Gli Ermellini tracciano il nuovo perimetro interpretativo dell’omicidio aggravato dalla violenza sessuale (non contestuale)

La Cassazione conduce un’articolata analisi della circostanza aggravante speciale, dando conto di tali modifiche legislative e degli arresti giurisprudenziali che sono intervenuti ad interpretare le diverse versioni della disposizione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 29167 depositata il 12 giugno , aggiorna l’esegesi dell’art. 576, comma 1, n. 5 c.p., alla luce dei cambiamenti introdotti dalle novelle approvate nel 2009 e nel 2012. Più in dettaglio, conduce un’articolata analisi della circostanza aggravante speciale, dando conto di tali modifiche legislative e degli arresti giurisprudenziali che sono intervenuti ad interpretare le diverse versioni della disposizione. A margine del tema principale, chiarisce il bacino applicativo del canone per il quale può procedersi a riformare l’assoluzione impugnata dal Pubblico Ministero solo quando si sia rinnovata l’istruttoria in seconde cure. Il caso. Il giudizio a quo riguarda un caso particolarmente cruento un giovane di circa vent’anni s’era introdotto in casa di una donna e, dopo averla sottoposta a violenza sessuale, l’aveva attinta con numerosi colpi di arma da taglio e strangolata sino ad ucciderla fermato nell’immediatezza del fatto, costui aveva fornito alla polizia giudiziaria false informazioni sulla propria identità, fingendosi minorenne, per poi rendere piena confessione, ammettendo tutti gli addebiti. La Corte d’Assise d’appello di Bari, riformando parzialmente la prima decisione, riteneva l’imputato responsabile di tutte le imputazioni a lui ascritte – incluse le false dichiarazioni, da cui era stato assolto – e riconfigurava il rapporto tra le diverse fattispecie dall’assorbimento dell’ipotesi di violenza sessuale in quella di omicidio, in ambito di reato complesso, si passava all’unificazione di tutte le condotte sotto il vincolo della continuazione pur con la diminuente per il rito abbreviato, quindi, era confermata la pena dell’ergastolo. Ricorre per cassazione personalmente l’imputato, deducendo, con 3 distinte doglianze error in iudicando , per aver la Corte territoriale impropriamente ricondotto i fatti al concorso formale, invece che al reato complesso, correttamente delineato in prima istanza errata applicazione della legge penale, per carenze motive in ordine alla pretesa sussistenza, in capo al soggetto attivo, dell’elemento psicologico della commessa falsità ulteriori criticità dell’iter motivazionale, infine, circa la particolare severità del trattamento sanzionatorio, a causa della mancata concessione del beneficio ex art. 62- bis c.p La Corte – su parere conforme del Procuratore Generale – rigetta l’impugnazione, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla refusione delle spese sostenute dalle parti civili costituite. L’Estensore conduce un’estesa disamina dei connotati dell’istituto in discussione, a partire dalla formulazione previgente della norma incriminatrice, per poi giungere al sindacato delle ulteriori censure dedotte. A margine di tali riflessioni, decreta in poche righe l’irricevibilità della terza doglianza, di fatto incentrata sull’inammissibile rivalutazione di profili di merito, afferenti la dosimetria della pena, preclusi al vaglio di legittimità. La circostanza aggravante speciale. Dal 2009 il precetto prevede che sia inflitta la massima pena detentiva se l’omicidio avvenga in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli artt. 572, 600- bis , 600- ter , 609- bis , 609 quater e 609- octies . Il medesimo risultato, in precedenza, si raggiungeva quando l’omicidio era consumato nell’atto di commettere uno dei delitti di violenza sessuale o di atti di libidine violenti. Evidente il cambiamento di paradigma dalla contestualità delle condotte, che erano correlate in termini temporali e materiali, si è passati alla mera occasionalità delle stesse condizioni che si pongono, chiaramente, in rapporto di specialità della prima con la seconda. La riforma ha implicato, da un punto di vista sostanziale, anche una nuova configurazione del legame tra le fattispecie coinvolte prima, in presenza di contestualità di violenza sessuale ed omicidio, poteva a buon diritto parlarsi di reato complesso – con conseguente assorbimento della prima nel secondo – mentre ora potrà sostenersi, quando siano inseriti nel medesimo disegno criminoso, la sussistenza del reato continuato, con ogni effetto rispetto alla sanzione da irrogare in concreto al colpevole. In sintesi, dunque, il principio di diritto coniato dal Collegio s’esprime in questi termini la contestualità delle condotte caratterizzate da violenza fisica costituisce una delle ipotesi di occasionalità previste dalla disposizione in commento [] la commissione contestuale dei delitti di violenza sessuale e di omicidio determina l’assorbimento dei primi nel secondo [] in difetto di contestualità delle condotte, la mera occasionalità tra l’omicidio e i reati indicati non può determinare l’applicazione dell’art. 84 c.p., ma piuttosto dell’art. 81 c.p. . La condanna in seconde cure in assenza di rinnovazione istruttoria. Analogo esito ha il secondo motivo di impugnazione, con il quale si denunciava l’impropria revisione della pronuncia di primo grado, senza l’assunzione straordinaria di alcun mezzo di prova. I Giudici di ultima istanza, infatti, chiariscono che, nel caso concreto, non s’è verificata alcuna violazione della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e della libertà fondamentale, posto che l’inversione di segno non si legava ad una diversa lettura delle prove dichiarative assunte, ma, più semplicemente, alla valorizzazione di alcune risultanze documentali. In particolare, emergeva dagli atti che, al momento del controllo, il ricorrente era stato trovato in possesso di una sentenza pronunciata nei suoi confronti, da cui emergeva in modo inequivoco la sua data di nascita e dunque, malgrado le lacune amministrative del Paese di provenienza, non poteva esserci alcun dubbio rispetto alla sua perfetta consapevolezza e volontà di attestare falsamente il dato agli inquirenti. Conclusioni. La sentenza in commento riesce nell’intento di riepilogare la complessa genesi di una disposizione che, in ragione del nuovo intervento legislativo, ha mutato il proprio bacino operativo, con importanti riflessi sulla struttura dei reati contestati all’agente e, non di meno, sulla severità della pena applicabile. Si tratta di una condivisibile evoluzione, validamente supportata sul piano ermeneutico, che riflette la mutata visione dei reati violenti da parte del legislatore, secondo la quale, anche quando si cagioni la morte della vittima, va garantita autonoma rilevanza alla violenza sessuale consumata ai suoi danni.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 maggio – 12 giugno 2017, n. 29167 Presidente Di Tomassi – Relatore Aprile Ritenuto in fatto 1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’assise d’appello di Bari, in parziale riforma della sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Bari in data 26 febbraio 2015, ha confermato la declaratoria di responsabilità di N.D. per i delitti di omicidio pluriaggravato in danno di S.C. articolo 575, 576, comma primo, n. 1 e n. 5, cod. pen. - Capo A , di furto in abitazione ai danni della medesima art. 624-bis cod. pen. - Capo C , nonché ha escluso l’assorbimento nel delitto di omicidio del reato di violenza sessuale in danno della stessa parte offesa articolo 609-bis e 609-septies, comma primo, n. 4, cod. pen. - Capo B e ha dichiarato l’imputato altresì responsabile di false dichiarazioni sulla propria identità personale art. 495, commi primo e secondo, cod. pen. - Capo D , condannandolo, unificati tutti i reati sotto il vincolo della continuazione, alla pena dell’ergastolo con la diminuente per il rito abbreviato. La ricostruzione dei fatti materiali, operata in maniera conforme in entrambi i gradi del giudizio, non è contestata dall’imputato che ha reso confessione, seppure non pienamente aderente alle risultanze probatorie avendo il medesimo tentato di accreditare la difesa legittima , il quale è stato dichiarato responsabile dell’aggressione sessuale posta in essere ai danni di S.C. , perpetrata dopo essersi introdotto nell’abitazione della stessa, dell’omicidio della medesima commesso mediante colpi al collo inferti con un’arma da taglio e successivo strangolamento e soffocamento, del furto commesso all’interno dell’abitazione e delle false dichiarazioni rese al Pubblico ministero circa i propri dati anagrafici e lo stato di minorenne. Il primo giudice aveva ritenuto, applicando i principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità formatasi in data anteriore alla modifica dell’articolo 576, comma primo, n. 5, cod. pen., di dichiarare l’assorbimento del delitto di violenza sessuale in quello di omicidio, ravvisando un’ipotesi di reato complesso a norma dell’articolo 84 cod. pen La Corte di secondo grado ha, invece, ritenuto il concorso di reati, uniti sotto il vincolo della continuazione, escludendo l’ipotesi del reato complesso, affermando, altresì, la responsabilità dell’imputato in relazione al capo D , che il primo giudice aveva escluso sotto il profilo dell’elemento psicologico. 2. Ricorre N.D. , personalmente, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, formulando tre motivi di ricorso. 2.1. Osserva, con il primo motivo, che la sentenza è nulla per l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., in relazione agli articoli 84 e 576, comma primo, n. 5, cod. pen., con riguardo all’esclusione dell’assorbimento del delitto di violenza sessuale nel delitto di omicidio aggravato ai sensi dell’articolo 576, comma primo, n. 5, cod. pen., come invece correttamente ritenuto dal primo giudice. 2.2. Osserva, con il secondo motivo, che la sentenza è nulla per l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. pen., in relazione all’articolo 495 cod. pen., e per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., con riferimento alla ritenuta responsabilità per detto reato sotto il profilo dell’elemento psicologico in ragione dell’incertezza esistente in ordine alla effettiva data di nascita del ricorrente. 2.3. Osserva, con il terzo motivo, che la sentenza è nulla per la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e , cod. proc. pen., con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio, non essendo stata adeguatamente valorizzata, in particolare, la piena confessione resa nell’immediatezza. Considerato in diritto 1. Osserva il Collegio che il ricorso appare infondato. Va premesso, innanzitutto, che non è controversa la materiale del fatto e la responsabilità dell’imputato. 2. Passando a esaminare il primo motivo di ricorso è necessario ricostruire, brevemente, il panorama giurisprudenziale e dottrinario sulla circostanza aggravante di cui all’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen 2.1. La circostanza aggravante in esame era originariamente prevista quando l’omicidio è consumato nell’atto di commettere uno dei delitti di violenza carnale o di atti di libidine violenti, già previsti dagli articolo 519 e 521 cod. pen Sotto il vigore della originaria previsione codicistica la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che per l’applicazione della detta aggravante è necessario che il soggetto, oltre a cagionare la morte della vittima, compia contestualmente gli atti integrativi dell’elemento materiale della violenza carnale o degli atti di libidine violenti e abbia voluto, oltre che la morte, anche il compimento di tali atti nei confronti della vittima. Si era, infatti, precisato che in tema di omicidio, sussiste la circostanza aggravante di cui all’art. 576 comma primo n. 5 cod. pen. alla sola condizione, necessaria e sufficiente, che il delitto di omicidio sia commesso contestualmente al fatto integrativo di una delle fattispecie criminose previste dagli articolo 519, 520 e 521 cod. pen., senza che sia richiesta, in aggiunta, alcuna connessione di tipo finalistico fra i due delitti. Verificandosi la detta ipotesi, deve escludersi, in applicazione dei principi che disciplinano il reato complesso art. 84 cod. pen. , il concorso formale fra l’omicidio e il reato sessuale, rimanendo quest’ultimo assorbito, sotto specie di aggravante, nel primo così Sez. 1, Sentenza n. 4690 del 10/02/1992, De Pasquale, Rv. 189872 la giurisprudenza di legittimità, in un noto caso giudiziario, aveva anche precisato che in materia di delitti contro la persona, pur essendo richiesto per la sussistenza della aggravante di cui all’art. 576 n. 5 cod. pen. il requisito della contestualità nel senso che gli atti di violenza sessuale devono essere contemporanei alla uccisione della vittima, non può escludersi la sussistenza della aggravante in parola, allorché l’agente, contemporaneamente agli atti di violenza sessuale, ponga in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della vittima, anche se il decesso della stessa si sia verificato non contestualmente agli atti di violenza sessuale, ma poco dopo Sez. 1, Sentenza n. 3536 del 04/03/1997, P.M. in proc. Chiatti, Rv. 207229 . Si consideri che l’orientamento di legittimità, che aveva trovato sostegno in dottrina, precisava come la circostanza in esame trovasse applicazione esclusivamente nell’ipotesi in cui l’omicidio fosse stato realizzato in perfetta contestualità cronologica con la consumazione o il tentativo di consumazione di uno dei delitti previsti, tanto che era stata respinta l’interpretazione contenuta nella Relazione ministeriale al progetto definitivo Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, V, II, Roma, 1929, 369 , secondo la quale l’aggravante in esame sarebbe stata ravvisabile anche nel caso in cui l’omicidio fosse stato commesso semplicemente al fine di consumare i delitti di violenza carnale o di atti di libidine violenti, ovvero immediatamente dopo aver commesso, o tentato di commettere, uno dei predetti delitti allo scopo di nascondere le tracce o le prove o di assicurarsi l’impunità. In senso contrario alla Relazione ministeriale, secondo la quale rientrerebbe nell’aggravante in discorso la finalità consumare uno dei delitti di cui agli articolo 519, 520 e 521 cod. pen. o di assicurarsi l’impunità occultando le tracce o le prove, si era però fatto notare che lo stesso art. 576 cod. pen. già prevede al n. 1 un’esplicita aggravante per l’omicidio commesso allo scopo di consumare un altro delitto, oppure di assicurarsi l’impunità di altro delitto, tanto che il n. 5 dell’art. 576 cod. pen. non poteva ricomprendere la situazione cui sembrava riferirsi la Relazione. Allo stesso modo non era apparsa giustificata, alla stregua della formulazione normativa, l’asserzione contenuta nella medesima Relazione secondo cui la circostanza si applicherebbe anche agli omicidi consumati dopo aver commesso o tentato di commettere taluno dei delitti suddetti. 2.2. Si era concluso che con l’espressione nell’atto di commettere la legge faceva riferimento esclusivamente a un’attività che si svolge in contestualità cronologica e che viene realizzata, cioè, prima dell’uccisione della vittima, attività che si concreta nella consumazione o nel tentativo di consumazione di uno dei delitti citati Sez. 1, Sentenza n. 2630 del 11/12/1972 dep. 1973, Colarusso, Rv. 123696 - 123697 , come, per esempio, nel caso in cui l’uccisione fosse motivata dalla resistenza opposta dalla vittima alla violenza carnale o agli atti di libidine, con conseguente assorbimento della violenza sessuale nell’omicidio. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente ribadito che la commissione contestuale dei delitti di violenza sessuale e di omicidio determina l’assorbimento dei primi nel secondo Sez. 1, Sentenza n. 6775 del 28/01/2005, P.G. in proc. Erra, Rv. 230149 Sez. 1, Sentenza n. 12680 del 29/01/2008, Giorni, Rv. 239365 e che la circostanza aggravante in discorso è compatibile con l’aggravante teleologica prevista dal precedente n. 1 dello stesso art. che sia stata contestata con riferimento a uno di tali delitti, in quanto l’assorbimento di essi in quello di omicidio in funzione di inasprimento sanzionatorio per quest’ultimo non cancella la loro autonomia ai plurimi e diversi effetti di volta in volta rilevanti per l’ordinamento giuridico Sez. 1, Sentenza n. 6775 del 28/01/2005, P.G. in proc. Erra, Rv. 230150 . Si era, infine, ritenuto che la circostanza in esame potesse concorrere con quella del motivo abietto se dopo la violenza carnale il colpevole uccide la donna per motivo diverso da quello carnale Cass. 29 maggio 1959, in Giust. pen., 1960, II, 59 nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 6775 del 28/01/2005, P.G. in proc. Erra, Rv. 230147 secondo la quale la natura soggettiva della circostanza aggravante prevista per il delitto di omicidio dall’art. 577, comma primo, n. 4, cod. pen. aver commesso il fatto per motivi abietti o futili ovvero adoperando sevizie o agendo con crudeltà verso le persone non preclude la sua estensione al concorrente che, con il proprio volontario contributo, abbia dato adesione alla realizzazione dell’evento, rappresentandosi e condividendo gli sviluppi dell’azione esecutiva posta in essere dall’autore materiale del delitto e, perciò, maturando e facendo propria la particolare intensità del dolo che abbia assistito quest’ultima. Nella specie è stata ritenuta sussistente la circostanza in discorso nel fatto di chi, presente alla selvaggia aggressione della vittima, ne abbia impedito la fuga, riportandola di peso nel luogo in cui era stata proditoriamente attirata e aggredita, e nelle mani dell’aggressore, visibilmente in preda a un’incontenibile furia omicida, sul rilievo che tale condotta non può non significare, secondo una logica applicazione del criterio di imputazione disciplinato dagli articolo 59, comma secondo, e 118 cod. pen., la piena consapevolezza delle spietate modalità con cui l’aggressore avrebbe proseguito nell’azione delittuosa . 2.3. Si consideri che la disposizione di cui all’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., è stata riformulata una prima volta dall’art. 1, comma 1, lett. a , decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni dalla L. 23 aprile 2009, n. 38, il quale ha previsto l’aggravante per l’omicidio commesso in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies prima della modifica si parlava di omicidio consumato nell’atto di commettere taluno dei delitti previsti dagli articolo 519, 520 e 521 . Tale novella ha modificato sensibilmente il raggio d’azione dell’aggravante in discorso, non tanto con riguardo ai reati la continuità normativa era già stata affermata da Sez. 1, Sentenza n. 2120 del 12/12/2007 dep. 2008, Barbato, Rv. 238638 Sez. 1, Sentenza n. 6775 del 28/01/2005, P.G. in proc. Erra, Rv. 230148 , quanto con riferimento alla relazione di occasionalità esistente tra l’omicidio e i delitti di violenza sessuale. 2.4. La nuova formulazione dell’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., per come modificato dall’art. 4, primo comma, lett. e , n. 2, I. n. 172/2012, prevede oggi l’aggravante per l’omicidio commesso in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies , con l’ulteriore estensione, rispetto alla novella del 2009, dell’omicidio perpetrato in occasione della realizzazione di un reato di prostituzione o pornografia minorile articolo 600-bis, 600-ter cod. pen. , ovvero di maltrattamenti ex art. 572 cod. pen 2.5. Per cercare di individuare il nesso di occasionalità tra gli indicati reati e l’omicidio è opportuno ricostruire, brevemente, il contesto applicativo della novella del 2012. La dizione legislativa omicidio commesso in occasione della commissione di altro reato , specie se confrontata con quella che dà contenuto agli articolo art. 572, comma terzo, e 586 cod. pen. se dal fatto di maltrattamenti, o altro delitto, deriva la morte evidenzia un rapporto di contestualità occasionale tra realizzazioni, cioè tra atti differenti che sono costitutivi di diversi reati, senza postulare, invece, una derivazione causale della morte da quel medesimo complesso di comportamenti che integrano o contribuiscono a integrare il delitto di maltrattamenti o gli altri reati ivi indicati. Ciò non di meno, quando il nesso di derivazione causale esista, è necessario domandarsi quali siano i rapporti tra le fattispecie d’altra parte è doveroso individuare quale sia, oltre al nesso causale, l’elemento soggettivo richiesto. 2.5.1. Sotto il primo angolo visuale, deve concludersi che la contestualità delle condotte caratterizzate da violenza fisica costituisce una delle ipotesi di occasionalità previste dalla disposizione in commento la condotta violenta, sia essa di tipo sessuale o relativa ad uno dei delitti indicati, è posta in essere contestualmente a quella di omicidio si pensi al caso della violenza sessuale posta in essere colpendo violentemente, ovvero strangolando o soffocando, la vittima che in conseguenza di ciò deceda . Nell’ipotesi in discorso - che non ricorre tuttavia nel caso in esame -, sembra pertanto sussistere la coincidenza dell’apporto causale che, se supportato dall’elemento psicologico del dolo richiesto dalle due distinte fattispecie quanto meno a livello di dolo eventuale per l’omicidio , potrebbe giustificare l’assorbimento nel delitto di omicidio della diversa e meno grave condotta, in linea di continuità con l’orientamento giurisprudenziale sviluppatosi sotto la vigenza della precedente formulazione normativa. Il diverso atteggiarsi dell’elemento psicologico, pur in presenza di contestualità delle condotte, dovrebbe condurre, invece, a ipotizzare un differente rapporto tra le fattispecie, con conseguente esclusione della più grave ipotesi dell’omicidio doloso, a favore di altre fattispecie di parte speciale art. 572, comma terzo, cod. pen. art. 586 cod. pen. . In quest’ultimo caso, ove la morte non sia voluta, troverà applicazione, per i maltrattamenti, l’art. 572, comma terzo, cod. pen., e, per i comportamenti riconducibili agli articolo 609-bis, 609-quater, 609-octies, 600-bis e 600-ter cod. pen., l’art. 586 cod. pen. esorbitando delle specifiche necessità argomentative, non sarà esaminato il rapporto tra gli articolo 572, comma primo, e 575, 576, comma primo n. 5, cod. pen., qualora la morte così provocata sia, invece, prevista e voluta, sia pure nei termini di dolo eventuale per affrontare la questione sembra opportuno, forse, indagare la natura del reato di maltrattamenti . 2.5.2. Quando, invece, difetti la contestualità tra le condotte violente e quella omicida - perché per esempio posta in essere ai danni di terzi ai fini della configurabilità dell’aggravante - a differenza dell’ipotesi prevista dal successivo n. 5.1. - è indifferente che l’omicidio sia commesso contro la vittima della violenza, ovvero nei confronti di un terzo, purché avvenga nell’atto di consumare uno di quei delitti o nei confronti della medesima vittima, ma in un momento successivo agli atti di violenza - trova spazio autonomo la circostanza aggravante in discorso la quale richiede unicamente un nesso di occasionalità tra la violenza sessuale o le altre condotte illecite ivi descritte e l’omicidio. E, in difetto di contestualità delle condotte, la mera occasionalità tra l’omicidio e i reati indicati non può determinare l’applicazione dell’art. 84 cod. pen., ma piuttosto dell’art. 81 cod. pen 2.5.3. Il Collegio ritiene che tale soluzione sia pienamente aderente dal punto di vista sistematico al contesto normativo di riferimento. È opportuno ricordare che la disposizione in discorso è richiamata anche da altre fattispecie le quali riconoscono alla medesima l’effetto circostanziale tipico, senza che sia mai stato ipotizzato un fenomeno di assorbimento. Per comprendere il contesto sistematico di cui si discute, è sufficiente riferirsi alle interrelazioni esistenti tra il delitto di lesioni di cui agli articolo 582 e 585 cod. pen. e la indicata circostanza aggravante di cui all’art. 576, comma primo n. 5, cod. pen., come novellata dalla legge n. 172/2012, in riferimento al reato di maltrattamenti. La giurisprudenza di legittimità ha affermato che il reato di lesioni personali, quando aggravato ai sensi dell’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., perché commesso in occasione del delitto di maltrattamenti, è procedibile d’ufficio, anche nell’ipotesi di lesioni lievissime, per effetto del richiamo operato dall’art. 582, comma secondo, cod. pen. all’art. 585 e di questo al citato art. 576 Sez. 6, Sentenza n. 3368 del 12/01/2016, P.G. in proc. C. P.M., Rv. 266007 , tanto che si è, altresì, affermato che in materia di lesioni personali, ai fini della configurazione dell’aggravante di cui all’art. 576, comma primo, n. 5, è sufficiente accertare che il fatto lesivo abbia costituito uno degli episodi attraverso cui è stato consumato il reato di maltrattamenti idem, Rv. 266009 nello stesso senso, ma con riferimento al delitto di cui all’art. 612-bis cod. pen., si veda Sez. 5, Sentenza n. 38690 del 12/04/2013, P.M. in proc. I., Rv. 257091 . Da tale sintetica disamina emerge con assoluta evidenza che la giurisprudenza di legittimità, dopo la novella introdotta con la legge n. 172/2012, non ha mai dubitato della natura circostanziale dell’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen. in relazione alle altre fattispecie di parte speciale richiamate dalla medesima disposizione, escludendo che la disposizione in parola sia riconducibile alla figura del reato complesso con assorbimento necessario dell’una fattispecie nell’altra. 3. Poste le indicate premesse, deve essere evidenziato che, secondo il concorde giudizio dei giudici di merito e come ammette lo stesso ricorrente, nel caso in esame vi è stata una netta cesura tra l’atto sessuale e l’omicidio, tanto che è stata correttamente esclusa dal giudice di secondo grado qualsiasi ipotesi di contestualità tra le due condotte, con la conseguenza che è stata data corretta applicazione alla norma di legge che prevede, all’art. 576, comma primo, n. 5, cod. pen., l’aggravante a effetto speciale dell’ergastolo quando l’omicidio sia stato commesso in occasione del compimento del delitto di violenza sessuale previsto dall’articolo 609-bis cod. pen 4. Anche il secondo motivo di ricorso, attinente alla responsabilità per la falsa dichiarazione sulla identità personale Capo D , con particolare riferimento alla minore età, è infondato. Tuttavia, emergendo l’ammissibilità del ricorso, prima di esaminare il motivo, è opportuno chiarire che non ricorre, con riferimento al citato capo D , un caso analogo a quello deciso con la sentenza SU Dasgupta Sez. U, Sentenza n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267486 - 92 spec. Rv. 267487 , principio recentemente ribadito proprio con riguardo al giudizio abbreviato dalla sentenza SU Patalano Sez. U, sentenza del 19/01/2017, Patalano, ancora non massimata . È pur vero, infatti, che nel caso in esame il giudice di secondo grado ha dichiarato, in presenza dell’assoluzione disposta in primo grado, la responsabilità di N. anche per il reato di cui all’art. 495 cod. pen. Capo D , senza procedere ad alcuna attività istruttoria, ma tale omissione non viola la previsione contenuta nell’art. 6, par.3, lett. d della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, poiché la decisione non è stata raggiunta a seguito di una diversa lettura delle prove dichiarative che avevano condotto all’assoluzione, avendo il giudice di secondo grado fondato la decisione sulle risultanze documentali descrittive di elementi di fatto l’imputato era stato trovato in possesso della copia di una sentenza pronunciata nei suoi confronti nella quale si attesta la effettiva data di nascita e il raggiungimento della maggiore età . Il giudice di primo grado aveva accertato la materialità del fatto, escludendo la sussistenza dell’elemento psicologico, invece ravvisato, con adeguata e logica motivazione, dalla Corte di assise d’appello con la sentenza impugnata la quale ha fatto leva, per affermare la consapevolezza del ricorrente, sulla circostanza di fatto derivante dal reperimento nelle mani dell’imputato della sentenza pronunciata a suo carico dal Tribunale per i minorenni di Bari nella quale è riportata l’esatta data di nascita del ricorrente, data dalla quale può desumersi la maggiore età all’epoca del fatto per cui si procede. Da ciò discende l’infondatezza del ricorso. 4. Il terzo motivo di ricorso, che censura il difetto di motivazione esclusivamente per quello che riguarda la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e l’entità della pena, deve essere dichiarato inammissibile in quanto il giudice di merito, che non era tenuto a valutare d’ufficio la concessione di dette attenuanti l’applicazione della norma necessita di un substrato cognitivo e di una adeguata motivazione, nel senso che è da escludersi l’esistenza di un generico potere discrezionale del giudice di riduzione dei limiti legali della sanzione, dovendo di contro apprezzarsi e valorizzarsi un aspetto del fatto o della personalità risultante dagli atti del giudizio tra le molte Sez. VI 28.5.1999 n. 8668 , non ha affatto omesso di motivare sul punto, avendo valorizzato, anche ai fini dell’art. 133 cod. pen., le caratteristiche del fatto e la personalità del soggetto. Dal complesso della motivazione, in ogni caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalità dell’imputato. La Corte di merito, con motivazione ampia, congruente, logica e non contraddittoria, ha esposto gli elementi in forza dei quali ha esercitato i propri poteri di quantificazione della pena. È, in particolare, inammissibile perché risolventesi in censure su valutazioni di merito, insuscettibili, come tali, di aver seguito nel presente giudizio di legittimità, il motivo di ricorso concernente la misura della pena, giacché la motivazione della impugnata sentenza si sottrae a ogni sindacato per avere adeguatamente valorizzato la gravità della condotta e dei precedenti penali e giudiziari - elementi sicuramente rilevanti ai sensi dell’art. 133 cod. pen. nonché per le connotazioni di complessiva coerenza dei suoi contenuti nell’apprezzamento della gravità dei fatti. 5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento. Il ricorrente è tenuto a rifondere le spese sostenute per la difesa delle parti civili costituite, nella misura indicata nel dispositivo, tenendo conto dello sforzo defensionale profuso. Il Collegio, per quanto concerne la sostituzione processuale del difensore della parte civile G.I.R.A.F.F.AH! ONLUS, ritiene che debba farsi applicazione dell’art. 102 cod. proc. pen., il quale riconosce la facoltà di nominare sostituti processuali per tutti i difensori nominati, quale che sia la qualità della parte assistita nel senso indicato Sez. 6, Sentenza n. 33228 del 14/05/2014, Stano, Rv. 260171 . Tale disposizione, combinata con la possibilità di attribuire la delega in forma orale, a norma dell’art. 14, L. n. 247/2012, rende pienamente legittima la sostituzione effettuata nel caso in esame. P.Q.M. Rigetta il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione in favore delle parti civili delle spese sostenute nel grado, che liquida per le parti civili D.S.B. , D.S.D. , D.S.F. , D.S.A. , De.Sa.Fr. , D.S.M. , A.P. in complessivi Euro 6.000 per onorari, oltre accessori spese generali, Iva e CPA come per legge, e a favore della parte civile G.I.R.A.F.F.AH! ONLUS in complessivi Euro 2.500 per onorari, oltre accessori spese generali, Iva e CPA come per legge, disponendo il pagamento di queste ultime in favore dello Stato.