Non sono sufficienti un morto ed un limite di velocità violato per fare un reato

La Cassazione rimprovera il sillogismo giudiziario che fonda l’accertamento penale sulla mera verifica del superamento, appurato consulenzialmente, dei limiti di velocità vigenti sulla strada. L’accertamento deve essere più complesso ed integrato, al fine di verificare ogni condizione circostanziale che consenta di attribuire un addebito all’imputato, come imposto dalla fonte extrapenale ex art. 141 c.d.s

Così la Cassazione con sentenza n. 27299/2017, depositata il 31 maggio. Un fatto da accertare. Il conducente di un’automobile travolge un motociclista proveniente da una intersezione stradale fornita di diritto di precedenza, il quale viene sbalzato dalla sella e per l’impatto perde la vita. La Corte d’appello conferma la condanna all’imputato per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale ai sensi dell’art. 589- bis c.p. Questi ricorre in Cassazione adducendo all’illiceità della condotta del centauro il quale, addirittura sprovvisto di idoneo patentino alla guida, avrebbe violato i limiti di velocità imposti ai sensi dell’art. 142 del c.d.s. - di fatto determinando l’evento con la propria condotta colpevole -, almeno ai fini del riconoscimento dell’integrazione della causa da sola sufficiente a determinare l’evento ai sensi dell’art. 41, comma 1 e 2, c.p. o quanto meno del riconoscimento del concorso della persona offesa, con pena più mite per l’agente di reato. La Cassazione accoglie in punto di illogicità nell’accertamento giudiziale del fatto non basta quantificare il superamento dei limiti di velocità imposti al fine di verificare il comportamento penalmente rilevante di un conducente o di una persona offesa. L’accertamento si fa più composito. Il quesito consulenziale deve essere più complesso ed integrato. La chiave metodologica è imposta dall’art. 141 c.d.s. che obbliga il conducente ad adeguare la velocità allo stato dei luoghi ed ad ogni circostanza di qualsiasi natura al fine di potergli consentire di contenere con manovre il rischio del comportamento illecito od imprudente di altro utente della strada. L’elasticità di siffatta verifica vincola anche il giudice penale, il quale non deve semplicemente accertare il superamento dei limiti di velocità per poi verificare che detto superamento abbia determinato l’evento di reato integrando una compiuta incidenza causale nel fatto. Si deve trattare di una verifica positiva. L’accertamento, ammoniscono i Giudici di legittimità, non deve essere negativo e semplicemente limitato ad appurare l’assenza di condizioni particolari della strada che avrebbero imposto un distinto limite di velocità da tenere. L’accertamento consulenziale deve specificamente quantificare il limite di velocità da tenere, eventualmente minore a quello già normativamente fissato, in relazione a quello specifico tratto di strada per le condizioni di tempo e di luogo vigenti al momento del fatto. Altrimenti l’accertamento penale si fa precario ed insufficiente ad appurare il grado di responsabilità dell’agente di reato o di concorso alla produzione dell’evento da parte della persona offesa, ad ogni fine di verifica delle rispettive incidenze causali ex art. 41 c.p. La Cassazione annulla e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 8 febbraio – 31 maggio 2017, n. 27299 Presidente Blaiotta – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale di Brindisi nei confronti di D.S.G. , giudicato responsabile del reato di omicidio colposo commesso con violazione di norme in materia di circolazione stradale in danno di M.A. e pertanto condannato alla pena ritenuta equa. Secondo l’accertamento condotto nei gradi di merito il omissis il D.S. procedeva alla guida della propria autovettura lungo una strada comunale esterna al centro abitato di omissis quando giunto all’intersezione con altra strada comunale - fornita di diritto di precedenza veniva a collidere con il motociclo condotto dal M. che ad una velocità di poco superiore a cento chilometri orari percorreva questa seconda via e non riusciva ad evitare l’impatto con il fianco sinistro dell’autoveicolo, che a causa della scarsa visibilità all’altezza della intersezione, aveva invaso l’incrocio. In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto non fondate le argomentazioni dell’appellante, tendenti a porre a carico del solo M. la responsabilità del sinistro, e ad ottenere la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per l’assunzione di perizia volta ad accertare la possibilità di avvistamento del motociclista dal punto di arresto dell’incrocio e la evitabilità dell’incidente ove il M. avesse rispettato il limite prescritto di 50 km/h. 2. Ricorre per cassazione l’imputato a mezzo del difensore, avv. Roberto Palmisano. Articolando due autonomi motivi, il primo rappresentativo della violazione degli artt. 141, 142 e 143 Cod. str., il secondo denunciante il vizio di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver attribuito l’evento illecito al solo imputato sulla scorta di una incompleta considerazione delle emergenze processuali, avendo la Corte di Appello ritenuto che il limite di velocità valevole per il motociclista fosse di 90 km/h invece che quello di 50 km/h, nonostante la testimonianza del vigile urbano D.M. - che, sostiene l’esponente, non è stata scrutinata - e le caratteristiche della strada, evidenziate dalla traiettoria percorsa dal motociclista all’uscita di una curva sinistrorsa posta a cento metri dall’intersezione. Insiste, il ricorrente, sulla antigiuridicità del comportamento del motociclista, sia per il profilo della guida pur privo di titolo abilitativo che per la eccessività della velocità mantenuta, doppia rispetto a quella prescritta rimarca, a tal ultimo riguardo, la prescrizione che viene dall’art. 141 Cod. str., osservando che ad essa sicuramente non si è attenuto il M. . 3. Con atto pervenuto il 3.2.2017 le parti civili M.I. , C.M.A. , Mi.An. , M.A.G. hanno chiesto la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso, asserendo che questo reca censure in fatto. Considerato in diritto 4. Il ricorso è parzialmente fondato. 4.1. Stante una certa ambiguità delle prospettazioni del ricorrente, che non indica con nitidezza il piano sul quale a suo avviso dovrebbero operare i ritenuti vizi della sentenza impugnata - se su quello della assenza di responsabilità dell’imputato o quello della concorrente responsabilità della vittima - va innanzitutto rilevato che, a fronte di una sicura violazione da parte del D.S. delle norme in materia di circolazione stradale, avendo egli attraversato l’incrocio pur non avendo nel proprio campo visivo l’area dalla quale potevano provenire altri conducenti, ai quali doveva la precedenza, e avendolo impegnato in modo per questi pericoloso sul punto non vi è alcuna contestazione da parte del ricorrente , il comportamento della vittima potrebbe escludere la responsabilità dell’imputato solo ove fosse stato assolutamente imprevedibile il sopraggiungere di veicoli e una condotta di guida da parte del diverso utente stradale non conforme alle regole sulla circolazione. Come ha rammentato la corte distrettuale, infatti, la giurisprudenza di legittimità ha posto il principio secondo il quale, in tema di circolazione stradale, il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza nell’impegnare un crocevia deve usare la prudenza e diligenza necessarie ad eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti siano a loro volta gravati dall’obbligo di rallentare in prossimità dell’incrocio, giacché l’eccessiva velocità di questi ultimi, se non costituisce un fatto sopravvenuto, può rappresentare soltanto una causa concorrente dell’incidente eventualmente occorso, di per sé non sufficiente ad escludere la responsabilità dello stesso conducente Sez. 4, n. 33385 del 08/07/2008, dep. 12/08/2008, Ianniello e altri, Rv. 240899 . Nel più ampio orizzonte della valenza del principio di affidamento nel settore che qui occupa, si è più volte ribadito che il principio dell’affidamento trova un temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nel limite della prevedibilità da ultimo, ex multis, Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, dep. 11/02/2016, Tettamanti, Rv. 265981 . Nel caso di specie la sopravvenienza di un diverso veicolo nelle condizioni date ore 19,55 di un giorno di agosto strade pubbliche non poteva in alcun modo ritenersi imprevedibile così come non lo era la condotta trasgressiva posta in essere dal M. . 4.2. Venendo alla censura che colpisce l’esclusione del concorso di colpa della vittima del reato, occorre rilevare che nella trama motivazionale definita dalla corte territoriale risulta decisivo l’aver ritenuto mera congettura che per il motociclista il limite fosse di 50 km/h. Sulla scorta delle risultanze di una consulenza tecnica eseguita su disposizione del P.M. è stato ritenuto accertato che il motociclista avrebbe potuto evitare l’impatto con le sue tragiche conseguenze solo ove avesse tenuto una velocità di settanta chilometri orari. Per i giudici di merito il M. aveva tenuto una velocità di poco superiore al limite di 90 km/h sicché, quand’anche egli si fosse mantenuto pur di poco nel limite consentito il sinistro si sarebbe comunque verificato. In altri termini, per la Corte di Appello la trasgressione commessa dal centauro non è stata causalmente efficiente. Ben si comprende che la conclusione sarebbe diversa ove la velocità che il M. avrebbe dovuto mantenere fosse stata non superiore ai cinquanta km/h. Orbene, va in primo luogo reso esplicito che l’evocazione di un sostanziale travisamento della dichiarazione del teste D.M. non coglie il segno, sia per le stringenti condizioni che permettono di denunciare in sede di legittimità il travisamento della prova, sia - e soprattutto - perché il menzionato teste non ha offerto un dato acquisito in termini di certezza ma ha riferito soltanto una personale opinione fondata sul fatto che si trattava di strada comunale prossima al centro urbano. Ma poiché l’art. 142 Cod. str. stabilisce il limite di 90 km/h per le strade comunale extraurbane, salvo limiti inferiori stabiliti dall’ente comunale, in assenza di atti che documentino la diversa determinazione dell’ente territoriale - mancando in loco segnaletica della velocità prescritta - non può muoversi alcun rimprovero alle sentenze di merito che hanno ritenuto valevole il limite di legge. Privo di rilievo è anche che il M. non fosse titolare di titolo abilitativo alla guida, giacché non risulta mai stato oggetto di dimostrazione che la condotta di guida del medesimo fosse stata determinata dall’assenza della patente. Ciò precisato, occorre rilevare che la sentenza impugnata risulta realmente manifestamente illogica, avendo limitato la propria valutazione in tema di limiti di velocità che il centauro avrebbe dovuto osservare alla classificazione della strada, senza interrogarsi sulla velocità che sarebbe stata adeguata in rapporto alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura , nonostante essa stessa dia conto del fatto che l’incidente è avvenuto al centro di una intersezione e che la visibilità non era piena. A ciò può aggiungersi la particolare conformazione del tratto di strada percorso dal M. . Già tanto è sufficiente a ritenere che la Corte di Appello avrebbe dovuto estendere il proprio accertamento alla velocità imposta dalle specifiche condizioni dei tratti viari interessati, non limitandosi a constatare l’avvenuto superamento del limite di 90 km/h. Di certo non può ritenersi che la Corte di Appello abbia adempiuto l’obbligo motivazionale affermando che qui non si rinvengono le particolari condizioni di tempo e luogo che avrebbero imposto al motociclista il dovere di circolare a 70 km orari. 5. La sentenza impugnata deve quindi essere annullata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce, perché accerti, alla luce della considerazione delle complessive specifiche condizioni dei tratti stradali considerati, in particolare dalla prospettiva del M. , quale velocità risultasse imposta dalla previsione dell’art. 141 Cod. str. tanto nella prospettiva dell’apprezzamento di un eventuale concorso di colpa della vittima, con i connessi effetti. Il giudice del rinvio provvederà anche al regolamento delle spese di questo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente al punto concernente il concorso di colpa della vittima, con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Lecce, sezione promiscua, cui demanda pure la regolazione delle spese tra le parti quanto al presente giudizio di legittimità. Rigetta nel resto il ricorso.