Incontro in albergo con la fidanzata: niente ‘permesso’ per il detenuto

Respinta definitivamente la richiesta presentata dall’uomo. Irrilevante il richiamo al diritto di avere, nonostante il carcere, una vita affettiva.

Esigenze affettive”. Così il detenuto spiega la sua richiesta di incontrare per qualche ora la fidanzata in un albergo. Per i giudici, però, questo comprensibile desiderio non è sufficiente per ottenere un ‘permesso’ Cassazione, sentenza n. 28650/2017, Sezione Prima Penale, depositata l’8 giugno . Ore. Già il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta presentata dal detenuto e finalizzata a vedersi concessa la possibilità di incontrare la fidanzata in una struttura alberghiera . E questa decisione viene ora confermata dalla Cassazione. Cade definitivamente quindi la possibilità per il detenuto di ottenere un ‘permesso’ di 4 ore . Esso, spiegano i giudici, è legato all’ipotesi di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente o all’ipotesi di eventi familiari di particolare gravità . Non è invece sufficiente il richiamo, fatto dall’uomo, al diritto a vivere una vita affettiva nonostante la condizione detentiva . Quest’ultimo riferimento, aggiungono i giudici, sarebbe stato più utile se la richiesta avesse riguardato un ‘permesso premio’

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 18 maggio – 8 giugno 2017, n. 28650 Presidente Di Tomassi – Relatore Centonze Rilevato in fatto 1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Cagliari rigettava il reclamo proposto dal detenuto A.S.G. , finalizzato a ottenere un permesso della durata di quattro ore, ai sensi dell’art. 30 Ord. Pen., finalizzato a consentirgli di incontrare la propria fidanzata presso una struttura alberghiera. Il provvedimento di rigetto veniva adottato sul presupposto che, nel caso di specie, non sussistevano le condizioni di eccezionalità previste dall’art. 30 Ord. Pen. per consentire all’A. di usufruire del permesso richiesto. 2. Avverso tale ordinanza l’A. ricorreva per cassazione, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento alla ritenuta insussistenza dei presupposti per la concessione del permesso richiesto, che erano stati valutati dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari con un percorso argomentativo incongruo, che non teneva conto del processo rieducativo avviato dal condannato e del suo diritto a vivere una vita affettiva che, pur nella sua condizione detentiva, non poteva essere negato. Queste ragioni imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Osserva il Collegio che il Tribunale di sorveglianza di Cagliari ha correttamente valutato gli elementi risultanti agli atti, con una motivazione congrua e priva di erronea applicazione della legge penitenziaria, evidenziando che non ricorrevano i presupposti per la concessione del permesso richiesto dall’A. ai sensi dell’art. 30 Ord. Pen., riconducibili alle ipotesi di imminente pericolo di vita di un familiare o di un convivente, nonché, eccezionalmente, alle ipotesi di eventi familiari di particolare gravità. Ne discende che il provvedimento impugnato appare adottato sulla base di una valutazione ineccepibile dei presupposti previsti dall’art. 30 Ord. Pen., certamente non riconducibili alla richiesta dell’A. di incontrarsi con la propria fidanzata, che deve essere invece ricondotta al diverso ambito dei permessi premio di cui all’art. 30-ter Ord. Pen. Sul punto, non si può che richiamare la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui Il permesso ordinario va distinto dal permesso premio che rappresenta un incentivo alla collaborazione del detenuto con l’istituzione carceraria in funzione del premio previsto nonché, al tempo stesso, uno strumento di rieducazione, consentendo un iniziale reinserimento del condannato in società cfr. Sez. 1, n. 11581 del 05/02/2013, Grillo, Rv. 255311 . Le esigenze affettive dell’A. , dunque, possono trovare astrattamente tutela, ma nel diverso ambito dei permessi premio di cui all’art. 30-ter Ord. Pen., il cui accoglimento postula la sussistenza di differenti presupposti applicativi, correttamente richiamati dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari a pagina 2 del provvedimento impugnato. 3. Per queste ragioni processuali, il ricorso proposto da A.G.S. deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.