Spazio minimo in carcere e più libertà di movimento: sì all’estradizione

Confermato il ritorno in patria per lo straniero condannato in Romania. Respinta l’ipotesi che egli possa subire un trattamento inumano una volta ritornato nel Paese d’origine.

Condizioni critiche nelle carceri del Paese d’origine. Lo spazio personale per i detenuti può essere inferiore ai 2 metri quadrati. Ciò nonostante, è confermata l’estradizione dello straniero, un cittadino romeno, sul cui capo pendono diverse condanne in patria Cassazione, sentenza n. 26876/2017, Sezione Sesta Penale, depositata il 29 maggio 2017 . Libert à . Elemento centrale nella linea difensiva dell’uomo è la situazione carceraria nel Paese d’origine. Egli spiega ai giudici che avrà a disposizione uno spazio inframurario di soli 2 metri quadrati , dato, questo, non sufficiente a rispettare i parametri indicati a livello europeo per il rispetto dei diritti dell’uomo . A suo dire, quindi, è illogica la decisione della Corte d’appello italiana che ha disposto la sua consegna all’autorità giudiziaria della Romania . Per la Cassazione, però, la visione proposta dallo straniero non è condivisibile. Ciò perché è da escludere, spiegano i magistrati, il rischio di sottoposizione ad un regime carcerario inumano o degradante, anche in relazione allo spazio individuale assicurato al detenuto. Decisivo è il richiamo alla possibilità di trascorrere molto tempo in spazi aperti . Più precisamente, non si può parlare di trattamento carcerario inaccettabile quando, spiegano i giudici, ci si trova di fronte al regime semiaperto, che consente ai detenuti di beneficiare di maggiore libertà di movimento durante il giorno, con conseguente libero accesso alla luce naturale e all’aria , nonché in casi di brevi ed occasionali restrizioni minime dello spazio personale, accompagnato da sufficiente libertà di movimento e da attività all’esterno della cella .

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 – 29 maggio 2017, numero 26876 Presidente Conti – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Brescia ha disposto la consegna di B.P.T. all’autorità giudiziaria della Romania in esecuzione del mandato di arresto Europeo, emesso in data 14 luglio 2016 dal Tribunale di Segarcea, limitatamente all’esecuzione della sentenza numero 176 in data 17 dicembre 2015 del Tribunale di Segarcea per il solo reato di percosse con violenza lesioni personali volontarie , commesso fra l’ omissis per il quale il B. è stato condannato alla pena di mesi 3 di reclusione, e della sentenza numero 35 del 17 giugno 2013, emessa dal Tribunale di Segarcea per due reati di percosse con violenza lesioni personali volontarie per i quali è stato condannato alla pena di 1 mese di reclusione ciascuno per un totale di due mesi di reclusione e per il reato di disturbo della quiete pubblica per il quale è stato condannato alla pena di mesi 6 di reclusione, reati commessi il omissis . La Corte di appello ha, invece, rifiutato la consegna per il reato di guida senza patente per il quale il B. è stato condannato alla pena di mesi 8 di reclusione con sentenza numero 176 emessa dal Tribunale di Segarcea il 17 dicembre 2015 perché il fatto non è previsto come reato dalla legge italiana nonché per il reato di furto in abitazione per il quale è stato condannato dal Tribunale di Craiova in data 2 novembre 2012 alla pena di mesi 10 di reclusione, trattandosi di reato commesso dall’imputato quando era minorenne e per il quale il codice penale romeno prevede una pena inferiore ad anni 9. La Corte di appello ha pertanto, ritenuto sussistente la doppia incriminabilità solo per i reati indicati e sussistenti le condizioni richieste dall’art. 7 I. numero 69/05, in quanto la pena da eseguire non è inferiore a quattro mesi ed il consegnando non risulta radicato nel territorio italiano è stato inoltre, escluso, sulla scorta delle informazioni pervenute dall’Amministrazione penitenziaria della Romania, puntualmente illustrate in sentenza, il rischio che il consegnando sia sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. 2. Avverso la sentenza propone ricorso personalmente il B. , che ne chiede l’annullamento per - inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 18 lett. h legge numero 69/2005, per non avere la Corte di appello considerato che, essendo stata rifiutata la consegna per il reato di furto commesso da minorenne, la consegna è relativa a reati commessi da maggiorenne e pertanto, non avrà luogo la detenzione in regime semiaperto, ma sarà ripristinato il regime di detenzione chiuso sia nel periodo dei 21 giorni di quarantena che nel periodo successivo. Deduce che, oltre ad essere notoria la criticità della situazione carceraria romena, dalle stesse informazioni trasmesse risulta che avrà a disposizione uno spazio inframurario di soli 2 mq, che non rispetta i parametri indicati dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo citata nella sentenza impugnata e, pertanto, la Corte di appello avrebbe dovuto richiedere ulteriori informazioni circa le modalità di esecuzione della pena nel caso di consegna non disposta per un titolo di reato, che garantiva un regime detentivo più favorevole - inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, in quanto la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla richiesta subordinata di riconoscimento della sentenza penale straniera al fine di eseguire la pena in Italia. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Infondato, oltre che generico, è il motivo con il quale si deduce che l’espiazione della pena avverrà unicamente in regime chiuso, laddove le informazioni trasmesse prevedono per il consegnando un regime progressivo, inizialmente per 21 giorni presso la casa di reclusione OMISSIS ed in seguito, per il residuo della pena da espiare, in regime semiaperto o aperto presso la casa di reclusione di omissis . Il ricorrente richiede a questa Corte di rivalutare il profilo del rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti a fronte delle corrette argomentazioni della Corte di appello, che lo escludono sulla scorta delle esaustive informazioni pervenute dall’A.G. rumena, assistite da affidabilità in conformità con il principio del mutuo riconoscimento. La Corte di appello ha, infatti, dato atto che dalle informazioni trasmesse risulta che al ricorrente saranno assicurate modalità e condizioni di detenzione conformi agli standard fissati in sede Europea, in quanto sconterà la pena nella casa circondariale di Bucarest, ove gli sarà garantito lo spazio minimo individuale di 3 mq per l’esecuzione della pena in regime chiuso, e di 2 mq in caso di regime semiaperto, saranno garantite condizioni igienico-sanitarie adeguate, con descrizioni delle condizioni delle celle, dei servizi disponibili, della possibilità di accesso all’aria aperta nonché di ammissione a programmi di assistenza psico-sociale e ad attività di lavoro in spazi all’interno ed all’esterno della casa di reclusione sono state fornite informazioni in merito al regime esecutivo progressivo e regressivo - previsto dal sistema processuale romeno, alla possibilità di modifica del regime esecutivo dopo l’esecuzione di un quinto della pena ed alla possibilità di accesso nei penitenziari ai rappresentanti di organismi di controllo e all’istituzione dell’Avvocato del Popolo, che ha possibilità di verificare l’osservanza dei diritti e delle condizioni di detenzione garantite ai detenuti. Correttamente sulla base di tali informazioni è stato escluso il rischio di sottoposizione del consegnando ad un regime detentivo inumano o degradante, anche in relazione allo spazio individuale assicurato, in quanto rapportato al regime applicabile e bilanciato dalla possibilità di trascorrere molto tempo in spazi aperti. Anche sul punto la decisione è incensurabile, in quanto uno spazio personale inferiore ai 3 mq è stato ritenuto non violativo dell’art. 3 Cedu in base ad una valutazione complessiva delle condizioni di detenzione in relazione al regime applicabile. In tal senso è stato esclusa la violazione dell’art. 3 in caso di regime semiaperto, che consente ai detenuti di beneficiare di maggiore libertà di movimento durante il giorno, rispetto a coloro che sono sottoposti ad altri regimi, con conseguente libero accesso alla luce naturale e all’aria nonché in casi di brevi ed occasionali restrizioni minime dello spazio personale richiesto, accompagnate da sufficiente libertà di movimento e da attività all’esterno della cella e dalla reclusione in una struttura carceraria idonea v. sentenza del 12 marzo 2015 della Grande Camera Mursic c. Croazia . 2. Parimenti destituito di fondamento è il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte di appello precisato che il ricorrente non è radicato in Italia e, pertanto, non sussiste la condizione per l’espiazione della pena nel territorio dello stato né le condizioni per il riconoscimento della sentenza straniera richiesti dall’art. 10 d.lgs. numero 161/2010. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge numero 69 del 2005.