Alla ricerca del difficile equilibrio tra confisca e diritti reali di garanzia del terzo

Al fine di riconoscere al terzo il diritto all’ammissione del proprio credito allo stato passivo nelle forme di cui all’art. 52 d.lgs. n. 159/2011, nel caso di riconosciuta strumentalità del credito concesso a mutuo alle finalità illecite del proposto, occorre verificare lo stato di buona fede ovvero di ignoranza scusabile dell’istituto bancario creditore ipotecario. In relazione a tale dato, stante l’inadeguatezza degli strumenti di controllo propri degli istituti di credito, non può gravarsi l’operatore commerciale dell’accertamento negativo della non strumentalità del credito all’esercizio dell’attività criminale.

Sulla base del riaffermato principio di diritto, la Cassazione sentenza n. 31886/17 depositata il 3 luglio ha annullato l’impugnata ordinanza. La tutela dei terzi creditori. Non vi è ombra di dubbio che la questione della tutela dei terzi rappresenti una delle problematiche più delicate nella materia delle misure di prevenzione. Accade infatti assai di sovente che i beni oggetto di misure patrimoniali di prevenzione siano di proprietà di soggetti diversi dai destinatari delle misure medesime, ovvero che detti terzi vantino diritti reali di garanzia o comunque situazioni obbligatorie sugli stessi beni attinti dalla misura di prevenzione. Ne nasce dunque l’esigenza di bilanciare due interessi in conflitto quello dello Stato a sottrarre alle associazioni mafiose le loro ricchezze e risorse illecitamente prodotte, da un lato, e l’interesse privato di terzi, comunque collegati alla posizione del soggetto cui viene applicata la misura. La frequenza dell’insorgere di detto conflitto deriva dal fatto che, come noto, possono essere oggetto della misura di prevenzione patrimoniale tutti i beni di cui il proposto abbia anche la mera disponibilità e, dunque, a prescindere dal dato della loro formale titolarità. Il conflitto può quindi insorgere con terzi proprietari dei beni attinti dalla misura ovvero terzi che affermino la titolarità di pretese di natura obbligatoria nei confronti del proposto ovvero situazioni giuridiche correlate ai beni colpiti dalla misura di prevenzione. L’ipotesi statisticamente più frequente è proprio quella disaminata nel caso affrontato dalla Cassazione, ovverossia l’iscrizione ipotecaria a favore di istituti di credito su immobili oggetto della misura di prevenzione. I principi cardine della tutela del terzo. Ad una risalente ed invero ormai consolidata giurisprudenza di legittimità si deve l’elaborazione dei principi cui è subordinata la tutela del terzo, titolare di un diritto di reale di garanzia sul bene gravato dalla misura. Dovrà, infatti, verificarsi l’effettiva esistenza del diritto del terzo sulla cosa altrui, diritto che dovrà essere documentato da atto avente data certa anteriore al sequestro, e in secondo luogo la mancanza di ogni tipo di collegamento del terzo con l’attività illecita del proposto, ovvero l’affidamento incolpevole del terzo, ingenerato da una situazione di oggettiva apparenza che renda scusabile l’errore. I principi di elaborazione giurisprudenziale sono stati, poi, di fatto recepiti nelle nuove norme introdotte dal d.lgs. n. 159/2011 e, nel dettaglio, negli artt. 52-61. Può dunque affermarsi che costituisce ormai ius receptum il principio per cui la tutela del terzo titolare di diritto reale di garanzia sui beni confiscati viene garantita laddove vi sia un atto di data certa anteriore al sequestro e la mancanza di ogni collegamento con l’attività illecita, ovvero il suo errore incolpevole o comunque scusabile. In effetti l’art. 52 d.lgs. 159/2011 detta la regola per cui la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore alla esecuzione del sequestro. Inoltre, il terzo non deve aver già soddisfatto il proprio credito attraverso la preventiva escussione del patrimonio del pervenuto non assoggettato alla misura di prevenzione, il credito non deve essere collegato alla illecita attività salvo che il terzo dimostri la propria buona fede nell’aver agito ignorando tale nesso di strumentalità. Il caso di specie. La questione al vaglio degli Ermellini, nella pronuncia in commento, nasce dal ricorso proposto da un noto istituto di credito avverso un’ordinanza del Tribunale di Roma, Sezione misure di prevenzione, che dopo precedente annullamento della Cassazione aveva nuovamente rigettato le domande di ammissione del credito proposte da detto Istituto di credito, titolare di diritti di credito garantiti da ipoteca su beni immobili oggetto del provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca. Richiamano gli Ermellini il principio di diritto per cui, al fine di sottoporre i beni a sequestro, il giudice di merito deve verificare il nesso di strumentalità esistente tra il credito garantito da ipoteca vantata dal terzo e l’attività illecita o altra che di questa costituisca il frutto, il reimpiego. Nel caso di comprovata strumentalità del credito alla attività illecita dovrà essere verificata sempre la sussistenza della buona fede del terzo. I limiti alla presunzione di strumentalità. Fino a tale passaggio la pronuncia in commento altro non ricalca se non una giurisprudenza consolidata e lo stesso dato normativo. Il punto saliente appare allora laddove gli Ermellini si interrogano sulla presunzione si strumentalità del credito rispetto alla attività illecita del proposto. Pur riconoscendo l’operatività di detta presunzione, osserva la Cassazione che la stessa deve ritenersi subordinata ad una motivazione specifica che dia conto almeno del potenziale collegamento tra le ragioni dell’applicazione della misura di prevenzione e la finalizzazione del credito. Nel dettaglio, la presunzione non potrà certo spingersi sino a gravare l’istituto di credito dal dover esercitare i propri poteri di controllo sino all’accertamento negativo della non strumentalità del credito all’esercizio dell’attività criminale. Sulla base di tali premesse, l’impugnata ordinanza viene nuovamente annullata, non potendosi peraltro – osserva la Cassazione – desumere la mancanza di buona fede dell’Istituto di credito dalla inerzia dello stesso nell’agire esecutivamente sul bene nel momento del mancato pagamento, attenendo tale condotta al momento del recupero coattivo dell’obbligazione e non al momento della assunzione della stessa, cui invece deve farsi riferimento onde verificare la sussistenza della buona fede dell’istituto di credito.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 maggio – 3 luglio 2017, n. 31886 Presidente Rotundo – Relatore Scalia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16 maggio 2016, emessa in sede di incidente di esecuzione in seguito a rinvio da annullamento della Corte di cassazione per sentenze n. 41169 del 2015 e n. 12634 del 2015, il Tribunale di Roma, Sezione misure di prevenzione, previa riunione delle due distinte procedure nn. 5 e 11 del 2015, I.E., M.P. che avevano originato i giudizi rescissori, ha rigettato le domande di ammissione del credito proposte ai sensi dell’articolo 1, commi 199, legge 24 dicembre 2012, n. 228, e dell’articolo 58, d.lgs. n. 159 del 2011, dalla Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo Carivit S.p.A., terzo titolare di diritti di credito garantiti da ipoteca, maturati in relazione a due contratti di mutuo fondiario concessi ad Erica S.p.A. ed Edilcola di C.I. e C. S.n.c., in relazione all’acquisto di due immobili successivamente rivenduti alla San Michele Immobiliare S.r.l. ed alla Santa Lucia Immobiliare S.r.l., società riconducibili a M.F. , attinto da misura di prevenzione personale ed a cui i beni erano stati confiscati ai sensi dell’articolo 2-ter legge n. 575 del 1965. 2. Ricorre per cassazione Intesa Sanpaolo S.p.A., società incorporante la Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo S.p.A., e deduce inosservanza e/o erronea applicazione dell’articolo 1, commi 199 e 200, della legge n. 228 del 2012 nonché degli artt. 52 e 58 del d.lgs. n. 159 del 2011 e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta insussistenza del nesso di strumentalità del credito alle attività illecite nonché della buona fede e dell’affidamento incolpevole in capo all’istituto di credito, terzo estraneo al reato ed al procedimento di prevenzione personale, nella esposta violazione del principio di diritto sancito dalla Corte di cassazione articolo 623 cod. proc. pen. , giusta sentenze di annullamento delle prime ordinanze di rigetto dell’istanza di ammissione al pagamento del credito. 3. Con requisitoria scritta, il Procuratore generale della Corte di cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso, nell’apprezzata applicazione, per l’impugnata ordinanza, della giurisprudenza di legittimità che ravvisa nel macroscopico difetto della diligenza richiesta, il carattere assolutamente sospetto dell’attività dell’operatore del settore creditizio e quindi la sua plausibile strumentalità all’illecita attività del sorvegliato speciale. 4. In data 8 maggio 2017, il ricorrente ha fatto pervenire note in replica alle richieste del P.G Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato ed il provvedimento impugnato va annullato. 2. Con le due sentenze di annullamento pronunciate da questa Corte nn. 41169 e 12634 del 2015 ed aventi ad oggetto le originarie ordinanze del Tribunale di Roma di rigetto delle domande di ammissione al credito, proposte, una volta acquisito all’erario il bene confiscato, ai sensi dell’articolo 58 d.lgs. n. 159 del 2011, dal terzo creditore ipotecario, Intesa San Paolo S.p.A., già Carivit S.p.A., nei due distinti procedimenti di esecuzione articolo 666, commi dal 2 al 9, cod. proc. pen., come richiamati dai commi dagli artt. 194 - 205 della legge n. 228 del 2012 , ai quali si è data congiunta definizione, previa riunione, per il provvedimento impugnato, si era chiesto al Tribunale di Roma, quale giudice del rinvio, di apprezzare e specificare, per quanto di rilievo ai sensi dell’articolo 52 d.lgs. n. 159 del 2011 applicabile alla specie per il richiamo allo stesso operato dall’articolo 1, comma 200, legge n. 228 del 2012 o Finanziaria del 2013 1 il nesso di strumentalità esistente tra il credito garantito da ipoteca vantato dal terzo e l’attività illecita o altra che di questa costituisca frutto o reimpiego ipotesi di riciclaggio 2 il difetto della buona fede o dell’incolpevole ignoranza del terzo creditore circa il nesso di strumentalità indicato. 3. Va premesso che, il giudizio espresso dalla Corte di legittimità in sede di annullamento sull’apparenza della motivazione delle impugnate ordinanze e sulla necessità di integrazioni istruttorie per i punti indicati non segna, come erroneamente ritenuto dal Tribunale di Roma, neppure prima facie, il superamento del pacifico principio di diritto che fa carico al terzo, titolare di un diritto reale di garanzia sul bene oggetto di confisca di prevenzione, di dimostrare, nell’intervenuto suo adempimento degli oneri di informazione, l’esistenza di un proprio incolpevole affidamento, e quindi di uno scusabile errore, nell’apparente posizione del soggetto confiscato Sez. 5, n. 15328 del 18/03/2009, Banca della Campania S.p.A., Rv. 243610 . All’integrazione dell’indicata evidenza si misura infatti la sopravvivenza del diritto del privato destinato a collocarsi, nell’integrazione della dedotta fattispecie, in una situazione di impedimento o limitazione dell’altrimenti espanso potere di confisca esercitato dallo Stato. 4. Fermo il principio, questa Corte ha investito il Tribunale, giudice dell’esecuzione gravato della verifica di sussistenza del diritto del terzo alle indicate condizioni, di un giudizio ed un accertamento che avrebbe dovuto valorizzare gli elementi caratteristici della fattispecie in esame. 6. La Carivit, terzo creditore ipotecario, cui è succeduta la ricorrente Intesa San Paolo S.p.A., ha stipulato mutui fondiari garantiti da iscrizione ipotecaria attraverso il terzo datore di ipoteca, costruttore degli immobili, con Erica S.p.A. ed Edilcola di C.I. & amp C. s.n.c., rispettivamente in data 22 febbraio 2006 e 18 luglio 2008, quanto alla prima, ed il 22 luglio 2008, quanto alla seconda. Successivamente il 12 ottobre 2009 ed il 3 settembre 2010 la Erica e la Edilcola cedono gli immobili alle società San Michele Immobiliare S.r.l. e Santa Lucia Immobiliare S.r.l. che subiscono sequestro e confisca il 23 settembre 2011, nel procedimento di prevenzione a carico di M.F. . 7. Per l’indicata sequela di accadimenti questa Corte ha richiesto al Tribunale in sede di rinvio di scrutinare a la strumentalità del credito concesso a mutuo alle finalità illecite del proposto b lo stato di buona fede o di ignoranza scusabile dell’istituto bancario, creditore ipotecario, rispetto, all’operazione di cessione degli immobili intervenuta tra le prime acquirenti e le società riconducibili al M. e, per quanto di rilievo in questa sede, alle connesse vicende di cessione del mutuo e dell’ancillare garanzia reale da indagarsi per verifica delle ragioni dell’alienazione per poi misurare, sulle indicate premesse, il diritto del terzo all’ammissione del credito allo stato passivo, nelle forme ed i contenuti di cui all’articolo 52 d.lgs. n. 1659 del 2011 ed all’articolo 1, comma 199, legge n. 228 del 2012. 8. Per i segnati passaggi, il requisito della buona fede è destinato a venire distintamente in rilievo solo quando si verta in un contesto di provata strumentalità del credito all’attività illecita o al suo reimpiego Sez. 6, n. 36690 del 30/06/2015, Banca Monte Dei Paschi Di Siena S.p.a., Rv. 265606 Sez. 6, n. 32524 del 16/06/2015, Ag.N.per Amm. e dest. beni conf. crim. org. in proc. Banca Ragusa, Rv. 264373 . Se è anche vero che la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la presenza della confisca di prevenzione costituisce presunzione relativa della strumentalità tra credito ed attività o reimpiego dei proventi di cui il creditore istante deve provare l’insussistenza Cass. 12 dicembre 2014, Banca Marche, cit. , l’operatività di una siffatta presunzione deve comunque apprezzarsi come subordinata ad una motivazione specifica che dia conto, almeno, del potenziale collegamento tra le ragioni dell’applicazione della misura di prevenzione e la finalizzazione del credito. In materia di opponibilità del credito garantito da ipoteca al compendio confiscato in prevenzione ai sensi dell’articolo 52 d.lgs. n. 159 del 2011, l’onere di motivazione del giudice investito dal creditore - nelle forme dell’incidente di esecuzione -, dell’istanza di ammissione al credito rappresenta l’equilibrato approdo di una composizione tra la presunzione di strumentalità ed i poteri di accesso dell’operatore commerciale agli esiti di indagini penali sui quali la presunzione stessa poggia. Nell’inadeguatezza, a tal fine, degli strumenti di controllo propri degli istituti di credito, la presunzione non può dirsi vinta gravando l’operatore commerciale dell’accertamento negativo della non strumentalità del credito all’esercizio dell’attività criminale Sez. 6, n. 36690, cit., in motivazione, parr. 11 e 12 , per un indaginoso percorso di verifica che non può prescindere dal dato investigativo penale. L’affermazione della regola presuntiva semplifica la formazione della prova, definendo contenuti e distribuzione del correlato onere, ma proprio per questa sua finalità, al fine di non sconfinare in irragionevolezza, essa non può prescindere da una accessibilità del soggetto onerato a quel complesso di conoscenze e notizie che definiscono la portata della presunzione stessa. 9. Tanto premesso, il Tribunale di Roma ha mancato di offrire corretta ed efficace risposta in ordine ad entrambi gli indicati requisiti. 10. La strumentalità” del credito della Carivit, poi Intesa San Paolo S.p.A., agli interessi illeciti del M. resta definita nell’impugnata ordinanza per una duplice accezione che si lascia apprezzare per l’inosservanza del principio richiamato in sede di annullamento da questa Corte. 10.1 Si sostiene invero il ‘vantaggiò conseguito dal proposto - che avrebbe in tal modo rafforzato la propria immagine come soggetto altamente solvibile - in ragione di un suo perdurante utilizzo degli immobili mutuati determinato dall’inerzia della Carivit che avrebbe omesso di agire a tutela del credito vantato nei confronti degli originari debitori, nonostante la loro perdurante inadempienza nel pagamento delle rate di mutuo, e quindi di aggredire in via esecutiva gli immobili oggetto di garanzia reale. Per l’indicato passaggio della motivazione si descrive un godimento del bene da parte del soggetto che ha subito confisca derivato dall’inerzia del creditore nel recupero in via esecutiva delle vantate ragioni e quindi si evoca una nozione di strumentalità che rimane, nella serie causale di riferimento, neppure adeguatamente definita. In materia di tutela del creditore munito di ipoteca iscritta su beni confiscati alla mafia ai sensi dell’articolo 52 d.lgs. n. 159 del 2011, la strumentalità del credito all’attività illecita, che rende lo stesso credito inopponibile alla massa confiscata al proposto in prevenzione, va intesa come rapporto di potenziale collegamento tra le ragioni dell’applicazione della misura definitiva di prevenzione e la finalizzazione del credito, in quanto di diretto impiego del credito nell’attività illecita o di acconsentito utilizzo di liquidità derivanti da attività illecita per far fronte al pagamento del credito stesso. Ogni altra prospettiva destinata a ricomprendere ulteriori indiretti effetti vale ad allontanare l’interprete dal collegamento tra il credito e l’attività illecita, ampliando irragionevolmente l’area della inopponibilità ex articolo 52 d.lgs. cit. . 10.2 La gestione disattenta” del credito da parte di Caravit fino alla confisca è stata ancora ritenuta, nell’impugnata ordinanza, come strumentale all’attività illecita del proposto dei cui proventi avrebbe consentito il riciclaggio nell’acquisto degli immobili. L’indicato argomento è destinato a porsi in un rapporto di contraddittorietà logica con il precedente e come tale ad integrare, con il primo, un’apparenza di motivazione. Se il primo argomento definisce una situazione di vantaggio dall’inadempimento nel pagamento del prezzo mutuato e quindi una situazione di omissione, il secondo ha ad oggetto invece una positiva condotta di pagamento strumento di riciclaggio di liquidità di illecita provenienza. Si aggiunga che in motivazione si afferma che la Erica, originaria acquirente e debitrice non liberata nonostante l’intervenuto accollo del mutuo da parte del nuovo, continuò a pagare i relativi ratei fino al settembre 2010 e che la prima rata non pagata riferibile alla San Michele Immobiliare, società di diretta riferibilità al M. , risale al dicembre 2010. Quest’ultima evidenza non chiarisce, nella prossimità temporale tra l’ultimo pagamento della prima acquirente e la morosità della successiva, società collegata, quando, e per quale misura, le somme prese a mutuo siano divenute nel loro pagamento strumentali al riciclaggio. Il punto di motivazione fatto oggetto di annullamento dalle precedenti sentenze di questa Corte non ha trovato congrua e corretta risposta per il provvedimento impugnato. 11. La buona fede del terzo creditore è tema erroneamente vagliato per percorsi che non osservano il principio di diritto sancito nelle sentenze di annullamento di questa Corte. Il Tribunale nel richiesto vaglio, chiamato a dare nuova lettura agli elementi in atti, ha mancato di evidenziare le peculiarità dell’operazione che ha accompagnato la cessione del credito ipotecario. Le società prime acquirenti, Erica S.p.A. e Edilcola s.n.c., hanno infatti venduto gli immobili alla San Michele Immobiliare ed alla Santa Lucia Immobiliare, collegate al M. , che si sono accollate il relativo mutuo. Non avendo l’istituto mutuante aderito alla stipulazione articolo 1273, primo comma, cod. civ. non si è registrato per l’indicata operazione commerciale un effetto cumulativo articolo 1273, terzo comma, cod. civ. o liberatorio della garanzia articolo 1273, secondo comma, cod. civ. , nelle forme del contratto in favore di terzo articolo 1411 cod. civ. - tale sarebbe stato il creditore rispetto alla stipula intervenuta tra vecchio e nuovo debitore -, restando quindi fermo il solo rapporto obbligatorio del creditore con le debitrice originarie, prime acquirenti degli immobili. In tema di confisca di prevenzione, ai fini dell’ammissione del credito allo stato passivo, la verifica della buona fede del terzo creditore va operata con riguardo al momento in cui il contratto di garanzia è stato stipulato e, in caso di successione nell’originario rapporto giuridico, l’accertamento giudiziale deve investire anche le circostanze in cui tale successione si è realizzata da ultimo Sez. 1, n. 44714 del 13/07/2016, Italfondiario Spa, Rv. 268507 . Escluso che le modalità dell’accollo dovessero orientare l’istituto di credito ad indagare, per i termini suoi propri, su solvibilità ed affidabilità dell’accollante ed altresì gravare il creditore, una volta rimasto inevaso l’indicato onere di informazione e diligenza, della inopponibilità del diritto alla massa confiscata - ragione per la quale si è indicato al giudice del rinvio, in sede di annullamento, come irrilevante la vicenda dell’accollo -, resta da considerare la sorte del contratto di compravendita. Se il giudice investito dell’incidente di esecuzione in materia di accertamento dell’opponibilità del credito ipotecario alla confisca è chiamato a scrutinare lo stato di buona fede del cedente rispetto ad ogni cessione del bene gravato da garanzia reale poiché in ogni negozio traslativo trova espressione con la volontà dismissiva del cedente ed il suo potenziale intento di favorire il cessionario in quanto soggetto confiscato o collegato, tale assunto è destinato a venir meno là dove la cessione non sia governata dalla volontà del creditore garantito che venga anzi a subire la prima per un caso analogo Sez. 6, n. 2334 del 15/10/2014, Italfondiario s.p.a., Rv. 263281 . Avendo il creditore subito” il subentro di altro debitore nell’originario rapporto di mutuo ipotecario, non potendosi opporre alla successione nel contratto, non può per ciò stesso escludersi in capo al primo la buona fede che legittima l’opponibilità del credito confiscato al patrimonio mafioso in un presupposto mancato assolvimento degli oneri su affidabilità e solvibilità del nuovo acquirente. 12. Per l’osservato percorso di motivazione restano piuttosto non toccati i temi di indagine segnalati con le sentenze di annullamento nella parte in cui - sottratta forza all’operazione di accollo ed alle vicende di adempimento/inadempimento del credito restitutorio, momenti sostanzialmente relegati in un’area civilistica e quindi di irrilevanza ai fini scrutinati - si era sollecitata da questa Corte una verifica, per un percorso a ritroso, dei rapporti tra le prime acquirenti, Erica ed Edilcola, e le cessionarie, San Michele e Santa Lucia. 13. Il Tribunale di Roma, in applicazione del già affermato principio di diritto, è chiamato ad esprimersi chiaramente sugli indicati rapporti, verificando a ritroso, per gli stessi, l’esistenza dei presupposti che avrebbero dovuto condurre l’istituto di credito, all’epoca del primo acquisto, a saggiare, l’affidabilità dei primi acquirenti previo scrutinio dell’esistenza di un loro collegamento con i successivi, cessionari del credito garantito, univocamente legati all’attività illecita del soggetto che ha subito il provvedimento ablativo. Il tutto in un quadro in cui il mancato assolvimento degli oneri di diligenza qualificata gravanti sull’operatore commerciale diviene indice rivelatore del potenziale nesso tra le finalità del credito accordato e le ragioni applicative della confisca di prevenzione. 14. Il Tribunale di Roma è chiamato all’indicato accertamento il cui mancato svolgimento determina l’annullamento dell’impugnato provvedimento. P.Q.M. Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma per nuovo giudizio.