Il Giudice deve motivare la censura della corrispondenza tra marito, detenuto al “carcere duro”, e la moglie

Il decreto con il quale viene disposta la limitazione della corrispondenza ex art. 18-ter Ord. Pen., deve essere adeguatamente motivato con modalità idonee ad assicurare il prudente bilanciamento tra il diritto del detenuto a conoscere le ragioni della limitazione e le finalità di pubblico interesse volte a salvaguardare le esigenze investigative ovvero di prevenzione dei reati oppure ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto.

Il caso. La vicenda riguarda il caso di una censura di corrispondenza in uscita”, inviata cioè da un detenuto in regime di art. 41- bis ord. pen. al proprio coniuge, sull’assunto che la missiva avrebbe avuto un contenuto ambiguo”, idoneo a frustrare le finalità investigative o di prevenzione di reati ovvero incidere sulle ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto penitenziario. Impugnato il provvedimento, il Tribunale di sorveglianza ha confermato tale decisione ribadendo che la missiva conteneva riferimenti ambigui che potrebbero effettivamente costituire pericolo per l’ordine e la sicurezza ritenendo, poi, che una più specifica motivazione non era possibile, pena la frustrazione delle finalità di cui all’art. 18- ter ord. pen Il detenuto ricorre per Cassazione denunciando la nullità della decisione del Tribunale di sorveglianza, perché sorretta da una motivazione apparente ex art. 125 c.p.p La inviolabilità della corrispondenza e le limitazioni alla stessa nei confronti dei detenuti. L’art. 15, Costituzione afferma i principi della libertà e della segretezza della corrispondenza come diritti fondamentali dell’individuo al secondo comma la citata norma prevede che tali diritti possano essere limitati solo con atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie di legge. Di qui deriva che il diritto in questione può essere compresso solo dall’Autorità giudiziaria con provvedimento motivato e nei casi previsti dalla legge. L’art. 18 dell’Ord. Pen. l. n. 354/1975 prevede una serie di ipotesi limitanti la corrispondenza intrattenuta dai detenuti, cui si rinvia. Mentre per alcuni casi di corrispondenza intercorrente tra il detenuto ed il proprio difensore, quella inviata all’Autorità Giudiziaria ai membri del Parlamento, alle Rappresentanze diplomatiche o consolari degli Stati di cui i detenuti siano cittadini e agli organismi internazionali amministrativi o giudiziari preposti alla tutela dei diritti dell’uomo di cui l’Italia fa parte tale fattispecie ripristina la pienezza dei diritti costituzionali di segretezza ed inviolabilità. La CEDU. Il diritto tutelato dall’art. 15 Cost. trova ulteriore tutela nell’art. 8 CEDU l. 4.8.1955 ove sono sanciti i principi del diritto al rispetto della vita privata e familiare, nel cui ambito, secondo il I comma, è affermato il diritto al rispetto della corrispondenza che può essere oggetto di limitazione quando I vi sia una previsione di legge II sia un misura necessaria per la sicurezza nazionale, pubblica, benessere economico del paese, difesa dell’ordine prevenzione dei reati, protezione della salute o della morale ovvero dei diritti e delle libertà. Tale norma non stabilisce regole in ordine alle modalità con le quali possa essere limitato il diritto di corrispondenza, sicché non può che richiamarsi al principio stabilito dall’art. 125 c.p.p. con il generale obbligo di motivazione, a pena di nullità, per tutti i provvedimenti giurisdizionali e dello art. 15 Cost., ribadito dal VI comma dell’art. 111Cost La nullità del provvedimento immotivato. La assenza di motivazione determina la nullità del provvedimento giudiziario. A tal proposito, la giurisprudenza in modo assolutamente costante ha equiparato i casi di mancanza” fisica della motivazione a quelli in cui questa sia solo apparente. Nel caso di specie e dal tenore della sentenza si evince che il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza ha una motivazione apparente” cioè priva di una valutazione critica ed argomentata. Per costante giurisprudenza per motivazione apparente” si intende quella motivazione sorretta da . argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò sostanzialmente inesistente Cass. Pen., Sez. V, n. 9677/2014 . La parte motiva del caso di specie. Con la sentenza in questione si ribadisce che il decreto con il quale viene limitato il diritto di corrispondenza deve essere specificatamente motivato, sia per il caso in cui la verifica esercizio del visto di controllo sia esercitata sulla posta in uscita” che per quella in entrata”, e prescrive che la motivazione del decreto dia conto, in modo comprensibile, ed alla luce del caso concreto, delle ragioni limitanti la libertà di corrispondenza, pur nel rispetto della esigenza di tutelare gli interessi di prevenzione per la tutela delle indagini investigative ovvero per le ragioni di sicurezza o di ordine dell’Istituto. Sotto questo punto di vista la generica affermazione che nella corrispondenza vi sarebbero riferimenti ambigui che potrebbero costituire pericolo per l’ordine e la sicurezza si riduce a mera forma di motivazione apparente”, poiché nulla in concreto esplicita, senza peraltro dar modo di comprendere quale parte della missiva, in quel caso concreto, presentasse criticità tali da giustificare il provvedimento adottato. La Suprema Corte indica poi una diversità di contenuti del provvedimento a secondo che esso riguardi la posta in uscita” o la posta in entrata”. Nel primo caso è sufficiente che il magistrato espliciti, in termini concreti, le esigenze giustificanti la limitazione della corrispondenza, indicando opportunatamente le parti della corrispondenza che appaiono lesive degli interessi relative alle investigazioni o alla sicurezza ovvero all’ordine dell’Istituto. Nell’altro caso posta in entrata la Corte di legittimità ha affermato che, se anche non ricorre l’obbligo per il giudice di esplicitare in modo analitico il contenuto della missiva, occorre in ogni caso un richiamo al contenuto concreto della missiva contemperando i contrapposti interessi, da un lato del diritto del detenuto a conoscere le ragioni per le quali sussiste una limitazione di un diritto fondamentale costituzionalmente garantito quello della corrispondenza , dall’altro dell’interesse pubblico alla tutela socio-preventiva e di sicurezza prevista dalla legge sull’ordinamento penitenziario.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 23 maggio – 11 luglio 2017, n. 33839 Presidente Tardio – Relatore Vannucci Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 25 febbraio 2016 il Tribunale di sorveglianza di Milano rigettò il reclamo proposto da R.S. , detenuto sottoposto al regime di cui all’art. 41-bis ord.pen., per la riforma del decreto con il quale il Magistrato di sorveglianza di Milano aveva disposto, il 30 giugno 2015, il trattenimento di missiva in partenza, da tale detenuto indirizzata alla moglie, in ragione del contenuto ambiguo e/o criptico delle frasi in essa contenute. A sostegno di tale decisione, il Tribunale, dopo avere richiamato il principio, di fonte giurisprudenziale, secondo cui la rivelazione all’interessato delle frasi dal contenuto ambiguo e sospetto, presenti nella corrispondenza trattenuta, finirebbe col vanificare le finalità investigative o di prevenzione dei reati, ovvero le ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto penitenziario, perseguite col provvedimento di controllo e censura, afferma che la missiva conteneva riferimenti ambigui che potrebbero effettivamente costituire pericolo per l’ordine e la sicurezza e che più specifica motivazione non è esigibile venendo in tal caso frustrate le finalità di cui alla norma dell’art. 18-ter OP . 2. Per la cassazione di tale ordinanza R. ha proposto ricorso atto dallo stesso sottoscritto deducendo violazione di legge artt. 18-ter ord.pen., 15 Cost. e mancanza sostanziale di motivazione, priva di alcun riferimento concreto, in ordine alla ritenuta ambiguità del contenuto della trattenuta missiva in partenza. 3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta con la quale chiede il rigetto del ricorso sul rilievo che l’ordinanza impugnata sarebbe sorretta da concreta ed adeguata motivazione. Considerato in diritto Il principio di diritto affermato nella motivazione di Cass. Sez. 1, n. 47748 del 5 dicembre 2011, Lo Piccolo, Rv. 252188, in tema di non sussistenza di diritto del detenuto all’esame del contenuto di corrispondenza trattenuta dalla motivazione dell’ordinanza impugnata specificamente richiamato a fondamento della decisione si riferisce alla ipotesi di non inoltro al detenuto assoggettato al regime speciale previsto dall’art. 41-bis ord.pen. di corrispondenza allo stesso indirizzata il principio in questione era stato, sul punto, già affermato, soprattutto nelle relative motivazioni, da Cass. Sez. 1, n. 7505 del 25 gennaio 2011, Triglia, Rv. 249803 e da Cass. Sez. 1, n. 38632 del 23 settembre 2010, Bosti, Rv. 248677 deve preliminarmente essere confermato da esso però non deriva, come affermato nell’ordinanza impugnata, che non sia esigibile una motivazione diversa da quella fondante la decisione oggetto di contestazione. La libertà di corrispondenza dei detenuti in regime speciale può essere limitata, in ossequio al precetto recato dall’art. 15, secondo comma, Cost., solo con un provvedimento dell’autorità giudiziaria, specificamente motivato in ordine alla sussistenza nel caso concreto dei presupposti indicati dai commi da 1 a 4 dell’art. 18-ter ord. pen. in questo senso, sul punto, fra le altre, nelle relative motivazioni Cass. Sez. 1, n. 16744 del 14 marzo 2013, Di Trapani, Rv. 257013 Cass. Sez. 1, n. 48365 del 21 novembre 2012, Di Trapani, Rv. 253978 Cass. Sez. 1, n. 17799 del 27 marzo 2008, Lioce, Rv. 239850 . In tale ottica, è stato precisato che la motivazione imposta dall’art. 15 Cost. ai provvedimenti giurisdizionali limitativi della libertà di corrispondenza dei detenuti in regime di detenzione speciale non può che essere diversamente modulata a seconda che la corrispondenza sia in uscita ovvero in entrata nel primo caso il detenuto che subisce il controllo è lo stesso autore della corrispondenza ed è perciò sufficiente rappresentare le esigenze che giustificano, in concreto, la limitazione nel secondo caso, invece, il detenuto è il destinatario della corrispondenza per cui, pur non dovendo il contenuto di questa essere analiticamente esplicitato, deve comunque essere richiamato con modalità idonee ad assicurare il prudente bilanciamento tra il diritto del detenuto a conoscere le ragioni della limitazione e le finalità di pubblico interesse volte a salvaguardare le esigenze investigative ovvero di prevenzione dei reati, ovvero le ragioni di sicurezza o di ordine dell’istituto cfr., per tale precisazione, in motivazione, Cass. Sez. 1, n. 43522 del 20 giugno 2014, Gionta, Rv. 260692 . È dunque da ribadire l’affermazione secondo cui nel caso di trattenimento di corrispondenza dal detenuto indirizzata a terzi è sempre necessaria artt. 111, sesto comma e 15, secondo comma, Cost. art. 129, comma 3, cod. proc. pen. una motivazione che, ancorché in forma sintetica in considerazione del fatto che nel caso concreto la missiva trattenuta proveniva dal detenuto R. , dia conto in modo comprensibile in riferimento al caso concreto delle ragioni fondanti la decisione limitativa della libertà di corrispondenza garantita dal primo comma dell’art. 15 Cost., pur tenendo, doverosamente, conto dell’esigenza di non veicolare all’esterno, pel tramite di provvedimento giudiziale, informazioni frustranti le esigenze fondanti la disciplina in esame. Nel caso di specie, il Tribunale di sorveglianza, dopo avere riportato quanto dedotto da R. nel proprio ricorso in ordine ai contenuti della missiva da lui indirizzata alla moglie, ha ritenuto di assolvere al proprio onere di motivazione solo asserendo che tale scritto conterrebbe riferimenti ambigui che potrebbero effettivamente costituire pericolo per l’ordine e la sicurezza , senza ulteriormente specificare la ragione di tale giudizio manca qualunque concreto riferimento, in replica alle deduzioni del ricorrente, a parole, frasi o segni grafici caratterizzanti il contenuto della missiva, ovvero ad altri elementi caratterizzanti il contenuto medesimo, sia pure espresso in forma sintetica, da cui desumere che i riferimenti siano ambigui e, in buona sostanza, si risolvano in violazione dei precetti di cui ai primi quattro commi del più volte citato art. 18-ter ord. pen La motivazione in questione è - come dedotto dal ricorrente - meramente apparente e, dunque, sostanzialmente mancante il ricorso va dunque accolto, con conseguente annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.