotta tenuta dagli odierni imputati, così come accertata, deve ritenersi integrare, senza dubbio, gli elementi costituivi della fattispecie dio reato in contestazione. Il delitto di uccisione di animali delineato dall'art. 544 bis, che si pone in continuità normativa rispetto al reato di cui all'art. 727 cod. penumero prima della riforma attuata dall'art. 10 comma 1 della L. 20 luglio 2004, numero 189, sanziona con la reclusione da tre mesi a tre anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale. Si tratta di delitto a forma libera, che può assumere forma sia commissiva che omissiva che, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale sia tenuta per crudeltà e a dolo generico quando essa è tenuta senza necessità. Il delitto in parola è, quindi integrato non già da qualsiasi condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale bensì solo allorquando condotte di tale genere siano poste in essere senza alcuna necessità, semplicemente per il puro gusto di uccidere cd. animus et voluntas necandi ovvero in modo crudele ed efferato. Nozione quest'ultima che, tradizionalmente e in generale, viene dalla giurisprudenza descritta come condotta eccedente la normalità causale, che determina sofferenze aggiuntive ed esprime un atteggiamento interiore specialmente riprovevole cfr. S. U. Penali, Sentenza numero 40516 del 23/06/2016 Ud. dep. 29/09/2016 Rv. 267629, pronunzia questa, lo si avverte comunque, non dettata in materia di animali . Sotto il profilo del bene giuridico tutelato, i primi arresti giurisprudenziali in materia, hanno chiarito che l'art. 544 bis c.p., così come l'art. 544 ter c.p. Maltrattamenti di animali con il quale è ricompreso nel libro secondo del codice penale, capo III, titolo 9 bis avente ad oggetto I delitti contro il sentimento per gli animali introdotto dalla L. 20 luglio 2004, numero 189, art. 1, comma 1 , è diretto a tutelare la vita dell'animale e il sentimento che ogni persona umana nutre verso gli animali, superando la tradizione impostazione legata alla tutela del mero pregiudizio alla proprietà privata. Sul punto, si richiamano numerose pronunzie di merito che hanno chiarito come che per integrare il reato di maltrattamenti, previsto dall'art. 544-ter c.p., non occorrono lesioni necessariamente fisiche, ma è sufficiente la sofferenza degli animali, poiché la norma mira a tutelarli quali esseri viventi in grado di percepire dolore, anche nel caso di lesioni di tipo ambientale e comportamentale Cass. numero 46291/2003 Trib. Penumero Torino 25.10.2006 . In merito alla sottoposizione a sevizie o a comportamenti, fatiche o lavori insopportabili per le caratteristiche etologiche dell'animale, assume valenza qualsiasi azione caratterizzata da un'evidente e conclamata incompatibilità con il comportamento della specie di riferimento come ricostruito dalle scienze naturali Cass. numero 5979/2013 . Per quanto riguarda l'evento soggettivo, il delitto di cui all'art. 544-bis c.p. si configura come reato a dolo specifico, nel caso in cui la condotta lesiva dell'integrità e della vita dell'animale, che può consistere sia in un comportamento commissivo come omissivo, sia tenuta per crudeltà, e a dolo generico quando essa è tenuta, senza necessità Cass. numero 24734/2010 . Aldilà del requisito della crudeltà, richiesto per il dolo specifico, riferibile agli atti concreti che infliggono gravi sofferenze fisiche senza giustificati motivi ma dietro la spinta di motivazioni futili o abbiette Cass. 11. 9668/1999 Cass. numero 601/1996 , per integrare il reato in contestazione è sufficiente anche il dolo generico ricavabile dal secondo requisito soggettivo, ovvero la mancanza di necessità, ossia la coscienza e la volontà di causare sofferenze agli animali e l'accettazione di esse Trib. Penumero Torino 25.10.2006 . Orbene, non può dubitarsi come la condotta descritta, consistente, come si è visto nell'avere appiccato un cane randagio per il collo a un albero e nell'averlo, poi, ripetutamente colpito al cranio con una spranga fino a cagionarne la morte, rientri per intero nell'ambito del paradigma normativo innanzi descritto, apparendo evidentemente idonea a cagionare la morte dell'animale come, in effetti, avvenuto. La condotta descritta appare, poi, pacificamente posta in essere senza necessità non risultando emersa alcuna situazione che abbia potuto indurre gli odierni imputati, per utilizzare la terminologia rilevabile in numerose sentenze di legittimità, all'uccisione o al danneggiamento dell'animale per prevenire o evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno giuridicamente apprezzabile alla persona propria o altrui o ai propri beni quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile cfr. Cass. Sez. II 11.11.2010 numero 47322, Calzoni, Rv. 248999 Sez. II 15.2.2006, numero 8820 Sa., Rv. 234743 idem 28.10.1997 numero 1963, P.M. in proc. Ziccardi, Rv. 209928 Sez. III 24.10.2007 numero 44822, Borgia, Rv. 238456 Sez. 3, Sentenza numero 50329 del 29/10/2015, Vitali . Ma deve, altresì, ritenersi anche ricorrente, nell'azione posta in essere dagli imputati nei confronti del povero animale, una notevole crudeltà, atteggiamento inteso come nel senso prima richiamato come diretto a infliggere sofferenze eccessive, inutili o gratuite, realizzate per mero divertimento o dileggio, aspetto che finisce per circoscrivere anche l'elemento soggettivo del reato in questione. Difatti, nelle modalità dell'azione lesiva oggetto del presente processo, così come più volte descritta, non può omettere di rilevarsi come emerga un certo compiacimento degli attori della vicenda, nel catturare un randagio, invero senza particolari accortezze trattandosi di animale particolarmente docile e fiducioso negli esseri umani, e decidere quasi di giustiziarlo in maniera esemplare prima appendendolo per il collo e poi finendolo con ripetuti colpi di spranga tra commenti divertiti e facezie. Non pare, inoltre, nemmeno trascurabile, sotto il profilo della ricostruzione di questo profilo del fatto, la circostanza, davvero sorprendente, che gli autori del fatto in questione decidano di riprendere la loro bravata e, poi, di diffonderla in rete su Facebook. Decisione che manifesta, ancor di più, insensibilità e disprezzo per la vita del cane ostaggio della violenta condotta posta in essere, assimilato a mille altri istanti della vita quotidiana pubblicizzati sui Social Network nell'illusione di poterli immortalare. La condotta degli imputati appare, quindi, certamente assistita dalla consapevolezza e dalla volontà di provocare il danno, fino all'esito letale, effettivamente cagionato al cane randagio oltre che dalle riprovevoli ed efferate pulsioni qualificate come crudeltà, nel senso richiesto dalla norma nella specie contestata. In conseguenza di quanto esposto, tutti gli odierni imputati devono essere dichiarati responsabili dei reati lui ascritti e, tenuto conto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., tenuto in particolare considerazione delle modalità particolarmente crudeli dell'azione, della gratuità di essa e dell'insensibilità manifestata per l'oggetto di essa, si giudica doversi commisurare la pena nel massimo edittale, cui applicare la diminuente prevista per il rito abbreviato. Proprio il giudizio sulla condotta tenuta che non può, per le ragioni diffusamente indicate, che essere estremamente negativo, induce a ritenere non concedibili, nel caso di specie, le attenuanti generiche previste dall'art. 62 bis c.p. che presuppongono una valutazione positiva della personalità dell'imputato, espressa nelle modalità comportamentali del reato ed al ruolo rivestito in concreto nella commissione dello stesso. Per le ragioni indicate, si ritiene congrua la pena finale di mesi sedici di reclusione ciascuno, applicando la pena nel suo massimo edittale di anni due, ridotta per la diminuente di un terzo in ragione del rito prescelto dagli imputati. Nondimeno, ritiene questo Giudice di poter concedere a tutti gli imputati il beneficio della sospensione condizionale della pena. Al riguardo, condividendo l'impostazione espressa dalla S.C. deve ritenersi non sussista incompatibilità logica o contraddizione tra la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e il rifiuto di concessione dell'attenuante generica, posto che negare questa significa esprimere un giudizio particolarmente negativo su chi è stato protagonista di un determinato fatto storico costituente reato giudizio che per definizione riguarda il passato e che, in quanto tale, sul piano logico, è cosa del tutto diversa rispetto al giudizio sul futuro che rappresenta l'indispensabile premessa della concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena cfr. Sez. 4, Sentenza numero 7794 del 15/03/1989, Branca Sez. 6, Sentenza numero 6193 del 03/05/1985, Giorgino . Il beneficio della sospensione condizionale della pena, infatti, in quanto tale, è rivolto al ravvedimento del reato e alla finalità di prevenzione speciale che esso non ponga in essere nuovi fatti di reato, col fine, come sostenuto da autorevole dottrina, di sottrarre alla detenzione in carcere un soggetto condannato a pene di breve durata, ritenendo sufficiente la minaccia della futura esecuzione della pena. Deve, allora, ritenersi che, in apparente contrasto con il negativo giudizio sul fatto posto in essere dagli imputati, meritino di essere positivamente valutati, oltre alla giovane età di tutti gli imputati e alla loro provenienza da famiglie di modestissima estrazione, il comportamento processuale e quello successivo alla commissione del fatto tenuto dagli imputati. Deve, in particolare, osservarsi come nessun ostruzionismo fu posto in essere dagli imputati i quali hanno collaborato con i militari fornendo loro i cellulari utilizzati per riprendere la macabra scena dell'uccisione del cane, gli abiti che indossavano e con cui erano ritratti nel video e anche la mazza utilizzata per finire l'animale. Di essi, BO. Lu., unico a non essere ritratto nel video perché si occupò di filmare la scena, in sede di spontanee dichiarazioni dinanzi gli operanti, ammette la propria partecipazione addossandosene, quindi, la relativa responsabilità. Successivamente al fatto, gli imputati FU. Nicolas e LI. Gi., come il difensore ha documentato allegando al verbale di udienza un'attestazione redatta a firma della dr.ssa Ro. Pa., psicologa-psicoterapeuta, hanno iniziato un percorso psico-terapeutico di riabilitazione e consapevolezza, denotante, quindi, quantomeno un impegno a comprendere tutte le implicazioni delle azioni poste in essere. Egualmente, appare non secondaria la decisione degli imputati BO. Fr. e BO. Lu. di intervenire personalmente all'udienza, rendendo pubbliche e spontanee dichiarazioni di scusa e pentimento e quella, di tutti gli imputati, di chiedere la trattazione pubblica del processo. Tutti questi elementi, unitamente alla, già rimarcata, giovane età di tutti i protagonisti in negativo della vicenda, possono costituire fondamento di una prognosi positiva in ordine al fatto che gli odierni imputati non pongano in essere in futuro, ulteriori fatti di reato. Nondimeno, deve osservarsi come, ai sensi del disposto dell'art. 165 c.p. così come modificato dalla legge numero 145/2004, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato, salvo che la legge disponga diversamente e ove il condannato non si opponga, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna e le prescrizioni dell'art. 18 bis delle disposizioni di coordinamento del codice penale che dispone l'applicabilità di alcune previsioni del D.Lgs. numero 274/2004, concernenti il sistema sanzionatorio del giudice di pace, in quanto compatibili, tra le quali l'art. 54 comma 2, in base al quale il lavoro di pubblica utilità non può essere inferiore a dieci giorni e non essere non superiore a sei mesi. Nel caso di specie, tutti gli imputati hanno manifestato la propria disponibilità, per gli imputati FU. e LI. deve ritenersi implicita nella richiesta di ammissione all'istituto della messa alla prova, mentre gli imputati BO. Fr. e BO. Lu., presenti all'udienza, si sono espressi in tale senso. Nel caso di specie, il subordinare il beneficio allo svolgimento di attività non retribuita presso strutture pubbliche ovvero private convenzionate destinate a Canile Sanitario ovvero a Canile Rifugio esistenti nella provincia di Cosenza, appare un utile strumento per consentire agli imputati di acquisire una migliore consapevolezza di quanto avvenuto, confrontarsi con sensibilità e contesti diversi dai propri, lavorando, anche solo simbolicamente, per il proprio ravvedimento. Per tali ragioni si giudica necessario subordinare il beneficio alla prestazione di attività di volontariato non retribuita presso una delle strutture pubbliche ovvero private convenzionate destinate a Canile Sanitario ovvero a Canile Rifugio esistenti nella provincia di Cosenza, secondo le concrete modalità che dovranno essere concordate con il responsabile della struttura, per un periodo complessivo di mesi sei da svolgersi entro e non oltre il periodo di un anno dal passaggio in giudicato della sentenza. Gli imputati, ciascuno per la parte cui ha dato causa, devono, inoltre, essere condannati, in favore delle parti civili costituite, al risarcimento dei danni derivanti dal reato che si liquida, in via equitativa, in complessivi Euro 2.000,00 per ciascuna delle parti civili costituite, non essendo stata fornita in giudizio la prova di una diversa quantificazione del danno, oltre che a rifondere alle stesse le spese di giudizio liquidate così come in dispositivo. Alla condanna segue, per legge, l'obbligo al pagamento delle spese del processo. Possono, infine, essere restituiti ai singoli imputati gli oggetti ancora in sequestro, fatta eccezione della mazza animata, trattandosi dell'oggetto utilizzato per commettere il reato, del quale si ritiene di dover ordinare la confisca e distruzione ai sensi del comma 1 dell'art. 240 c.p. P.Q.M. Visti gli artt. 438 e ss. 533,535 c.p. Dichiara LI. Gi., FU. Ni., BO. Fr. e BO. Lu. responsabili del reato loro ascritto in concorso e, non riconosciuto il vincolo della continuazione, fatta applicazione della diminuente per la scelta del rito, li condanna alla pena di mesi sedici di reclusione ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 163 e seguenti c.p. concede il beneficio della sospensione condizionale della pena a tutti gli imputati, subordinando il beneficio alla prestazione di attività di volontariato non retribuita presso una delle strutture pubbliche ovvero private convenzionate destinate a Canile Sanitario ovvero a Canile Rifugio esistenti nella provincia di Cosenza, secondo le concrete modalità che dovranno essere concordate con il responsabile della struttura, per un periodo complessivo di mesi sei da svolgersi entro e non oltre il periodo di un anno dal passaggio in giudicato della sentenza. Letto l'art. 538, commi 1 e 3, c.p.p., condanna gli imputati, al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite che si liquida, in via equitativa, in complessivi Euro 2.000,00 per ciascuna delle parti civili costituite. Letto l'art. 541 c.p.p. condanna gli imputati al pagamento delle spese processuali in favore delle parti civili costituite che si liquidano, per ciascuna di esse, in Euro 800,00, oltre spese generali, IVA e Cassa Previdenza con distrazione in favore dello stato per le somme dovute a Associazione Earth ONLUS e Associazione Codici Ambiente. Visto l'art. 240 c.p. Ordina la restituzione di quanto in sequestro agli aventi diritto ad eccezione della mazza animata della quale si ordina la confisca e distruzione. Letto l'art. 544 comma 3 c.p.p. indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione.