Spetta al giudice dare qualificazione giuridica al fatto, non al querelante

Rientra nei compiti del giudice operare una qualificazione giuridica dell’eventuale sussistenza di un reato, mentre è compito del querelante esporre il fatto nella sua materialità

Così ha deciso la Cassazione con sentenza n. 37213/17, depositata il 26 luglio. Il caso. La Corte d’Appello ha confermato la pronuncia del Tribunale che aveva condannato il ricorrente per il reato di cui agli artt. 57 e 595 c.p. per aver consentito, da direttore di giornale, che fosse offesa la reputazione di un soggetto, omettendo il dovuto controllo sul contenuto dell’articolo che riferiva di un fatto in cui la parte era stata protagonista e le attribuiva essere affetta da problemi mentali”. Avverso questa pronuncia il soccombente ricorreva in Cassazione, lamentando che la querela presentata dalla parte offesa non fosse suscettibile di produrre effetti rispetto al delitto a lui imputato. Il direttore responsabile. Nel caso di specie la Cassazione ritiene applicabile il consolidato principio secondo il quale, in merito all’individuazione dei soggetti destinatari dei provvedimenti, non spetti certamente alla parte privata dare una qualificazione giuridica al fatto, ma piuttosto rientri nei compiti del giudice operare una qualificazione giuridica dell’eventuale sussistenza di un reato, con le relative conseguenze. Compito del querelante, quindi, è esclusivamente quello di esporre il fatto nella sua materialità. Tale interpretazione altro non fa che dal seguito al principio dell’esternalizzazione della volontà punitiva del privato. Il diritto di querela, quindi, deve ritenersi concernente esclusivamente il fatto delittuoso, spettando, per cui, al giudice attribuire ad esso le definizioni e le conseguenze giuridiche. Per questo motivo la Cassazione rigetta il ricorso ritenendo sussistente la responsabilità del direttore.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 28 aprile – 26 luglio 2017, n. 37213 Presidente Lapalorcia – Relatore Scordamaglia Ritenuto in fatto 1. Il difensore di R.A. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce - Sezione distaccata di Taranto - che, in data 12 luglio 2016, ha confermato quella del Tribunale di Taranto che aveva condannato il ricorrente per il reato di cui agli artt. 57 e 595 cod. pen., per avere consentito, da direttore responsabile del giornale omissis ”, l’offesa arrecata alla reputazione di C.D. , omettendo il dovuto controllo sul contenuto dell’articolo pubblicato sulla detta testata in data omissis , che riferiva in maniera distorta di un fatto di cui la parte offesa era stato protagonista e le attribuiva una qualità – l’essere affetta da problemi mentali” - di valenza diffamatoria. 2. Deduce il ricorrente i seguenti motivi. - Il vizio di violazione di legge, in relazione all’articolo 57 cod. pen., poiché la querela presentata dalla parte offesa non sarebbe suscettibile di produrre i suoi effetti rispetto al delitto commesso dal direttore responsabile, attesa la ontologica distinzione tra il delitto commesso dall’articolista e quello commesso dal direttore responsabile del giornale ciò rilevando nel caso concreto in quanto nell’atto di impulso processuale proposto dal C. era assente qualsivoglia riferimento al titolo di reato - l’articolo 57 cod. pen. - che consentiva l’incriminazione dell’omesso controllo colposo da parte del direttore responsabile della testata sui contenuti degli articoli ivi pubblicati. La difesa richiamava, a sostegno del motivo di ricorso, il principio di diritto affermato da questa Corte a mente del quale, in tema di diffamazione a mezzo stampa, attesa l’autonomia dell’ipotesi colposa prevista dall’articolo 57 cod. pen. a carico del direttore responsabile per omesso controllo sul contenuto della pubblicazione, deve escludersi che essa sia perseguibile allorché il querelante si sia limitato ad indicare tanto l’autore dello scritto quanto il direttore responsabile come correi nel reato di diffamazione in suo danno, occorrendo invece che nella querela sia esplicitamente espressa la volontà che il direttore responsabile venga perseguito a titolo di colpa per omesso controllo ovvero che si proceda per qualsiasi ipotesi di reato riscontrabile a suo carico. Sez. 5, n. 46226 del 21/10/2003 - dep. 02/12/2003, Ciancio e altro, Rv. 22748401 . Aderendo all’opposto orientamento di legittimità per il quale il giudice può ravvisare a carico del direttore responsabile di un giornale il reato di omissione di controllo, ex articolo 57 cod. pen. - pur essendo stata la querela proposta esclusivamente per la diffamazione a mezzo stampa, nei confronti del giornalista e dello stesso direttore -, in quanto non compete al querelante dare una qualificazione giuridica del fatto dovendo egli limitarsi ad esporre lo stesso nella sua materialità, la Corte territoriale avrebbe inaccettabilmente avallato l’incriminabilità del direttore della testata giornalista sulla base di una mera responsabilità di posizione. - Il vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale valorizzato una serie di indici fattuali - l’assenza di collegamento soggettivo tra il soggetto e il fatto il difetto di allarme sociale l’assenza in capo all’imputato di precedenti specifici - che avrebbero senz’altro consentito l’attenuazione della pena in ragione della concessione delle circostanze generiche ex articolo 62 bis cod. pen - l’estinzione del reato derivante dallo spirare del termine massimo di prescrizione. Considerato in diritto Il ricorso è infondato. 1. Con il primo motivo la difesa del ricorrente R. deduce la assenza di valida querela a carico del medesimo, reiterando quanto già prospettato al giudice dell’appello vale a dire che la persona offesa, in querela, non aveva indicato specificamente la volontà di perseguire penalmente anche il direttore responsabile del quotidiano in relazione al reato di cui all’articolo 57 cod. pen., distinto rispetto a quello di cui all’articolo 595 cod. pen. attribuibile al solo autore della pubblicazione diffamatoria. Dalla lettura della querela si evince che la stessa era stata presentata da C.D. nei confronti di tutti coloro che sarebbero stati ritenuti responsabili dei reati ravvisabili nei fatti esposti e, in particolare, dei reati di cui agli artt. 595 e 596 bis cod. pen La Corte territoriale ha respinto il gravame sul punto dando applicazione alla linea interpretativa secondo la quale il giudice può ravvisare a carico del direttore responsabile di un giornale il reato di omissione di controllo, ex articolo 57 c.p., pur essendo stata la querela proposta esclusivamente per la diffamazione a mezzo stampa, in quanto non compete al querelante dare una qualificazione giuridica del fatto quest’ultimo deve limitarsi ad esporre il fatto stesso nella sua materialità, considerato che il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, quale enunciato nella sua essenzialità, mentre spetta al giudice e non al privato attribuire al fatto la qualificazione giuridica in ordine alla eventuale sussistenza di un determinato tipo di reato e alle conseguenze che ne derivano Sez. 5, n. 24381 del 25/03/2011 - dep. 16/06/2011, Ciancio Sanfilippo e altro, Rv. 25045601 Sez. 5, n. 19020 del 22/01/2009 - dep. 06/05/2009, Canè e altri, Rv. 243604 Sez. 5, n. 10037 del 31/01/2008 - dep. 05/03/2008, Casadei, Rv. 239122 Sez. 5, n. 15643 del 11/03/2005 - dep. 27/04/2005, Scalfari e altro, Rv. 232136 Sez. 5, n. 8418 del 12/06/1992 - dep. 28/07/1992, Zatterin, Rv. 191928 . A tale massima di orientamento il Collegio intende dare continuità, poiché come ricordato dal giudice dell’appello - costituisce applicazione del principio generale in tema di interpretazione della esternazione della volontà punitiva del privato, per il quale al querelante non compete dare una qualificazione giuridica del fatto, dovendo egli, invece, provvedere ad una esposizione sia pure succinta del fatto inteso nella sua materialità Sez. 5, n. 4043 del 09/01/1985 - dep. 29/04/1985, Pagetti, Rv. 168908 , considerato che la querela è una manifestazione di volontà intesa a rimuovere un ostacolo alla perseguibilità del fatto-reato Sez. 6, n. 10585 del 21/09/1992 - dep. 03/11/1992, Porcellana e altri, Rv. 192135 . In effetti, secondo questa esegesi del tutto condivisibile, il diritto di querela concerne unicamente il fatto delittuoso, qual è esposto nella sua essenzialità, spettando al giudice e non al privato di attribuire ad esso le definizioni e le conseguenze giuridiche che ne derivano Sez. 6, n. 10537 del 11/05/2000 - dep. 10/10/2000, Migliore O, Rv. 21736501 anche perché, ai fini della valutazione della manifestazione di volontà di perseguire il colpevole, il giudice deve prendere in esame il complessivo comportamento della persona offesa e dar conto degli elementi su cui ha fondato la sua valutazione Sez. 6, n. 11386 del 22/01/2003 - dep. 11/03/2003, Crimi, Rv. 22395001 , con la conseguenza che l’apprezzamento della volontà di querelarsi o meno costituisce giudizio di merito insindacabile in sede di legittimità, sempreché l’interpretazione di tale volontà, in tutti i suoi elementi, sia compiuta dal giudice di merito in conformità ai canoni logico-giuridici di ermeneutica Sez. 5, n. 8034 del 25/05/1999 - dep. 18/06/1999, Carta, Rv. 21380601 . Il contrario orientamento evocato dal ricorrente, secondo cui, in tema di diffamazione a mezzo stampa, attesa l’autonomia dell’ipotesi colposa prevista dall’articolo 57 c.p. a carico del direttore responsabile per omesso controllo sul contenuto della pubblicazione, deve escludersi che essa sia perseguibile allorché il querelante si sia limitato ad indicare tanto l’autore dello scritto quanto il direttore responsabile come correi nel reato di diffamazione in suo danno, occorrendo invece che nella querela sia esplicitamente espressa la volontà che il direttore responsabile venga perseguito a titolo di colpa per omesso controllo ovvero che si proceda per qualsiasi ipotesi di reato riscontrabile a suo carico Sez. 5, n. 46226 del 21/10/2003 - dep. 02/12/2003, Ciancio, Rv. 227484 Sez. 5, n. 45249 del 22/11/2001 - dep. 18/12/2001, Martinelli e altro, Rv. 221016 Sez. F, n. 34543 del 31/08/2001 - dep. 24/09/2001, Centorrino e altro, Rv. 219748 , non è condiviso da questo Collegio poiché pretermette il criterio della necessaria interpretazione della volontà della parte ad opera del giudice procedente ed assegna decisività al criterio formale della esternazione in concreto della volontà stessa. Nel caso in esame ciò che deve ritenersi rilevante ai fini della validità della querela anche nei confronti del direttore responsabile imputato è la sola circostanza che il querelante abbia individuato, quali destinatari della propria richiesta di processo, in relazione alla diffamazione che gli era derivata dalla pubblicazione dell’articolo di stampa ritenuto offensivo, coloro cui la stessa potesse essere ricondotta, posto che soltanto alla autorità giudiziaria che ne aveva il potere spettava il compito di qualificare nella forma colposa dell’omesso controllo per il direttore responsabile il fatto segnalato dal querelante. 2. Le ulteriori questioni sollevate nei motivi di ricorso non presentano connotati di apprezzabilità. 3. Manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso, circa la mancata concessione delle attenuanti generiche. In proposito, si osserva come la sentenza impugnata, nel valorizzare alcuni indici della condotta e della personalità dell’imputato, non abbia, in sostanza, ritenuto ricorrenti elementi di segno positivo per la concessione delle invocate circostanze ex articolo 62 bis cod.pen Sul punto è sufficiente evidenziare come le circostanze attenuanti generiche hanno lo scopo di estendere le possibilità di adeguamento della pena in senso favorevole all’imputato, in considerazione di situazioni e circostanze che effettivamente incidano sull’apprezzamento dell’entità del reato e della capacità a delinquere dello stesso, sicché il riconoscimento di esse richiede la dimostrazione di elementi di segno positivo Sez. 3, n. 19639 del 27/01/2012 - dep. 24/05/2012, Gallo e altri, Rv. 25290001 , all’evidenza non ravvisati nella fattispecie. Peraltro è jus receptum ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice quello secondo il quale, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Cass. Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010 Rv. 248244 Sez. 1, n. 3772 del 11.01.1994 dep. 31.3.1994, rv 196880 . 4. Non coglie nel segno neppure il motivo diretto ad ottenere la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, atteso che il ricorrente non tiene conto che il termine massimo di essa viene a spirare il 18 giugno 2017, per effetto della sospensione di esso - ai sensi degli artt. 159 cod. pen. - nella misura di mesi 14 e giorni 13. 5. L’infondatezza del ricorso ne determina il rigetto cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.