Un giardino… stupefacente!

Ai fini della valutazione dell'offensività della condotta di coltivazione di piante da stupefacenti non bisogna considerare la quantità di principio attivo ricavabile nell'immediatezza, ma l'attitudine della pianta – anche per le modalità di coltivazione – a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente.

Così ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione, Sezione Quarta Penale, con la sentenza n. 30238, depositata il 16 giugno 2017. 13 giovani virgulti. Il protagonista della sentenza che oggi commentiamo aveva indubbiamente il pollice verde”. Nel giardino della sua abitazione aveva piantato ben 13 piantine di cannabis che, quando gli furono sequestrate, erano in stato vegetativo ancora precoce. Il Giudice, esaminato il caso, proscioglieva l'imputato con la formula perché il fatto non sussiste atteso che, al momento dell'accertamento, da quelle piantine era ricavabile un principio attivo inferiore alla soglia minima drogante. Da qui, il ricorso per cassazione della Procura Generale romana, che non ha per nulla gradito la clemenza del Giudice di merito. L'offensività in astratto o in concreto? La S.C. ha accolto le doglianze contenute nel ricorso, e per spiegare la ragioni dell'annullamento con rinvio, si è lanciata in un'approfondita disamina dello stato dell'arte della giurisprudenza formatasi in punto di valutazione della offensività in concreto”. Il ragionamento prende le mosse dalla severa decisione a Sezioni Unite del 2008, con cui non si è mancato di ribadire che la coltivazione di piante da cui possono essere estratte sostanze stupefacenti – anche da destinare ad uso personale – rimane degna di rilevanza penale. Chiaramente, la ragione della ferma presa di posizione della S.C. nel suo massimo consesso, che ha anche l'autorevole avallo di una sentenza della Consulta datata 1995, si deve alla necessità di ostacolare in tutti i modi possibili la diffusione del consumo di droga. Con questa premessa assiologica è del tutto lecito attendersi che le condotte prodromiche al consumo, vale a dire quelle tese alla produzione dello stupefacente, siano adeguatamente scoraggiate sul piano sanzionatorio. Non sono mancate decisioni di legittimità, anche successive alle SSUU. Del 2008, con cui il rigore sanzionatorio da assoluto è divenuto relativo nel 2015, invero, si riscontra un precedente nel quale si è osservato che l'offensività della condotta di coltivazione va esclusa se è carente in concreto il rischio che questa possa aumentare la disponibilità di droga e la sua ulteriore diffusione. La imprescindibilità di un giudizio prognostico. Siamo quindi d'accordo sulla necessità che ogni condotta apparentemente conforme al tipo legale di una fattispecie di reato debba anche essere in concreto idonea a ledere o porre in pericolo il bene giuridico da essa protetto. Bene a questo punto, però, si apre un'ulteriore opzione valutativa l'apprezzamento dell'offensività, nelle condotte che si proiettano lungo un arco temporale abbastanza ampio quale, ad esempio, la coltivazione di piante da stupefacenti , a quale momento va ancorata? A quello coincidente con l'accertamento del fatto, ovvero a quello, successivo, e in certo qual modo ipotetico, del completamento della condotta? Nel microcosmo dei reati in materia di stupefacenti la giurisprudenza di legittimità – con due decisioni del 2016 – ha osservato che il giudizio prognostico va operato tenendo conto della capacità degli arbusti di produrre quantità significative di prodotto drogante . Quindi, alla luce di questo principio, la decisione di merito oggetto della sentenza in commento non poteva che essere annullata. Pur comprendendo le ragioni che hanno ispirato l'elaborazione della citata opzione ermeneutica, non possiamo esimerci dall'osservare che le prime non tengono conto fino in fondo della situazione di fatto oggetto di giudizio, privilegiando soltanto la natura giuridica del reato in esame che è di pericolo presunto o astratto . In fin dei conti, l'accertamento precoce” di una piantagione di droga può concretamente” non avere nemmeno posto in pericolo il bene protetto dalla norma. Ci rendiamo conto che ci stiamo addentrando nel periglioso mondo dei reati di pericolo la cui esistenza – specialmente quando il pericolo stesso è presunto o astratto – non è da tutti concordemente giustificata. Purtroppo, esigenze di sintesi ci impongono di non approfondire ulteriormente l'argomento. Una decisione che individua più vie di fuga” dalla sanzione. Non vogliamo peccare di presunzione, ma leggendo la sentenza in commento, appare evidente che gli Ermellini abbiano avvertito l'esigenza di non punire troppo” condotte tutto sommato rimaste allo stadio embrionale della loro capacità offensiva. Ecco che, a questo proposito, vengono affrontati argomenti che – in verità – non sembrano nemmeno essere stati oggetto di censura il primo attiene alla compatibilità tra la coltivazione non autorizzata di stupefacenti e la ipotesi della lieve entità – il famoso quinto comma” -, oggi fattispecie autonoma di reato. L'opzione di fondo privilegiata dalla Suprema Corte è di astratta compatibilità tra le due norme incriminatrici. Ancora, sempre nel solco delle possibili scappatoie da una pesante condanna per fatti concretamente poco o quasi per nulla offensivi, si affronta il tema della esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche quest'ultimo ritrovato normativo risulta, agli occhi dei giudici di legittimità, compatibile con il reato di coltivazione di stupefacenti, purché, chiaramente, ne sussistano le condizioni operative fattuali. Vogliamo trovare una linea comune in queste osservazioni? Stavolta l'opinione è dichiaratamente nostra il principio di necessaria offensività delle condotte conformi al tipo” legale di un reato, per lungo tempo rimasto nell'ombra, sta affrontando una stagione assai favorevole. E a ridargli una nuova vita hanno certamente contribuito le esigenze di sfoltire sia il contenzioso penale, sia la popolazione carceraria.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 10 maggio – 16 giugno 2017, numero 30238 Presidente Piccialli – Relatore Bellini Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Velletri con sentenza in data 31 Maggio 2016, ai sensi dell’articolo 425 cod.proc.penumero , assolveva T.S. dal reato di coltivazione di 13 piante di sostanza stupefacente del tipo marijuana perché il fatto non sussiste in quanto, sulla base dello sviluppo vegetativo al momento dell’accertamento, il principio attivo stupefacente ricavabile era risultato, sulla base delle analisi chimiche tossicologiche fatte eseguire, inferiore alla dose minima drogante, di talché andava applicata la giurisprudenza del S.C. che in ipotesi analoghe aveva escluso, sulla base di un accertamento in concreto della offensività della condotta, la sussistenza del fatto reato laddove non era possibile formulare alcun rilievo di disvalore penale della condotta in assenza di una minima percentuale di sostanza drogante, pure in presenza di una condotta di coltivazione, cui il legislatore riconduceva la sanzione penale a prescindere dalla ricorrenza di evidenza della destinazione ad un uso non esclusivamente personale. 2. Avverso la suddetta pronuncia insorgeva la Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma deducendo violazione di legge e difetto motivazionale laddove la giurisprudenza richiamata dal giudice di merito faceva riferimento ad ipotesi di coltivazione relative ad una unica piantina di marijuana, tale da rappresentare una entità vegetativa minima e denunciava altresì vizio motivazionale laddove cristallizzava la valutazione sul principio attivo drogante, in concreto ricavabile con valutazione al momento dell’accertamento del reato, assumendo che la valutazione andava condotta sulla base del prodotto dotato di effetti droganti all’esito di un fisiologico e prevedibile sviluppo, in quanto la condotta di coltivazione di piante destinate a produrre sostanza vegetale con effetti stupefacenti o psicotropi, non poteva che essere esaminata nella prospettiva del completamento dell’intero ciclo evolutivo dell’organismo biologico. 2.1 In tale prospettiva invocava l’annullamento con rinvio della impugnata sentenza affinché il giudice di merito procedesse ad una ulteriore valutazione delle risultanze chimico tossicologiche sulle piantine in una prospettiva di verifica delle potenzialità delle piante a produrre determinate quantità di foglie con effetti droganti ai fini di rinnovare il giudizio sulla offensività della condotta ascritta. Considerato in diritto 1. La sentenza merita annullamento in accoglimento del ricorso del procuratore Generale presso la Corte di Appello di Roma, con le seguenti precisazioni all’esito di una ricognizione dello stato della giurisprudenza relativa a ipotesi di coltivazione di piante idonee alla produzione di sostanza stupefacente di origine vegetale, in quantità e con potenzialità produttive di modesta offensività, in ragione della particolare esiguità del prodotto ricavabile ovvero della esclusiva destinazione dello stesso all’auto consumo del produttore. 2. Con riferimento al caso in specie il Tribunale di Velletri, richiamando la giurisprudenza del S.C. che valorizza l’assunto della assenza di offensività in concreto della condotta di coltivazione ascritta in considerazione della irrilevanza del principio attivo ricavabile dalle 13 piante coltivate dal T. ha escluso, sebbene in presenza di una valutazione tossicologica operata ad uno stadio molto precoce dello sviluppo vegetativo degli arbusti delle piante di marijuana, che la condotta contestata presentasse i connotati della necessaria offensività, tenuto conto del numero modesto delle piantine, delle modalità della coltivazione, del quantitativo trascurabile ricavato inferiore alla dose minima drogante . 3. Il ricorso della Procura generale rappresentava al contrario che le caratteristiche della coltivazione avviata dal T. erano tutt’altro che trascurabili o irrilevanti tredici piante e che comunque, se valutazione di inoffensività in concreto della condotta conforme al precetto penale andava operata, la stessa doveva necessariamente comprendere il potenziale sviluppo vegetativo delle piante e non già limitarsi a considerare il principio attivo ricavabile nella immediatezza dell’accertamento della P.G. operante. 4. Se questi sono i termini della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, va premesso che questa Corte ha già chiarito che è condotta penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad uso personale cfr. Sez. U. numero 28605 del 24/04/2008, Di Salvia, Rv. 239920 in cui si fa espresso rinvio ai principi formulati dal giudice delle leggi nelle decisioni numero 360 del 1995 e numero 296 del 1996 conf. Sez. U. 24 aprile 2008, Valletta, non massimata . 4.1 Sebbene, anche successivamente a tali fondamentali arresti, si proseguito il confronto in sede di legittimità sulla necessità per il giudice di valutare in concreto la offensività di una condotta di coltivazione domestica di stupefacente e si siano - in taluni casi - ratificate decisioni di assoluzione, anche in ipotesi di piantine in grado di produrre sostanza con effetto drogante cfr. sez. 4, numero 25674 del 17.2.2011, Rv. 250721, sez. 6, numero 33385 dell’8.4.2014, Rv. 260170 sez. 6, numero 22110 del 2.5.2013, Rv. 255733 , tuttavia, ritiene il Collegio che non possa prescindersi dai fondamentali principi formulati dalla Consulta nella sentenza numero 360 del 1995. 4.2 In quella sede, infatti, il giudice delle leggi ha riconosciuto la legittimità costituzionale della previsione di persistente illiceità penale della coltivazione, anche qualora univocamente destinata all’uso personale ed indipendentemente dalla quantità di principio attivo prodotto, essa resistendo anche alla verifica condotta ex artt. 25 e 27 Cost. alla stregua del principio di offensività, ben potendo detta condotta valutarsi come pericolosa ossia idonea ad attentare al bene della salute dei singoli per il solo fatto di arricchire la provvista esistente di materia prima e quindi di creare potenzialmente più occasioni di spaccio di droga , non mancando di precisare, tuttavia, come costituisca questione meramente interpretativa, rimessa altresì al giudice ordinario, la identificazione, in termini più o meno restrittivi, della nozione di coltivazione che, sotto altro profilo, incide anch’essa sulla linea di confine del penalmente illecito . 4.3 Sulla scorta di tale arresto, e del dictum rinvenibile nella sentenza delle Sezioni Unite del 2008, Di Salvia, si è così affermato che la coltivazione di piante da cui sono estraibili sostanze stupefacenti è penalmente rilevante, a prescindere dalla distinzione tra coltivazione tecnico-agraria e coltivazione domestica, posto che l’attività in sé, in difetto delle prescritte autorizzazioni, è da ritenere potenzialmente diffusiva della droga cfr. sez. 6 numero 51497 del 04/12/2013, Rv. 258503, in fattispecie relativa alla coltivazione di una pluralità di piantine di cannabis indica all’interno di una serra rudimentale escludendola invece qualora il giudice accerti l’inoffensività in concreto della condotta, per essere questa di tale minima entità da rendere sostanzialmente irrilevante l’aumento di disponibilità di droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa cfr. Sez. 6 numero 5254 del 10/11/2015 Ud. dep. 09/02/2016 , Rv. 265641 numero 33835 dell’08/04/2014, Rv. 260170 numero 22110 del 02/05/2013, Rv. 255733, in fattispecie in cui, rispettivamente, la S.C. ha escluso il reato per la coltivazione di due piante di canapa indiana e la detenzione di 20 foglie della medesima pianta, in presenza di una produzione che, pur raggiungendo la soglia drogante, era assolutamente minima o in cui la Corte ha ritenuto penalmente irrilevante la coltivazione di due piantine di marijuana contenenti un principio attivo inferiore al quantitativo massimo detenibile o, ancora, in cui si è esclusa l’idoneità offensiva della condotta di coltivazione domestica di tre piantine di marijuana poste in distinti vasetti e dotate di potere drogante . 4.4 Analogamente, questa stessa sezione ha ritenuto la condotta di coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana con principio attivo pari a mg. 16 inoffensiva ex articolo 49 cod. penumero e tale da non integrare il reato di cui all’articolo 73 d.P.R. 309/90 cfr. Sez. 4 numero 25674 del 17/02/2011, Rv. 250721 , altrove precisando invece che, non essendo requisito necessario la destinazione della sostanza alla cessione verso terzi, il dato ponderale possa sì assumere rilevanza al fine di misurare la offensività della condotta, la quale però non può essere esclusa ogniqualvolta i quantitativi prodotti risultino inferiori alla dose media singola , determinata dalle tabelle ministeriali, ma soltanto quando risultino privi della concreta attitudine ad esercitare, anche in misura minima, gli effetti psicotropi evocati dall’articolo 14 del d.P.R. numero 309 del 1990 cfr. Sez. 4 numero 43184 del 20/09/2013, Rv. 258095 . 4.5 Tali principi si rinvengono anche in altre pronunce, nelle quali la verifica della concreta offensività della condotta è stata parimenti tarata sulla concreta attitudine della produzione ad incrementare il mercato della droga in tal senso, cfr. sez. 3 numero 23082 del 09/05/2013, Rv. 256174 in fattispecie nella quale la Corte ha ritenuto configurabile il reato relativamente alla coltivazione numero 43 piantine di cannabis - che all’atto dell’accertamento avevano un contenuto di sostanza ricavabile inferiore sia al valore di una dose singola che alla dose soglia - per la presenza di semi e di impianti di innaffiamento e riscaldamento dei locali, finalizzati a favorire la crescita e lo sviluppo della coltivazione , essendosi anche affermato che il dato ponderale può assumere rilevanza, al fine di fornire indicazioni sull’offensività in concreto della condotta, soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della concreta attitudine ad esercitare, anche in misura minima, l’effetto psicotropo cfr. sez. 4 numero 44136 del 27/10/2015, Rv. 264910 . 5. Ciò posto in diritto, nel caso in esame, in base alla non contestata ricostruzione fattuale operata nella sentenza censurata, risulta che il T. coltivava tredici piante di cannabis indica nel giardino di casa e che l’esame tossicologico fatto eseguire sulla sostanza vegetale sequestrata, in ragione del precoce stadio di sviluppo vegetativo, forniva indicazioni di un principio attivo drogante inferiore alla soglia minima prevista dalle tabelle allegate al Dpr. 309/90 e successive modificazioni. Tale motivazione è affetta dai vizi denunciati. 5.1 Invero il precedente citato dal giudice di merito, in sintonia con quanto indicato nella rassegna giurisprudenziale sulla vexata quaestio , si riferiva appunto ad una coltivazione minimale una pianta con principio attivo trascurabile , laddove la giurisprudenza di legittimità è invero concorde nel ritenere che la offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza per il consumo, sicché non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nella immediatezza, ma la conformità della pianta al tipo botanico previsto per la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente sez. IV, 23.11.2016, PG in proc. Trabanelli, Rv. 268695 soprattutto quando gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’esito di un fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto drogante sez. VI, 20.2.2016, Tamburini, Rv. 266513 22.11.2016, Losi, Rv. 268938 10.5.2016, PG in proc. Iaffaldano, Rv. 266974 , cosicché la offensività deve essere esclusa soltanto quando la sostanza ricavabile risulti priva della capacità di esercitare, anche in misura minima, effetto psicotropo sez. III, 23.2.2016, Damioli, Rv. 267382 . 5.2 Nel caso in esame una tale verifica è del tutto mancata da parte del giudice di merito il quale si è limitato a riconoscere la inoffensività della condotta con riferimento al principio attivo ricavabile al momento dell’accertamento e al sequestro di PG delle piante, laddove la valutazione andava eseguita con riferimento alla quantità ed alla qualità del prodotto prevedibilmente ricavabile dalle piantine in sequestro al completamento fisiologico del ciclo vegetativo sulla base di una valutazione prognostica chimico tossicologica l’apprezzamento, invece, è stato limitato, all’evidenza, all’episodico contesto temporale dell’accertamento . 6. L’offensività della condotta, pertanto, alla luce dei principi elaborati dalle Sezioni Unite di questa Corte e dell’orientamento di legittimità che a quelli si riporta, come ritiene di fare anche questo Collegio, non può essere esclusa e la sentenza deve essere sul punto cassata. Il giudice di merito, pertanto, dovrà procedere ad un rinnovato esame che tenga conto dei principi sopra richiamati. La demandata verifica della concreta offensività della condotta accertata, inoltre, pur operata nel solco dell’affermazione della sussistenza di un reato, dovrà essere calibrata anche sull’accertamento del grado di disvalore di essa, tenuto conto del dato quantitativo di principio attivo ricavabile dalle singole piante all’esito di una compiuta verifica del culmine dello sviluppo vegetativo, della strutturazione della coltivazione e della sua attitudine a produrre sostanza stupefacente, della possibile destinazione della sostanza all’autoconsumo, ovvero delle sue potenzialità ad incrementare il mercato e, pertanto, non potrà non investire la stessa qualificazione giuridica della condotta, astrattamente sussumibile nella cornice sanzionatoria delineata dalla diversa fattispecie di cui all’articolo 73 co. 5 d.P.R. 309/90, e la sua stessa punibilità. 7. Quanto alla compatibilità della condotta di coltivazione non autorizzata di piante da cui sia ricavabile sostanza stupefacente con l’ipotesi di lieve entità di cui all’articolo 73 co. 5 d.P.R. 309/90, si rinvia ai principi già affermati da questa Corte, sia pure antecedentemente alla trasformazione dell’ipotesi attenuata di cui al richiamato articolo 73 co. 5 in autonoma ipotesi di reato, secondo i quali, anche con riguardo all’ipotesi di coltivazione non autorizzata di piante, dalle quali sia ricavabile sostanza stupefacente, era configurabile la fattispecie attenuata prevista dall’articolo 73, quinto comma, d.P.R. 9 ottobre 1990 numero 309, la quale deve essere determinata in base agli stessi criteri valevoli per le ipotesi di produzione o traffico illecito di stupefacente, con la specificazione che, oltre alle caratteristiche qualitative e quantitative, il giudice deve prendere in considerazione anche i mezzi, le circostanze e le modalità del fatto cfr. Sez. 3 numero 12381 del 02/03/2010, Rv. 246463 sez. 6 numero 31968 del 20/06/2007, Rv. 237210 numero 42590 del 29/09/2004, Rv. 230464 . Questa Corte ritiene che il giudizio di compatibilità sopra formulato vada confermato anche all’indomani della L. 10/14 di conversione del d.l. 146/13, che ha novellato il comma 5 dell’articolo 73, D.P.R. 309/90, ora qualificata come ipotesi autonoma di reato, dovendo a maggiore ragione essere valutata la condotta illecita in termini di minore offensività sulla base degli indici interpretativi forniti dalla stessa norma che disciplina la fattispecie autonoma e che enuclea un trattamento sanzionatorio in termini di assoluta indipendenza dalla ipotesi base, che ben possono riferirsi ad una coltivazione dalle caratteristiche quantitativamente modeste e da una destinazione limitata all’autoconsumo sulla compatibilità del fatto di lieve entità con una condotta di coltivazione fin dalla introduzione del Dpr 309/90, S.U. 31.5.1991 Parisi, Rv. 187931 . 8. Una siffatta conclusione trova autorevole conferma proprio nella sentenza della Coste Cost. numero 360 del 1995, sopra richiamata. In quella sede, il giudice delle leggi, aveva affermato che diversamente dal principio della offensività, quale fonte di rango costituzionale che costituisce un limite alla discrezionalità del legislatore penale ordinario, rileva la specifica offensività della singola condotta in concreto accertata ove questa sia del tutto assente ovvero inidonea a porre a repentaglio il bene giuridico tutelato, viene meno la riconducibilità della fattispecie concreta a quella astratta, proprio in ragione della indispensabile verifica, da compiersi nel caso concreto, del grado di lesione apportata dal fatto reato al bene giuridico protetto, fino ad escluderne la rilevanza penale ogni qualvolta il pregiudizio sia inesistente ovvero, secondo il gradato rilievo della disposizione penale, di minima rilevanza. In difetto di ciò la fattispecie concreta viene a rifluire nella figura del reato impossibile articolo 49 cod. penumero , ovvero nel fatto di minima offensività che pure, nella legislazione più recente, è stata innalzato, con differenti istituti e distinti campi di applicazione del processo penale si pensi al processo minorile, ovvero ai reati di competenza del giudice di pace , a soglia del disvalore penale del fatto, ovvero quale limite alla punibilità della condotta. 9. Sotto questo profilo pertanto il risalente arresto del giudice costituzionale ha sostanzialmente anticipato, in termini di indispensabile verifica della offensività in concreto della condotta illecita demandata al giudice di merito, la novella normativa del 16 Marzo 2015 numero 28 con la quale risulta introdotta la ipotesi di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, di cui all’articolo 131 bis. cod.penumero , astrattamente applicabile alla fattispecie di cui all’articolo 73 V comma dpr 309/90 in ragione del limite di pena previsto cinque anni di reclusione , trattandosi di disposizione normativa di pregnante rilevanza sostanziale, anche per gli effetti di cui all’articolo 2 co. 4 c.p A tale proposito la giurisprudenza di questa corte ha evidenziato che ai fini dell’accertamento dei presupposti applicativi, che attengono appunto alla non abitualità della condotta e alla modesta offensività della azione e degli effetti di essa come interpretati sulla base dell’articolo 133 c.p., il giudice di legittimità nel compiere una tale valutazione, non potrà che fondarsi su quanto emerso nel corso del giudizio di merito tenendo conto, in modo particolare, del richiamo all’eventuale espressione di giudizi che abbiano escluso la particolare tenuità del fatto sez. III, 8.4.2015 numero 15449 sez. IV 17.4.2015 numero 22381 da ultimo S.U. 25.2.2016 Tushaj . 9.1 A tale proposito l’intervento chiarificatore delle sezioni unite ha evidenziato che il superamento della soglia di rilevanza penale coglie il minimo disvalore della situazione dannosa o pericolosa. Il giudice che ritiene tenue una condotta collocata attorno all’entità minima del fatto conforme al tipo, contrariamente a quanto ritenuto dall’ordinanza di rimessione, non si sostituisce al legislatore, ma anzi ne recepisce fedelmente la valutazione. Naturalmente, pure in tale caso la valutazione riguarda la fattispecie concreta nel suo complesso e quindi tutti gli aspetti già più volte evocati, che afferiscono alla condotta, alle conseguenze del reato ed alla colpevolezza. Chiaramente, quanto più ci si allontana dal valore-soglia tanto più è verosimile che ci si trovi in presenza di un fatto non specialmente esiguo. Tuttavia, nessuna conclusione può essere tratta in astratto, senza considerare cioè le peculiarità del caso concreto. Insomma, nessuna presunzione è consentita sez. U, 25.2.2016, Tushaj, Rv. 266589-266590 e in motivazione . 9.2 Ne consegue pertanto, come ulteriore elemento di riflessione da parte del giudice del rinvio che in astratto neppure l’istituto di cui all’articolo 131 bis cod.penumero entrato in vigore anteriormente alla pronuncia del Tribunale di Velletri ed astrattamente applicabile alla fattispecie de quo, è incompatibile con il delitto di coltivazione di piante idonee a produrre principio attivo di sostanze stupefacenti e psicotrope quando, sulla base di una valutazione in concreto dei quantitativi ricavabili, delle caratteristiche della coltivazione, della destinazione del prodotto, e più in generale sulla base dei principi soggettivi ed oggettivi ricavabili dall’articolo 133 c.p., la condotta illecita sia sussumibile nel paradigma della particolare tenuità dell’offesa. 9.3 Tali principi sono già stati condivisi da questa Corte, nel solco della riconosciuta sussistenza del reato, essendosi affermato che la sanzione penale potrebbe non essere in concreto irrogata, anche a fronte dell’affermazione della sussistenza del reato, ove il giudice possa, per l’appunto, ritenere il fatto di particolare tenuità ai sensi dell’articolo 131 bis cod. penumero cfr. in motivazione, sez. 3 numero 38364 del 07/07/2015 . 10. In conclusione deve essere disposto l’annullamento della sentenza del Tribunale di Velletri con rinvio allo stesso ufficio giudiziario, sebbene in diversa composizione per nuovo esame della vicenda, il quale si atterrà ai principi sopra enunciati previa rinnovata verifica della ricorrenza della offensività in concreto della condotta criminosa ascritta al T. . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Velletri per nuovo esame.