Lo spaccio di droga nei pressi delle università non è aggravato

L’applicazione della circostanza aggravante prevista per lo spaccio di stupefacenti effettuato all'interno o in prossimità di scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti deve essere improntata ai principi di tassatività e legalità.

Così si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27458/17 depositata il 1° giugno. Il caso. Un uomo veniva sottoposto ad arresto in flagranza per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 Produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope , aggravato dal fatto che la cessione della droga era avvenuta in prossimità di un’area universitaria art. 80, comma 1, lett. g, d.P.R. n. 309 cit., norma rubricata Aggravanti specifiche” . Il GIP di Bologna negava la convalida dell’arresto in quanto, esclusa la predetta aggravante, riteneva ingiustificata la misura in relazione alla gravità del fatto e alla pericolosità del soggetto, disponendo la sola misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Il PM ricorre per la cassazione della pronuncia sostenendo l’erronea applicazione dell’art. 80 cit Tassatività e legalità. L’ordinanza con cui il GIP ha escluso l’aggravante inizialmente contestata all’indagato, ha adeguatamente motivato sul fatto che la zona universitaria in cui era avvenuta la vicenda non potesse considerarsi luogo in prossimità di scuole ovvero di comunità giovanili , come sostenuto dal ricorrente. Ed infatti, in virtù dei principi di tassatività e legalità in materia penale, non è possibile accertare la sussistenza di una circostanza aggravante attraverso un’interpretazione analogica in malam partem , rimanendo in capo al legislatore le scelte di natura sanzionatoria. I luoghi previsti dalla lett. g dell’art. 80, comma 1, d.P.R. 309/1990 ovvero scuole di ogni ordine o grado, comunità giovanili, caserme, carceri, ospedali, strutture per la cura e la riabilitazione dei tossicodipendenti costituiscono dunque un elenco tassativo che deve essere interpretato strictu sensu evitando applicazioni estensive, anche se ispirate all’ottenimento di un più efficace contrasto alla diffusione delle droghe a tutela di situazioni di maggiore vulnerabilità delle persone . Università e scuole. Correttamente dunque il GIP ha escluso che l’università possa ricondursi alla nozione di scuola di ogni ordine e grado”, essendo i relativi ordinamenti improntanti a principi diversi e in parte antiteci come dimostra l’art. 33 Cost., che distingue appunto scuola e università. Università e comunità giovanili. Ugualmente non è ipotizzabile un’assimilazione delle università alla categoria delle comunità giovanili”, ritenendo la S.C. che il legislatore abbia inteso riferirsi a contesti collettivi omogeni i cui componenti siano presenti in forma non occasionale in determinati luoghi . Il Collegio aggiunge inoltre che il concetto di prossimità richiesto dalla norma, in ogni caso, è stato applicato in senso eccessivamente ampio, generico e aspecifico dal verbale di arresto che fa semplicemente riferimento all’area universitaria che, nella città di Bologna, occupa diversi quartieri, dovendo invece intendersi la prossimità come contiguità fisica e posizionamento topografico dell’agente dedito allo spaccio o all’offerta in un luogo che consente l’immediato accesso alle droghe alle persone che lo frequentano . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 14 febbraio – 1 giugno 2017, n. 27458 Presidente Rotundo – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. M.H. è stato tratto in arresto dalla polizia giudiziaria perché sorpreso a vendere a S.R. un quantitativo di cocaina del peso lordo di grammi 1,73. Nella richiesta di convalida dell’arresto facoltativo in flagranza il pubblico ministero ha contestato il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 aggravato dalla circostanza prevista dall’art. 80, comma 1, lett. g , d.P.R. cit., perché la cessione era avvenuta in prossimità dell’area universitaria ha, inoltre, chiesto l’applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nella provincia di Bologna. All’udienza di convalida il G.i.p., esclusa la sussistenza della circostanza aggravante contestata, non ha convalidato l’arresto ritenendo che la misura non fosse giustificata né dalla gravità del fatto né dalla pericolosità del soggetto, disponendo comunque l’applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e l’immediata liberazione dell’arrestato. 2. Contro questa decisione ha presentato ricorso per cassazione il pubblico ministero deducendo due motivi. 2.1. Con il primo denuncia l’erronea applicazione dell’art. 80, comma 1, lett. g , d.P.R. 309/1990. In particolare, contesta l’ordinanza impugnata là dove ha escluso che l’aggravante in questione possa applicarsi anche con riferimento alle aree universitarie, sostenendo, invece, che si tratta di luoghi che devono ritenersi ricompresi, se non nelle scuole di ogni ordine e grado , cui si riferisce la lett. g dell’art. 80 cit., nel richiamo alle comunità giovanili contenuto nella stessa norma. 2.2. Con il secondo motivo il pubblico ministero ricorrente censura la mancata convalida per non avere il giudice considerato la pericolosità dell’arrestato, desumi bile dalla circostanza, evidenziata dalla stessa polizia giudiziaria, che a carico del M. risultava un precedente arresto in flagranza per una identica condotta commessa negli stessi luoghi. Peraltro, nello stesso motivo si sottolinea la contraddittorietà del provvedimento impugnato che dopo aver negato la convalida dell’arresto, ha disposto l’applicazione di una misura cautelare sul presupposto della pericolosità del soggetto. Il pubblico ministero conclude chiedendo l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza di mancata convalida dell’arresto, nonché l’annullamento dell’ordinanza con cui è stata disposta la misura cautelare. Considerato in diritto 1. Il primo motivo è infondato. 1.2. Il G.i.p. del Tribunale di Bologna ha escluso la convalida dell’arresto operando, correttamente, un controllo di ragionevolezza, ponendosi nella situazione di chi ha operato l’arresto e verificando, sulla base degli elementi al momento conosciuti, se la valutazione di procedere all’arresto abbia trovato un ragionevole motivo nella gravità del fatto o nella pericolosità del soggetto, evitando di estendere il controllo alla verifica dei presupposti per l’affermazione di responsabilità. Nella specie ha escluso sia la gravità del fatto, che la pericolosità dell’arrestato. 1.3. Nell’escludere la gravità della condotta, ha negato la sussistenza dell’aggravante prevista dalla lett. g dell’art. 80 cit., contestata all’indagato per aver effettuato la cessione di un quantitativo di cocaina in prossimità di un’area universitaria. Nella sua articolata e approfondita motivazione, il G.i.p. bolognese sostiene che la zona universitaria non possa qualificarsi luogo in prossimità di scuole ovvero di comunità giovanili, come invece assume il pubblico ministero ricorrente. Innanzitutto, richiamati i principi di tassatività e di legalità in materia penale, l’ordinanza impugnata rileva come in base ad essi non sia consentito sanzionare una condotta o ritenere sussistente una circostanza che aggravi la pena attraverso un’interpretazione di tipo analogico in malam partem , spettando al legislatore le scelte di natura sanzionatoria. Ne consegue che anche i luoghi cui si riferisce l’aggravante prevista dall’art. 80, comma 1, lett. g , d.P.R. 309/1990, devono essere interpretati strictu sensu , evitando applicazioni estensive, anche se ispirate all’ottenimento di un più efficace contrasto alla diffusione delle droghe a tutela di situazioni di maggiore vulnerabilità per le persone. Infatti, l’aggravante in questione si propone di rafforzare la tutela penale per quelle condotte illecite poste in essere in presenza di collettività ritenute particolarmente vulnerabili , perché maggiormente esposte alle insidie dello spaccio di droga a causa della giovane età ovvero dei luoghi frequentati, in cui più facile è la diffusione degli stupefacenti la disposizione fa riferimento alle scuole, alle comunità giovanili, alle caserme, alle carceri, agli ospedali e alle strutture per la cura dei tossicodipendenti. Il richiamo ad una interpretazione restrittiva della circostanza aggravante, che escluda l’utilizzo della analogia, ha condotto il giudice bolognese ad escludere che l’Università possa essere ricompresa sia nella categoria delle scuole sia in quella delle comunità giovanili. Secondo il G.i.p. l’ordinamento delle scuole e quello delle università costituiscono sistemi del tutto distinti e ispirati a principi in parte antitetici , come dimostra lo stesso art. 33 Cost., che si riferisce sempre separatamente alla scuola e all’istituzione universitaria, escludendo così che l’università possa rientrare nella categoria normativa delle scuole di ogni ordine e grado . Allo stesso modo il G.i.p. ha escluso che l’università possa essere ricompresa nella categoria delle comunità giovanili , ritenendo che con tale termine il legislatore abbia voluto indicare contesti collettivi omogenei i cui componenti siano presenti in forma non occasionale in determinati luoghi . 1.4. Osserva il Collegio che l’estrema genericità dell’espressione comunità giovanili potrebbe giustificare il riferimento anche all’università, così come sostenuto dal pubblico ministero ricorrente, senza per questo ricorrere al ragionamento analogico. Tuttavia, nella specie ciò che impedisce di ritenere applicabile l’aggravante in esame è costituito, soprattutto, dal riferimento alla nozione di prossimità contenuta nell’art. 80, comma 1, lett. g , d.P.R. 309/1990. Deve ritenersi che con tale termine il legislatore ha individuato quelle aree esterne rispetto alle strutture tipizzate scuole, caserme, comunità giovanili, ecc. ecc. , che devono essere ubicate nelle immediate vicinanze e, proprio per questo, abitualmente frequentate dagli utenti istituzionali, siano essi studenti, militari, pazienti in altri termini, tra i luoghi indicati e le aree di prossimità deve sussistere un rapporto di relazione immediata, altrimenti non si giustificherebbe nemmeno la previsione dell’aggravante, riferita, appunto, alla oggettiva localizzazione della cessione o dell’offerta dello stupefacente alle persone che frequentano tali luoghi. Nella specie, l’imputazione si riferisce genericamente alla cessione di cocaina commessa in via OMISSIS , angolo OMISSIS , in prossimità dell’area universitaria e il verbale di arresto riferisce che il fatto è avvenuto nei pressi dell’ingresso dei OMISSIS . Invero, da tali atti appare evidente che il concetto di prossimità è stato inteso in senso molto ampio, facendo riferimento, in maniera generale e aspecifica, alla zona universitaria, che nel centro di Bologna occupa interi quartieri, laddove, come si è detto, la nozione di prossimità va intesa, rigorosamente, come contiguità fisica e posizionamento topografico dell’agente dedito allo spaccio o all’offerta in un luogo che consente l’immediato accesso alle droghe alle persone che lo frequentano cfr., Sez. 4, n. 51957 del 24/11/2016, Calandra . Il riferimento del tutto vago alla zona universitaria e la specificazione che il fatto è avvenuto all’ingresso dei giardini pubblici OMISSIS , non consentono di ritenere che nella specie la cessione dello stupefacente da parte dell’imputato sia avvenuta in prossimità di una comunità giovanile, anche a voler intendere come tale una sede universitaria. Sebbene con una motivazione diversa, deve ritenersi che l’aggravante andava comunque esclusa. 2. Infondato è anche l’altro motivo. 2.1. Una volta esclusa l’aggravante il fatto è stato ritenuto, correttamente, non grave e, considerata l’incensuratezza dell’imputato, è stata ridimensionata anche la sua pericolosità, sicché appare giustificata anche la misura cautelare applicata. 3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso.