Impatto con il mezzo o no, l’autista ha l’obbligo di assistenza della vittima stradale

L’obbligo di assistenza non è legato alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada, in capo al quale l’obbligo è riferito.

Così il Collegio di legittimità con sentenza n. 33761/17 depositata l’11 luglio. Il caso. L’imputato, alla guida del camion, investiva la vittima che, in sella alla sua bicicletta, cadeva a terra riportando lesioni personali. L’autista, nonostante l’accaduto, si allontanava senza ottemperare all’obbligo di fermarsi. Confermata la pronuncia di condanna, resa in primo grado, dalla Corte d’Appello di Bologna, l’imputato decide di proporre ricorso in Cassazione. Il ricorrente deduce contraddittorietà della motivazione ed erronea interpretazione dell’art. 189, comma 6, c.d.s. e, in particolare, censura l’affermazione secondo la quale sarebbe erroneo ritenere che l’aver dato causa all’incidente sia antefatto necessario del reato , contraddittoria con l’affermazione, contenuta nella sentenza, secondo cui la norma contestata non lega l’obbligo di assistenza alla consumazione di un reato quanto piuttosto al verificarsi di un incidente ricollegabile al comportamento dell’utente della strada . Obbligo di assistenza. La Corte, su tale punto, rileva la disciplina dell’art. 189, comma 1, c.d.s. che attribuisce all’utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento , l’obbligo di garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro . L’obbligo di assistenza, prosegue la Cassazione, non è legato alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada, in capo al quale l’obbligo è riferito. Sulla base di quanto detto, il Collegio ritiene che la censura mossa dal ricorrente sia infondata poiché muove dall’erroneo presupposto che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’art. 189, comma 6, c.d.s., l’aver dato causa all’incidente costituisca un antefatto necessario. In particolare, l’art. 189, comma 1, all’espressione incidente comunque ricollegabile al suo comportamento intende attribuire il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il soggetto al quale è indirizzato l’obbligo previsto dal comma 6. Nella fattispecie, la Corte accoglie il ricorso relativamente ad un’altra doglianza , annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’art. 131- bis c.p. e rinvia alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 17 maggio – 11 luglio 2017, numero 33761 Presidente Ciampi – Relatore Serrao Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Modena nei confronti di T.A. in relazione al reato di cui all’articolo 189, comma 6, d.lgs. 30 aprile 1992, numero 285 commesso in omissis . Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato, a bordo di un autocarro, aveva investito da tergo S.M.D. di anni 64 che si trovava alla guida di un velocipede e che, in conseguenza dell’urto, era caduta a terra riportando lesioni personali, allontanandosi senza ottemperare all’obbligo di fermarsi. 2. T.A. ricorre per cassazione censurando la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione ed erronea interpretazione dell’articolo 189, comma 6, cod. strada e degli artt. 192 e 530 cod.proc.penumero per avere i giudici di merito tralasciato di indicare quale sia stata la causa della caduta della bicicletta condotta dalla vittima, avendo alternativamente ipotizzato come plausibili tanto l’impatto con il camion condotto dall’imputato quanto lo spostamento d’aria provocato dal sorpasso eseguito dal medesimo veicolo. Nel ricorso si censura l’affermazione secondo la quale sarebbe erroneo ritenere che l’aver dato causa all’incidente sia antefatto necessario del reato, rimarcandone la contraddittorietà rispetto all’altra affermazione, contenuta nella sentenza, secondo la quale la norma contestata non lega l’obbligo di assistenza alla consumazione di un reato quanto piuttosto al verificarsi di un incidente ricollegabile al comportamento dell’utente della strada. La Corte avrebbe omesso di fornire adeguata motivazione in merito alla prova che l’imputato si fosse reso conto di aver provocato un sinistro. Con un secondo motivo deduce vizio di motivazione con riguardo all’invocata causa di non punibilità prevista dall’articolo 131 bis cod. penumero , avendo la Corte territoriale rigettato l’istanza con motivazione apparente indicando genericamente la gravità del fatto e l’intensità del dolo, tanto più con riferimento alla condotta di chi si era fermato per soccorrere la persona caduta e si era poi allontanato in assoluta buona fede, non ritenendo di aver cagionato l’incidente. Considerato in diritto 1. Il primo motivo di ricorso è infondato. 1.1. La censura muove dall’erroneo presupposto che, ai fini della configurabilità del reato previsto dall’articolo 189, comma 6, cod. strada, costituisca antefatto necessario del reato anche l’aver dato causa all’incidente, argomentando dal tenore letterale dell’articolo 189, comma 1, cod. strada, a mente del quale l’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza è imposto all’utente in caso di incidente comunque riconducibile al suo comportamento . 1.2. Occorre evidenziare che, nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell’articolo 189, comma 1, cod. strada, la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo ed ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i titolari della posizione di garanzia, imponendo loro l’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Trattasi di reato omissivo di pericolo Sez. 4, numero 34335 del 03/06/2009, Rizzante, Rv. 24535401 , il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post, sicché una volta verificatosi l’antefatto previsto dal comma 1, da intendersi come sinistro connesso alla circolazione stradale, sarebbe incompatibile con l’oggetto giuridico del reato e con la natura di reato di pericolo asserire che l’obbligo di fermarsi sia escluso per colui che, pur coinvolto nel sinistro, non ne sia responsabile. Simile interpretazione della norma condurrebbe all’assurda conseguenza per cui il dovere di fermarsi sarebbe escluso per ogni altro soggetto coinvolto nel sinistro, ove l’incidente fosse attribuibile in via esclusiva alla persona ferita che necessiti di assistenza. 1.3. Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell’obbligo giuridico previsto dall’articolo 189, comma 1, cod. strada, che attribuisce all’utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, l’obbligo di garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro. Come già affermato in una precedente pronuncia, il combinato disposto dei commi 1, 6 e 7 dell’articolo 189 cod. strada, non lega l’obbligo di assistenza alla consumazione e all’accertamento di un reato, ma al semplice verificarsi di un incidente comunque ricollegabile al comportamento dell’utente della strada al quale l’obbligo di assistenza è riferito. Nella previsione incriminatrice manca qualsiasi rapporto che condizioni la esistenza dell’obbligo di fermarsi alla qualificazione come reato della condotta dell’utente. All’evidenza, la sola condizione per la esigibilità della condotta descritta dall’articolo 189, comma 6, cod. strada e la punibilità della sua omissione è posta nella generalissima relazione di collegamento a qualsiasi titolo tra incidente e comportamento di guida dell’utente della strada Sez.4, numero 34138 del 21/12/2011, dep. 6/09/2012, Cilardi, Rv. 253745 . 1.4. In definitiva, l’articolo 189, comma 1, cod. strada, disponendo che L’utente della strada, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, ha l’obbligo di fermarsi e di prestare l’assistenza occorrente a coloro che, eventualmente, abbiano subito danno alla persona , ha inteso attribuire all’espressione incidente comunque ricollegabile al suo comportamento il valore di antefatto non punibile idoneo ad identificare il soggetto al quale è indirizzato l’obbligo previsto dal successivo comma 6. 2. Poste tali premesse in linea di principio, si osserva che la motivazione della sentenza impugnata risulta esente da vizi e priva di contraddizioni, essendovi chiaramente illustrata, in linea con l’orientamento interpretativo della Corte di legittimità, la distinzione tra responsabile del sinistro e colui che, indipendentemente dalla colpa, si sia trovato coinvolto nel sinistro da cui si è originata la situazione di pericolo che la norma intende disciplinare. 2.1. In tale contesto normativo, la Corte ha congruamente attribuito rilevanza alla mera circostanza di fatto che la vittima fosse caduta dalla bicicletta contestualmente alla manovra di sorpasso effettuata dall’imputato, ritenendo non dirimente la verifica della causa ultima della caduta una volta istituito un collegamento, desunto dalla contestualità dei fatti, tra la manovra di sorpasso eseguita dall’autocarro e la caduta della ciclista. Collegamento avvalorato dalla circostanza che l’autista del camion si fosse momentaneamente fermato, senza scendere dal mezzo, per chiedere ad un passante di verificare la condizione della donna. 2.2. La diversa ricostruzione del fatto proposta dal ricorrente non può essere vagliata in questa sede, non essendo consentita al giudice di legittimità la rivalutazione del fatto. 3. Il secondo motivo di ricorso è, invece, fondatamente proposto. 3.1. A sostegno del diniego di sussunzione del fatto nell’ipotesi disciplinata dall’articolo 131 bis cod. penumero è stata espressa la seguente motivazione La complessiva gravità del fatto di reato e l’intensità del dolo impediscono di riconoscere la causa di non punibilità . 3.2. Secondo quanto chiarito dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite Sez. U, numero 13681 del 25/02/2016, Tushaj, in motivazione , la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena. Insomma, si è qui entro la distinzione tra fatto legale, tipico, e fatto storico, situazione reale ed irripetibile costituita da tutti gli elementi di fatto concretamente realizzati dall’agente . A tali elementi il giudice di merito deve porre attenzione nel valutare la sussumibilità del fatto nell’ipotesi normativa. 3.3. La sentenza impugnata deve ritenersi, pertanto, viziata da motivazione in apparente, da inquadrare nel più generale vizio di carenza di motivazione, configurabile tutte le volte in cui la struttura argomentativa sia caratterizzata da affermazioni apodittiche o da formule di stile, priva di concreti elementi riferibili alla realtà processuale ed alle emergenze sulle quali si fonda la decisione, così da impedire il controllo di legittimità della decisione stessa. 4. Conseguentemente, il provvedimento impugnato deve essere annullato con rinvio alla Corte di Appello di Bologna affinché fornisca adeguata indicazione, ove esistenti, di concreti elementi fattuali indicativi dell’assenza dei presupposti per l’accoglimento dell’istanza di applicazione dell’articolo 131 bis cod. penumero . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla questione concernente l’applicazione dell’articolo 131 bis cod. penumero e rinvia per nuovo esame alla Corte d’Appello di Bologna.